è corto, ma belle, ma ti è utile?

Siamo tutti, esperti compresi, preda dei nostri poveri strumenti culturali che, se hanno una funzione di verità, una verità sempre in evoluzione mai certa che dovrebbe farci umili, di base servono a proteggere le nostre emozioni e a garantire le nostre sicurezze personali, vere o fittizie che siano, tramite una valanga di schemi ideologici o pregiudizi mai verificabili, che trovano una ragione di esistere solo all’interno della nostra specifica storia. Altri li chiamano “illusioni”, ma non si tratta di qualunque illusione, che può non avere ricadute immediate sugli altri, mi riferisco precisamente a quelle che Ibsen chiama “menzogne vitali”, ossia a quelle false spiegazioni di fatti della nostra vita o aspetti del nostro carattere, senza le quali non potremmo vivere. Stiamo in piedi perché la nostra testa, o il racconto che ci facciamo di noi stessi, è lassù in alto, ben al di sopra della nostra vera portata, avvolto di nuvole bianche e spesse come in un quadro di Magritte, che ci tappano la vista e il cervello alla verità.

Per questo è “quasi” impossibile demolire “le nostre verità”, in cui crediamo come nella squadra del cuore: dico “quasi”, perché se entrano in violento conflitto con altri sentimenti vitali del soggetto, questi può, a volte, intraprendere l’ostico lavoro di rivederle e aggiornarle al sentimento presente che è diventato più importante.

L’esempio che mi viene chiaro in mente è l’odio che, per secoli, ha perseguitato gli Ebrei: la caratteristica che destava questo sentimento distruttivo, era una certa diversità dei loro costumi da quelli dei popoli con cui pacificamente convivevano. Anche gli psicotici si esprimono con una lingua diversa e hanno dei comportamenti che per noi sono assurdi. Le spiegazioni che venivano portate, allora, a giustificazione degli eccidi degli Ebrei, erano irrazionali e del tutto inaccessibili alla critica, come sono sempre le illusioni che ci permettono di sfogare i nostri impulsi più immediati, quelli che sarebbe intollerabile tenerci dentro per la confusione e le angosce che causano. Bisogna, quindi, espellerli su qualcuno. Quello che ci dà il miglior pretesto in base alla nostra ideologia o insieme di schemi pregiudiziali su cui non vogliamo-possiamo esercitare il pensiero che parte dai dati di fatto.

Così fanno anche i malati mentali quando non riescono a digerire le loro emozioni. Ma, attenzione: così fanno su di lui i famigliari sani (e gente varia, anche insegnanti, e a volte anche tecnici) quando si trovano davanti ad un comportamento del malato per loro intollerabile.

Le spiegazioni che danno sono dello stesso tipo logico che venivano date per gli Ebrei, ossia fantasie senza costrutto: il malato vuole assalirmi, ha gli occhi pieni di furore omicida… o “sta per buttarsi dal ventesimo piano”, come hanno detto di me quando hanno deciso di ricoverarmi, ma io non ne avevo la minima intenzione. Se l’avessero chiesto a me, l’avrei detto subito, ma è stato più immediato valutare secondo i loro schemi abituali. Per esempio, la persona che ha giudicato che volevo suicidarmi, soffriva di panico anche alle più piccole altezze, oltre, certamente, ad altri sentimenti-giudizi che l’hanno guidata a questa interpretazione del mio comportamento.

Ho visto, ripetutamente, gente negare l’evidenza più limpida pur di mantenere la faccia, o per altre ragioni umane le più varie, come l’avrete visti voi. Osservo da tanti anni questo aspetto “difensivo” dell’umano, in me e negli altri, e mi sorge un’immensa “pietas” per tutti noi, obbligati come siamo ad agire, e ad arrabattarci per sopravvivere, con in mano carte quasi sempre “false”, ma capaci di mostrarci come, in fondo, “il problema della verità” sia un problema marginale in relazione alla vita che deve scorrere senza inciampi. Siamo fatti di un’energia che, domani, tramite la polvere in cui ci trasformeremo, ci porterà lontani, sparsi nell’universo, magari briciole di splendenti stelle. Questa nostra energia ha l’intrinseca necessità di fabulare, dare un senso ad ogni minuscolo evento, un’attività inerente alla sua essenza perché siamo “energia interpretativa” e nient’altro. Possiamo vivere solo se facendolo ci raccontiamo le cose. Non a caso oggi si parla tanto di “narrazioni”, piccole e grandi.

Siamo così tanto energia che fabula che dobbiamo continuare a farlo anche nella pazzia, quando la terra ci è stata tolta di sotto i piedi. Quasi, “significare”, non avesse preminentemente la funzione di orientarci nella pratica, ma di rassicurare i bisogni della nostra mente, che, fondamentalmente, sono bisogni di sicurezza.

Finché viviamo non possiamo che elaborare schemi e pensieri per dare senso a quello che viviamo: dobbiamo sapere chi siamo e dove ci troviamo, pena morire di spavento, ancor più nella pazzia quando ci troviamo persi nello spazio infinito. E’ proprio nel delirio che la nostra capacità di dare un significato falso alle cose, per difesa, si mostra in tutta la sua violenza. Ma, invece di ritrarci spaventati davanti a quel pensiero- mostro che ci sembra così alieno- dovremmo guardarlo fissamente: quell’esempio di pensiero “senza senso” lascia rifulgere, attraverso una lente, quelle infinite “falsità” che ci rendono la vita possibile e sicura.

Se qualcuno di voi può condividere, anche parzialmente, questo sguardo sulla psiche dell’uomo e vederla come me così intessuta di limitazioni insormontabili, forse può vislumbrare quali difficoltà estreme comporti la convivenza con un malato mentale, la cui lingua e modo di essere divergono dal mondo comune molto più di tutti gli Ebrei perseguitati e dei nemici dello Stato comunista. Loro, i matti, non possono proprio “allinearsi”. Tutta la loro storia protesta contro quella logica del mondo quotidiano dove ad un comportamento segue sempre un senso condiviso dagli altri. Sono di fatto “diversi”, anche se non sono gli unici indecifrabili: ma si converrà che una mente in profonda crisi, com’è quella di uno in delirio (grande o piccolo che sia), sente angoscia e anche un invincibile stupore di fronte alle reazioni varie che gli umani hanno verso di lui.

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1 risposta a è corto, ma belle, ma ti è utile?

  1. nemo scrive:

    Sì, ci vorrebbe tanta ‘pietas’, per tutti . Che però non vuol dire ‘giustificazione’. Infatti, è impossibile ‘giustificare’ i nazisti.

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