UNA NONNA FATTA COSI’ “NON FA FAMIGLIA”, AHIME’ NON PIACE, AHIME’ SONO IO, CHIARA. .

EDDIE COCHRAN, SITTIN IN THE BALCONY, 1955

[audio:https://www.neldeliriononeromaisola.it/wp-content/uploads/2011/12/Eddie-Cochran-Sittin-in-the-balcony1.mp3|titles=Eddie Cochran – Sittin in the balcony]

 

(SOTTO) Sua Maestà i quattro nonni, Chiara è quella che fischietta guardando in alto, come dire “io non c’entro”, quello a sinistra in primo piano è Fiorenza, una nonna dolce e mite che si fa in mille pezzi sorridendo; l’ultimo a destra è il nonno Villiam, un bonaccione sempre disponibile  che ride molto volentieri, l’ultimo rimasto è il più cattivo: è il nonno Mario:”Guai a voi!”, vi lancia “se solo…!” è “il gran capo cucciolata” e bisogna lasciarglielo credere.

 

Nicolò con la sua mamma quando è di buona (lei)

 

il grande papà Valerio che scruta all’orizzonte eventuali pericoli… pronto a colpire!

 

la falsa nonna Chiara

 

 

Come avranno capito ormai anche le pietre, da un mese ho un nipotino che si chiama Nicolò. Sta bene in braccio a me ed io in braccio a lui mi sento sicura, con me non piange e gli piace ballare: con lui ho scoperto che un concerto per flauto di Vivaldi (Severino Gazzelloni), almeno l’allegro, si può ballare a rock, un rock che non fa baccano e che non può dargli fastidio. Come tutti i bambini di quell’età si annoia come una bestia: i genitori migliori gli danno il latte, lo cullano, lo fanno dormire, accorrono ai suoi pianti…ma poi lo

 

come sogna di vivere Nicolò

piantano lì da solo, che non può muoversi, mentre lui vuole vedere e sentire mentre gli parli, gli racconti (intoni la voce proprio per lui) che quella è una finestra, che c’è il sole o il buio…che la mamma o il papà e la nonna…
la nonna c’è eccome, è magnifica, ma non sono io!

Potrei amarlo alla perdizione, ma io non sono sua nonna…almeno non sono quella nonna che vogliono (esigono?) i figli e gli stessi nipoti.

Mi spiego e mi faccio capire come posso.

Le vere nonne, a parte che sono vestite di nero fino ai piedi, un grembiule bianco davanti e un ciccio di capelli grigiastri sulla testa pieno di forcine che ogni tanto vanno per terra, come era mia nonna…

ma, look a parte,  le vere nonne, quelle che servono, vivono la loro vita in funzione dei figli e ancor più dei nipoti: “aiutare i figli, che altrimenti non potrebbero figliare, portare a passeggio quei tesorini tutti raggrinziti”…diventa per loro una missione. Quella missione che la specie assegna a tutti noi: far vivere il numero più alto possibile di “cuccioli” di ogni essere vivente, piante comprese.

E fin qui siamo all’acqua calda.

I motivi perché così avviene sono tanti ed io ne so solo uno o due: primo, la vita è sempre andata così dalla prima tribù a oggi; secondo, i nipoti ti fanno tornare giovani come quando avevi i figli piccoli, eri bella (o bello), la vita davanti…ma allora dovevi educarli, dire dei “no”, dare castighi…

Adesso, questi piccoli, hai il diritto di viziarli, i nonni servono a questo, ed educarli è finalmente compito dei genitori.

Alcuni nonni sono  più appassionati dei  nipotini di altri, ci si buttano a pesce e nessuno li schioda, perché è successo che quando i propri figli erano piccoli, loro dovevano lavorare, così, i nené, non se li sono goduti loro, ma la mamma o la suocera…In seguito, i figli sono andati per loro conto “liberi e belli” senza guardarsi indietro, ma ora hanno bisogno e chiedono tempo e amore…

Così è arrivata la loro volta, di questi nonni, la ruota ha girato come era giusto che girasse, e “questi nipoti adesso sono di loro proprietà”.

“Sono i loro figli”, ma con un senso di possesso più forte di allora proprio perché allora non l’hanno avuto. Li accudiscono, li educano a modo loro, non stanno a sentire i figli su come li vogliono educare: oggi tocca a loro “possedere” dei  figli-nipoti.
E mia mamma, quando dava da mangiare a Frufru (mia figlia, che si è dato un nome da barboncino, quelli fighetti tutti tagliuzzati artisticamente)

 

FruFru… senza tabarin

dicevo, e mia mamma mentre le dava la pappa, non le diceva: “Adesso la mamma ti dà la pappa (lei), ecco, la nonna (io) ci sta preparando il succhino…”? Non se ne accorgeva nemmeno,  io osservavo, e vi assicuro che era sanissima di mente.

A volte il bisogno di un’illusione è così forte che questa dà la mano a forme che paiono deliranti, anche se non lo sono (sono provvisorie): mia madre, infatti, i suoi figli piccoli non se li aveva goduti per niente, allora altri bisogni parlavano più prepotenti della maternità.

 

Io, però,  non posso.

 

Chiara si vede così quando sogna! Un lupo solitario che cavalca su spiagge e foreste!

 

Intanto dobbiamo risalire indietro per dire che mia figlia, pur adorata, non ha mai dato “un senso” alla mia vita e men che meno ho mai pensato che fosse “mia”. Per la carità, a parole lo dicono tutti, anche quelle mamme che poi ti spiegano…”a dieci anni – mi – ha fatto la pertosse..oggi non –mi– ha mangiato…

La mia posizione era ed è questa: io- ero- io-da- sola- davanti- al – mondo, ero io che ero nata  ed io a dover morire, nessuno lo farà al mio posto e di questa mia vita sono responsabile solo io.

“Successivamente”, ero una mamma. Il ruolo viene dopo l’esistenza di una persona. Sempre che questa persona, un’esistenza, un’impegno duro che chiede coraggio, la voglia.
Un mostro, dite?

Come voi, è una cosa, questa, che mia figlia non ha mai potuto capire; l’ha sempre presa come una mancanza di amore; come non ha mai potuto capire che un genitore ha davanti a sé una scelta ogni volta, ogni attimo addirittura “pensare a sé o pensare al figlio che in quel momento ha bisogno: tu anche hai bisogno di…ma lui è piccolo, lui è giovane, lui è più fragile…è compito tuo rafforzarlo…un giorno non ci sarai più a proteggerlo”.

Puoi anche dire:  “ti appendi le budella al balcone, come si dice da noi, per capire tuo figlio-a, per  mantenere un dialogo-una confidenza, se per es.  è una persona difficile come è stata per me FruFru (questo non significa che lei sia una persona difficile), …oppure ti fai una carriera, giri il mondo…per carità tua figlia-o    li curi, tutto bene, la solita colf immigrata che fa da baby sitter, se te lo puoi permettere, è già pronta…

Ma, poi, “stranamente”, parlo di una ragazza reale, a vent’anni, la figlia odia i genitori, beve e si droga, non vuol fare un cazzo…vestiti, amanti viaggi e nient’altro. Come al solito i genitori si tacitano la coscienza dando soldi… Dev’essere, questa,  una risorsa vecchia come il mondo, e quando ero bambina-ragazza, credevo fosse una esclusiva dei miei genitori! Come era piccolo il mio mondo!

Tutte cose notissime.

Da parte mia, anche se non ho mai “sentito” (io) che la mia vita fosse in funzione di mia figlia e mio marito, ho dovuto registrare con interesse che “questo” era esattamente quello che si aspettavano da me: tutto il mio comportamento era “ovvio e dovuto”, appunto “deducibile” automaticamente come un sillogismo dal mio ruolo di moglie e madre.

ECCOMI!……..    mentre riempio la mia “bottiglietta” (vedi sotto)

Inoltre, non ho potuto chiudere gli occhi al fatto che se io ero così (“servizievole”, per non dire “a servizio”), in casa c’era una armonia, una bellezza… come nei filmati del “Mulino bianco”… ogni rugiadosa mattina, tutti freschi di docce e profumi e balocchi, i familiari si incontrano “al picciol desco” e sgranocchiano buone cose, scambiandosi affetto e tenerezze, nel pieno della luce che sorge dalle rigogliose e sconfinate finestre che danno – lo dubitavate? -su un parco.

Ma la realtà “mia” non era così: io non ho mai pensato di dover fare della mia vita uno strumento della loro pace e, ancor più, della loro comodità. Ma la richiesta era pressante ed io eseguivo convincendomi che si trattasse del mio dovere.

Ogni tanto  facevo una scenata perché, a forza di ingollare, bisognava pur vomitare… sempre le stesse cose (una persona .!..una persona…!.).

Loro erano esemplari, si comportavano da veri professionisti: zitti, assolutamente zitti, con una faccia neutrale, non espressiva come quella di bambolotti, mi lasciavano gridare tutta la mia tiritera…

Dopo cinque minuti, come in un cartone animato quando bloccano una scena, tutti  si rimettevano a correre facendo “esattamente” tutto come prima. Io che non serbo rancore, rendevo loro la cosa ancora più facile.

Passava un tempo x, quello necessario a riempire di nuovo “la mia bottiglietta”, e di nuovo stravaso e di nuovo loro….

Siamo andati avanti così per vent’anni senza una minima modificazione. Io mi sentivo legata ad una catena infame, tutta ripetizione e mai un passo avanti.

Il fatto è che loro sono gatti: furbi e menzogneri, “sempre salvi” con un leggero balzo, vivono in funzione di se stessi e del loro benessere; e poi, ricordatelo, eravamo sempre due contro uno, quell’uno addirittura un cane così affettuoso che aveva già perso in partenza.

Mi sono sempre detta che se uno non fotte i buoni, cosa fa? Chi è che se la prende con i cattivi che gli possono rompere le ossa?

Senza dire cosa soffrivo… umiliata nella mia soggettività, desolata come fossi perduta senza collare…un cane senz’altro e di quelli noiosi che scodinzolano sempre, e loro erano i gatti, furbi viscidi bisogna prendersela con i buoni perché, come nel mio caso, li maltratti o li sfrutti ecc. e non ritirano il loro affetto. Tu , invece, non paghi mai. Una furbata!

Poi, lentissimamente, io sono cambiata…

ECCOMI ADESSO!

 

Da quando mi sono allenata a tirar fuori la mia aggressività in ogni minuta occasione fuori nel mondo. Ho esordito a Napoli …(ma questa è davvero un’altra storia!)

Invano avevo chiesto ai terapeuti di fare questo allenamento con loro: la prima volta e… anche la seconda…in cui tiri fuori un’aggressività sempre compressa, vai fuori squadra e passi dalla parte del torto anche se eri partito giusto…bisogna allenarsi molto, buttar fuori aggressività perché solo dopo che l’hai osservata in azione, constatato anche che non muore nessuno, diminuisce la paura e impari anche a controllarla.

La situazione della terapia sarebbe ideale: è una palestra dove allenarsi, poco e niente deve importare ai professionisti se il paziente li attacca…nessuno può farsi male perché niente che io possa dire riguarda la persona che ho davanti: “not me”, insegnava giustamente Freud agli analisti, diceva loro di farsi una specie di braccialetto al polso con quella scritta: “Non mi riguarda”, per ricordarselo mentre ascoltava un paziente: quello che mi dice “non mi riguarda”, riguarda altri personaggi del suo cuore, che appartengono solo alla sua vita.

Ma se ne sono guardati bene tutti e due, l’analista in Brasile e poi il Professore in Italia: preferivano lavorare avendo accettazione e amore da parte mia. Con questo non liquido però il discorso su aggressività e psicoterapia in particolare di psicotici, ne riparleremo se il tema verrà di nuovo a galla.

 

 

QUI E’ CHIARA – NONNA CHE NON PIACE  MA E’ COME SI SENTE LEI…

 

Oggi, anche se non “sempre”, so fare le mie ragioni “con calma gentile”…devo anche dire che i risultati però sono sempre gli stessi. Le persone non cambiano…soprattutto quelle che si trovano molto bene così come sono. Ma mi sono tolta dalla mente quell’immagine di me che prende fuoco e tutta rossa va a ruota libera senza controllo. Quelle poche volte che ancora succede, poi è come fossi ammalata. Più importante ancora, soffro molto meno. Forse finalmente ho fatto un po’ di  “distanza”: non sono più quella bambina appiccicata ai vetri a guardare i bambolotti e che piange quando sente “Balocchi e profumi”.

I miei familiari, compresa mia sorella, avevo scelto di metterli sul primo gradino delle mie priorità. La mia salute ed io stavamo nel secondo. Di questa “dedizione” mi pareva loro avessero bisogno, forse sbagliavo, ma più di tutto sbagliavo a non chiedermi: “Ma, i tuoi, di bisogni, quali sono, dove stanno,  come li soddisfi?”

 

Da qualche anno, forse due o tre, visto anche che non ho ‘sto gran futuro davanti, nel senso che sono già vecchietta, ho preso “la grande decisione” di mettere me stessa come prima della lista… nel senso che voglio morire dopo aver cercato -per come si può-di diventare quello che le mie potenzialità mi permetteranno. Questi talenti, pur minuscoli che possano essere, sono i miei (e su questi, sì, sento “appartenenza”, non su figli o nipoti) e, se si può dire, me ne sento responsabile.

Oltre tutto, loro,  urgono per uscire al mondo. Non voglio tenermi in  pancia tanti bambini non nati, come dice il famoso titolo, che poi incancreniscono.

Mi sembra che sia venuto il tempo di ascoltare i doveri  verso me stessa, fatto che, tra l’altro, quando non lo fai, non fai i compitini a casa che riguardano solo te, ti arrivano addosso dei sensi di colpa molto più acuti che se facessi male ad un altro.

Ve ne siete accorti?

 

L’AEDO CHIARA (a sin.); gli aedi erano i cantastorie della Grecia antica o, se volete, i primi cantautori…

Il mio bisogno più profondo è raccontare:  di me e degli altri che vedo, farlo da sola e insieme ad altri...

avevo anche proposto ad uno SCRITTORE di tutto rispetto di fare questo blog con me; come capite da soli, l’effetto su di voi sarebbe stato ben diverso: cambia tutto quando uno porge delle idee-esperienze sapendo comunicare.  Ma, per l’amor di dio, sembrava che l’avessi invitato a stazionare con me sui carboni ardenti e, credo di aver capito che, per lui, avere un altro tra i piedi, era proprio questo. .

Alla fine, “se non potevo cacciare col cane, come vedete, mi sono decisa a cacciare col gatto”, cioè io con la mia povera scrittura: un micione vecchio e strapelato che ancora, però, ha “tanto da miagolare”  ai suoi simili.

Però-dite- scrivo sciocchezze?

Ma non faccio male a nessuno, e faccio bene a me.

Un blog, se gli fa orrore, uno può anche non aprirlo, non vi pare?

 

Per tornare al mio ruolo di “nonna”, mi perdonerete ma mi sento una sbarbatella di primo pelo (forse quelli col pelo sono ragazzi? ) che deve ancora cominciare a vivere… Chiedereste a una diciasettenne di essere nonna?

Sono lì a disposizione del piccolo e di mia figlia, e di mio figlio (genero) certamente, ma il mio tempo è mio. Un po’ di tempo per me, mi è necessario a sopravvivere.

Mia madre e mia nonna poi dicevano: “i figli chi se li fa se li nina”.

 

Vedete, questo blog, mi ha ri-nato…

Adesso pensate da che altezza cadrò quando dovrò scoprire  “il nulla” (io) che sempre mi ha accompagnato dall’infanzia ad oggi…Il nulla che riguarda tutti noi, gente-massa…se capite.

Ma ho tante cose dentro…sotterrate, nessuno che, ovviamente, le voglia sapere, poveretto lui, le mie storie non sono colpa sua…Adesso ho l’illusione  che lo schermo del computer mi accolga sempre interessato, curioso e attento…una me stessa sdoppiata che, ovviamente, si ama…

E, soprattutto, ci sono quei tre lettori tre, sempre gli stessi, senza i quali questo specchio virtuale non riuscirebbe forse a mantenersi. Ed io avrei finito la mia terapia. Perché di una vera terapia si tratta, come vi dirò.

 

 

 

VE LI PRESENTO:

 

NEMO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DONATELLA LA SCRITTRICE, NELLA SUA REALTA’ PIU’ PROFONDA

 

 

 

 

 

 

DILETTA LUNA QUANDO FA L’INGENUA, IL SUO DESTINO ERA IL TEATRO, LA VITA L’HA FATTA SUORA

 

 

Dipendo da loro tre come Nicolò dipende dal latte della sua mamma. “Infinito finché dura”, come è tipico del latte.

 

 

NICOLO’ STAMATTINA NELLA TEMPESTA DI LATTE

 

Comunque avevo introdotto questo personaggio, Nicolò,  per dire che proprio questa mattina, che è stato nelle mie braccia dalle sette in punto…con tutto quello che abbiamo combinato…tra cui  un bagno di latte /tutti zuppi io e lui…vedete, sono un’eventuale nonna, ma del secolo scorso, ai miei tempo c’erano biberon di un tipo solo, adesso ce ne sono almeno due, uno con l’anello grande e uno più piccolo, entrambi servono per chiudere il ciuccio sulla bottiglia. Io sapevo assai e anche Nicolò non sapeva dirmi niente. Ho preso, naturalmente, la bottiglia più stretta e l’anello e il ciuccio più largo. Nicolò quella mattina aveva una fame da lupo, ho visto che scendeva del latte su di noi…”noi supini,  in attesa della pioggia bianca”…ma ho tirato dritto; finito il latte della mamma, ho preso dal frigo una bottiglia  di latte Mellìn, all’inizio lo scaldavo, ma piangeva tanto di fame che glielo ho dato bello che gelato. Ha apprezzato moltissimo il nuovo sapore da latte delle nevi.

Alla fine  lui sazio, e noi due bagnati come quelli che escono da una tempesta di latte…l’ho cambiato, una tuta comoda, io mi sono semplicemente tolta il vestito, poi un po’ a cullarlo, si è subito addormentato nel suo lettino. Nel letto ha “dei cosi” (sono esseri irriconoscibili, non quelli dei nostri tempi) grossi e morbidissimi che gli metto da una parte e dall’altra del lettino, a fianco a lui, che lo stringano un po’, così lui sente che non è solo: per ora non distingue bene gli oggetti inanimati da quelli vivi, e spero che sogni di due angeli coloratissimi e “senza forma” come quei cosi…  che lo accompagnano nel suo volo sull’universo.

 

Be’ così  la cosa si è patefatta: sono un po’ innamorata di lui…ma, cosa credete? Lo sono come lo sarei di un altro uomo… non certo come nipotino! ciao

 

CHIARA E NICOLO’ A CASABLANCA

 

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7 risposte a UNA NONNA FATTA COSI’ “NON FA FAMIGLIA”, AHIME’ NON PIACE, AHIME’ SONO IO, CHIARA. .

  1. nemo scrive:

    Azzeccato il ‘ritratto’ di Nemo … Tutto il resto mi sembra nella norma ( non di Bellini, preciserebbe prontissimo l’ amico pittore )

    • Chiara Salvini scrive:

      QUALE TUO AMICO PITTORE? NE DEVI AVERE UNA VALANGA! SONO CONTENTA CHE TI SIA RICONOSCIUTO…! ALTRO CHE GIOVIALITA’ TANTO SBANDIERATA! ECCO, DEVO DIRE CHE NON CI TROVIAMO D’ACCORDO…TU DICI AD UN ALTRO, CREDENDO DI FARGLI UN COMPLIMENTO: “SEI NELLA NORMA”…MA NON LO SAI CHE GLI FAI IL TUO PEGGIORE INSULTO…LUI NON VUOLE ESSERE NELLA NORMA, VUOLE ESSERE UNICO ORIGINALE INCOMPRENSIBILE FUORISQUADRA RIVOLUZIONARIO E SOPRATTUTTO…MANGIABAMBINI!! DELLA “NORMA” DI BELLINI, STUDIAVO LA PARTE DI ADALGISA, LA GIOVINETTA MEZZOSOPRANO ACCALAPPIATA DAL BARBARO ROMANO…NON HAI DETTO LA COSA PIU’ IMPORTANTE (PERCHE’ NON TE NE FA NIENTE): LE IMMAGINI SONO CARINE E LA CANZONE, PER CASO TE LA RICORDI, 1955? TU AVEVI GIA’ 15 ANNI! MI PIACEREBBE SAPERE COME SONO STATI I TUOI QUINDICI ANNI! SE FOSSI BUONO…

    • Chiara Salvini scrive:

      non sapevo che anche lui fosse “pedante” come M.! Forse gli artisti…ma E. ha il privilegio ai miei occhi di sembrare una persona assolutamente comune: che poi non lo sia, bisogna scoprirlo. Diverso quando già la faccia, i modi…e sono in tanti!…ti obbligano ad osservare un genio!

  2. nemo scrive:

    Ho apprezzato, foto ( simpaticissime: amo gli animali che trovo similissimi ai cosiddetti umani ) e canzone della mia gioventù ( che avevo dimenticato ). Per il resto, reputo ‘matura’ una persona consapevole della ‘universalità’ di quanto sta vivendo e della impossibilità di essere ( nella vita, nei sentimenti, nelle situazioni ) originale o peggio ‘unica’: solo così si possono avere rapporti fraterni e cordiali con tutti. Aristocratici anche nelle difficoltà ? Meglio socialisti, non ti pare ? Il pittore ? Ma il mio ‘maestro’ calabrese trapiantato al Nord, chi mai poteva essere ?

    • Chiara Salvini scrive:

      Mi piace molto moltissimo la tua definizione di “persona matura”, in qualche modo vorrei poterla mettere in risalto sul blog. Spero si sia capito, però, che la mia riven dicazione “dell’unico” era ironica su tanti e forse su una parte di me stessa.

  3. diletta luna scrive:

    quella foto che hai messo di diletta luna non mi pare nè “ingenua,nè “suora”. Suora non rinnego di esserlo stata, ma non me lo sono mai sentita, neanche quando la facevo, perchè mi sentivo, dal primo giorno e per tutti i sedici anni, una ribelle. Tant’è che…… Ingenua non me lo sento neanche, se mai un po’ lenta o tonterella, ma potrei dire furba, se non fosse che Dante quelli li ha messi all’inferno. e te l’avevo detto che il ruolo di nonna, brava o non brava, mettici l’aggettivo che vuoi, ti avrebbe alla fine contagiato ? Comunque belle veramente e carine quelle foto con il vostro cucciolo; sei una nonna che fa famiglia benissimo.

    • Chiara Salvini scrive:

      cara Diletta Luna, ti ho detto a voce che quella tua foto non mi soddisfaceva, non ne ho trovata una migliore, ma non voleva assolutamente parlare di te, ma dire che sei un vero campione nel fare teatro e si vede che ti piace molto, come deve essere di un vero attore. Poi canti tutto il giorno, meno a tavola (proibito dalle autorità) e canti benissimo. Per me non hai nessuna dote di suora, in generale le suore sono cattive come le vipere (e hanno tutte le ragioni di sfogarsi almeno così!), sei una persona “religiosa” sempre con dubbi, sempre combattendo la Chiesa come istituzione politica…insomma saresti riuscita molto meglio a fare teatro e, certamente, ti saresti divertita molto di più! Va be’ che in convento, essendo perennemente sugli spalti a combattere le suore o la Chiesa, a predicare il comunismo…ti sarai anche divertita parecchio! Magari è lì che sei diventata una grande attrice?

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