“CONSIDERATE SE QUESTA E’ UNA DONNA…” lutto per Barletta

 

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

(Primo Levi)

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

9 risposte a “CONSIDERATE SE QUESTA E’ UNA DONNA…” lutto per Barletta

  1. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    E’ molto difficile commentare questa poesia di Primo Levi , perché le parole, qualsiasi parola sembra una profanazione . Lui ha visto e ha vissuto l’orrore dell’umanità all’ennesima potenza,
    non esiste niente che possa compensarlo. Nel silenzio, forse l’unica musica che ci è permessa, siamo coscienti che in questo stesso momento vengono compiuti chissà quali orrori contro bambini, donne, uomini come noi. Viene da abbracciare chi ci è vicino, quasi una promessa, la solita e un po’ ingenua, che l’orrore non prevarrà. Anche se sappiamo che non è così.

    • Chiara Salvini scrive:

      Il fatto è che quello che ha vissuto Primo Levi è tanto vicino a noi, lo sento così impresso sulla pelle da vederlo rivivere uguale, quasi ad ogni soffio di vento sotto queste violente stelle. Un’obbligata ripetizione, una “necessità” (ananche) insita nella natura umana con la forza di legge di natura: e oggi, come allora, nessuno dice niente. Un po’ di “charatto” dei media e poi tutto passa. Dimenticato è “non esistito”, in questa epoca: i media non ne parlano più, è tornato ad essere un fatto privato. Si deve accettare e basta come quando piove.

      Queste donne morte sotto la casa sono reali come tu ed io, come se in questo istante ci crollasse la casa addosso, dopo aver chiesto e richiesto un controllo; lo sapevamo come poteva finire, nessuno si è mosso, e noi siamo rimaste sotterrate.
      Non abbiamo potuto fare niente, come non abbiamo potuto fare niente per la paga, le ore di lavoro, l’ambiente di lavoro, il nero. Riesci ad immaginare un’ impotenza così assoluta che addirittura la devi pagare con la più orrida delle morti? Queste donne, come milioni di persone al mondo, sono in situazioni insostenibili, “ma non possono fare niente”: subire, subire, subire, sempre più curvi, poi accasciarsi e morire: è il destino di una vita “impotente” che pur non smette di lottare duramente un secondo. Tu stessa mi hai parlato dei manicomi criminali. Lo stesso sentiremmo a seguire una famiglia che non riesce a combinare il pasto con la cena. O anche accompagnando un singolo malato mentale che deve vivere in una famiglia che non capisce niente e l’ultima cosa che vuole fare è informarsi.

      Io non vivo questo sentimento sacro verso Primo Levi, mi sembrerebbe di buttarlo via, lui è uno di noi (per caso non è capitato a noi, ma niente ci preserva da niente). Lui ha provato a fare tutto quanto ero in suo potere “perché questa storia non si ripetesse” ; e “questo fare” è la sua voce e la sua intelligenza che continua a gridare, pur a bassa voce.

      Continuando a vedere che la storia si ripete si ripete alla nausea, e che “noi ce stiamo tranquilli nelle nostre case”, come di fatto stiamo, ho chiamato proprio lui, Primo Levi, perché “gridasse”e “spiegasse” anche per noi.

      Io lo sento vivo come me stessa. E mi arrischio a pensare che è questo che lui avrebbe voluto:essere usato, perché solo così non è morto “invano”: anzi, solo così è vivo: ci serve per continuare, anche con i nostri poveri racconti, la sua lotta per la vita e contro tutto quello che è “morte”.

      Vivere o morire invano: “invano” è una parola cui l’uomo non può rassegnarsi, deve poter dare, proprio perché uomo (Homo Sapiens) un significato ad una vita anche senza senso.

      “Noi siamo”.
      Noi “nominiamo” le cose.
      Noi attribuiamo loro un senso, soprattutto allo svolgersi degli avvenimenti, che senza di noi non ci sarebbe.

      Siamo “Homo sapiens”, che ha questa specifica funzione legata al linguaggio e all’interpretazione, ma grazie al cielo non siamo dei: dobbiamo continuamente venire a patti con la casualità e il non-senso che, per quanto si lotti, pur sempre ritorna. Sarà una battaglia diversa, un senso diverso da dare alle nostre vite, ma questa funzione non possiamo cederla a nessuno se non alla nostra morte.

      Oso dire, che anch’io, modestamente, con tutta l’umiltà che la realtà mi impone, che non pone confronti, lotto con i mie racconti per “non morire invano”, per “essere utile” e, insieme, per non voler accettare che questa immane sofferenza, vissuta tanti anni, possa servire solo a riempire una pattumiera.

      “Io ci provo”: se pattume ha da essere, che si faccia avanti la Pattumiera, ma con calma e solennità!

  2. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Sono d’accordo con quello che dici. Certo, sicuramente Primo Levi voleva che il racconto della sua esperienza facesse muovere gli uomini in modo che la storia non si ripetesse. Qualsiasi azione,piccola o grande che sia , che faccia qualcosa di buono per qualcuno , io penso che la dobbiamo fare . Intendevo il ” sacro “di Levi come il male indicibile, quello di fronte al quale si rimane sbigottiti, anche perché si è consapevoli che le stesse cose si potrebbero ripetere e magari capitare a noi o ai nostri figli. Quello che a volte mi spaventa è la consapevolezza della brevità della nostra vita rispetto alla lentezza con cui cambiano in meglio le cose.Un dolente abbraccio. Ciao Bru.

    • Chiara Salvini scrive:

      Ma sei sicura, come ti dico sempre, che siamo progrediti dai tempi degli Egiziani, dove le varie caste dominavano e gli schiavi costruivano le piramidi? Quanto ha modificato il mondo, il Cristianesino, la religione dell’amore, nei suoi quasi XXI secoli? Forse io vivo cieca, ma non riesco a vedere in niente un progresso e, per sopravvivere, si ha bisogno di vedere che le cose cambiano, migliorano, fruttificano anche se non si vede nulla, per ora, sulla terra nera. Chiara

  3. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Avevo già scritto il commento ma l’ho perso dentro le vie, misteriose e per me sconosciute, del computer. Io penso che stiamo meglio degli schiavi delle piramidi. Lo so che ci sono anche oggi tante forme di schiavitù, però se si guarda indietro nella storia ci viene da dire: “Meno male che non ero viva in quel periodo!”. Certamente vorremmo vedere qualche progresso in più, ma, come abbiamo detto tante volte, occorre che gli uomini cambino , tutti, la propria testa, e questo penso sia una cosa lunghissima. Forse l’ottimismo fa parte del gioco ( non alla Berlusconi!), nel senso che è una forza essenziale, unita alla ragione, per progredire. “Pessimismo della ragione e ottimismo della volontà”, non c’è altra strada.

  4. sara scrive:

    Cosa intende Primo Levi con l’espressione considerate se questa è una donna?

    • Chiara Salvini scrive:

      Lo stesso che intende poche righe sopra, quando dice” Considerate se questo è un uomo “, ossia se è un essere umano trattato e ridotto così…,mi stupisce la tua domanda… chiara per il blog

  5. nemo scrive:

    Riflessioni che fanno profondamente meditare. Anche Primo Levi ha molto meditato sulla sua ( e di milioni di deportati come lui ) terribile esperienza. E il suo “I sommersi e i salvati ” ne è la più alta dimostrazione. Grazie care Chiara e Donatella.

    • Chiara Salvini scrive:

      GRAZIE DI QUESTA BELLA VISITA, SOPRATUTTO INSPERATA…chiara
      mi sei venuto in mente stasera mentre pubblicavo una canzone di Jaen Gabin,là dove dice:

      “Le jour où quelqu’un vous aime, il fait très beau,
      J’peux pas mieux dire, il fait très beau !
      C’est encore ce qui m’étonne dans la vie,
      Moi qui suis à l’automne de ma vie
      On oublie tant de soirs de tristesse
      Mais jamais un matin de tendresse !

      — è un memento non mori, ma di ricordarsi i propri mattini di tenerezza…, forse mi inoltro troppo ? scusami

Rispondi a D 'IMPORZANO DONATELLA Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *