studi storia del rock 1976 piero scaruffi – ve lo ripropongo

Blank generation
Il punk-rock
La new-wave
American graffiti
British Graffiti
La musica da ballo punk
Il Southeast-pop
Hardcore
Il dark punk
Il modernismo punk
La Musica Industriale
Il free punk
La danza post-moderna
La no wave
La minimal wave
Il revival psichedelico
Il grass-roots movement
La neo-psichedelia inglese
Il pop revival
Down-under punk
Il rinascimento punk del Midwest
Neo-freak


La blank generation

Il 1976 e` una importante linea di demarcazione nella storia del rock, sia dal punto di vista strettamente musicale sia dal punto di vista sociologico. Il rock attraversa infatti un nuovo rigoglioso Rinascimento, una seconda grande esplosione creativa, con centinaia di gruppi che spuntano da tutti gli angoli dell’America proponendo qualcosa di nuovo. L’asfittico panorama del Riflusso riceve finalmente un’iniezione di nuova linfa vitale.D’altro canto nel 1976 si chiude l’epoca storica del Riflusso e della Restaurazione. La nuova epoca e` caratterizzata dal terrorismo internazionale e dalla crisi energetica. Gli Stati Uniti si sono lavate le mani del Vietnam, la cui pace ha disinnescato la componente piu` esplosiva della “contestazione”, e a quel senso di colpa nazionale aggiungono lo scandalo Watergate, che ha portato alla destituzione del presidente Nixon. La crisi del petrolio si rivela una crisi del capitalismo avanzato, e nella crisi prospera la violenza. Gli Stati Uniti, da sempre una delle zone piu` violente del mondo, conoscono una nuova ondata di delinquenza, soprattutto giovanile. E alla fine del decennio, sotto l’incalzare della reazione, si ricostituiscono i Weathermen, agli ordini di Katherine Boudiu.

E’ un periodo intenso, e tutt’altro che felice. Mai nel Dopoguerra l’immaginario collettivo era stato cosi` frustrato dagli eventi, mai la gente comune aveva provato cosi` poco entusiasmo per la propria epoca. In un certo senso gli anni ’70 sono l’esatto opposto dei ’60. La depressione economica che ha seguito il boom del decennio precedente ha fatto si` che un bieco materialismo prendesse il posto dell’idealismo di allora, e che la mediocrita`, l’uniformita`, il qualunquismo vengano esaltati laddove ieri venivano esaltati il genio, l’eccentricita`, la diversita`.

Per il teenager si tratta di anni davvero buii. Per effetto di questo clima piu` dimesso l’adolescenza viene infatti colta da uno spleen esistenziale che verra` battezzato “teenage depression”, sorta di noia di vivere che colpisce le giovani generazioni con sintomatologie inedite. Disilluso dalle utopie e spersonalizzato dal Riflusso, l’adolescente diventa un anonimo divoratore di fumetti televisivi e un abitudinario topo di discoteca, al quale le lotte studentesche hanno tolto la fede nei valori tradizionali senza riuscire, fallite le rivoluzioni, ad instillare nuovi ideali.

I radicali di questa crisi approdano a una filosofia esistenziale del tutto nichilista, che rinnega qualsiasi valore morale e qualsiasi entusiasmo per la vita. Sono i nuovi “punk”, non piu` vagabondi teppisti della periferia cittadina, ma vera e propria cancrena della societa` moderna.

Per quanto riguarda il costume, il fenomeno piu` appariscente e` quello dell'”american graffiti”, la riscoperta gioiosa degli anni ’50 e ’60, con i relativi miti di Elvis Presley (morto proprio nel 1977) e dei Beatles (John Lennon muore nel 1980). La civilta` spensierata e festosa di quell’era di benessere esercita un ovvio fascino sull’immaginario represso della generazione della crisi.

Il fenomeno commerciale del revival riguarda soprattutto rockabilly, beat e surf, che vengono riproposti con un piglio piu` sfrontato, ma sostanzialmente inalterati. Di riflesso anche il 45 giri gode una seconda giovinezza: piu` impegnato, ma sempre meno impegnativo del long-playing, e` anche piu` idoneo a trasmettere le scariche epilettiche di angoscia e frustrazione ultra-compresse dei punk.

Da punk e graffiti nasce il nuovo rock americano. Al principio i nuovi complessi assomigliano molto ai vecchi garage-group dell’era psichedelica, manipoli di disperati del sottobosco discografico che si radunano nei club per adepti, come il CBGB’s (ovvero “country bluegrass & blues”) e il Max’s Kansas City a New York, o il Rat a Boston. In breve si ripete il pittoresco folklore delle stazioni radio FM per soli adepti e delle riviste alternative (Creem e soprattutto Trouser Press di Ira Robbins) che intervistano gli idoli dei “sotterranei”.

New York riprende lo scettro di capitale del rock come ai tempi dell’ underground. Si puo` anzi affermare che la civilta` punk nasca proprio sulle macerie del vecchio underground. Sulla East Third Street sorge l’edificio dove il governo americano ha confinato gli Hell’s Angels. L’intero quartiere e` cresciuto sotto la loro “tutela”. Pochi isolati piu` in la` Hilly Kristal inauguro` nel 1973 il CBGB’s.

Quello punk e` il fenomeno di dissenso piu` importante degli anni ’70, per quanto nettamente meno influente del corrispondente hippie degli anni ’60.

Il punk e` il teenager di strada, che esprime la crisi alla maniera dei giovani del Dopoguerra, curando cioe` l’aspetto esteriore (spille nei lobi delle orecchie, trucco pesante, capelli rasati, divise militari, magliette oltraggiose, stivali) e il linguaggio (al limite della bestemmia continuata, rozzo e anti-patetico, compiaciuto delle situazioni piu` laide e stomachevoli).

I punk sono anarcoidi e paranoici, asociali e settari. Si esercitano alla crudelta`, alla perversione, al cinismo. Rappresentano l’estremo opposto del ragazzino imbrillantinato e incravattato e della ragazzina in gonne lunghe che affollano le discoteche. I punk non fingono di divertirsi, perche’ non vogliono divertirsi. Godono masochisticamente la crisi economica, sociale e morale. I loro ideali sono i bassifondi e la miseria.

Il 1976 e` comunque gli anni ’60, perche’ i punk rifiutano qualunque etichetta politica. Il 1976 e` soltanto un singulto di violenza creativa. Il loro e` una specie di pre-sessantotto rivisitato dalla parte dell’emarginato non politicizzato.

I naturali precursori dei punk sono piuttosto i decadenti. Complessi come i New York Dolls assumono un’importanza che travalica i meriti musicali. Personaggi come Lou Reed, Jim Morrison, Iggy Stooge e Johnny Thunders assurgono a messia del nuovo stile di musica/vita.

Per i punk l’eccitazione non e` mai abbastanza, e, basandosi su questo principio, la loro musica e` un’esasperazione in negativo del rock del divertimento. Spesso la matrice originaria e` ancora visibile, sotto forma di melodie beat o di ritmi surf, ma essa viene del tutto stravolta da un’enfasi squilibrata che rende in maniera sonora la violenza criminale della societa`. E’ come una parodia demenziale della societa` dei consumi, dalla quale i punk si lasciano volutamente inebetire.

Il rock del ’70 e` una filiazione deforme del decadentismo maledetto e dell’heavy metal, saltando a pie` pari tutta la sofisticata arte progressiva. La batteria nevrotica e il canto demenziale sono gli unici elementi fondamentali di questo neo-primitivismo rock, che si esprime a tutto volume e con concisione, preferendo l’aforismo dilaniante all’apologia oratoria. L’art-rock, le suite concettuali, le liriche metafisiche, le jam improvvisate vengono accantonate a favore di una presa diretta, di una musica-verita` che nella sua grezza emotivita`, nella sua carenza di dialettica, nella sua mancanza di fantasia, nella totale assenza di citazioni colte, riflette la cultura media del sotto-proletario urbano. E’ un prepotente ritorno al realismo, ma una forma sotto-culturale e deteriore di iper-realismo.

La regressione ideologica imprime al rock una sterzata di 180 gradi. L’universo sonoro della musica giovanile viene letteralmente ridisegnato nel giro di pochi anni, spazzando via tutti i sotto-generi del Riflusso e generandone di nuovi. Per analogia con la nouvelle vague cinematografica francese, viene coniato il termine “new wave”.

La new wave raccoglie inizialmente alcuni generi elementari, tutti di derivazione da generi degli anni ’60: il punk-rock hardcore (fusione di foga hard-rock e melodie/testi beat: ritornelli scemi scemi eseguiti a squarciagola e a perdifiato); il sixties-revival vero e proprio, recupero fedele del sound gioioso del decennio d’oro degli adolescenti, o in chiave fun (beat, surf, folk-rock) o in chiave psichedelica (Doors e minori), tutt’al piu` aggiornato e rifinito secondo i modi tecnologici della produzione discografica moderna; il “punk-a-billy” metropolitano, che consiste nel comporre musica agghiacciante servendosi di un genere innocuo come il rockabilly, ripescando dagli armadi dei nonni gli scheletri, gli zombie e i vampiri dell’horror classico. In seguito queste componenti si mescolano e sovrappongono, coniando linguaggi sempre primitivi ed epidermici, ma piu` free form.

La fauna dei club e` variopinta e tumultuosa. Al Max’s di New York, punto di riferimento dei decadenti piu` perversi, teppisti ed omosessuali, regnano estremisti rock e cultori dell’oltraggio e della volgarita` come il travestito Wayne (Jayne dopo l’operazione) County, ex attore off di Broadway per Andy Warhol, autore di alcuni classici dell’epoca pionieristica: la sigla rituale del locale (Max’s Kansas City, 1976) e la love story fra una punkette e un teddy-boy Eddie And Sheena, su Electric Chairs (Safari, 1978).

Al CBGB’s avvengono le cose determinanti. La scena e` nelle mani di un manipolo di poeti musicisti, vagamente attratti dai simbolisti francesi, che include i leader carismatici Richard Hell, Patti Smith, Tom Verlaine, in combutta con scrittori come John Giorno e Jim Carroll e cineasti come Amos Poe. Sono loro i portavoce dell’insoddisfazione dei punk, i bardi della nuova Boheme di Soho, i piu` programmatici agitatori di Manhattan.

La loro musica nasce all’incrocio fra il folk minimale, cerebrale, dissonante, dei folk club del Greenwich, il power-rock di Detroit e la psichedelia tormentata dei Velvet Underground.

L’hardcore (il punk rock piu` violento e sfrenato) e` praticato da bande di teppisti cinici e radicali che si ispirano all’hard rock britannico per quanto concerne riff e velocita`, al beat e al surf per i soggetti e i ritornelli, ai precursori New York Dolls, Heartbreakers e Dictators per foga, volume e provocazione. A lanciare il fenomeno su scala nazionale sono i Ramones, che avevano esordito il 16 Agosto 1974 al CBGB’s. In breve tempo non si conteranno piu` le imitazioni e verra` coniato il termine “thrash” (picchiare, sculacciare) per definire i ritmi sempre piu` frenetici e martellanti dei complessi punk.

Gli epigoni del “raw-power” degli Stooges, fra cui i Dead Boys di Stiv Bators, parlano l’idioma del crimine, con un rock sofferto e tirato, ringhioso e gutturale, che si ispira alla linea genealogica della perversione in musica.

Le leggende della “blank generation” newyorkese (Tom Verlaine, Richard Hell, David Byrne) si sono ben conservate nel tempo, ciascuna ritornando di quando in quando a far sentire la propria epica voce. Il forte di questa generazione e’ forse proprio quello di non essersi lasciati influenzare piu’ di tanto dal mutare dei tempi. Imperturbabili al succedersi delle mode (talvolta da loro stessi create), gli eroi maledetti della “blank generation” hanno mantenuto inalterata la propria estetica musicale e la propria ideologia esistenziale. Piu’ o meno indifferenti a cio’ che accade attorno a loro, questi personaggi hanno sempre cercato soprattutto (e talvolta disperatamente) di esprimere se stessi. Non a caso i loro dischi di oggi suonano incredibilmente simili a quelli di allora e non meno attuali. E’ anche questo un dono dei classici.

La prima leggenda di Philadelphia furono i Reds, venuti alla luce con la seconda ondata del punk, verso la fine degli anni ’70. Negli stessi anni gli A’s, soprattutto sul primo album del 1979 (per la Arista), andavano proponendo un punkpop che faceva da ponte fra quello dei Ramones e quello dei Buzzcocks inglesi.


Il Punk-rock

In Inghilterra l’era punk e` caratterizzata innanzitutto da un risveglio dell’ industria discografica, da tempo agonizzante. Sono soprattutto le piccole etichette indipendenti a dimostrare una notevole intraprendenza e ad imporre nuove mode, per quanto circoscritte. In generale tutto l’immenso e affamato apparato venuto perfezionandosi durante il ventennio precedente (quello stesso apparato di cui il beat aveva messo in luce le carenze organizzative) ha finalmente modo, grazie alla nuova filosofia consumistica degli adolescenti, di mettere in moto i suoi raffinati e potentissimi meccanismi.L’industria inglese trasforma in prodotto di massa lo stimolo socio-musicale punk che giunge dall’America. Anche perche’, come sempre, l’adolescente inglese manifesta falsamente quei disturbi generazionali che sono ben reali per il coetaneo americano. Cio` non toglie ovviamente che i pochi sinceri punk siano davvero disperati, e che, proprio perche’ soffocati da un numero abnorme di punk fasulli, si spingano agli estremi della degenerazione e dell’auto-distruzione.

Il punk mette comunque in luce le tensioni costituzionali della societa` britannica che esploderanno al principio degli ’80. Nell’immediato dopoguerra l’immigrazione dal Commonwealth (prevalentemente dai Caraibi e dal Pakistan) aveva creato dei ghetti negli slum di Londra (Brixton) e Liverpool (Toxteth), popolati prevalentemente da sottoccupati (peraltro ben felici di aver trovato lavoro nella prospera Inghilterra). Durante gli anni ’60 i coloured e gli asiatici erano stati vittime di persecuzioni razziali ad opera degli “skinhead” e delle frange para-politiche di estrema destra (gli “oi”), anche se gli sporadici scontri fra bande di esagitati non erano mai sconfinati in disordini veri e propri.

La crisi economica degli anni ’70 fece pero` crescere la disoccupazione ai livelli piu` alti d’Europa (12%), colpendo soprattutto nei ghetti e fra i giovani bianchi. Negli slum si formo` percio` una spontanea alleanza fra giovani neri, asiatici e disoccupati bianchi, tutti piu` o meno emarginati, e fu da tale alleanza che nel 1980 trasse origine un movimento di protesta fra i piu` violenti e incontrollati della storia britannica, con giornate di battaglia fra dimostranti e polizia nei famigerati sobborghi.

Rispetto al punk americano quello britannico, sollecitato da concomitanti tensioni socio-economiche, ha quindi una presa di massa notevole, penetra capillarmente nella societa` giovanile, mentre a New York era rimasto a livello di fenomeno elitario e sotterraneo. La “noia” tanto spesso proclamata nei testi dei loro anthem e` quella di un’intera generazione, non quella di pochi intellettuali decadenti dei sobborghi artistici.

Una caratteristica nascosta del punk rock e` la nostalgia per l’epoca beat: per il 45 giri, per le hit parade, per il divo circondato da fotografi e ragazzine deliranti, per un modo di vestire che sia solo degli adolescenti, per il “fan” e il “fun”, nonche’ per le battaglie fra bande rivali, per tutta l’iconografia tradizionale della trasgressione giovanile.

Il fenomeno esplode, a somiglianza del beat, in un periodo di stasi discografica, con un’invasione massiccia di complessini spuntati dal nulla, con una rivoluzione totale delle chart e con un adeguato corredo di scandalo da parte dei mass-media. Come gia` accadde per il beat, infatti, l’aspetto musicale e quello di costume sono intimamente connessi, ed entrambi appaiono ai perbenisti come riprovevoli manifestazioni dei piu` incivili istinti umani. Come ai tempi del beat, l’esecrazione unanime e` la chiave del successo: i titoli allarmanti dei giornali, che vedono nei giovani truccati con le orecchie trafitte da fermagli il primo stadio della dissoluzione del vivere civile, e le immagini terrificanti trasmesse dalla televisione (frotte di punk nelle vie del centro, infiltrati persino nelle scuole) costituiscono la pubblicita` piu` convincente per la massa frustrata degli adolesenti, alla ricerca disperata di una qualsiasi forma di protagonismo. Lamette e spille da balia si diffondono come nel 1963 la capigliatura a caschetto dei Beatles.

Nel 1976 viene alla ribalta il punk di sfondamento, quello cinico e duro, anarchico e radicale, l’ultra-punk del vomito a dirotto, del suicidio, dell’eroina, della violenza gratuita. La rabbia e lo schifo dei kid sotto-proletari della periferia salgono sul palco in prima persona. L’ondata di brutalita` terrorizza i benpensanti: i comportamenti scandalosi, le risse e gli arresti dei nuovi barbari non si contano. Il punk rock esprime l’angoscia post-industriale di una societa` in precario equilibrio sull’abisso dell’estinzione.

I complessi punk sono tanti, e quasi tutti analfabeti. Spesso il gruppo e` in realta` l’espressione della personalita` piu` forte, e piu` matura, quella che resta a galla quando, pochi mesi dopo, e` tutto finito.

Il contagio e` arrivato in realta` dall’America: un tour dei Ramones, all’inizio del 1976, ha esportato il virus della musica hard/beat, che si e` propagato in un battibaleno, grazie soprattutto all’opera di speculazione compiuta in maniera scientifica da personaggi come Malcom McLaren, il virtuale inventore del punk britannico, proprietario della boutique in cui si fanno le ossa i nuovi eroi dell’ estremismo rock. Il 20 settembre si e` tenuto il primo festival punk al 100 Club di Oxford Street.

Il punk rock si basa su raffiche di hard-rock epilettico (drumming frenetico e pesante, canto demenziale vampiresco a perdifiato, baccano di chitarre abrasive e supersoniche) che liricamente esaspera al massimo situazioni quotidiane, obiettivo la provocazione continuata, l’eccesso anti-poetico. Banditi sono gli arrangiamenti e tutti gli strumenti “colti”.

Il fenomeno del punk maniacale esplode con i Damned, i Sex Pistols, i Generation X e i Buzzcocks. Nel giro di pochi mesi sono gia` centinaia i complessi analoghi, tutti rabbiosi e incompetenti. Vengono consacrati il 6 Gennaio 1977, quando la EMI straccia, disgustata, il contratto dei Sex Pistols.

I Penetration di Pauline Murray vennero alla ribalta con l’intensita` melodica e drammatica del singolo d’esordio Don’t Dictate (1977). Gli Adverts di TV Smith furono capaci di catturare lo spirito dell’epoca in One Chord Wonders (1977) e soprattutto nell’anthem Bored Teenagers (1978), ma mai di suonare decentemente. I Chelsea di Gene October erano i meno scatenati, ma non meno elettrizzanti (soprattutto in Right To Work, 1977, e I’m On Fire, 1979). I piu` anziani 999 furono uno dei tanti gruppi che non c’entravano nulla, ma vennero promossi come punk (Homicide, 1978). Gli Sham 69 capitanarono l’ondata successiva.

Depositari dell’insofferenza dei kid e autori dei nuovi anthem generazionali ce ne furono tanti altri. In fondo ogni anthem (che si identifica con il titolo e il ritornello) e` uno slogan, e quello e` il suo unico scopo. Non ha affatto funzione di intrattenimento musicale. La piu` o meno efficace presa di un gruppo punk dipende dall’abilita` “propagandistica” del leader (come coniatore di motti, proverbi e parole d’ordine).

Rispetto al beat, dove contavano anche gli aneddoti, gli esempi, le parabole, e` un netto passo indietro per quanto concerne la capacita` di affabulazione degli adolescenti. Siamo molto vicini all’urlo gutturale dell’uomo delle caverne, alla pura bestialita`, allo sfogo incontrollato ed istintivo delle proprie sensazioni. E’ forse un altro effetto indiretto della regressione storica dall’oratoria romantica ottocentesca alla sintesi tecnologica del Novecento.

Anche musicalmente il brano si riduce al minimo melodico, ritmico e armonico, e i musicisti si crogiolano soddisfatti nella routine del “ramalama” veloce e forte. Annaspano fuori dai tre minuti del 45 giri.

La seconda ondata di punk rocker e` indubbiamente meno originale negli intenti (sfruttava essenzialmente una moda che aveva ormai preso piede), ma forse musicalmente e` piu` dotata, con un sound se non altro un po’ piu` articolato. Capitanati da UK Subs e Vice Squad, succubi della cantante Beki Bondage (Rock’n’Roll Massacre, 1982), i punk incorporano riff comprensibili e linee melodiche. I Ruts coniano persino un idioma ibrido di punk bianco e reggae alla Police (In A Rut, 1978; Babylon’s Burning, 1979; Jah War, 1979; il capolavoro Rude Boys, 1980) che avra` i suoi migliori esponenti nei Members di Offshore Banking Business (1979) e nelle Slits, il primo gruppo di sole punkette (Love And Romance, 1979).

In compenso dilagano gli skinhead e lo sk-unk di estrema destra. I due gruppi skinhead per eccellenza sono gli Angelic Upstart di Mensi, emuli sonori e politici dei Clash (White Riot, 1980), e i Cockney Rejects, che coniarono l’urlo dell’insurrezione punk (Oi Oi Oi, 1980). I 4-Skins ne sono i piu` radicali assertori, con un sound massacrante che ricorda le barricate sonore di Detroit 1968. Dopo di loro non restera` che sfogare la rabbia nell’heavy-metal e nel power-rock piu` abrasivo, come faranno i GBH. Fuori da ogni corrente si situeranno i comici folletti Anti-nowhere League, titolari di anthem truci e offensivi (I Hate People, 1982; We Are The League, 1982) che sono pero` caricature del thrash punk. Gruppi punk continueranno a nascere e morire per tutto il decennio. Ma e` dal 1977 che non si sentono piu` veri anthem e si ha l’impressione che i punk rocker continuino a suonare per un pubblico punk che si rarefa a vista d’occhio, e che forse non esiste piu`.

Molto piu` importanti i gruppi politici, capitanati da Clash, Exploited e, in Irlanda, dagli Stiff Little Fingers. Gli Exploited diventeranno la tribuna di Wattie Buchan, i cui rabbiosi (I Believe In Anarchy, 1981) e volgari (Maggie, 1985) proclami anti-Thatcheriani si affidano a riff selvaggi e sgraziati. Dopo due classici della portata di Punks Not Dead (Secret) e Troops Of Tomorrow, i successivi Let’s Start A War (Combat), Horror EpicsDeath Before Dishonour hanno dirottato il sound verso l’heavymetal.

Ancora piu` a sinistra si situano i gruppi anarchici, agit-prop band che si riconoscono per l’iconografia nichilista e l’idioma estremista, primi e maggiori i Crass. Tutti piu` o meno illetterati, con pose da feroci intellettuali di slum, manichei e paranoici, usano il punk rock come medium per i loro esagitati comizi, ma soltanto Discharge, Crisis e Flux Of Pink Indians possono vantare anche qualita` musicali. I Conflict sono i piu` retorici, con un repertorio di canzoni, raccolte su Turning Rebellion Into Money (Mortarhate, 1987), che sono micro-comizi taglienti e inflessibili. I Poison Girls di Seven Years Scratch (Xntrix, 1984) sono i piu` maturi: guidati dalla cantante Vi Subversa, anzianotta e piuttosto rauca, hanno via via alleggerito lo stile, abbandonando gli slogan anti-governativi, e allestito un gioviale cabaret itinerante.

In definitiva la vicenda punk, breve ma densissima di nomi e di avvenimenti, ha ripetuto sostanzialmente le contraddizioni di sempre del rock britannico, le poche idee del quale vengono sistematicamente diluite fra decine di complessini tutti uguali, e comunque si esauriscono in superficie, senza scalfire la sostanza della musica; e nel quale finisce sempre per vincere la tendenza conservatrice, una specie di vizio storico che ingoia tutte le novita` e riesce a renderle, con pochi ritocchi, del tutto innocue per l’ ordine pubblico.

Il ciclone punk non ha rivelato nuovi Wyatt o nuovi Eno, ma e` certamente servito a rinnovare il panorama e a risvegliare i kid dal torpore del riflusso.

Dei complessi originali sono ancora in circolazione soltanto quelli meno dotati, come i Lurkers di Londra (approdati al loro miglior album, in frizzante stile Ramones, nel 1989 con King Of The Mountain per la Link dopo una carriera mediocre come poche), oppure quelli che hanno cambiato completamente genere, come i GBH. Lo stesso Billy Idol e` stato grandemente ridimensionato dopo il deludente Charmed Life (Chrysalis). Viceversa qualcuno e` stato rivalutato dopo essere passato inosservato nel 1077, come gli Slaughter & The Dogs di Wayne Barrett, durati una sola stagione (la formazione originale) e progenitori con i Buzzcocks del movimento di Manchester (Cranked Up Really HighYou’re Ready NowDame To Blame,Where Have All The Boot Boys Gone i loro classici).

Rivalutati soprattutto sono stati i gruppi estremisti, a partire dai capiscuola Discharge fino ai discepoli Rudimentary Peni e Neurotics. Se gruppi come i Conflict, quelli di Against All Odds, riformatisi nel 1994 per registrare Conclusion (Mortarhate), o i Thatcher On Acid, la cui carriera e` stata riassunta in Pressing (Desperate Attempt), o i Flux Of Pink Indians, piu’ importanti come fondatori dell’etichetta One Little Indian che per gli album-comizio Strive To Survive (Spiderleg) del 1982, suonano oggi un po’ patetici, le sonorita` radicali dei dischi di altri sono state preveggenti nei confronti dell’hardcore e dell’heavymetal moderni.

 

Cosi` anche i Subhumans. titolari di un piccolo capolavoro

Il fenomeno “skinhead” e` in gran parte sfumato. Persa la connotazione politica che aveva acquistato nei primi anni ’80, e` confluito nel piu` colorito fenomeno degli “hooligan” calcistici. Gli skinhead erano comparsi alla fine degli anni ’60 fra i giovani delinquenti dei quartieri sottoproletari che mutuavano gli atteggiamenti delle bande degli immigrati di colore. Durante l’esplosione del punk gli skinhead si misero in luce come i piu` estremisti, spesso esaltando ideologie paranaziste. L’ultimo sussulto musicale del movimento fu quello del “nazi-rock” di Screwdriver e altri gruppi di ultras (o “bonehead”).


La new wave

La generazione punk che ha cantato la disperazione del disadattamento apre le porte a una generazione totalmente conscia del mondo squallido in cui vive e della propria impotenza a cambiarlo.L’umanita` e` entrata nell’era post-industriale, l’era in cui i servizi hanno preso il sopravvento sulla produzione, l’era in cui non si puo` piu` fare a meno del computer, tanto vasta e` la problematica connessa ad ogni servizio. E l’individuo, che gia` era passato in second’ordine rispetto alle macchine della catena di montaggio e agli elettrodomestici, si rimpicciolisce ancor di piu`, affonda ancora un po’ nell’anonimato della massa.

La civilta` dell’impiegato e` ormai basata sulla pigrizia e sulla paura di pensare. Definito dalla sua ditta, dal suo ufficio, e in ultimo dalla sua scrivania, l’ impiegato e` privato dello stimolo ad essere qualcuno, a fare qualcosa in piu` di cio` che e` obbligatorio fare. Il nuovo manicheismo consiste nel considerare bene l’obbligatorio e male il vietato, e nel non ammettere altri stadi.

La quantizzazione dell’individuo e` il fenomeno per cui in ogni manifestazione collettiva l’individuo viene ridotto a un numero: il voto alle elezioni politiche o le ore lavorate in un mese. Non si cerca piu` di fabbricare il robot a somiglianza d’uomo, ma l’uomo a somiglianza di robot, per il semplice motivo che il robot si e` dimostrato molto piu` efficiente (e pertanto utile) dell’uomo.

Il concetto stesso di razza umana si altera profondamente. Da un lato i progressi della medicina indeboliscono la specie, tenendo in vita esseri che non avrebbero superato la selezione naturale; modificano la specie, trapiantando e innestando organi naturali o artificiali. L’uomo viene a poco a poco costruito in laboratorio. Dall’altro la selezione della specie nella societa` umana non fa che spostarsi dal piano fisico a quello mentale, sopravvivono cioe` gli esemplari piu` resistenti alle inibizioni e alle fortissime sollecitazioni psichiche: pochi individui si adattano, e prolificano, mentre la grande massa di frustrati e` destinata ad estinguersi.

La degenerazione della specie umana in una massa di impiegati bruti, incolti e malaticci, che agiscono come robot, preannuncia la barbarie del Duemila. La visione dei nuovi barbari (tecnologici, senza valori morali, distruttori della civilta` morale) e` complementare a quella del disastro nucleare. Il mito dell’ Apocalisse ritorna, con l’approssimarsi di un’altra scadenza millenaria: e` la catastrofe ineluttabile, o come procreazione di mostri o come estinzione della specie.

La musica degli intellettuali della “blank generation” e` una discesa nei gironi ribollenti della metropoli alienata, mette in scena la mutazione e l’Apocalisse. Anche i film e i fumetti di fantascienza contribuiscono a stimolare la fantasia dei musicisti, ma il contributo piu` sostanzioso viene dalla societa` cosi` com’e`. Il rock dell’Apocalisse non e` musica privata (come quella dei cantautori) e non e` musica pubblica (come quella della psichedelia); e` una cruda rappresentazione del rapporto nevrotico che si instaura fra privato e pubblico.

Ad appropriarsi di questi temi sono cellule eversive situate in diverse zone della nazione, le quali, quasi contemporaneamente all’insaputa gli uni degli altri, sviluppano un rock dell’alienazione. L’obiettivo comune e` di rendere musicalmente la condizione umana. Il risultato e` una corrente fra le piu` creative dell’intera storia del rock. Primi grandi messia ne sono i Suicide, titolari dello show piu` raccapricciante dei club alternativi di New York.

Nell’industrializzatissimo Ohio per tutto il decennio la bandiera del rock d’avanguardia e` stata tenuta alta da complessi come i Left End, i Mirrors, gli Styrenes, e gli Electric Eels. Complessi come Bizarros, i Pagans e gli Styrenes di Mike Hudson, e Tin Huey, tutti della citta` universitaria di Akron, oppongono quel sound composito ed eterogeneo alla febbre punk.

Della grande scuola dell’Ohio verra` appieno riconosciuta la portata anticipatrice, in particolare quella delle tre formazioni mitiche della preistoria di Cleveland: gli Electric Eels; i Rocket From The Tombs, ovvero il nucleo di quelli che sarebbero stati i Pere Ubu, con Peter Laughner e David Thomas affiancati da Stiv Bators; gli Styrenes di Paul Marotta, nati sule ceneri dei Mirrors di Jamie Klimek.

Queste bande di teppisti sonori sono pero` segregati negli scantinati di provincia, in misere traballanti case discografiche, nel volontarismo encomiabile dei pochi fan. In comune hanno il gusto per l’orgia sonora, per il miscuglio devastante di hard-rock, psichedelia, elettronica e canzoni. Ascoltare i loro dischi e` come osservare attraverso le lenti deformanti di una nevrastenia acuta uno squarcio della societa` in cui vivono, fra commercial televisivi, routine mondane, lavori alienanti, frustrazioni provinciali.

E’ grazie a loro che matura poco a poco il rock della mutazione, accanito profeta della disumanizzazione dell’individuo. Devo, Human Switchboard, Pere Ubu, e, nel vicino Indiana, MX-80 Sound ne sono i principali esponenti.

Da notare che l’Ohio produrra` altri act fondamentali della new wave, anche se la loro fortuna si fara` a New York (Cramps), Boston (Cars) o in Inghilterra (Pretenders).

A Boston un’esperienza fondamentale per la musica industriale e` quella degli Sleep Chamber.

Oho e Debris sono fra i pionieri della new wave.

A meta` degli anni ’70 la California, patria della musica totale di Zappa, del freak-rock, dell’acid-rock, e di altre forme sperimentali, conta un nutrito branco di avanguardisti, ma quasi tutti costretti all’anonimato nei club della cultura alternativa.

In molti casi la musica rock sperimentale e` diventata soltanto la colonna sonora che accompagna le piece teatrali dell’arte-performance. Si tratta di opere catastrofiche, rappresentazioni allucinate dell’Apocalisse morale. Il leitmotiv non e` piu` la morte di Dio, ma quella dell’uomo stesso. Ad ucciderlo e` la Tecnologia, il mostro tentacolare che divora ogni giorno di piu` la societa` capitalista. La visione del futuro che se ne deriva e` coerente con il filone catastrofico della fantascienza: un pianeta desolato, martoriato da ogni sorta di olocausti nucleari, e popolato da semi-androidi che vivono in uno stato di natura estremamente degradato.

La collocazione geografica del rock piu` inumano del momento non e` casuale. San Francisco si sta prendendo la rivincita del secolo su Los Angeles: l’era della plastica e` tramontata ed e` iniziata l’era del silicio, cioe` dei circuiti elettronici miniaturizzati, dei computer e dei robot. La “Valle del Silicio” (Silicon Valley), al secolo la Santa Clara Valley, nei pressi di San Francisco, ne e` proprio l’epicentro mondiale.

La “corsa al Silicio” e` il terzo grande fenomeno di migrazione di massa nella storia della Nazione americana, dopo la “corsa all’oro” e quella al petrolio. Tutto ebbe inizio nel 1976, quando due ragazzi di Palo Alto, Steve Jobs e Steve Wozniak (entrambi fans dei Grateful Dead), costruirono nel loro garage il primo “personal computer”, battezzandolo Apple. L’avvento del computer formato famiglia origino` un boom che dura tuttora.

In quei dieci anni l’intera zona che si estende da Palo Alto a San Jose vide spuntare centinaia di costruttori di hardware e software. Il computer divenne l’apparecchio piu` “servito” della zona, e l’intera economia locale si riqualifico` per assolvere a tale scopo. I fatturati delle aziende raggiunsero vertici da delirio, molti ragazzini (tipo Jobs e Wozniak) divennero miliardari nel giro di pochi mesi. Si creo` il mito del “computer wizard”, il giovanissimo ed eccentrico genio del computer, capace di dominare la macchina e di ricavarne prestazioni inaudite. Inizio` un’ondata di immigrazione da tutti gli States che non si e` ancora spenta.

In breve la valle si saturo`: i prezzi delle case salirono alle stelle, le freeway si congestionarono, l’intera Baia di San Fracisco divenne una grande, caotica metropoli senza soluzione di continuita`. Il fenomeno ripeteva in epoca post-industriale i piu` canonici modelli delle ottocentesche “boom town”.

Il paesaggio si arricchi` di semafori intelligenti, di sportelli bancari automatici, di terminali Videotex agli angoli delle strade, di video-game sempre piu` avvincenti. Dappertutto erano i computer a dominare la vita della Silicon Valley. I computer si diffusero presto anche nelle case, provocando il fenomeno dei “computer hacker” che passano le notti a scrivere programmi per il proprio sollazzo.

In breve il computer divenne un fattore sociale, perche’ con il computer si puo` fare ormai tutto: giocare, comunicare a distanza, lavorare da casa, pagare le bollette, scrivere romanzi, comporre musica, dipingere quadri, realizzare film d’animazione.

La civilta` del computer muta drasticamente la filosofia di vita della Baia. I party di Palo Alto e Berkeley diventano cenacoli per “computer hacker” dove si creano nuove “start up” e ci si scambiano informazioni segrete sui progetti piu` avanzati.

L’idealismo degli anni ’60 non e` neppure piu` un ricordo.

E’ in questo scenario che operano i nuovi sperimentatori underground. Il sottobosco delle bande sperimentali viene alla luce dopo il ’70, il cui fervore iconoclasta concede spazio ad ogni fenomeno di rottura. A sostenere il movimento e` una piccola indie, secondo lo schema inaugurato in teatri di periferia frequentati da artisti dilettanti. Dispersivi e naif, dai punk: la Ralph di San Francisco. I suoi adepti si esibiscono i complessi sperimentali della Ralph propugnano una musica che abbia un carattere piu` subliminale che naturalista o dadaista (e in cio` si differenzia dalla musica concreta) e che in qualche modo rifletta l’angoscia tecnologica della vita moderna.

I suoi esponenti si qualificano come le bizzarrie piu` goliardiche del decennio. I loro act non sono certo paragonabili per opulenza e “grandguignol” a quelli dei decadenti (sono anzi assai umili e dimessi), ma hanno lo stesso carattere approssimativo e satirico dei fumetti. E’ il tipo di travestismo giusto per un’epoca nauseata dal perfezionismo e bisognosa di un po’ di trasandato pressapochismo.

I pionieri del movimento Ralph sono Residents, Chrome e Tuxedomoon.

La Ralph decide poi di accogliere esuli da tutto il mondo, compresi gli inglesi Snakefinger e Renaldo And The Loaf; proponendosi cosi` come una sorta di Internazionale della musica alternativa. Molti dei suoi protagonisti esercitano da anni, hanno battuto i sottoscala dell’underground e i garage della psichedelia. Dopo essere stati tagliati fuori dal riflusso, tornano a galla con il boom delle indies.

Una nuova ondata di sperimentatori cacofonici si raccoglie attorno all’etichetta Subterranean di Berkeley. Di essa fanno parte un manipolo di terroristi sonori in qualche modo legati alle performance multi-media dei club underground di San Francisco (Club Foot, Deaf Club). Gli approcci piu` radicali sono due: quello di miscelare vocalismi ed elettronica e quello di utilizzare strumenti casual, al limite solo percussioni “trovate”. Dalla prima attitudine discende Monte Cazazza, artista-video e elemento di raccordo con i Throbbing Gristle. Da guru alternativi come lui, o come Boyd Rice (alias Non), il primo ad usare il giradischi come uno strumento creativo e ad incidere dischi che si possono ascoltare a qualsiasi velocita`, discendono i Minimal Man di Patrick Miller (un trio di batteria, sintetizzatore e basso, occasionalmente aumentato dai fiati), titolare di Safari (CDPresents, 1984), la cui opera verra` antologizzata su The Shroud Of (Boutique, 2005), i Nervous Gender e i Factrix, tutti specialisti dell’atonalita` piu` ispida.
Mike Hudson: A Monster And The Devil (Tinnitus, 1989)
Live at Target (Subterranean, 1980)

Boyd Rice (Mute, 1981)


American graffiti

Il RevivalLa riscoperta degli anni ’50 e ’60 e` un dato rilevante della cultura punk. I punk rinnegano “da sinistra” i velleitarismi degli antenati beatnik e hippie, ma al tempo stesso sembrano rimpiangere e invidiare le prassi qualunquiste di quelli che furono i nemici primi delle generazioni impegnate: i giovani vacui e indifferenti che dedicavano la loro esistenza unicamente alla spiaggia, alle ragazze, ai party, ai drive-in.

In realta` i primi punk sono affascinati soprattutto da un modello a meta` strada fra i “contestatori” e i “conservatori”: quello dei disadattati che non provano alcun interesse per i movimenti radicali ma che al tempo stesso non si possono certo assimilare ai ragazzi per bene. Sono i loner (“solitari”), i loser (“perdenti”), gli emarginati, che sfogano le loro frustrazioni esistenziali nelle prassi dei ragazzi per bene, trasfigurandole in rituali di eccessi.

Per tutti gli anni ’70 il carisma di questa dinastia “perduta” continuo` a crescere, producendo modelli di comportamento a iosa per la nascente generazione punk. Nei mitici club di Manhattan, accanto ai profeti maledetti e alle avanguardia sperimentali, si esibivano complessi di rockabilly, di surf, di folk-rock, di psichedelia (Alex Chilton, Meat Loaf, Willie Alexander). L’intero scibile della musica giovanile veniva riletto alla luce dei deviati che l’avevano vissuta in quell’ottica esistenziale. Era in atto un vero e proprio scavo archeologico per decifrare i graffiti della civilta` giovanile americana. Presto l’epidemia si diffuse in tutta la Nazione, trovando terreno fertile tanto nelle grandi metropoli di Boston e Los Angeles quanto nelle cittadine di provincia del Midwest.

Il punkabilly

Il genere del passato che causa i patemi piu` acuti e` il rockabilly, la cui frenesia da infarto e` la quintessenza di tutta la musica giovanile.

Il rockabilly diventa un fenomeno di culto, evitato dalle masse ma idolatrato nei night-club alternativi. Per i suoi adepti e` un rituale sacrificale il rivisitare i classici secondo ottiche di alienazione moderna, scoprendone sotto le pieghe del divertimento intuizioni e premonizioni inquietanti. Basta un’inflessione lievemente sinistra o troppo aggressiva, e i balbettii e gli echi dei Fifties ritornano sotto forma di fantasmi interiori. Del rockabilly si adorano allora soprattutto le tinte erotiche e macabre, ipnotiche e ritualistiche, fino al delirio maniacale.

I migliori discepoli di Chilton in quest’opera di trasfigurazione sono i Cramps, che gettano le basi del rockabilly macabro (il “voodoobilly”), i Suicide, che fondono il genere con l’elettronica, e i Fleshtones, eredi del garage-rock piu` frenetico. L’originalita` di questi due gruppi non sara` mai superata dai veri revivalisti, piu` che altro confezionatori di canzoni nostalgiche, come gli Stray Cats o Robert Gordon. I piu` classici nel recupero della tradizione sono i Blasters, che inaugurano il rock populista degli ’80.

Meglio faranno i complessi amatoriali, a partire dai misconosciuti Safety Last di Minneapolis (Zimabava Bop, 1981), da Evan Johns della Virginia, dal Flat Duo Jets della North Carolina e dai Morells (o Skeletons) del Missouri (Trans Am, 1979; Mellow Saxophone, 1982).

I Zantees

Molto meglio faranno i complessi dilettantistici, a partire dagli misconosciuti Safety Last di Minneapolis (Zimabava Bop, 1981) e dai Morells del Missouri (Mellow Saxophone, 1982). Safety Last (Twin Tone, 1981) e Shake And Push (Borrowed, 1982) i rispettivi classici.

I Panther Burns

La “rockabilly craze” aveva avuto origine in Inghilterra con complessi come i Whirlwind (loro il primo disco, nel lontano 1977), i Rockats di Rockabilly Idol (1980), gli Shakin’ Pyramids di Referbilly Boogie (1980) e i Polecats di All Night Long (1981), generalmente piu` oleografici e filologici dei cugini americani. Shakin’ Pyramids (Rock’n’roll, 1983) antologia

Graffiti d’autore

Nell’area di New York circolavano gia` nella seconda meta` dei ’70 numerosi complessi dediti al power-pop (Ian North), al rhythm and blues (Senders), al pub-rock (Necessaries), al Sixties-revival (Shirts), ma furono tutti occultati dall’esplosione della new wave.

A Washington i campioni del revival furono gli Slickee Boys.

Boston fa storia a parte. La metropoli del Massachussetts ha la piu` alta densita` di Universita` del mondo (ben 25) ed e` da sempre la patria degli ideali piu` democratici. I punti di riferimento per la popolazione studentesca sono due. Ad Harvard Square, di fronte alla celeberrima Universita`, gli artisti di strada allietano le serate dei passanti con esibizioni improvvisate e spontanee. Accanto ad acrobati, maghi e guitti, si esibiscono anche tanti musicisti dilettanti, che in gran parte riesumano gli hit sotterranei degli anni ’60. In Kenmore Square, invece, di fronte alla ben meno ricca Boston University, si raccolgono i teppisti. Il Rat e` il buco storico dei punk locali, ed e` li` che si fanno le ossa i musicisti piu` urbani ed alienati, come Willie Alexander.

Dalla fusione del folk di strada con la new wave esistenziale hanno origine i Modern Lovers di Jonathan Richman, i Cars di Ric Ocasek e i Neighborhoods di David Minehan.

Nel New Jersey si fanno largo Feelies e Dramarama.

Il fenomeno coinvolge anche il Midwest americano, che e` ancor piu` legato alla mitologia degli anni ’60. Nei complessi della Provincia, generalmente piu` fedeli allo spirito di vent’anni prima, il divertimento e la nostalgia si affiancano a un sincero dilettantismo. Tipica e` la storia degli Shoes, un complesso amatoriale di un paesino sperduto dell’Illinois che definira` il Verbo del power-pop. La loro tragedia di incomprensione sara` vissuta da tanti altri complessi “maledetti”, ultimi gli Embarassment del Kansas.

Nell’Ohio dei Devo il revival porta alla ribalta l’hard rock goliardico alla Dictators dei Rubber City Rebels e i Pretenders. A Detroit i Romantics elaborano la grammatica della “british invasion”.

A Chicago i capolavori dei Cheap Trick (He’s A WhoreI Want You To Want MeNeed Your Love) hanno insegnato a un’intera generazione di complessi come fare rock melodico a tutto volume, come imitare i Beatles senza abbassarsi al loro livello.

In Kansas brillano gli Embarrassment.

Il Sixties revival investe un po’ tutti gli Stati, e in breve l’epicentro del recupero si sposta a Ovest, dove la California rappresenta ancora la terra promessa per tutta la “fun music”.

Dwight Twilley, da Tulsa, Oklahoma

Gli eroi popolari del genere sono Jules Shear e Tom Petty a Los Angeles e, a Berkeley, Greg Kihn.

Le loro istanze verranno radicalizzate da Moon Martin, incrocio fra outlaw texani, rocker del Midwest e revivalisti di Los Angeles (Cadillac Walk, 1977, Rolene, 1978, Bad Case Of Lovin’ You, 1978, Hot Nite In Dallas, 1978, I’ve Got A Reason, 1980).

In parallelo all’opera monumentale degli intellettuali del genere si sviluppa un discorso piu` episodico e frammentato, ma che nel complesso ha l’effetto di attenuare il sound dei punk in forme via via piu` civili. E’ significativo che la resa della rivoluzione punk avvenga non attraverso i generi commerciali in voga ma per mal di nostalgia. Grande merito spetta agli animatori del movimento revivalista, come il Greg Shaw fondatore della fanzine Bomp.

I teorici del power-pop di Los Angeles sono Paul Collins, prima con i Nerves e poi con i Beat, e Peter Case, che e` la mente dei Plimsouls.

Tipici esponenti sono anche i Pop con l’hard rock anthemico di Down On The Boulevard (1977) e i 20/20.

 

I Last di Joe Nolte sono forse i migliori del lotto.

A differenza degli omologhi dell’Est (che si rifanno piu` al pessimismo dei Velvet Undergroun), questi complessi recuperano soltanto le atmosfere gentili e distese degli anni ’60.

La degradazione e` rapida e inarrestabile, e precipita con i Knack, vanesi cacciatori di ragazzine e cinici speculatori di atteggiamenti Sixties, imposti dai discografici nel 1979 con il power-pop (volutamente) cretino di My SharonaGood Girls Don’t.

Fanno eccezione i Red Cross (o Redd Kross).

Sull’onda dei successi di Blondie, anche a Los Angeles, dove fin dal 1975 imperversavano le Runaways, compaiono i primi girl-group degli ’80. Le prime sono le Go-go`s, e poi venne Holly (Vincent) And The Italians.

E’ il punto terminale del revival, che diventa allora pop convenzionale da classifica.

Un altro fenomeno dei primi anni ’80, diametralmente opposto a quello delle gang criminali, e` quello delle “Valley girls”, le adolescenti di Los Angeles (fra i dodici e i quattordici anni) che vanno in giro truccatissime, con capigliature soffiate, in jeans o gonne strette, accanite masticatrici di chewing-gum e ascoltatrici di walkman, capaci soltanto di sillabare in un linguaggio estremamente degradato e limitato, vamp bionde dedite al fun senza criterio, “oche” e video-dipendenti, che spendono un capitale in cosmetici a tinte forti, calzamaglie a colori e scarpine da ballo.

l loro territorio e` la San Fernando Valley, a nord di Hollywood, abitata da un ceto medio assolutamente anonimo e perseguitata da un clima fra i piu` disastrati d’America (piogge torrenziali , caldo tropicale, smog). In questa zona possono pero` vivere anche famiglie non ricchissime, ed avere a disposizione le stesse lussuose comodita` di Beverly Hills e di Hollywood. In questa mini-America di sogno si e` sviluppata una generazione di mini- americani anomali. Intanto e` un’adolescenza tutta al femminile, dove il maschio e` un semplice consumatore. Poi (forse proprio per questo) e` l’adolescenza piu` pulita della nazione: niente droga, niente fughe da casa, niente teppismo, niente sesso, niente vita dopo il tramonto e voti decorosi a scuola. In cambio ottengono il permesso (e i soldi) dai genitori per “giocare” a questa finta oscenita`. L’effetto e` quello di un paese di bambole, un incrocio fra una Lilliputz femminile e il paese dei balocchi. Sono bambine che giocano con se stesse invece che con i tradizionali pupazzi.

La televisione e il cinema lanciano mini-divi a ripetizione (Brooke Shields), ma il segnale che il fenomeno e` esploso capillarmente arriva come al solito dalle classifiche discografiche. Ed e` la figlia di un freak, la figlia del freak piu` famoso del mondo, Moon Unit Zappa (nata nel 1968) a diventare (nel 1982) la loro porta-bandiera musicale.

Si spiegano cosi` le tante leader bambine (per timbro vocale piu` che per anagrafe) dei complessi punk da spiaggia. Sono l’estrema degenerazione della moda e rappresentano l’estremo attacco criminale ai modelli sociali dell’american way of life.


British Graffiti

Il pub-rockI pionieri del punk britannico provenivano in realta` da una lunga gavetta nei pub, i locali dove si propinava in tutte le stagioni il sano blues-rock sopravvissuto al crollo dei club di rhythm and blues. Anche il rinascimento dei pub fu sintomatico del riflusso dai grandi raduni all’aperto dei festival pop ai piccoli locali di periferia. Gli eroi celebrati in tante serate amatoriali erano i grandi del rock and roll e del rhythm and blues, sulla falsariga di cio` che avevano fatto i giovani Rolling Stones vent’anni prima. Ancora una volta le basi per la rinascita erano state poste dal vetusto blues bianco.

I complessi leggendari del genere, attivi fin dal principio del decennio, sono i Brinsley Schwarz (1970), i Dr Feelgood (1971), i Kilburn & The High Roads (1970), i Ducks De Luxe di Sean Tyla (1974), i Legend di Mickey Jupp, i Kursaal Flyers di Graeme Douglas, i 101ers del giovane Joe Strummer (Keys To Your Heart, 1976) e i Rumour (che stanno a Graham Parker come la Band stava a Dylan), sconosciuti a tutti fino al fatidico 1977 che li porta clamorosamente alla ribalta.

I Dr Feelgood di Wilko Johnson, per anni dominatori del circuito populista, erano una pallida copia degli Animals e dei primi Stones (Walking On The Edge, 1975), seppur nobilitata dagli spasimi nevrotici del leader.

Nei Brinsley Schwarz (nome del leader e fondatore) militarono alcuni dei personaggi piu` importanti del movimento: Nick Lowe (autore dei pezzi migliori, da Cruel To Be KindPeace Love And Understanding), Graham Parker, Dave Edmunds, Ian Gomm.

Fecero poi parte del ceppo Lowe tanti intrattenitori eclettici, tipo Johnny G, one-man band che spazia con ironia dal rhythm and blues al jug (Call Me Bwana, 1977; Hippys Graveyard, 1978), e soprattutto i demenziali Wreckless Eric e Ian Dury.

I veterani dei pub cominciarono allora a scalare le classifiche di vendita: i Motors di Bram Tchaikovsky suonavano un hard-rock reboante (Dancing The Night Away, 1977), i Records usavano armonie vocali e intrecci chitarristici alla Hollies (Starry Eyes, 1979). Con questi gruppi pronti al compromesso il power-pop comincio` a pagare. E avrebbe continuato a stimolare stili di retroguardia anche negli anni successivi, dal soul-pop degli Any Trouble al blues-rock incendiario dei Godfathers, dai clowneschi King Kurt (tipica fun-band da novelty)

Dalla civilta` dei pub emerse anche una nuova genia di cantautori, solidamente ancorati alle radici del rock e attenti alle nuove istanze sociali.

I piu` insigni rappresentanti della stirpe sono Tom Robinson, Elvis Costello, Graham Parker e Joe Jackson, con i quali il pub-rock diventa rock d’autore. Sono i bardi che interpretano l’umore negativo, pessimista, apatico del materialismo punk. In loro si realizza compiutamente la visione apocalittica dei punk. Se il loro rock ritorna a moduli piu` convenzionali, le loro liriche hanno la funzione gnomica e profetica che ebbero i versi di Dylan per la sua generazione.

Con loro batte` i primi palcoscenici del punk anche Vic Godard, conteso fra il punk pop dei Buzzcocks (Nobody’s Scared, 1978) e le canzonette di Tin Pan Alley (Stop That Girl, 1980).

Personaggi di transizione sono gli istrioni da pub che, contesi fra vita underground e decadenza snob, erano rimasti relegati prima del fatidico 1976 nei club per affezionati delle metropoli industriali. Questi emarginati, sociali e musicali, avevano assimilato l’iconografia nichilista e l’anelito poetico-maledetto del punk, ma restando fedeli a un individualismo mitomane e a un concetto piu` blando di provocazione. Tra gli act piu` bizzarri si distinguono per goliardia e scipitezza quello di Adam Ant e quello di Spizz, bizzarro camaleonte interstellare autore dell’arguta novelty Where captain Kirk (1979). Tot Taylor, il piu` grande discepolo di Tin Pan Alley e uno dei primi profeti del bricolage “do it yourself”, e` capace sia di costruire perfetti giocattoli kitsch come I Wanna Play The Drums (1981) e Crimson Challenge (1984), sia di comporre suite strumentali (Suburbia Suite, 1984). John Otway e` uno degli ultimi cantautori folk. John Cooper Clarke e` un commentatore sociale, emulo di Dylan e di Kerouac, precursore del rap, dotato di cinismo, humour, wit, che sdipana affreschi proletari e arringhe politiche sulla base di un morbido funk elettronico (Monster From Outer Space, 1978, il suo classico, Beasley Street la sua Desolation Row, 1980).

Fra i reduci del punk rock si mettono in luce Captain Sensible, titolare di diversi hit leggiadri e vagamente psichedelici, spesso scritti in collaborazione con Robyn Hitchcock (Wot, 1982; Happy Talk, 1982; It’s Hard To Believe I’m Not, 1983; Secrets, 1983);

Il revival dei costumi degli anni ’50 e ’60 finisce per tradursi in una rivalutazione dei mod e dei complessi ribelli per eccellenza (Who, Stones).

Il gruppo fondamentale del fenomeno e` quello dei Count Bishop, il cui EP Speedball del 1975 segna il debutto della prima etichetta indipendente (la Chiswick), e le cui mirabili cover degli anni gloriosi fungono da trait d’union fra i Dave Edmunds dei pub e il punk-rock.

Mentre il revival americano riscopre beat, surf e folk-rock, quello britannico va alla ricerca di sensazioni forti con i nuovi mod, rappresentati da due gruppi in particolare: gli Eddie And The Hot Rods e i Jam; e in second’ordine da Secret Affair e Lambrettas, Flys e Gorillas, Merton Parkas e Purple Hearts, Gas e Squire. Questi complessi sono fondamentali per riportare il rock britannico alla canzone ritmata e orecchiabile di tre minuti tre, dalla trama lineare e con interventi strumentali decisi ed immediati.

L’origine pub e` ancora evidente nei complessi che rivisitano le atmosfere leggendarie dei club di rhythm and blues: gli Inmates di Pete Gunn, anticipatori del revival psichedelico e garage, i Nine Below Zero, revisori piu` vigorosi del rhythm and blues bianco (Wipe Away Your Kiss, 1982), e soprattutto Dexy’s Midnight Runners di Kevin Rowland, che dal soul fiatistico degli esordi, immortalato da Dance Stance (1979) e Geno (1980), sono passati a melodie celtiche, banjo, violini e accordion, incrociando blues ballad d’atmosfera e festose fanfare jug, come nell’hit Come On Eileen (1982) e nei dieci minuti alla Van Morrison di This Is What She`s Like (1985). A far fruttare commercialmente il revival sono i piu` lesti a ripulirlo dei detriti neroidi o psichedelici: i Dire Straits.

Nel 1978 esplode anche in Inghilterra, senza piu` remore, la nostalgia per gli anni ’60, l’analogo britannico dell’American Graffiti. Partendo dal power-pop dei pub-rocker, una frangia di ragazzotti dinoccolati ritorna sfacciatamente alla celebrazione del divertimento adolescenziale. Ispirandosi a generi musicali come il beat e il soul, presi nella loro piu` innocua semplicita`, il nuovo teenage-rock esalta il costume suburbano degli anni ’80, piu` permissivo e sguaiato di vent’anni prima, ma del tutto coerente dal punto di vista ideologico.

Per qualche anno si succederanno hit come Brickfield Nights (1979) dei Boys, Turning Japanese (1980) dei Vapors, From A Rabbit (1978) dei Radio Stars, Bobby Come Back To Me (1980) dei Rezillos, I Eat Cannibals (1982) dei Toto Coelo, ma molti, sulla scia di Nick Lowe ed Elvis Costello, colgono l’occasione per ragionare con humour e intelligenza deviante sulla civilta` degli adolescenti, e da questi giungono le cose piu` interessanti.

I migliori sono due complessi irlandesi: i Boomtown Rats e gli Undertones.

Se questi complessi contribuiscono a definire lo stile “medio” degli anni ’80, altri si limitano a ironizzare sul costume giovanile. I piu` comici sono i Vibrators.

Ultimo frutto del revival sono i girl-group degli anni ’80 (anche se esistevano dei precedenti significativi nell’ambito del primo punk, con le Slits, e dell’avanguardia, con le Raincoats), soprattutto dopo che il sound ingenuo e spensierato delle ragazzine ye-ye` sara` stato riscoperto da hit scipiti come They Don’t Know (1983) di Tracey Ullman (o, meglio, dell’autrice Kirsty MacColl, autrice anche di There`s A Guy Works Down The Chip Shop, 1981).

Il girl group per eccellenza e` quello delle Bananarama.

Ma il grande fenomeno revivalistico a cavallo fra i due decenni e` quello dello ska, lanciato dalla etichetta Two Tones come la musica da ballo del dopo-punk. Lo ska, nato alla fine degli anni ’50 in Giamaica come la musica da ballo povera delle colonie, invase il Regno Unito nel 1967, a seguito di tante altre mode importate dalle colonie caraibiche. Il complesso era composto da una solida sezione ritmica (chitarra, basso, piano), da una sezione di fiati (trombone) e da due o tre voci (a imitazione dei gruppi vocali neri). Le star si chiamavano Skatalites, Desmond Dekker, Prince Buster. Lo ska fu parte integrante della colonna sonora della sotto-cultura mod e rimase associato a un ideale goliardico e irriverente di giovanilismo.

A meta` del 1977 Jerry Dammers, cantante e tastierista di Conventry, intui` che quell’ideale calzava alla perfezione all’umore dell’epoca e lancio` quella che divenne di fatto la prima “dance craze” del “dopoguerra punk”. Dammers intui` anche la forza aggregante che avrebbe avuto il problema razziale: proprio mentre le sette fasciste come il British Movement e il National Front conducevano campagne deliranti contro gli immigrati di colore, lo ska porto` alla ribalta i complessi inter-razziali. Lo ska fu in parte responsabile dei disordini del tempo, in quanto costitui` il veicolo principale grazie al quale masse di giovani sotto-proletari bianchi vennero a contatto con masse di immigrati neri, favorendone pertanto l’alleanza e le successive gesta eversive.

I gruppi dello ska revival anteposero a tutto il divertimento. Con un ritmo ballabile e una melodia orecchiabile, i loro brani non trovavano difficolta` a catturare l’attenzione, ma cio` che li rendeva irresistibili erano le gag, musicali e sceniche, e il brio generale. Lo ska divenne l’inno del giovanilismo naif.

A sfondare furono inizialmente gli Specials di Dammers. I loro cugini Selecter vantarono la vocalist piu` originale del movimento, Pauline Black, che nel 1980 illumino` canzoni buffe come On My RadioMissing WordsThree Minute Hero (scritte da Neol Davis, un co-fondatore della Two Tones).

A fare dello ska un fenomeno da classifica furono soprattutto due gruppi: i Beat e i Madness. Il combo dei Bad Manners sono ancor piu` comici e dediti a un bluebeat festoso (Samson And Delilah, 1982; That’ll Do Nicely, 1984; Return Of The Ugly, 1989).

La seconda generazione allineo` i Fun Boy Three, i Fine Young Cannibals, e i General Public di Wakeling, sempre piu` pop. Questi ultimi risorgeranno nel 1995 per l’album migliore della carriera mediocre di Wakeling, Rub It Better (Epic, 1995), un’accozzaglia di soul, funky, hip hop e rock.

Il reggae dal canto suo si era gia` fatto largo fra i gruppi politicizzati del primo punk, Clash in testa, che lo avevano usato per testimoniare una presa di coscienza in senso anti-razzista e terzo-mondista. I primi a farne un genere commerciale a parte furono i Police.

Con lo ska revival si tocca il vertici del nuovo ottimismo, tutto al contrario del nichilismo punk di pochi mesi prima. I gangster auto-parodistici della 2-Tone sembrano irridere le velleita` apocalittiche di quegli altri gangster auto-parodistici, che si prendevano pero` troppo sul serio.

Billy Childish e Graham Day sono i protagonisti del cosiddetto “Medway Delta” sound, un genere che si richiama alle radici del rock (rockabilly e rhythm and blues soprattutto).


La musica da ballo punk

Disco-punkI derivati di maggior successo commerciale della new wave furono dovuti alla fusione fra disco music e revival degli anni ’60, l’idea che aveva fatto la fortuna dei Blondie e dei Cars. Sulle tracce del loro “disco-punk” con sensuale leader femminile la civilta` punk ottenne la consacrazione di classifiche e di discoteche che ne sanci` a tutti gli effetti la diffusione su scala nazionale.

Gli anni ’70 sono stati d’altronde gli anni della disco music, che ha avuto per gli adolescenti quella funzione di svago generazionale che nel decennio precedente era stata appannaggio del beat e del surf.

La differenza sta nelle soluzioni armoniche: laddove un tempo gli adolescenti erano catturati dal ritornello e dalle armonie vocali, ora badano soprattutto alla sostanza, cioe` al ritmo e agli effetti elettronici.

Come al solito il cambiamento nello stile della musica adolescenziale e` in sintonia con il diverso clima sociale. Alla spensieratezza degli anni del boom si e` sostituita la alienazione urbana della crisi economica. Il mondo semplice e lineare della civilta` consumistica e` stato devastato e immensamente complicato dall’Alta Tecnologia dell’Elettronica e dell’Informatica.

Dall’innesto della danzabilita` sulla cultura punk hanno origine le eroine disinibite e al limite volgari, riconoscibili da un look provocante, come Madonna e Pat Benatar, che rinnovano la disco music con uno stile piu` impegnato. Una certa influenza sul look di queste eroine lo ebbe Toni Basil, attrice e coreografa che lancio` in tutto il mondo il bubblegum devoluto di Mickey (1981).

L’australiana Cyndi Lauper, trapiantata a Manhattan, ha impersonato la punkette naive, eccentrica e nichilista.

Alla fine dei ’70 l’austera New York dei laboratori sperimentali viene coinvolta in uno sballo generale verso la musica di consumo. La deviazione e` voluta e proditoria: seguendo fino in fondo i principi dell'”arte commerciabile” di Andy Wharol, i musicisti d’avanguardia adottano i canoni della musica di consumo (il funk, la disco, l’easy listening), massima espressione della non-cultura moderna. L’estremismo negativo sembra coincidere con quello positivo, ma alla base rimane una differenza in termini di esagerazione parossistica e di straniamento brechtiano. Questi complessi, provenienti per lo piu` dalle grande metropoli industriali, propongono una dance music pretenziosa, che si focalizza sulla nevrosi e sull’alienazione. Nella loro musica si possono subito cogliere gli accenti malati della societa` moderna: freddezza, spersonalizzazione, lipemania.

Ad iniziare la corrente furono i Talking Heads di David Byrne. Sul loro esempio spunto` un nutrito numero di bande caratterizzate da un suono estremamente curato e molto ritmico (Peter Gordon), ma col passare dei mesi il loro sound si fece sempre piu` esagitato, fino a parodiare l’assunto (Was Not Was) e a travalicare in qualcosa di piu` orrendo della semplice nevrosi (James Chance), al tempo stesso spingendosi sempre piu` spudoratamente nella direzione commerciale, mentre il suo pittoresco circo di no-avanguardisti degenerava in esibizioni gratuite di snobismo e di kitsch.

Il minimalismo funky diventa cosi` la moda intellettuale chic-snob dei primi ’80. Accanto a complessi leggeri come i Tom Tom Club di Tina Weymouth e Chris Franz (Genius Of Love, 1981; Wordy Rappinghood, 1981; Pleasures Of Love, 1983) si contano gli ardui sperimentatori del genere: il combo femminile ESG, i Liquid Liquid; i Phosphenes (Coyote, 1983), le cui canzoni da ballo sono infuse di distorsioni da garage-rock, dilatazioni da acid-trip, chitarrismi atonali alla Arto Lindsay e heavy funk alla Talking Heads (Cripple, 1983).

Dal techno-pop allucinato dei Suicide discendono la danza industriale Holland Tunnel Dive (Lust, 1980) di Implog; gli sketch surreali alla Residents degli Scientific Americans; gli astrattismi di Jane & Jeff Hudson su World Trade (Lust, 1981) (i bisbigli sensuali di Cat Scan, 1981, il rockabilly devoluto di PCP, la musica industriale per presse d’officina e carrelli elevatori di Information); gli incubi freudiani degli Snatch (Fetish, 1980) (Judy Nylon e Patty Palladin), act militante di disco music cacofonica e straniata (i concerti per nastri della RAF e chitarra dissonante tipo Red Army, 1979, nei quali declamazioni naziste grottesche ed allucinate degenerano in turbini di nastri sadicamente massacrati).

I Comateens adottano uno straniante compromesso fra garage-rock e discoteca lobotomica, con un organo Farfisa (Lyn Byrd) e diverse colonne sonore dell’ orrore (fra cui i due 45 giri Danger Zone, 1980, e soprattutto Ghosts, 1981), ma anche sublimi armonie pop (Late Night City, 1981, e Comateens, 1983). Comateens (Cachalot, 1981)

I Del Byzanteen (con Phil Kline alla chitarra e il giovane Jim Jarmusch alle tastiere) eseguono eterei danzabili venati di tribalismi esotici e clangori industriali (Girl’s Imagination, 1982) che possono trascendere in pow wow allucinati (Welcome Machines) o in cerimoniali arabi con danze slave e ronzii mantra (Apartment 13). Lies To Live By (Dontfalloff, 1982)

Fra i club hit piu` sofisticati si annovereranno Dancing With My Eight Wives (1982) degli Individuals, Sleeps Tonite (1984) di Dominatrix, AEIOU (1984) di Ebn-Ozn, Breathless (1984) di Figures On The Beach, Catch Me I’m Falling (1987) di Pretty Poison. Dalla cultura discopunk dei Dominatrix e degli Individuals ebbe origine il synthpop dei Book Of Love (Susan Ottaviano la cantante, Boy del 1986 il loro massimo hit).

Oltre a New York l’heavy funk ebbe diversi altri epicentri.

Il Midwest e` ricco di bande che interpretano la dance music in modo personale: i Suburbs a Minneapolis, i Waitresses in Ohio.

Da Washington provenivano gli Urban Verbs, vicini in spirito e stile allo spleen tecno-dandy degli Ultravox, che nel 1980 pubblicarono un disco (Warner Bros) ricco di intuizioni anticipatrici, condotto a ritmo galoppante e infiorettato di dissonanze, affidato al baritono vibrante di Roddy Frantz e alla chitarra distorta di Robert Goldstein. Dalla trenodia “velvetiana” di Subways al boogie decadente di Angry Young Man, dal vaudeville Ring-Ring al rock and roll Luca Brasi, il quintetto si mantiene in un angolo molto personale del territorio del danzabile alternativo.

In Canada prese piede un movimento che si sarebbe unito alla scuola industriale: Skinny Puppy a Vancouver e Martha And The Muffins a Toronto.

La corrente disco-punk e heavy funk della new wave e` anche quella in cui e` piu` evidente un fenomeno di emancipazione femminile (vocale e strumentale) che avra` grande influenza sul rock del futuro. La donna si stacca poco a poco dal ruolo stereotipico di cantante per cimentarsi piu` spesso alla composizione o agli strumenti. Proliferano anzi i complessi capeggiati da una donna, nonche’ le bassiste e le batteriste.

La California fa storia a se’. Tanto a Los Angeles quanto a San Francisco la disco music entra nella new wave attraverso i laboratori di musica elettronica. A San Francisco i club dell’avanguardia ospitano le performance dei Pink Section, dei Deadbeats, dei Voice Farm. Gli Indoor Life (FrenchCelluloid, 1981) di Dino (trombone ed elettronica, discepolo di John Hassell) e Bob (chitarra, discepolo di LaMonte Young e Prandit Pan Nah) sono tipici. Il primo gruppo a riscuotere un successo di classifica e` quello degli Units, uno dei primissimi gruppi americani di synth-pop. Sulla loro scia si affermano i due act piu` importanti, quello di Pearl “Harbour” Gates (Drivin’, 1980; Fujiyama Mama, 1981) e quello dei Romeo Void.

A Los Angeles dominano i Wall Of Voodoo e gli Oingo Boingo. Gli altri gruppi locali sono piu` epigoni del synth-pop britannico, come i drammatici e dissonanti Slow Children di Spring In Fialta (1981) e i Bpeople di Alex Gibson (con Mike Gira), versione piu` ballabile dei Joy Division, oppure indulgono nel cliche’ eros-dance, come i Motels della roca crooner Martha Davis (Only The Lonely, 1982), i Missing Persons, e i Berlin. Piu’ originali sono i Suburban Lawns di Gidget Goes To Hell (1979) e Flavor Crystals (1983), che si ispirano ai Devo. I profeti del moderno funk bianco, come Alex Gibson e Don Was, continuano peraltro ad esercitare una certa influenza.


Il Southeast-pop

Gli stati del Sud avevano sviluppato durante gli anni ’70 una propria tipologia di musica rock, connotata da un boogie chitarristico rozzo ed elementare, parente del blues-rock californiano e dell’hard-rock britannico. Il tradizionale conservatorismo di questi stati si era compenetrato con la musica. Musica “red neck” era diventato sinonimo di musica rock per proletari incolti e un po’ fascisti.Negli anni ’80 tutto cio` cambio` drasticamente. Immune alla febbre del punk, il Sud venne pero` travolto dalla passione per il rock intellettuale della new wave. Il Sud, anzi, fini` per inventare una nuova scuola, quella del “college-pop”, il rock melodico per ragazzi eruditi. E` un genere che e` vagamente imparentato con il revival dell'”american graffiti”, in quanto si rifa` ai classici degli anni ’60, ma in realta` su quelle fondamenta erige armonie solo apparentemente serene e lineari.

A ben guardare, pero`, la geografia del southern-rock e quella del southeast-pop sono complementari: al Texas (lo stato dei cowboy) si sostituisce la Carolina (lo stato delle famiglie aristocratiche), a Jacksonville (paese proletario) si contrappone Athens (cittadella universitaria) e in generale a tutte le zone di campagna subentrano le grandi citta`. Questa volta non e` il rozzo popolo di diseredati e spostati cantato da Faulkner a farsi avanti, ma il colto ceppo anglosassone della North Carolina che aveva dato Stephen Foster.

La rinascita si deve soprattutto a tre artigiani del rock: Mitch Easter, Don Dixon e Chris Stamey. Il loro pop e` elegante e lineare, fresco e spontaneo, con appena un velo di psichedelia.

Dixon soprattutto avrebbe lanciato un manipolo di musicisti, locali e non (Graphic, X-teens, Accelerators, Dumptruck), fra i quali si distinguono i Fetchin’ Bones e i Guadalcanal Diary.

Sotto l’ala protettrice di Easter si svolge la carriera dei Connells, i piu` folk-rock (Scotty’s Lament, 1987); dei Pressure Boys, fautori di uno ska gioviale alla Specials (Tina Goes To The Supermarket, 1983); dei Velvet Elvis (nel vicino Kentucky), i piu` country; dei Windbreakers (Mississippi), massimi discepoli degli REM; dei Primitons (Alabama), altri discepoli degli REM (All My Friends, 1985; Don’t Go Away, 1986); e dei Beat Rodeo di Steve Almaas. Tommy Keene e` un altro piccolo genio del pop come Easter, Dixon, Stamey.

Dead Milkmen

In Louisiana brillano i Dash Dip Rock.

Negli anni ’80 in Florida sono venuti alla ribalta il mediocre hardrock melodico dei Saigon Kick e l’effervescente powerpop dei Wind, autori di Where It’s At (Cheft) nel 1982 e di Living In A New World (Midnight) nel 1986.

Stamey e` innanzi tutto il leader dei DB’s, il complesso che meglio riassume il Sixties revival del Sud.

Athens e` una cittadina universitaria della Georgia, nel profondo Sud-est americano. La Georgia, e in particolare la sua principale citta`, Atlanta, e` entrata a far parte del rigoglioso “sun-belt” che si estende ormai dalla California alla Florida, passando attraverso il Texas. Il welfare americano migra verso zone dal clima piu` accogliente, e verso zone che presentano condizioni favorevoli allo sviluppo della moderna industria “leggera” (elettronica, computer).

Il boom economico, come sempre, genera una rinascita artistica. Di essa e` parte integrante una corrente musicale affine all'”American graffiti” (per l’ostinato recupero di atmosfere Sixties) e all’heavy funk (per l’uso di cadenze ossessive da discoteca). I B52s sono stati gli iniziatori di questa scuola locale della fun-music tecnocratica, della dance-trance minimale. I primi epigoni sono stati i Pylon; i Method Actors, felicemente emigrati nell’Inghilterra del dark funk (No Condition, 1981; Commotion, 1981); i Brains, titolari di un sound morbido, variante rurale dei Cars (Money Changes Everything, 1980); i Love Tractor; e soprattutto gli Swimming Pool Q’s.

Una volta risvegliata dal successo mondiale dei B52’s, Athens diventa uno dei poli di riferimento del southeast-pop, dagli REM agli OH-OK.

La scuola del New Jersey e` altrettanto prolifica. Ad iniziarla sono i Cucumbers, i Bongos di Richard Barone e gli Smithereens di Pat DiNizio.

La scena della North Carolina venne risvegliata dal boom del pop sudorientale, quello arroccato attorno ad Athens.

Fu Don Dixon, per esempio, a lanciare gli Accelerators, autori nel 1983 di un album, Leave My Heart (Dolphin), di poprock sofisticato (Two Girls In Olve), con inflessioni anni ’50, e nel 1987 di un secondo omonimo album (per la Profile), non meno delizioso (Radio), e infine tornati nel 1991 con Dream Train.

Fu sempre Dixon a scoprire a Charlotte gli Spongetones,

Fu Mitch Easter invece a scoprire il sestetto ska-beat alla Specials dei Pressure Boys, titolari dell’hit Tina Goes To The Supermarket (1983).

Ma i dominatori della scena furono soprattutto i DB’s di Chris Stamey e Peter Holsapple.

Il primissimo gruppo punk della North Carolina fu probabilmente quello dei Cigaretz (in cui suonava la batteria Scott Jarvis, futuro Workdogs), ma dopo il 1978 tutto tacque da quelle parti e si dovette attendere l’avvento dei Corrosion Of Conformity.

A Raleigh gli Angels Of Epistemology, attivi fra il 1987 e il 1989, si dedicarono a strumentali clowneschi come Angels Of Epistemology Death Song e a canzoni folk irregolari, arrangiate ed eseguite con il gioviale pressapochismo dei primi Violent Femmes; un repertorio raccolto nel 1993 su Fruit (Merge).

Il rock piu` tradizionale sara` d’altronde sempre presente a Chapel Hill, con gruppi come Flat Duo Jets e Southern Culture On The Skids.

Il pop casto di Easter, Dixon, Stamey, Barone, DiNizio e tutti gli altri artigiani del Sud-est costituisce prosegue idealmente il processo di revisionismo iniziato nelle metropoli industriali (Petty, Richman e Cars), senza doversi misurare piu` di tanto con le teorie dell’arte d’avanguardia o con le oggettive nevrosi dell’homo industrialis.


Hardcore

Il punk rock fondato dai Ramones trovo` pochi seguaci a New York: i Plasmatics di Wendy Williams (l’ala porno del movimento), i Dots di Rick Garcia (l’ala umoristica), i Misfits di Glenn Danzig (l’ala horror) esercitano nei sottoscala, perche’ i palcosceni del CBGB’s sono monopolizzati da act sempre piu` intellettuali. La loro violenza brada e` passata presto di moda e li ha lasciati soli con pochi accaniti fan. Complessi-farsa come gli Undead di Bobby Steele, i Sic F*cks, i Nihilistics, gli Agnostic Front, i Kraut di Steve Jones (ex Sex Pistols!) sono i mostruosi relitti della civilta` punk: osceni, volgari, nazisti, perversi, strafottenti, assordanti, grezzi, incolti.

Bisogna attendere che la new wave esaurisca la sua carica rivoluzionaria perche’ il pubblico torni a cercare emozioni piu` dirette. Allora la violenza brada dei sarcastici Adrenalin O.D., dei sofisticati False Prophets (con James Chance ai fiati!), titolari diImplosion (Alternative Tentacles, 1987), degli eclettici Murphy’s Law (Murphy’s Law, 1986), e le varianti heavy metal di Cro-Mags di John Joseph, Crumbsuckers e Underdog, suoneranno infinitamente piu` sincere e autentiche delle sceneggiate di Smith e Verlaine.

Il punkrock nacque a New York, ma New York non fu mai la capitale del punkrock. Il rapporto fra i due fu sempre molto freddo. New York cullo` con amore gli intellettuali, dai Television ai Sonic Youth; ignoro` i punk veri e propri, che ebbero sempre vita difficile.

Fra questi il tempo ha dato ragione agli Adrenalin O.D. e ai Kraut, i due capiscuola della generazione dei primi ’80. Ma soprattutto e` stata rigogliosa per tutti i secondi anni ’80 la scuola fondata dagli skinhead Agnostic Front, quella che propugnava la progressiva convergenza di hardcore e speedmetal.

I Kraut erano la creatura di Doug Holland. Dopo un primo An Adjustment To Society (Cabbage) nel 1983 che vantava Steve Jones (Sex Pistols) alla chitarra, si convertirono all’heavymetal a partire da Whelting The Scythe. Holland entrera` poi nei Cro-Mags e il resto, guidato dal cantante Davy “Dito” Gunner, mutera` nei Gutterboy. Gutterboy (DGC) il primo album del 1990.

Fra gli “skatepunk” svettano i Token Entry, titolari di due classici del genere, Look Around, sul primo From Beneath The Streets (Positive Force), e The Fire, sul secondo Jaybird (Hawker), prima di virare verso un funkrock piu` commerciale. Jaybird(Go-Kart) raccoglie il materiale dei primi anni.

Di quel “punk-metal crossover” sono rappresentativi i Crumbsuckers, i Ludichrist e soprattutto i Cro-Mags e i Prong.

Infine lo “straight-edge”, il punk che predica ideali positivi (e in particolare contro droga e alcool), ha i suoi eroi negli Youth Of Today, dai quali discendono Shelter, Gorilla Biscuits, Quicksand e CIV.

Lo “scum-rock” ha avuto fra i suoi protagonisti le Lunachicks e i Reverb Motherfuckers. Questi ultimi sono punk demenziali, che fondono Sex Pistols e Zappa su Route 666 (Race Age, 1988) e Twelve Swinging Signs Of The Zodiac (Rave, 1989).

Gli Ism, che nel 1983 si erano presentati con A Diet For The Worms (SIN) come i Fugs dell’hardcore, sembravano definitivamente perduti. Invece sono tornati nel 1987 con segnali intermittenti, come l’EP Constantinopole (Broken Box) del 1984 e l’EPNightmare At Noon (Raw Power) del 1987.

Per la cronaca, il 45 giri da collezionista del punk di New York e` oggi Krazy Baby (1978) degli Steel Tips, una banda di criminali e sociopatici capitanata da Tom O’Leary che incise soltanto un EP (per la Red).

L’hardcore e` tutt’altro che morto. Non solo molti dei gruppi storici sono ancora in circolazione, ma si contano diversi nuovi adepti. Non sono pochi i casi di gruppi hardcore passati inosservati all’epoca e riscoperti di recente. E sono ancora piu` numerosi i casi di gruppi punk che si sciolsero appena finito il “boom” (primi anni ’80) e si sono riformati in seguito, quando scoprirono che tutto sommato la loro musica non era un puro fenomeno di moda, ma aveva un senso a prescidere della moda.

L’hardcore e` tutt’altro che morto, ma e` completamente cambiato. Se il sound e` piu` o meno lo stesso, lo spirito e la realizzazione sono diversi. Da un lato l’hardcore riflette ora la violenza esplicita della societa` americana (mentre quando nacque rifletteva quella implicita, psicologica, interiore), e dall’altro patisce la restaurazione in atto da parte dell’industria discografica. Se il primo fattore (sociale) lo spinge verso scenari (sonori e lirici) ancor piu` sanguinari, il secondo lo riporta nell’ambito delle convenzioni armoniche piu` accessibili dal grande pubblico. il risultato e` una forma di punkrock piu` feroce, ma anche piu` melodica, e non a caso uno degli effetti di questa evoluzione e` di far convergere l’hardcore verso l’heavymetal.

A Boston i catalizzatori sono i Real Kids

Portavoce ne furono gli F.U.’s, i Dys di Dave Smalley, i Gang Green di Chris Doherty, e i Mission Of Burma.

Non mancano personaggi piu` bislacchi, in linea con la tradizione di eccentricita` della citta`, come GG Allin.

Verso la meta` degli anni ’80 quasi tutte le formazioni hardcore di Boston iniziarono ad assimilare l’heavymetal. Fra i primissimi furono fin dal 1982 i Jerry’s Kids di Rick Jones: il primo risultato di quel crossover fu l’anthem Desperate, uno dei piu` allucinati gridi di dolore di quella generazione. Poi venne l’album Is This My World (X-Claim), con la title-track e Crack In The Wall e una generale predisposizione all’urto frontale (Chris Doherty dei Gang Green alla chitarra). I Jerry’s Kids sparirono dalla circolazione per qualche anno, ma nel 1989 sono tornati con Kill Kill Kill (Taang): l’album non mantiene le promesse del classico di sei anni prima, anche se gli accenti “metal” sono ancora piu` pesanti.

A Washington il punk-rock venne importato dai Dots, durante un loro gig del 1979. L’anno dopo proprio Jimmy Quidd, il cantante dei Dots, produsse Pay To Cum, il fulminante 45 giri di esordio dei Bad Brains, che furono con i Minor Threat e i Meatmen i protagonisti della scena locale.

Washington e` sempre stata una sede difficile per la musica rock. Raramente i musicisti di Washington esibiscono un minimo di giovialita`. Nel 1984 i 9353 di Bruce Merkle destarono sensazione con To Whom It May Consume (R+B) in quanto riprendeva la demenzialita` dei Devo: era insolito che qualcuno scherzasse a Washington, capitale degli omicidi e sede del Congresso.

In prospettiva i gruppi piu` sperimentali dell’era, e forse quelli destinati a durare di piu` nel tempo, furono i No Trend e gli Unrest; mentre i piu` ortodossi, come Faith e Scream, sembrano inesorabilmente datati.

Forse il sottogenere che e` piu` rappresentativo dell’hardcore di Washington e` quello dell'”emo-core” (hardcore fortemente emotivo) che ebbe nei Rites Of Spring i suoi massimi esponenti. Dall’emocore presero le mosse i Government Issue, convertitisi all’hardcore melodico che dilaga verso la fine del decennio.

Molti degli eroi della prima ora hanno testardamente continuato a lavorare sulle scene, cambiando formazione (e sound) in continuazione.

Due gruppi originarono a Washington, anche se sarebbero diventati famosi a New York: i Velvet Monkeys e i Pussy Galore.

In metropoli come Los Angeles la criminalita` e` ormai un dato di fatto della vita quotidiana. Il fenomeno si e` aggravato rispetto agli anni ’60. Da un lato il criminale ha scoperto un perverso piacere nel torturare le sue vittime (meglio se vecchi, donne o bambini), sequestrandole per ore (a volte intere notti), e sottoponendole a un rituale di umiliazioni difficilmente spiegabile in termini di profitto, anzi palesemente dannose per il successo dell’impresa (aumentano il rischio della cattura e la gravita` del reato); e dall’altro le potenziali vittime, cioe` i privati cittadini, si sono messi sullo stesso piano della malavita adottando i loro metodi di aggregazione para-militare (per esempio, la National Rifle Association del Beverly Hills Gun Club) e dimostrando in generale una frenesia parossistica per la violenza armata (nei supermercati di L.A. si possono acquistare giubbotti anti-proiettili e prolifera la vendita per corrispondenza di armi sofisticate). Non a caso nell’estate del 1984 un uomo qualunque e` potuto irrompere armato di mitra in un McDonald’s di San Diego e compiere una strage senza scopo e nel 1988 si sono avuti duelli alla John Wayne fra gli atuomobilisti esasperati dal traffico delle freeway.

La cultura della violenza dilaga nella societa` del benessere, a fianco della violenza che viene da decenni esportata dai bassifondi. Si spiega cosi` come i nuovi teppisti siano indifferentemente figli di borghesi o di delinquenti: l’arruolamento volontario nelle file della malavita non e` piu` tanto conseguenza del bisogno di guadagnare quanto del bisogno di fare del male, arrecare danno, dare fastidio.

E’ soprattutto nelle strade dei quartieri poveri che si compie la tragedia di tanti adolescenti senza famiglia. Il fenomeno delle “gang” data almeno dal Dopoguerra, ma soltanto in era recente ha assunto l’aspetto di un conflitto armato fra piccoli eserciti rivali. Finanziato dagli ingenti profitti del traffico dell’eroina, il fenomeno ha trasformato intere zone di Los Angeles in confederazioni di “territori” liberi, ciascuno dominato e “protetto” da una gang. Ogni gang ha un nome, una divisa e un gesto simbolico di riconoscimento (che funge un po’ da bandiera e un po’ da motto). I membri di queste gang girano armati e sfidano quotidianamente la morte. Ciascuno di loro e` cresciuto sapendo di poter morire da un istante all’altro. Per loro il valore della vita e` ormai cosi` basso da giustificare appena le precauzioni del caso; per loro l’omicidio non e` un crimine atroce ed estremo, ma un “incidente” come un altro. Per questa ragione riescono ad uccidere con disinvoltura gli innocenti che attraversano involontariamente la loro strada. La polizia di Los Angeles, nonostante la sua reputazione di brutalita`, non e` in grado di penetrare queste rocche della malavita e lascia pertanto che “si ammazzino fra di loro”, concentrandosi unicamente nell’impedire che le gang varchino i confini delle zone residenziali. In tal modo anche coloro che vorrebbero rompere quel circolo vizioso di violenza e abbandonare la vita di strada si ritrovano senza una vera alternativa. Per di piu` molti di questi giovani e di queste giovani sono gia` padri e madri di una nuova generazione, una generazione che fin dalla piu` tenera eta` li accompagna nelle strade a vendere eroina con il fucile sottobraccio.

Il teppismo che dilaga in tutte le metropoli e` sintomo della disaffezione sempre piu` marcata dei giovani nei confronti della societa`: ogni adolescente, anche se di “buona famiglia”, e` ormai un teppista virtuale. Lo dimostrano le storie aberranti di violenza nei “dorms” (dormitori) dei campus piu` aristocratici, dove droga e stupro sono all’ordine del giorno e i rituali di iniziazione non hanno piu` nulla da invidiare ai film dell’ orrore che li hanno ispirati.

Non esiste ormai teeenager che non si sia gia` drogato e non abbia compiuto qualche atto di teppismo. Questa societa`, criminalizzando tutti i giovani, trasforma il crimine in un fatto generazionale, e gli conferisce l’epos che lo innalza a mito.

La California, terra del disimpegno e del divertimento, e in particolare la sua capitale di plastica, Los Angeles, produce per reazione il rock piu` aggressivo e cinico del Reaganismo, il cosiddetto “beach-punk”. Piu’ nichilista ancora del punk anarchico britannico, il rock criminale di L.A. fa sue le caratteristiche di concisione e violenza del punk-rock e tutto il rituale selvaggio e oltraggioso delle anime perdute (mito dell’esistenza breve in testa).

A lanciare la carica e` la stazione KROQ di Rodney Bingenheimer. Pur soffocato dall’ambiente rilassato californiano, per nulla simile a quello maledetto/allucinato di Manhattan, il beach-punk fa proseliti a vista d’occhio. Il fiorire dei complessi e` direttamente proporzionale al diffondersi delle fanzine (come Slash) e delle “label” indipendenti (Frontier, Slash, SST, Posh Boy). Il Sunset Strip di Hollywood (la zona del Roxy’s e del Whiskey-A-Go-Go) diventa il palcoscenico punk per eccellenza. I concerti si connotano per “slam dance” selvagge che spesso finiscono in scontri con la polizia.

La criminalizzazione del rock iniziata inconsciamente dai rocker neri degli anni ’50 e portata avanti consapevolmente dai complessi “rivoluzionari” degli anni ’60, tocca qui il punto piu` basso. La costa diventa territorio di caccia per teppisti punk, almeno a partire dal 1976, l’anno dell’esplosione newyorkese dei padri spirituali (i Ramones). In quell’anno Geza X e` l’attrazione principale del Masque, una delle tane piu` nefande di Los Angeles. Li` il chitarrista prodigio del punk californiano decide di diventarne il messia e comincia a raccattare oscuri musicisti sbandati per portarli in studio ad incidere dischi. La sua prima scoperta sono i Germs di Derby Crash. Il primo 45 giri da lui prodotto e` il loro No Gods, l’atto di nascita ufficiale del punk californiano.

I complessi che nel 1977 infestano i locali piu` emarginati di Hollywood sono gli iper-politicizzati True Sound Of Liberty (TSOL) e Dils (con tre grandi anthem-comizi: I Hate The Rich, 1977; Class War, 1978; Sound Of The Rain, 1979), raccolti su Class War (Dionysus, 2000); i Weirdos; i Plugz di Tito Larriva (il reggae chicano di Electrify Me, 1979; il power-pop di Better Luck, 1981, e Achin’, 1981), i Dickies; gli Alley Cats, cantori depressi e nauseati della metropoli fatiscente (Nothing Means Nothing Anymore, 1977, e Nightmare City, 1981), i Bags di Alice Bag e Patricia Morrison (Survive/Babylonian Gorgon, 1978), e gli X, complessi protagonisti di brevi e terribili scudisciate di suono, figli dell’angoscia d’assalto dei Sex Pistols che oscillano fra l’invettiva dal dito puntato e la descrizione demoralizzata dello squallore metropolitano. Spesso a testimonianza della loro breve e tormentata esistenza non rimangono che pochi violenti 45 giri.

I caratteri presenti in embrione nel punk di Manhattan sono ora amplificati all’eccesso. I punk californiano odiano le pose intellettuali di Patty Smith, adorano il punk-rock assurdista dei Ramones e il punk-rock auto-distruttivo dei Sex Pistols. Con loro il riflusso che dai grandi festival rock all’aperto ha riportato le masse giovanili nei locali chiusi e fumosi raggiunge il nadir: i night-club ospitano cento o duecento persone al massimo, tutte sincronizzate sugli stessi rituali nonostante non ci siano i media a fungere da diffusori di mode. L’odio verso il resto del rock e` tanto piu` duro quanto piu` la stampa rock si ostina a gridare che il punk e` morto. Loro non sono morti, ed avanzano anzi a legioni. E’ con loro che la fenomenologia si cristallizza: da un lato gli “skinhead” intenti a ballare la “slam dance” (che consiste nel rimbalzare istericamente contro i corpi degli altri, ondeggiando a mucchi nell’angusto spazio sotto il palcoscenico), dall’altro gli “hardcore” imbalsamati nel cuio, con la capigliatura a forma di tomawak (mohawk), mezza rasata e mezza a spillo. “Le” hardcore rivoluzionano a loro volta il concetto di femminilita` rock: invece di puntare sull’eccitazione sessuale, palesano un gusto per il laido e il grottesco, vestendo minigonne da Swinging London o truccandosi da prigioniere di campi di concentramento, assistono indifferenti e asessuate ai rituali di auto-distruzione dei loro partner.

Il fenomeno si cristallizza nello stile veloce, miniaturizzato e nichilista i cui esponenti guida sono i Black Flag e i Circle Jerks, arroccati attorno all’etichetta SST, fondata nel 1979 da Greg Ginn, e sostenuti da fanzine come Flipside, fondata da Al Kowalewski nel 1977, e Slash. Gli Adolescents di Rick Agnew, i Fear di Lee Ving e gli Shattered Faith sono i migliori discepoli del raw-punk degli Stooges, rivisto nell’ottica del beach-punk: feroce, ma non ipercinetico. Lo slang dei punk si riduce con questa generazione al minimo di esagitazione, al sussulto emotivo piu` bieco ed elementare, come nel caso dei Descendents.

Rimasugli di surf (Agent Orange, JFA), psichedelia (Bad Religion), pop (i MIA), rock and roll (i Social Distortion) verranno oscurati dall’hardcore suburbano della Posh Boy (come i Channel Three) e dalle forze centrifughe dell’heavy metal (i Suicidal Tendencies).

Per reazione l’effetto di questo consolidamento della dottrina punk e` anche quello di favorire le novita` stilistiche, purche’ suonino provocatorie e trasgressive rispetto ai canoni. C’e` chi sulla struttura minimale della canzone punk riesce persino a edificare architetture armoniche complesse, per lo piu` ispirandosi all’astrattismo. Il risultato e` un free-punk caotico, furibondo ed irrazionale. I maggiori esponenti sono i Minutemen e i Saccharine Trust. Da loro ebbe origine il jazz-punk degli Universal Congress (il complesso del chitarrista dei Saccharine Trust, Joe Baiza), degli October Faction (costituiti da Baiza con Greg Ginn dei Black Flag), dei Gone (il power-trio di Ginn, al confine fra i secondi King Crimson e i Black Flag del periodo heavy metal), degli Alter Natives (con il sassofonista Eric Ungar) e dei Dos (i due bassisti Mike Watt dei Minutemen e Kira dei Black Flag).

L’eredita` maggiore lasciata dal beach-punk e` la concisione. Quasi tutti i complessi della nuova generazione progressiva disprezzano le jam, le suite, i brani concettuali, quasi tutti affidano il proprio messaggio a frenetici, lapidari aforismi. Viene conservato anche l’impeto epilettico, ormai parte integrante della gioventu’ americana. Il suono e i testi sono diretti e spediti, senza bisogno di circonluzioni e convenevoli. Le capacita` di affabulazione sono ridotte al minimo, all’esclamazione in gergo e all’emissione verbale di sensazioni primarie, eliminando del tutto l’arte dell’eloquenza e della costruzione del ragionamento. Per anni non si ascolteranno piu` armonie sofisticare o assoli appassionanti. A dilagare sono i complessi che esplorano gli stati piu` morbidi della mente e le situazioni piu` scabrose, servendosi di un sound che oscilla fra il raw-punk e il voodoo-blues. Alcuni abbracciano questa fede con convinzione biecamente fanatica, mentre altri la interpretano come semplice occasione di spasso, sorta di rock per party di Halloween.

Il nichilismo punk abbandona presto la politica, terreno sul quale e` perdente per definizione, e si volge agli stati morbidi della mente. Con gli TSOL del secondo periodo nasce il beach-punk del macabro. Nella citta` dei riti occulti (dove proliferano sette come quella che fu di Charles Manson) il filone trova subito terreno fertile. Si tratta di moderare l’impeto punk, mettendolo al servizio della suspence e dell’effettismo piu` truculento. I piu` autorevoli iniziatori di questo punk dell’orrore sono gli Sleepers di Ricky Williams e i Flesh Eaters di Chris Dejardins, ma i piu` seri esponenti del genere saranno i 45 Grave e i Christian Death.

I Chemical People saranno i maggiori rappresentanti californiani del porno-punk inventato da GG Allin e dai Meatmen, ma forti di un sound piu` “britannico”, con Dave Nazworthy a rifere il verso a Billy Idol e Jamie Pina a strimpellare come Mick Jones (Black Throat, 1988; il surf-punk di Vacation, 1989).

I gruppi hardcore di Los Angeles hanno seguito, volenti o nolenti, strade parallele: nati verso la fine degli anni Ottanta, vissuti per qualche tempo di soli 45 giri ed EP, giunti all’album nel 1981, scomparsi nel giro di pochi anni. Il “beach punk” di Los Angeles sembrava essere stato un fenomeno effimero, che aveva espresso pochi veri artisti (Black Flag, X e Minutemen su tutti); invece la seconda meta` degli anni Ottanta ha visto una rinascita di interesse, una generale rivalutazione di quei dischi, e non pochi gruppi storici sono cosi` potuti tornare sulle scene.

Degli eroi del 1977 il gruppo la cui fama per anni rimase legata alla leggenda di alcuni introvabili 45 giri era quello dei Rotters, titolari di un Sit On My Face Stevie Nix/ Amputee (1978) di cui venne proibita la diffusione e la vendita. Nel 1989 e` stato finalmente pubblicato Presumed Dead (Baka), un album che raccoglie il loro repertorio di allora. Il loro sound era rigorosamente ancorato allo stereotipo dei Sex Pistols, ma lo spirito con cui suonavano era piu` simile a quello dei garage degli anni Sessanta e la petulanza della chitarra era quasi heavymetal.

Il 1981 fu l’anno del boom, grazie anche al documentario di Penelope Spheeris “Decline Of Western Civilization”, la cui soundtrack era suonata dagli eroi del periodo (insuperabili i Fear). Per effetto della pubblicita` di quel film, comparvero articoli su tutti i maggiori settimanali e reportage su tutte le maggiori stazioni televisive, e nel giro di pochi mesi cominciarono a spuntare gruppi punk un po’ dappertutto. L’etichetta piu` importante di quell’epoca classica fu forse la Posh Boy. Attorno ad essa si riunirono gli Agent Orange, gli F-Word di Rik L. Rik e i True Sounds Of Liberty (oggi L.O.S.T.), gruppi che fanno ancora parlare di se`. L’anno dopo fu la volta di Suicidal Tendencies, che sono diventati uno dei nomi di punta del punkmetal.

Fin dal tempo dei Sex Pistols e dei Ramones il punkrock era stato per meta` un fenomeno di denuncia politica e per meta` un fenomeno di satira sociale. Los Angeles non fece eccezione: da un lato gli eccessi violenti del “beach punk” e dall’altro una sua versione “leggera”, che trasformava il truce hardcore in una sorta di varieta` per punk.

Ai primordi del punk californiano era pertanto gia` presente una scuola di hardcore “demenziale”, che prendeva lo spunto dai toni parodistici di Dictators e Ramones, magari accentuandoli con la goliardia dei Devo. I Weirdos, i Dickies e gli Angry Samoans furono le tre formazioni piu` “comiche” del periodo. Quintessenza di quella stupidita` sub-Ramones erano stati gli Adicts, sovrani incontrastati di quel genere nel 1978, poi titolari di due album piu` maturi come Sound Of Music (Cleopatra) nel 1982 e Smart Alex nel 1985, che sono tornati nel 1993 con Twenty-seven (Cleopatra). E’ un genere che, comunque, si e` rivelato molto piu` duraturo (e, anzi, piu` attuale oggi di allora) che non il punk militante o di sfondamento. Tutto sommato e` anche un genere piu` coerente con la vera essenza di Los Angeles, con quel trasgredire sempre strizzando l’occhio al divertimento, con quel mai prendersi del tutto sul serio, con quel fondamentale scetticismo nei confronti di tutto e tutti. E’ almeno dai tempi di Frank Zappa che da quelle parti le rivoluzioni musicali finiscono in barzelletta.

Se all’inizio questi complessi vennero visti soltanto come delle macchiette da avanspettacolo, con il passare degli anni la loro opera suona sempre piu` attuale. Nelle loro canzoni sono in fondo rappresentate la storia e le contraddizioni di questi ultimi dieci anni, come, d’altro canto, in tutte le satire che si rispettino.

Gli Youth Brigade, formati nell’estate del 1980 dai tre fratelli Stern (Shawn, Mark e Adam), e autori dell’album miliare Sound And Fury (Better Youth Organization) del 1983, contenente il loro anthem Sink With California, e dell’EP What Price, si sono riformati nel 1992 per l’EP Come Again (BYO).

A San Francisco la ressa dell’ultra-punk e` minore, ma se ne contano abbastanza da terrorizzare anche la capitale del Silicio. I complessi guida della prima generazione, quella giunta al disco nel 1979, sono due. I Nuns fungono da cinghia di trasmissione del punk di New York, dopo aver fatto da spalla dei Ramones per un gig nazionale, e, con gli Avengers, trasformano i nightclub di Broadway (Mabuhay Gardens e Stone) in catacombe del punk. I primi ad incidere un disco (il classico Hot Wire My Heart, 1976) sono comunque i ferocissimi Crime. Nel luglio del 1978 tutti i complessi punk della citta` suonano per tre giorni a un concerto di beneficenza a favore dei disoccupati. Il 9 dicembre del 1978 viene inaugurato il Deaf Club, locale situato nella zona piu` povera della citta` che, insieme all’I-Beam (ritrovo dei gay, situato nell’Ashbury Haight) diventa il nuovo centro di raccolta della nazione punk. Nel maggio del 1979 si hanno i primi scontri fra polizia e punk.

La seconda generazione mette in luce nuove qualita`, tipo il punk clownesco e spaziale dei Mutants (Insect Lounge, 1978) e la violenza malata dei Negative Trend di Rik L Rik. Alle loro spalle avanza un’orda di reietti ancor piu` disperati: e` l’era dei politicizzatissimi Dead Kennedys e MDC (John Wayne Was A Nazi, 1981), dei blasfemi Crucifucks, dei sadomaso Lewd guidati dalla porno-star Olga DeVolga, titolari di American Wino (1982) e il cui repertorio sara` poi raccolto su Kill Yourself Again(Chuckie-Boy, 1998), degli estremisti D.R.I. (Dirty Rotten Imbeciles), tutti gruppi accomunati dalla frenesia epilettica, dal conato supersonico, dallo sproloquio volgare, dalla tecnica approssimativa, dall’insulto gratuito, dal vocabolario rabbioso ridotto a due parole (“fuck” e “kill”), capaci di bruciare in pochi densissimi secondi kiloton e kiloton di odio grezzo, come i bambini quando strillano isterici mangiandosi le parole, contro la tirannide ottusa dei grandi.

I temi prevalenti sono tre: un tema politico, anarchico e anti-fascista, un tema auto-biografico, sui rapporti dei kid con la famiglia, tendente a descrivere squallori deprimenti (carcere, droga, violenza), e un tema sacrilego nei confronti dei miti borghesi. L’organo del movimento e` ora “Maximum Rock And Roll”, una fanzine fondata nel 1982 da Jello Biafra.

Rispetto al movimento degli hippies, famoso per le marce di protesta e le adunate di massa, i sit-in e i love-in, il movimento punk e` molto piu` dimesso e individualista. I concerti non contano mai piu` di trecento persone e non sarebbero la stessa cosa se si tenessero all’aperto (non sarebbe possibile fare slam-dance in un parco!). La civilta` dell’eccesso che e` alla base del punk richiede spazi ristretti e folle ridotte. Essendo ridotti gli assembramenti, si riducono anche le probabilita` di scontri con la polizia, che infatti saranno sempre limitati a occasioni tipo la chiusura di un locale o la perquisizione di qualche sospetto spacciatore.

I Flipper sono i portavoce di una terza generazione di complessi punk, che suonano un rock molto piu` meditato. I loro maggiori discepoli saranno le Frightwig e i Tragic Mulatto, entrambi gruppi dalla vita precaria e instabile.

Nei club di San Francisco si sviluppa anche una corrente di art-punk danzereccio, rappresentato soprattutto dagli Offs di Everyone’s Bigot (1984) e dagli Angst di Pig (1983) e This Gun’s For You (1985).

Nel 1987 la rivista “Maximum Rock And Roll” organizza un locale gestito in maniera cooperativa e aperto ai ragazzi di tutte le eta` (a differenza di quelli che normalmente ammettono soltanto i maggiorenni, cioe` al di sopra dei ventun anni): “Gilman Street” diventa presto sinonimo di una nuova generazione di gruppi, quasi tutti giovanissimi, e quasi tutti punk sfegatati. Ma anche quasi tutti gioviali e melodici. Operation Ivy, Green Day, Mr T Experience, Sweet baby Jesus, Isocracy, Samiam.

Dei Crime, i precursori dell’intero punk di San Francisco, e` finalmente uscito nel 1991 il primo album, San Francisco’s Doomed (Solar Lodge), ben quindici anni dopo il primo 45 giri, ben tredici anni dopo che era stato registrato. I Crime personificarono il punk meglio di ogni altro gruppo, e furono forse i piu` “britannici” del lotto californiano, volgari, spavaldi e provocatori. Ma non trovarono il coraggio di esistere.

Nel corso della sua decennale evoluzione il punk ha figliato diversi sotto-generi: l’hardcore classico (Minor Threat, Circle Jerks, Nuns, Avengers, Germs, Alley Cats, Dead Kennedys), il porno-punk (Plasmatics, Allin, Meatmen, Chemical People, Tragic Mulatto), l’horror-punk (Misfits, TSOL, 45 Grave, Christian Death, Flesh Eaters), il metal-punk (Black Flag, Cro-mags, F.U.’s, Suicidal Tendencies), il raw-punk (Dead Boys, Fear, Real Kids, Plugz), il reggae-punk (Bad Brains), il funk-punk (Minutemen, Angst, Red Hot Chili Peppers, Breaking Circus), il punk demenziale (Ramones, Dickies, Dots, Weirdos, Descendents, Lunachics), il surf-punk (Agent Orange, JFA, Adrenalid O.D.), il pop-punk (MIA), lo psych-punk (Reds, Bad Religion), il country-punk (X), l’agit-prop punk (TSOL, Dils), l’avant-punk (False Prophets, Foole, Saccharine Trust, Flipper), senza contare il panorama sterminato del Midwest. Quello che pareva un idioma senza via d’uscita ha dimostrato non soltanto longevita` ma anche impressionanti possibilita` di espansione.


Il dark punk

Nel marasma di tanti revival il punk-rock britannico si risolleva dalla crisi appoggiandosi all’ala meno violenta ma piu` inquietante del movimento, quella rappresentata dal “dark-punk”: canto attonito e sconnesso in secondo piano rispetto ala ritmica molto presente, sound cavernoso, cadenze apocalittiche, chitarre distorte che stridono in sottofondo, elettricita` stagnante, tensione e angoscia. Ancora una volta il tema di fondo e` la “noia” dell’esistere, che assume ora sembianze gotiche per effetto di piu` efferate pulsioni suicide.

Ad iniziare il filone sono i Banshees di Siouxsie Sioux e le X-Ray Spex di Poly Styrene (Marion Elliot). Loro impongono uno stile che Stranglers e Joy Division perfezionano, che i Cure elevano a filosofia e che i Public Image consacrano a ideologia: ritmi disco-mutanti, tessuti armonici scarni, melodie oscure dominate dal basso, vocals dai colori freddi.

Il dark punk esprime cio` che si nasconde sotto la maschera cinica arrabbiata del kid: il terrore. La violenza e` un mezzo per nascondere il terrore che la societa` ispira loro, il terrore del futuro, il terrore della loro stessa vita. Dall’apologia della rabbia punk si passa alla celebrazione delle nevrosi, delle paranoie, delle paure, dell’adolescente. E` una transizione che corrisponde a quella dal pubblico al privato, compiuta da una generazione che in pochissimi mesi aveva bruciato tutte le proprie istanze pseudo-filosofiche. Emergono allora le vere ragioni del disagio esistenziale: l’incomunicabilita` nei confronti del resto della societa`, la claustrofobia della vita in citta`, il bisogno di un’apocalisse catartica, il collasso nervoso che ruba quotidianamente un po’ di entusiasmo nel futuro. E` da questo stato d’animo depresso che ha origine il sound cupo e ossessivo del dopo-punk.

A partire dal 1978 si susseguono ondate su ondate di complessi influenzati dalla tetrade del dark-punk. In maniera sempre piu` esibizionista e auto-indulgente, chitarre ed elettronica sostengono un suono freddo e inespressivo, sovente melodicamente nullo, che da` l’impressione del collasso armonico totale.

I migliori della seconda ondata sono i Bauhaus e i Killing Joke, che trasportano quel suono infernale nel contesto della discoteca alternativa. Con loro tanti altri abbracciano lo stesso cliche’. I Comsat Angels, i Theatre of Hate, gli Spear Of Destiny, i Passions di Barbara Gogan, i Gene Loves Jezebel, gli Alien Sex Fiend, gli Sex Gang Children sono tutti complessi alla ricerca di una identita` che li sollevi dalla stanca noia del genere. I piu` importanti di questa generazione sono i Sisters Of Mercy, gli In The Nursery, i Death In June. I Cult e i Red Lorry Yellow Lorry sono i piu` commerciali.

Sulle orme dei Virgin Prunes spuntano diversi complessi teatrali e demoniaci, esponenti del “gothic punk”, una delle tante mutazioni del glam-punk. Il loro rifugio e` il locale Batcave, la loro religione sono i rituali macabri. Fra i farseschi protagonisti di questa versione provinciale dell’horror-shock si contano i Flesh For Lulu (Restless, 1983; Death Shall Come, 1984), i Rose Of Avalanche (epigoni dei Sisters Of Mercy in L.A. Rain, 1985), i Balaam And The Angel, sempre piu` pop e heavy metal sulle tracce dei Cult (World Of Light, 1985; Love Me, 1985; Day And Night, 1985), gli Specimen.

Nonostante alcune visioni indovinate, le atmosfere sinistre ed occulte, tormentate e sataniche del dark-punk sanno troppo spesso di horror-show per famiglie snob, incapaci come sono di interiorizzare il soprannaturale e l’esoterico che sbandierano ai quattro venti.


Il modernismo punk

In Inghilterra, dopo appena un paio d’anni, il punk cattivo e` gia` al tramonto: di ondata in ondata la temperatura d’innesco si abbassa, le sue letali radiazioni si diradano.

Nel rapido succedersi di novita` ne approfitta per tornare alla luce la componente melodica estetico-romantica di tanto rock britannico, tutt’altro che defunta, anzi in agguato fin dal principio, ben pronta a cogliere la prima occasione propizia.

Mutatis mutandis a tanto suono aggressivo e impegnato viene a corrispondere un suono qualunquista e rilassato eguale e contrario, esattamente come accadde negli anni ’60. I romantici approfittano della crisi del punk-rock per tornare alla ribalta, armati delle vecchie morbide atmosfere e di una nuova potentissima arma: l’elettronica. Il synth cambia il volto del romanticismo rock, seguendo le direttive abbozzate dal flash-rock e promulgate dai Roxy Music.

A cominciare sono gli Ultravox, ma e` l’asettico e lobotomizzato Gary Numan il primo a scalare le classifiche. Con loro nasce il “techno-pop”, la canzone al sintetizzatore dai toni depressi e malinconici intesa a rappresentare l’avvento della civilta` delle macchine e l’infelice condizione umana che ne consegue. Il movimento si ispira ovviamente ai Pink Floyd di Welcome To The Machine e ai Kraftwerk di Kling Klang, i primi cantori della simbiosi uomo-macchina. I cantanti-sintesisti come Numan sono i menestrelli dell’era “devoluta”, dediti a rievocare sconsolati e meccanici le gesta di una civilta` in via di estinzione. La produzione si rifa invece ai due fenomeni commerciali di quegli anni, Video Killed The Radio Star dei Buggles e Pop Muzik di M, che hanno insegnato come amalgamare la tecnologia alla musica di consumo. Le charts si popolano allora di canzoncine dove conta soprattutto la produzione: Straight Lines (1980) di New Musik (Tony Mansfield), che impone lo spleen malinconico ispirato ai decadenti, o I Ran (1982) e Space Age Love Song dei Flock Of Seagulls, brani che trasportarono il concetto nell’ambito del vetusto easy-listening.

La moda del techno-pop e` comunque importante per liberare l’industria discografica dalla mania del punk a tutti i costi. In tal modo riescono ad emergere anche gruppi piu` sperimentali, come gli Alternative TV. Con i Wire le velleita` dei punk tecnocrati acquistano uno spessore intellettuale.

Il modernismo del dopo-punk assume diversi aspetti, dal punk-rock “acido” di Fall e Nightingales al punk-rock cacofonico degli Swell Maps, dal rock trascendente dei Felt al pop crepuscolare degli Eyeless In Gaza (Martyn Bates). Fra gli innovatori si contano anche i due reduci dei Public Image, Jah Wobble e Keith Levene (fra anthem nevrastenici come I’m Looking For Something e funk industriali come 2011, 1989). Infine gli arrangiamenti bizzarri e i temi esotici di Eric Random, le caricature dadaiste degli Stump e le gag surreali di Renaldo And The Loaf sono quanto di piu` prossimo ai Residents sia stato tentato in Inghilterra.

Uno dei personaggi piu` influenti su questa schiera di musicisti e` Brian Eno, il quale nel lontano 1974 aveva lanciato l’idea di una canzone elettronica composta riciclando scorie di civilta` rock del passato. Il trucco era semplice e banale, tanto che Eno l’aveva abbandonato quasi subito, ma aveva aperto orizzonti sterminati all’arte di manipolazione degli stereotipi sonori. La rinascita punk favori` gli sperimentatori della sua stirpe, decisi a non abbandonare la tradizione melodica rock, dai Beatles ai Roxy Music, ma al tempo stesso proiettati verso una diversa realta` ritmica (dance music) e armonica (effetti elettronici).

Fra i cultori dell’aforismo rock in veste eletronica, del meta-rock da pop-ologo incallito, della pedante/ironica (ma sempre sapiente) revisione della tradizione, spiccano gli XTC, i Flying Lizards e i gruppi di Daniel Miller (Normal e Silicon Teens), l’uomo a cui si deve l’intuizione di accoppiare sintetizzatore e rock and roll.

I piu` spensierati del lotto sono gli Squeeze e i Monochrome Set.

Un passo parallelo e` quello del recupero delle forme romantiche dei ’60. Uno dei principali responsabili della riabilitazione del sintetizzatore in era punk e` il rock pomposo e barocco dei Magazine

Nel giro di pochi mesi la scena viene invasa da ogni sorta di complessi romantici, che rinnegano senza rimpianti tutto cio` (concisione, realismo, violenza, velocita`) per cui il punk-rock si era battuto. Il piu` originale dei gruppi dell’era sono probabilmente i Passage di Dick Witts, il cui sound organistico si ispirava a Keith Emerson, ma assorbiva per strada il jazz-rock dei Soft Machine e il dark punk dei Joy Division.

La prima tendenza e` quella di riprendere il rock d’autore la` dove la decadenza l’aveva lasciato, alle soglie di un folk fantastico e sensuale, fatalista ed esistenziale, modelli Gabriel e Hammill. I languidi rantoli di Peter Perrett degli Only Ones e la magniloquenza cristallina dei Doll By Doll, cosi` come gli stili confessionali dei Cowboys International di Ken Lockie e dei Fingerprintz di Jimme O’Neill, segnano pertanto un riflusso al mondo dei sentimenti.

La seconda tendenza e` quella degli eleganti decadenti che integrano nel loro romanticismo elementi esotici. I piu` geniali sono i Lemon Kittens di Danielle Dax e i Japan di David Sylvian.

Trova spazio anche il tenue impressionismo strumentale di Durutti Column.

I Dif Juz sono il complesso strumentale dell’era, piu` vicino alle sonorita` dei punk romantici che a quelle del surf.

Tutto complotta per minare alla base la violenza punk. Anche l’avanguardia esprime complessi commerciali che, fondendo l’idea del meta-rock con il revival del rock romantico, assalgono le classifiche: gli Human League e gli Orchestral Manouvres In The Dark fondano quello che verra` chiamato “synth-pop”.

Gli anni ’80 sono testimoni di una fioritura senza precedenti di musicisti scozzesi. I capostipiti sono i Fire Engines, ancora legati al primo punk-rock, ma gia` molto piu` melodici della media (Candyskin, 1980; Everything’s Roses, 1980; Meat Whiplash, 1981), i Simple Minds, che importano il paradigma “glam-rock + art-rock + ballabile”, e complessi come i Josef K, che lo adeguano alla malinconia esistenziale dei Joy Division. A partire da quando (1979) Alan Holme fonda a Glasgow la Postcard Records, la stragrande maggioranza di essi si da` al rock melodico, sicche’ in breve la Scozia (in particolare Edinburgo e Glasgow) diventa uno dei centri piu` fiorenti della new wave romantica.

I tre maggiori complessi commerciali della regione, quelli che stabiliscono il primato pop della Scozia, modificano alquanto il dogma, mettendola piuttosto sull’ingenuo adolescenziale, accentuando il melodismo puro e semplificando al massimo i ritmi: Altered Images, Associates, Orange Juice. Nessuno di loro riuscira` comunque a toccare i vertici di Fire Engines e Josef K.

L’abbandono dell’iconografia punk favorira` l’emergere di una generazione di “musiciste”, ormai del tutto emancipate dallo stereotipo della “cantante” di composizioni altri.

Lene Lovich (look da principessa transilvaniana, vocalizzi cinguettanti, un sound piacevolmente moderno e vario) fu determinante, con la sua sguaiata eccentricita` per liberare il canto femminile (Lucky Numbers, 1979). Non meno bizzarre furono le canzoni dance-psichedeliche di Hazel O’Connor (Cover Plus, 1981).

Negli anni seguenti si succederanno musiciste rock sempre piu` “creative”: Danielle Dax, Annie Anxiety, Patti Palladin (ex Snatch e Flying Lizards); e soprattutto Virginia Astley.

Su tutti svettano i Cocteau Twins di Elizabeth Frazer, inventori del dream-pop.


La musica industriale

Esistono pochi dubbi che il termine “industrial” sia stato coniato da Monte Cazazza, sperimentatore elettronico di San Francisco, e dai suoi amici inglesi Throbbing Gristle a meta` degli anni ’70. In quegli anni a San Francisco diversi artisti (per esempio, Mark Pauline) tenevano performance improntate al dilagare dell’alta tecnologia, utilizzando come sottofondo sonoro (non necessariamente musicale) i “versi” degli animali tecnologici: tonfi di presse, sibili elettrici, ronzii telefonici, e cosi` via. Era in fondo un’esasperazione della musica per onde radiofoniche inventata da Cage. La novita` piu` saliente era lo spirito con cui veniva condotta l’operazione: uno spirito “pop” feticista affine a quello con cui Andy Warhol utilizzava bottiglie di Coca Cola e poster di Marilyn Monroe. In effetti non sono poi cosi` grosse le differenze fra un affresco di Jackson Pollock e una suite dei Throbbing Gristle.

Se per musica industriale si intende un genere che, facendo ricorso ai mezzi elettronici, propone di fornire una rappresentazione musicale della disumanizzazione causata dal progresso tecnologico (all’estremo opposto, per esempio, del genere elettronico che intende esaltare l’immaginazione fantascientifica, ovvero della cosiddetta musica “cosmica”), qualcosa del genere era gia` stato tentato agli inizi del secolo da Futuristi e Dadaisti, nonche’ da Zappa e tanti altri, ma e` indubbio che soltanto con la scuola britannica di Sheffield nacque un “genere”.

Le esperienze premonitrici dei Pere Ubu avevano insegnato che il rumore tecnologico puo` benissimo amalgamarsi al rock and roll e dar origine a una forma di “danza moderna”. Proprio ai Pere Ubu si deve l’umore generalmente sinistro e apocalittico della musica industriale, quell’assumere il rumore dell’alta tecnologia a colonna sonora di cataclismi immani. Nell’immaginario negativo della musica industriale si sposano gli incubi storici dell’Olocausto, della Guerra Fredda, dei danni ambientali, del buco dell’ozono e di mille altre problemi planetari causati dalla follie del genere umano. La cultura “industriale” e` soprattutto una cultura del futuro, non del presente; e precisamente di uno solo dei futuri possibili, quello in cui tutta la cultura verra` annientata.

In Gran Bretagna il punk e` stato anche il segnale di una generale rivolta contro il consumismo e di un generale ritorno ai metodi alternativi dell’underground. La ricerca esasperata di nuove forme di espressione musicale, iniziata inconsciamente dai selvaggi punk, ha fortemente destabilizzato il panorama del rock britannico: differenziato in decine di generi e pullulante di complessini scalpitanti, il rock si dilata in tutte le direzioni, travolgendo gli argini tradizionali delle due o tre forme standard.

Ferme restando le direttive dell’umanesimo punk (provocazione e oltraggio), molti gruppi scelgono la strada piu` ardua e radicale della musica d’avanguardia, sostenuti in cio` dagli stessi ambienti discografici alla ricerca di act sempre piu` bizzarri. Ovviamente i veri sperimentatori sono meno “promossi” dei divi acclamati, e finiscono per aggregarsi attorno alle indies piu` evolute e formare comuni filosofico-musicali.

Comun denominatore di tutti gli sperimentatori in era punk e` l’elettronica, ormai entrata a far parte della strumentazione ordinaria. Il grado di sperimentazione si misura in genere dall’uso degli strumenti elettronici, ovvero da quanto piu` essi vengono adoperati per lacerare la struttura armonica. L’estetica punk del repellente viene applicata pari pari alla musica elettronica, portando cosi` alle estreme conseguenze le intuizioni degli avanguardisti piu` radicali. L’unica fonte di ordine e` nel ritmo, che, per effetto del tribalismo insito nel punk e dell’ascendente fortissimo di Brian Eno, rimane la struttura portante dell’armonia. Il piu` delle volte il ritmo viene anzi impiegato per convogliare a sua volta il messaggio capitale delll’opera: la spersonalizzazione dell’individuo nella societa` delle macchine. Il ritmo diventa allora imitazione dei rumori ripetitivi della vita quotidiana, dai clangori d’officina al ticchettio degli orologi.

La nuova musica frigida britannico supera cosi` il revival dei Sixties, che e` stato alle origini del punk e ha fortificato il primo modernismo. Se il punk e` stato in fondo un piccolo umanesimo, in cui sono stati riportati alla luce e studiati criticamente i classici del rock, la musica sperimentale che germoglia ovunque dopo il ’70 rappresenta il Rinascimento, con il suo tipico fervore di ricerche e di sperimentazioni.

L’espansione in tutte le direzioni della ricerca musicale isola e indebolisce pero` ciascun centro artistico, sicche’ ha buon gioco ancora una volta l’opera di ghettizzazione condotta dal mercato discografico, deciso nel sostenere la via guidata al riflusso punk nei confronti dell’ala radicale. La politicizzazione di questi gruppi d’avanguardia e` causa ed effetto al tempo stesso di quest’emarginazione.

La musica industriale

Il rumore dell’industria e` l’ingrediente principale dei riti sonori di una influente setta di elettronici inglesi. Coi piu` efferati congegni acustici (nastri, sintetizzatori, generatori, oscillatori), affiancati agli strumenti tradizionali (ma questi ultimi sono loro subordinati, e anche quando non lo sono seguono regole al di fuori del rock, spingendosi nelle lande dell’improvvisazione e della dissonanza) questi sperimentatori del dopo-punk allestiscono agghiaccianti rappresentazioni della civilta` industriale, imbastendo una sorta di introspezione neuro-psichica che ricorda gli acid-test dei tempi che furono. In effetti la genia industriale ricorda da vicino gli psichedelisti piu` “dilatati”.

Spesso la loro musica e` concepita come accompagnamento di proiezioni cinematografiche o di performance teatrali che a loro volta ne aumentano il potenziale provocatorio. Infine, esplorando il subconscio collettivo, una certa enfasi viene sempre posta sulle pulsioni di violenza e di sesso maniacale.

I poli della musica industriale sono due: la Industrial Records e Sheffield. La prima e` una casa indipendente fondata dai Throbbing Gristle, che raccoglie e incoraggia divesi nuclei di sperimentazione. A Sheffield operano i Cabaret Voltaire, i Clock Dva, gli Hula (i capostipiti del funk “industriale”) e da Sheffield parte l’offensiva commerciale del synth-pop (Human League docet), che volgarizzera` tutto il movimento.

Fra i rumoristi puri si distinguono i Metabolist; i Test Dept; i Nocturnal Emissions, i Dome (cioe` Gilbert e Lewis dei Wire), i Whitehouse, e gli australiani SPK.

Dai Throbbing Gristle, e in particolare dagli Psychic TV di Orridge e Christopherson e dai Coil del solo Christopherson, prende il via la scuola del punk esoterico, che rinverdisce i fasti sabbatici del dark rock dei primi anni ’70 immergendolo in atmosfere rarefatte e tenebrose.

In breve il numero delle “garage-noise band” si moltiplica, propagando il culto esoterico con il verbo del “rumore” elettronico. In comune tutti questi gruppi hanno il mito di una qualche forma di religione nera e l’uso di forme espressive multi-media, in particolare del video, come insegnato dai Throbbing Gristle. I piu` malefici sono i Nurse With Wound; i Current 93; i 23 Skidoo; l’Hafler Trio. Molte di queste bande sperimentali si ispirano a guru satanici e il piu` gettonato delle nuove generazioni e` senz’altro Aleister Crowley: la sua setta “Ordo Templi Orientis” ha come vangelo la Cabala e la sua Mecca e` l’abbazia di Thelema in Sicilia, la cui “camera degli incubi” fu teatro di occulti riti sessuali.

Nell’insieme quello della musica industriale e` stato un fenomeno assai naif, spesso limitato ad esibizionismi da Grand Guignol e quasi sempre destinato a svelare le proprie limitazioni attraverso bieche conversioni al synth-pop.


Il free punk

Pop Group/RRP/etc
Ratio/etd
Gang/Mekons
Glaxo/Ludus/Blurt/Weekend
This HeatAll’avanguardia della musica elettronica, che e`, salvo poche eccezioni, futurista, qualunquista ed elitaria, si contrappone l’avanguardia del jazz/funk, che e` generalmente primitivista, militante e populista. L’obiettivo e` ancora la distruzione armonica, ma qui l’elettronica ha un peso trascurabile, tanto e` gia` scardinato il suono dalla sezione ritmica, dai vocalizzi, dalle dissonanze. L’ideologia di questi musicisti consiste nel portare all’eccesso la nevrosi della musica da ballo nel farne uno strumento attivo invece che passivo, nel detonare le frustrazioni della societa` moderna attraverso quello che e` sempre stato il mezzo di espressione piu` istintivo: la danza.

Accostare la musica primitiva alla musica industriale ha il valore di un fotomontaggio agit-prop e di una analisi antropologica dei rapporti fra l’uomo delle caverne (il punto di partenza) e l’uomo delle macchine (il provvisorio punto di arrivo). E’ una specie di consuntivo sociologico, che si risolve sempre in un vibrante “je accuse” contro le atrocita` perpetrate dal secondo e in un commosso rimpianto dello stato di natura del primo.

Il primitivismo di questo “free punk” (discendente naturale del “free rock” di un tempo) non si ferma alla superficie della “musica industriale” (e cioe’ ai rumori e ai ritmi di fabbrica), ma penetra in profondita` nella psicologia dei protagonisti: le marionette meccaniche della musica industriale vengono percepite in quanto esseri che nascondono ancora sotto le tute istinti selvaggi primari, e il lavoro viene assimilato a un grottesco ballo rituale. All’equivoco contribuisce la somiglianza della catena di montaggio alle danze tribali che si svolgono nella jungla, e la facile trasfigurazione dell’officina in giungla di lamiere, coacervo di versi di macchinari e groviglio di membra meccaniche.

L’insegnamento dei Pere Ubu e` qui dogma. Ma, rispetto ai piu` rozzi americani, i gruppi britannici si connotano per una maggiore aderenza ai canoni del virtuosismo jazz. La musica del primitivo e` anche un’occasione per sfoderare stili di “esecuzione” innovativi e complessi.

Gli iniziatori sono i Pop Group, dalla cui esperienza prendono l’abbrivio Mark Stewart, erede di quell’impegno socio-politico, i Rip Rig and Panic, che approfondiscono invece la componente jazz ed esotica, e gruppi di puro intrattenimento come i Maximum Joy, i Pig Bag, e i Playgroup.

I piu` influenti sulle generazioni successive saranno gli A Certain Ratio e i Medium Medium (Hungry So Angry, 1981), fondatori del sofisticato art-funk britannico (quello che gli americani chiameranno “Brit-funk”). Un’altra scuola importante per gli sviluppi del funk-punk e` quella politicizzata di Leeds, capitanata dai complessi di John Langford (Mekons e Three Johns) e dai Gang Of Four. Fra i primi compagni di cordata vanno citati anche i Delta Five, anch’ essi specializzati in ritmi triturati e polemiche a viso aperto.

Gli Inca Babies, alfieri del blues metafisico ed abrasivo (Grunt Cadillac Hotel, 1983; Big Jugular, 1984; Surfin’ In Locustland, 1985), sono con i Glaxo Babies i maggiori rappresentanti britannici del funk antropofago lanciato dai Birthday Party.

I Bone Orchard di Chrissie McGee si distinguono per un voodoo-blues (Love Has Seen, 1984; Princess Epilepsy, 1985; Penthouse Poultry, 1985), spesso venato di armonie jazz (Jack, 1984) e di arrangiamenti classicheggianti (il lungo deliquio diScarlett Ropes, 1984, eseguito con piano, cello e violino).

I Box scaturiscono dallo scisma dei Clock Dva per sfogare la componente fragorosa di quel sound, la sanguigna linea jazz-punk con accenni di funk dissociato propugnata dal sassofonista Charlie Collins (Out, 1983; Muscle In, 1985).

I Membranes, gli Slab, il non meno selvaggio rap-punk infarcito di feedback dei World Domination Enterprise (Asbestos Lead Asbestos, 1985; Catalogue Clothes, 1986; Hitsy Girl, 1987; Message For You People, 1988; I Can’t Live Without My Radio, 1988; Company News, 1989).

L’art-funk piu` creativo sara` invece quello degli Shock Headed Peters e quello dei Wolfgang Press di Mark Allen>

Acid jazz

L’ambiente filo-jazz e` ancora attivissimo, com’era negli anni ’50, nei ’60 e nei ’70. Sono molti gli animatori, per esempio Steve Solamar, cantante alla David Thomas che fonda un’etichetta indipendente attorno alla quale si muovono i suoi Spherical Objects, i Noyes Brothers (cioe` lui e Steve Miro) i Grow-Up (il complesso del suo secondo chitarrista, John Bissett-Smith), i Blurt, i Dislocation Dance, i Weekend.

La scena progressiva britannica continuera` a produrre act di musica intelligente e creativa, ma si trattera` sempre piu` di emarginati, schiacciati da un’industria discografica tutta protesa alla ricerca del milionesimo complesso neo-psichedelico o dark punk.

Nello spirito i gruppi del free punk proseguono il populismo della comune jazz-rock e l’emarginazione “creativa” di Canterbury. PigBag: Dr Heckle & Mr. Jive (YRec, 1982) Playgroup: Epic Sound Battles Cpt. 2 (On-U, 1984) World Domination Enterprise: Let’s Play Domination (Caroline, 1988) Dislocation Dance: Music Music Music (New Hormones, 1981) Working Week: Payday (Virgin, 1988) antologia


La danza post-moderna

Visage/Spandau/Bow Wow
Romance/Crisis/Haircut
Modern English/Positive Noise
Togliere tutti i positivi
Leer/Dolby
1981 Depeche/Duran/New Order
1982 ABC/Thompson/Shriekback
Soft Cell/Heaven 17/Yazoo/EurythmicsIl decadentismo elettronico che e` imperversato durante i ’70 entra negli ’80 esaltando la sua componente neofuturista. Dei dandy si conservano i tratti piu` appariscenti, ovvero il travestismo e il sintetizzatore. Dell’era “glam” si recupera il gusto della mondanita`. E’ in fondo cio` che sta accadendo nel mondo della disco music, rivisitato alla luce della prevaricazione punk.

Personaggi di transizione fra le due epoche sono gli istrioni che, contesi fra vita underground e decadenza snob, erano rimasti relegati prima del fatidico 1976 nei pub per affezionati delle metropoli industriali. Questi emarginati, sociali e musicali, avevano assimilato l’iconografia nichilista e l’anelito poetico-maledetto del punk, ma restando fedeli a un individualismo mitomane e a un concetto piu` blando di provocazione.

Da personaggi “diversi” come Spizz e Adam Ant prese l’abbrivo un movimento di sofisticata eccentricita`, che sembrava voler ricreare l’atmosfera della Swinging London, con appena un dito di languida decadenza in piu`. Il fenomeno venne battezzato “blow wave”, e visse della contraddizione fra quell’acuta nostalgia per gli spensierati anni ’60 e gli amari anni ’80 della crisi economica.

Il decennio si e` aperto con una recrudescenza della guerra civile in Irlanda (i suicidi volontari in carcere, l’attentato contro il primo ministro Thatcher), con i disordini razziali di Brixton, con la guerra delle Falkland, con una disoccupazione che assume proporzioni mostruose e con un governo conservatore fra i piu` reazionari della storia del Regno. La decadenza della vecchia Inghilterra, e la corruzione dei suoi antichi costumi, sono ormai inarrestabili.

Ma il decennio si e` anche aperto con le fastose nozze del Principe Carlo con Lady Diana, avvenimento anacronistico teletrasmesso in tutto il mondo, per il quale Londra, agghindata a festa e traboccante di folla in tripudio, ha dimenticato per un giorno tutti i suoi mali.

Altri fenomeni sembrano altrettanto contraddittori e assurdi. Fra questi per l’appunto la “blow wave”. I suoi riti si tengono in appositi club (come il Blitz) che ripropongono il clima dei cabaret di Weimar, della Boheme, del futurismo italiano e dell’Art Deco, e nei quali si esibiscono complessini vestiti in perfetto stile anni ’20 oppure in sgargianti costumi fantascientifici, ai quali e` consentito suonare soltanto musiche futuriste e decadenti. L’elettronica tragica e la melodia depressa si accoppiano a un ritmo ballabile e danno origine a una forma di disco music per intellettuali.

Il punk aveva recuperato il gusto per l’iconografia estrosa e una disperata filosofia nichilista. La “Blitz wave” allarga il gioco, introducendo costumi d’epoca e pose distaccate da dandy emaciato. I “Blitz kid” (giovani della classe operaia, studenti, disoccupati, gente che vive di espedienti) originano una sottocultura che ripropone in chiave decadente i fasti della Swinging London. Attorno a loro si forma il solito commercio di abiti in stile, magliette e poster per teenager. E mentre gli stilisti esultano, frotte di dandy annoiati si compiacciono di mimare le pose dei loro nonni.

Steve “Strange” Harrington e` l’animatore di questa Londra neo-futurista. Capeggia con disinvoltura la moda delle mode, raccogliendo nei suoi club (come il Billy’s) la crema dei poseur e dei voyeur. Strange mette insieme due Magazine e due Ultravox (Midge Ure e Billy Curie) e forma i Visage per le piste della sua discoteca futurista. Il sound e` melodico e ballabile, fine e leggiadro (Visage, 1980).

La colonna sonora del nuovo movimento e` una musica assai diversa dal punk-rock, e` visceralmente compromessa con il ballabile elettronico e tecnologicamente frigida, calata in atmosfere opportunamente sterilizzate. La nuova “dolce vita” notturna e` comuque parente assai stretta dei punk di strada. Vi si ritrova la stessa sfiducia nella societa`, lo stesso odio per il conformismo, la stessa certezza di non poter essere altro che maschere. La rabbia punk e` semplicemente degenerata in esorcismo del nuovo mondo. La scenografia ne riproduce l’ambiente, lo popola di mostri senza volto. E la musica li rigenera attraverso un rituale che ha l’unico scopo di mantenerli in vita in quell’ambiente.

La mania elettro-dance e` un modo per darsi un’identita`, per cercare di estrarre dalla crisi qualcosa che valga la pena di viverla. E’ un pretesto per giocare con la crisi, divertirsi con essa, essere orgogliosi di farne parte. Anche questa generazione potra` un giorno parlare dei “bei tempi andati”.

Nei club degli ultra-hip ultra-snob ultra-chic si celebra un rito dagli oscuri contorni psicanalitici, ma che certo segna il riflusso dei punk dalle strade ai night club. Sono Tony Hadley e i suoi Spandau Ballett ad aprire la pista, con To Cut A Long Story Short (1980), Chant N.1 (1981), True (1983): la terza “british invasion” ha inizio proprio da loro. La sequenza degli hit poseur, kitsch e chic di questo movimento comprende poi Guilty (1981) dei Classix Nouveaux di Sal Solo e God’s Kitchen (1982) dei Blancmange.

In questo clima il mestatore recidivo McLaren lancia i Bow Wow Wow che, giunti nel 1981 dall’artigianato dell'”home taping” con il 45 giri C30 C60 C80 Go, dopo un anno di gregariato tribalista alla corte di Adam Ant in qualita` di Ants dilagano con una serie di perverse fantasie sessuali (Louis Quatorze, 1981) che semplicemente sovrappongono i miagolii sessuali della quattordicenne Annabella Lwin a un incessante drumming tribale pan-africano.

In margine a questa folta pattuglia di scalatori di classifiche si possono situare anche i latineggianti del funk: i Modern Romance e la loro disco/salsa/rumba/swing parodistica con tanto di trombe, fischietti e tamburi (Ay Ay Ay Moosey, 1981; Best Years Of Our Life, 1982); i China Crisis e i loro ibridi di bossanova, reggae e afro-funk (African And White, 1982; Working With Fire And Steel, 1983); e gli Haircut 100 di Nick Heyward e le loro fanfare calypso, soul e cha-cha (Favourite Shirts, 1981; Love Plus One, 1982; Fantastic Day, 1982), meglio rappresentate su Pelican West (Arista, 1982). Heyward lascio` il gruppo dopo quell’album per registrare North Of A Miracle (Arista, 1983) e I Love You Avanue (Arista, 1986), una carriera continuata nel decennio successivo con From Monday To Sunday (Epic, 1994) e The Appled Bed (Big Deal, 1998)

In parallelo si sviluppa una corrente piu` matura e creativa di funky bianco, la quale unisce la depressione del dark-punk e le intuizioni del funk-punk. Il genere esce dall’underground quando complessi come i Modern English,

Di questa corrente futurista fanno parte i “punk positivi” dei primi ’80, che ricercano un equilibrio fra maniacalismo e sofisticazione, e che si ritrovano in club di violenza e demonismo esasperati (il Batcave per esempio).

Tali club hanno bisogno di una new wave danzabile e al tempo stesso vogliono conservare i climi suggestivi dei Joy Division. I punk positivi li accontentano con un sound depresso ma piu` melodico del dark, puntellato dai synth e ovviamente molto ritmato. Il termine viene coniato dai Positive Noise nel 1981 e, come sempre in Gran Bretagna, da un pretesto tanto banale si scatena un’ondata inarrestabile di gruppi, generalmente tanto pretenziosi quanto monotoni: i Section 25, i Danse Society di Steve Rowling, piu` intensi e raffinati (Heaven Is Waiting, 1983); gli Ausgang, eredi dei Killing Joke (Solid Glass Spine, 1984; Head On, 1985; Hunt Ya Down, 1985; King Hell, 1986). Gli unici ad ottenere risultati artistici di qualche importanza sono New Order e Shriekback.

La vera grande novita` degli anni ’80 e` il synth-pop, il pop eseguito interamente (melodia, ritmo e arrangiamento) con il sintetizzatore. Ad inventarlo sono stati gli Human League, i Cabaret Voltaire, Gary Numan e gli Orchestral Manouvres In The Dark, portando a compimento le intuizioni di Brian Eno e Ultravox.

Una parte importante l’hanno svolta proprio gli emuli di Numan, i solitari trovatori “disco”, gli artigiani del bricolage elettronico, del “do it yourself”, ingegneri dell’elettro-pop da supermarket fabbricato con apparecchiature domestiche, non solo “one-man band” ma addirittura “one-man orchestra”, che hanno aperto orizzonti sconfinati al genere.

Il capostipite e` Thomas Leer (Monochrome Days, 1979; Don’t, 1981; Letter From America, 1981; All About You, 1982; Soul Gypsy, 1982; International, 1985), seguito da Fad Gadget, ovvero Frank Tovey (Ricky’S Hand, 1980; Collapsing New People, 1984) e soprattutto da Thomas Dolby. Oscillano fra soul e nostalgia, fra funk e cantautorato, dosando l’elettronica e il ritmo e riscoprendo l’importanza del canto melodico. La star di questo techno-pop di classe sara` Howard Jones.

Il synth-pop e` l’applicazione radicale degli insegnamenti di Roxy Music e Ultravox. Il romanticismo, il futurismo e la danzabilita` di quei gruppi vengono esasperati in direzione della discoteca e dell’elettronica da complessi come i Duran Duran e i Depeche Mode.

Nell’era elettronica il duo si qualifica come la formazione ideale. Grazie al sintetizzatore, il duo rappresenta in effetti l’orchestra leggera ridotta al minimo indispensabile: il cantante e l’accompagnamento (elettronico ovviamente). I maestri sono gli Orchestral Manouvres In The Dark, ma quelli che lanciano il fenomeno su scala mondiale sono i Soft Cell, cioe’ Marc Almond, poeta performer cineasta, e il tastierista Dave Ball.

Sulle loro tracce si sono affermati gli Heaven 17. L’altro duo che riscopre il folklore “nero” in ambito elettronico e` quello degli Yazoo (poi Erasure).

Da quelle esperienze traggono profitto gli Eurythmics. I duo di maggior successo della seconda generazione saranno i Pet Shop Boys, i Naked Eyes (Promises Promises, 1983), i Wham di George Michael, con i loro semplici ritornelli (Wake Me Up, 1984; Careless Whisper, 1984; Freedom, 1984; Everything She Wants, 1985), doppiati poi dal successo personale di Michael (I Want Your Sex, 1987; Faith, 1988; Father Figure, 1988; One More Try, 1988);

  • A George Michael web pageQuesti complessi mutano radicalmente le convenzioni del divismo musicale. Se il rock and roll aveva sostituito alla figura del cantante crooner quella del cantante scatenato, se il rock dei ’60 gli aveva anteposto la figura mito del chitarrista, poi esaltata dall’heavy metal, il techo-pop degli ’80 fa scivolare lo scettro del potere verso il tastierista, anche se il carisma rimane sempre al cantante. In ogni caso l’addetto ai sintetizzatori non e` piu` il tecnico accessorio, ma il vero padrone del sound, responsabile di ritmo, arrangiamento e melodia.Un altro gruppo di complessi spinge il genere in direzione del funk, ottenendo una versione molto elettronica del genere da ballo “nero” per eccellenza. I piu` raffinati sono i Thompson Twins e i Tears For Fears.Dietro questi complessi-guida verranno come al solito a centinaia gli imitatori: i Fixx (One Thing Leads To Another, 1983), i Talk Talk, gli oltraggiosi e fatui Frankie Goes To Hollywood, inventati dal produttore Trevor Horn (Relax, 1984; Two Tribes, 1984), i Wang Chung (Everybody Have Fun Tonight, 1986).L’intuizione dei Duran Duran e` fondamentale: l’aspetto visivo conta quanto quello sonoro, il video-clip diventa spesso piu` importante del 45 giri.

     

  • Dead Or Alive discography Il “travestismo” diventa un fattore positivo per attirare l’attenzione dei media e aumentare le vendite. I Culture Club lanciano cosi` anche la moda dei gay dai costumi pittoreschi e degli atteggiamenti provocanti. Si tratta in realta` della la piu` grossa truffa del decennio, una sorta di seconda clamorosa bubblegum, che catapulta in testa alle classifiche i Dead Or Alive di Pete Burns, ex psichedelista di Liverpool ed ora languido sex-symbol, con You Spin Me Around (1985, tipico hit del trio di produttori Stock/Aitken/Waterman), gli elettronici Bronski Beat di Jimmy Somerville, il falsetto piu` noto del decennio (Heatwave, 1984; Smalltown Boy, 1985; Why, 1985), la loro prosecuzione Communards, impegnati in scialbi rifacimenti di classici della disco music.Per l’America questa e` una seconda “british invasion”. Era dai tempi del beat che i complessi inglesi non spadroneggiavano piu` cosi` nella top-forty, ed era dai tempi del beat che la Gran Bretagna non produceva un genere cosi` proprio e cosi` dilagante. La storia mondana delle charts diventa un susseguirsi di nomi sempre piu` bizzarri e di atteggiamenti sempre piu` androgini.Hip-hopLa “disco” britannica sara` sempre poca cosa, piu` legata a fenomeni glam e bubblegum come i Sigue Sigue Sputnik (Love Missile F-11, 1985) di Tony James (ex Generation X).L’hip-hop, praticamente inventato da Pop Muzik di M (Willy Badarou) nel 1979, si esprimera` soprattutto con i Colourbox (Breakdown, 1983; Maniac, 1984), ovvero Martyn e Steven Young (gli stessi dei M/A/R/S/S di Pump Up The Volume, grande successo del 1987), e con l’hip-hop pan-etnico di sua maesta` Malcom McLaren in persona (Buffalo Gals, 1983).

    I maggiori rappresentanti dell’hip-hop strumentale saranno gli Art Of Noise, un ensemble di session-man i cui audio-collage accumulano reperti di musica concreta, cori a cappella, twang chitarristici e soundtrack da spaghetti western (Beatbox, 1983;Close, 1984; Legs, 1985).

    L’ultima moda delle discoteche britanniche sara` l'”acid house” inventata per caso (e per sbaglio, non sapendo che “acid” a Chicago significa semplicemente “sampling” e non ha nulla a che vedere con l'”acido”) dagli Psychic TV e presto adottata anche da formazioni prestigiose come A Certain Ratio, That Petrol Emotion, Stone Roses e Shamen. L’acid house e` praticata in locali londinesi come Love, Shoon e Trap da giovani dediti alla droga “ecstasy”, una variante dell’LSD.


    La no wave

    New York smaltisce in fretta la sbornia del 1976: poeti maledetti, punk adolescenti, travestiti incalliti e maniaci recidivi formano ormai un bestiario patetico di istrioni in declino, molti gia` dimenticati dai fan o ritiratisi a vita privata. Ma i sotterranei della metropoli brulicano di artisti vivaci, di personalita` originali, trasgressive e insofferenti. Le avanguardie degli anni ’60, dalla pop art al free jazz, hanno generato una tradizione di continuo rinnovamento, di perenne critica e rifiuto.Artisti di tutti i generi si radunano in posti come il Kitchen e il Public Access Synthetizer Studio, dove eseguono le loro performance visive o musicali. Nella mischia ci sono gli sperimentatori inglesi, da Robert Fripp a Fred Frith, e i minimalisti, da Philip Glass a Steve Reich, artisti totali come Laurie Anderson e Bob Wilson, nonche’ cineasti e jazzisti. La Manhattan che ha cullato la new wave assiste alla crescita di una nuova generazione di artisti, piu` consapevoli ed emancipati.

    E’ Brian Eno a scoprire, con No New York (Antilles, 1978), la New York “negativa” i cui esponeti sono un manipolo di giovani musicisti che hanno in comune uno stile paranoico e nevrastenico. La loro musica e` una sorta di anti-musica che rimette in discussione tutte le consuetudini del brano rock, dalla durata al ritmo, dalla strumentazione al canto. Il suono e` iper-sconclusionato, gli strumenti iper-irritanti, il canto iper-nevrotico, i testi iper-realisti.

    La “no wave” reagisce a tante convenzioni dottrinarie del rock, e non ultimo anche al punk, che si stava rapidamente istituzionalizzando. La foga e la concisione punk vengono estremizzati e trasferiti all’atonalita`, che mai aveva goduto cosi` sfacciatamente dei favori di una corrente rock. La tendenza allo sfascio diventa qualcosa di piu` sottile e perverso: una distruzione metodica dei modi civili attraverso una efferata tortura che smonti pezzo a pezzo l’organismo nocivo. E analogamente lo schifo nichilista dei punk viene spinto agli estremi della psicopatia, al rifiuto delle qualita` umane.

    Il tema comune e` la solitudine, l’incomunicabilita`: il silenzio dell’io nel frastuono della metropoli. O il frastuono dell’io nel silenzio della metropoli.

    I leader del movimento, i musicisti negativi per eccellenza, sono Lydia Lunch, Arto Lindsay, Robin Lee Crutchfield, i Mars. Dalle loro brevi ma intense esperienze prende l’avvio l’intera no wave.

    Il riflusso dalla musica pubblica di Woodstock verso il privato approda alle dimensioni della cameretta buia di Manhattan, dove si svolgono rituali atroci di auto-flagellazione morale. La no wave e` un catalogo delle depressioni e delle frustrazioni dell’individuo, e dell’ adolescente in particolare, un quadro agghiacciante dei mostri che vengono allevati nella megalopoli del Duemila. La no wave e`, in sostanza, depressione d’autore.

    Il fermento invece di placarsi, come vorrebbero le sue premesse misantrope, si dilata a dismisura, finendo per coinvolgere anche aspiranti jazzisti, che contagiano il genere da club per eccellenza con la stessa angoscia anemica e negativa della no wave. In breve i profughi di Canterbury (Allen, Cutler, Cooper, Frith) invadono New York e si mescolano ai personaggi che calcano da anni le scene dell’avanguardia, dando origine a un “no-progressive” altrettanto “devoluto”. I Muffins, John Lurie, Anton Fier e Bill Laswell ne sono i capostipiti. Sul loro esempio spunteranno negli anni seguenti decine di gruppi coraggiosi che si ispireranno al jazz-rock di Miles Davis e al sound di Canterbury: gli Orthotonics i V-Effect; i Fish And Roses; i Dr Nerve; gli However; i Cartoon, che fondono musica classica e jazz in una maniera simile a quella dei Colosseum; i californiani Djam Karet; i canadesi Miriodor; i californiani ID Group, che su Cracked World (ID, 1989) eseguono un dance-rock alla Wall Of Voodoo con dissonanze “beefheartiane”, bandismi “zappiani” e filastrocche alla XTC; il trio jazz-rock degli Oil Tasters (Thermidor, 1982); i Paranoise (discendenti dei Noise R Us), che su Constant Fear (Antilles, 1989) eseguono piece di “heavy rap” con un cast strepitoso di vecchie glorie del jazz (da Luther Thomas a Gary Windo, da Melvin Gibbs a Don Cherry). Frith fonda anche un’etichetta apposita, la Rift, per promuovere i suoi pupilli.

    Gli intellettuali di Canterbury (Allen, Cutler, Cooper, Frith) che si sono trapiantati a New York hanno involontariamente dato origine a un forte e folto movimento neo-progressive. I complessi capostipiti sono i Material di Bill Laswell. Sulla loro falsariga si sono formati diversi gruppi, come i Dr Nerve, i V-Effect, i Love Child, gli Ordinaires e i Forever Einstein, formazioni insolite che puntano ad esplorare sonorita` jazz-rock ed elettroniche attraverso brani lunghi e complessi.

    I Love Child misero in luce la personalita` del chitarrista Alan Licht, uno dei massimi geni dello strumento.

    La scuola che si rivelera` piu` influente (e forse anche la piu` artisticamente valida) e` quella di Washington, dove furono attivi i Muffins, i Grits e gli Happy The Man.

    Alcune case discografiche indipendenti diventano i mecenati del movimento: a cominciare e` la Rift, ma poi la Cuneiform di Steve Feigenbaum (nel Maryland) ha il merito di resuscitare molti dei classici del genere, e la californiana Syn-Phonic (fondata nel 1989 da Greg Walker) ristampa persino classici oscuri degli anni ’70 come Stained Glass Stories dei Cathedral, For You The Old Women dei Mirthrandir, Out Of The Abyss dei Pentwater (una raccolta di inediti). ZNR, Kinesis, For Art Sake sono alcune delle case discografiche che nascono per fornire al nascente movimento il supporto discografico di cui abbisogna. A beneficiare del revival e` soprattutto Kit Watkins, che fu leader degli Happy The Man.

    Sempre a New York, nel 1978 i Zenith Effluvium incisero Almost Made In The USA (Separate), una “tragedia rock” la cui trama rimane piuttosto criptica ma che musicalmente fonde “kosmische musik”, Canterbury sound e acidrock.

    Fu quello comunque l’inizio. Dietro di loro vennero i Cartoon (oggi PFS) e i canadesi Miriodor. In margine a questo movimento si situano i gruppi di Erik Lindgren, i Birdsongs Of The Mesozoic e gli Space Negros, attivi a Boston.

    Poi venne riscoperto anche il rock sinfonico degli anni ’70 (Yes, Gentle Giant, King Crimson, Genesis), per lo piu` da parte di gruppi che fanno capo alla Syn-Phonic. Di questi i migliori sono gli Yezda Urfa, il cui secondo album Sacred Baboon del 1975 e` uno dei “neo-classici” del genere.

    All’avanguardia negativa sono legati anche gli strumentisti virtuosi, che si cimentano in prove soliste di carattere prettamente sperimentale. I piu` attivi sono i chitarristi, in special modo Jody Harris, Robert Quine e Adrian Belew.

    La no wave e i suoi dintorni segnano uno stimolante contatto fra il rock e i generi piu` colti (jazz, avanguardia) da un lato, e fra il rock e i generi piu` incolti (kitsch e disco) dall’altro. L’ultra-fusion che si profila all’ orizzonte e` la meta perseguita fin dai primordi dai musicisti rock piu` geniali. Musica aperta a tutte le esperienze, la no wave continua la tradizione dell’underground.


    La minimal wave

    Il rock minimalistaNel 1980 esplode la “minimal wave”, un’altra moda snob degli ambienti intellettuali di New York. L’avanguardia minimalista, nella persona di Philip Glass, si accosta al rock e ispira un gruppo di giovani musicisti, fra cui i Model Citizen e i Polyrock. La loro musica e` brillante, ipnotica e vagamente ripetitiva. Nello stesso periodo dalla scuola di Glen Branca escono i Theoretical Girls, con Jeff Lohn alle tastiere e Branca stesso al basso (U.S. Millie, uscito nel settembre del 1978, e` un marziale crescendo corale che prelude a tutti gli efferati estremismi della scuola), seguiti da Sonic Youth e Y Pants.

    Un altro prestigioso esponente dell’avanguardia, Elliott Sharp, suona (sassofono, tastiere e chitarra) negli Hi Sheriffs Of Blue di Mark Dagley (canto e chitarra). Sono in sette e su Hi Sheriffs Of Blue (Jimbocco, 1982) producono blues “beefheartiani” (19-80-Now) e voodoobilly marziali (Pentagon), ma eccellono soprattutto in 12 Gates, simile alle trance “acide” dei Television, ma a ritmo reggae, con coretti alla B52s e stacchetti rhythm and blues di sassofono. (Senza Sharp il quintetto di Dagley e` titolare anche di Cold Chills, un blues ad altissimo concentrato di eroina).

    Il minimal rock e` una moda sterile che soltanto in qualche caso da` risultati duraturi, ma l’influenza del minimalismo sulla musica rock rimarra` anche dopo che la moda sara` passata.

    All’avanguardia si ispirano anche i cacofonisti, ma il loro suono parte dalla disgregazione dada, dal furore futurista e dalle perversioni della musica industriale, per approdare a una anarchia selvaggia in cui l’unica regola e` l’immaginazione. Gli Half Japanese ne sono i piu` tipici rappresentanti.

    Da loro discendono gli ensemble neo-progressive post-modernisti che si dedicano a un genere di rock strumentale con allusioni alla musica classica fauve, al jazz-rock europeo, alle atmosfere dei caffe` parigini, agli ambientali inglesi e ai cosmici tedeschi: i Birdsongs Of The Mesozoic e gli Ordinaires.

    Il depressionismo

    I nuovi radicali della musica rock, gli eredi dell’estremismo punk e dello spleen decadente, sono anch’ essi basati a New York e riflettono il nuovo umore della popolazione giovanile americana.

    Presa a sandwich fra la morte degli ideali e la crisi economica, questa generazione non solo ha perso ogni fiducia nell’avvenire (a differenza degli hippie) ma addirittura ogni stimolo a protestare (a differenza dei punk, che almeno questo lo sapevano ancora fare). E’ una generazione che muore di inedia, conscia della propria impotenza, perennemente annoiata e disgustata dalla realta`, indifferente alle sorti della societa`, cinicamente avvinta alla propria mediocre quotidianeita`.

    Il nuovo decennio si apre nelle grandi citta`, e a New York in particolare, alla luce di una profonda crisi sociale. Il Natale del 1982 e` il piu` triste degli ultimi cinquant’anni. Una serie di governi incapaci ha ridotto l’America sul lastrico, esasperando le differenze di classe. Tornano a ripetersi spettacoli d’altri tempi: le code agli uffici di collocamento e ai centri di distribuzione gratuita dei pasti, le bidonville nei ghetti (tre milioni di senza tetto abitano le nuove Hoovervilles, gia` ribattezzate “Reaganis ranches”). Ma si assiste anche al boom delle auto di grossa cilindrata per il ceto abbiente, e questo da` la misura di cosa cambi rispetto alla Depressione degli anni ’20.

    Nonostante le similitudini con il passato, per almeno tre ragioni di fondo l’idealismo degli anni ’60 non si ripete.

    Prima di tutto c’e` una ragione psicologica. Il boom economico post-1945 fu cosi` prolungato che l’idealismo si auto-alimento` fino all’esasperazione, a quegli stati di fanatismo puro che si concretizzarono nei movimenti riformisti degli anni ’60. La recessione degli anni ’70 che pone termine di colpo a quel boom fa anche sembrare del tutto ingiustificato ed obsoleto quell’idealismo.

    In secondo luogo rispetto alla Depressione degli anni ’30 la nuova Recessione ha interessato soltanto alcune classi sociali. L’alta tecnologia (l'”high tech”) per esempio ne e` rimasta del tutto indenne, anzi proprio in questo periodo si sono sviluppati i fenomeni della “Silicon Valley” in California e della “Technology Highway” in Massachussetts. I giovani pertanto non possono piu` sperare di estendere le loro rivendicazioni a tutto un sistema e costruire cosi` modelli universali di idealismo.

    Infine la societa` post-capitalista e` una societa` fortemente competitiva, che mette i giovani in concorrenza l’uno con l’altro. I campus universitari si trasformano in palestre di business evoluto, piuttoso che in centri di addestramento di sovversivi (tipico l’esempio di Berkeley in California, un tempo glorioso campo di battaglia, ora celebre per il sistema operativo Unix). In questa dura lotta quotidiana il primo a soccombere e` l’idealismo.

    I giovani degli ’80 sono inoltre molto sospettosi nei confronti dell’ idealismo, avendo imparato che gran parte dei guru e dei martiri del passato avevano sfruttato le masse per secondi fini non proprio umanitari. Sono coscienti del fatto che spesso il totalitarismo prende le mosse dall’estremismo dei fanatici, e in particolare dall’entusiasmo delle giovani generazioni. Il Vietnam e Cuba, due cavalli di battaglia dei pacifisti dei ’60, hanno insegnato.

    Il declino degli ideali (il cosiddetto “realignment”) si rispecchia nel prepotente ritorno del mito del self-made man, aggiornato all’era del computer. I nuovi idoli degli studenti sono Steve Jobs, l’ex-hippie che fondo` la Apple, e i tanti “software wizard” arricchitisi con la programazione dei computer.

    Non c’e` piu` la rabbia degli anni ’60, e neppure l’umore del riflusso. Il grande boom della tecnologia ha operato uno “shift” nel “sogno” degli adolescenti: non piu` costruire un mondo migliore nel senso di “pace e amore”, ma costruire un mondo migliore nel senso di “servizi e automazione”. La grande disponibilita` di posti in questo settore spinge masse sempre piu` consistenti di giovani ad abbracciare la carriera tecnica, relegando in second’ordine i tradizionali serbatoi intellettuali delle facolta` umanistiche. A contatto con il mondo dinamico e reale dell’industria e del business i giovani perdono ogni stimolo ad affrontare gli argomenti vaghi e ipotetici della politica e della filosofia che furono alla base degli anni ’60 (ovvero del “Sessantotto” europeo).

    Un fenomeno parallelo e complementare e` quello degli “yuppies” (“young urban professional”), tipico della generazione dei “baby boomer”.

    I baby boomer sono gli americani nati durante il boom demografico del periodo a cavallo fra gli anni ’50 e gli anni ’60. In quegli anni il numero delle nascite tocco` punte record (nel solo 1957 vennero alla luce piu` di 4 milioni di bambini). Quella massa rappresenta oggi una grossa percentuale della popolazione attiva, tale da determinare le sorti politiche della nazione. Sono i baby boomers i portavoce del “realignment”, sono loro gli “yuppies”. Si tratta di una generazione non conflittuale nei confronti della realta` sociale, ma desiderosa invece di integrarvisi il piu` rapidamente possibile. Dimostrano maggior rispetto per la famiglia e la religione, sono ansiosi di guadagnare molto denaro e molto in fretta. L’unica differenza sostanziale rispetto agli standard dei loro genitori e` che sono molto piu` sensibili alla qualita` della vita. Il week-end e` sacro e, pur non arrivando al concetto europeo di “ferie”, il tempo libero e` diventato prezioso. La salute fisica viene subito dopo: dal jogging all’aerobica, dai cibi naturali alle vitamine. La BMW e` il loro status symbol preferito. E’ con loro che il compact disc, dal suono impeccabile, soppianta definitivamente il disco di vinile, imperfetto e deteriorabile. La politica e` un fatto marginale: l’importante e` avere un “capo” che dia garanzie di sicurezza, e Reagan, che nel giro di pochi anni e` riuscito a rilanciare l’economia e a risollevare il prestigio internazionale della Nazione, lo e`. In questo scenario di crollo istituzionale dei valori il clima della metropoli si va facendo sempre piu` cupo e minaccioso. Fra le macerie della civilta` del benessere si aggirano esseri motivati unicamente dal materialismo piu` bieco.

    A beneficiarne e` la cultura della droga, ma una cultura che ha sembianze ben diverse da quelle ipotizzate dai guru degli anni ’60. La droga e` diventata un grande business multi-nazionale che fa vittime su grande scala. Attorno a questo business vegeta un milieu dei bassifondi caratterizzato da una violenza estrema e da una dissoluzione totale dei valori morali. A gestire il traffico di narcotici sono le efferate gang organizzate che hanno preso il posto della Mafia: i “cartel” dei colombiani, le “triad” e le “tong” degli orientali, le “posse” dei giamaicani, i “dixie” della Georgia e i “Miami boys” della Florida.

    L’altra grande dominante dell’era e` il sesso, mai cosi` analizzato, diagnosticato, prescritto e persino pubblicizzato. Il 40% delle ragazze al di sotto dei vent’anni ha gia` avuto almeno un aborto, e una percentuale agghiacciante di esse e` gia` madre. E’ soltanto un indice della precocita` di questa generazione, a cui i Sixties hanno spalancato porte che erano rimaste sbarrate per secoli. Anche qui il materialismo spinge i giovani alla ricerca del piacere fine a se stesso, e pertanto incentiva gli eccessi. Non e` un caso che tanta arte “colta” (vedi i romanzi di John Barth) recuperi l’iconografia porno.

    Dulcis in fundo, giunge la pestilenza del secolo, ovvero l’AIDS, a mietere migliaia di vittime, presentandosi come una specie di castigo divino contro la licenziosita` dei costumi moderni.

    Il materialismo delle masse non puo` che “deprimere” gli intellettuali superstiti, non piu` perseguitati dal Sistema, non piu` traditi dal Movement, ma semplicemente ignorati, abbandonati al loro destino di cani randagi, con il terrore di essere ormai obsoleti in una civilta` che al dibattito ha sostituito la fruizione passiva dei media, al commento critico l'”advertising” (la pubblicita`). L’era dell’informazione li ha privati di senso, e adesso devono ricostruirsi una personalita`. Nel frattempo subiscono confusi ed inermi come bambini sperduti il caos travolgente della nuova trasformazione sociale. Con loro si entra nell’era del “depressionismo”, basato sulla consapevolezza del cataclisma incombente e sulla passiva accettazione di esso. Atmosfere torbide e allucinate, testi suicidi, incomunicabilita`, nevrosi della solitudine, un panorama di catacombe metropolitane sono i temi preferiti dai nuovi intellettuali. Per i musicisti rock cio` significa abbassare ulteriormente il grado di eccitazione prodotto dal rock.

    Il tetro corteo si apre con i Circus Mort e gli Swans di Mike Gira. Dallo stesso ambiente provengono i Certain General, le UT, Gli Ike Yard di A Fact A Second (Factory, 1982) sono gli zombie metropolitani per eccellenza.

    Dopo di loro verranno altri complessi intenti a definire la semantica del termine “post-punk”: Live Skull, Das Damen, Dinosaur, Hugo Largo, Honeymoon Killers, Band Of Susans, Pussy Galore.

    A New York: Controlled Bleeding, Pianosaurus, Agitpop.

     

    A Boston: Roger Miller, Birdsongs

    A Hoboken: Gut Bank


    Il revival psichedelico

    Il fenomeno di revival iniziato con l’umanesimo new wave (e prima ancora con l'”American graffiti”) si trascina per tutto il decennio, approfondendo di volta in volta qualche aspetto diverso della civilta` dei Sixties. Lo stile piu` citato e imitato e` quello delle garage band dell’era psichedelica, che conta filologi appassionati fin dai tempi dei Cramps. Non appena il grande rigoglio creativo della new wave entrera` in una fase di stanca, sara` proprio il revival psichedelico a prendere il sopravvento. Come sempre nei momenti di crisi creativa, il rock ripieghera` su se stesso.I piu` grandi anticipatori della moda, con DB’s e Fleshtones, erano stati i complessi di Jeff Conolly, prima i DMZ e poi i Lyres. Grazie a precursori come questi New York fu teatro di un lento ma costante crescendo di act neo-psichedelici. Per alcuni anni essi sarebbero rimasti relegati nella leggenda, e brani maniacali come Hey Mister (1978) dei Distorted Levels avrebbero infiammato serate per pochi adepti. Il repertorio di quei gruppi era composto quasi interamente di oscuri brani degli anni ’60, rifatti con la foga del punk rock. Soltanto grazie all’esplosione della psichedelia californiana, ovvero nel 1984, i complessi “acidi” avrebbero ottenuto l’attenzione dei discografici.

    Ad iniziare la restaurazione fu proprio il complesso di un ex Distorted Level, i Chesterfield Kings di Greg Prevost.

    I Plan 9 furono i migliori dei neo-psichedelici oleografici.

    Il sound aspro degli Outta Place coagulava attorno al rantolo ubriaco e primitivo di Mike Chandler, il vocalist piu` acido del movimento. We’re Outta Place (Midnight, 1984).

    I Vipers

    I piu` assatanati erano i Fuzztones di Link Protrudi. Nella generazione successiva si contano i Tryfles di Your Lies (1985) e i Cheepskates di Run Better Run (1984), destinati a diventare una delle formazioni di punta del nuovo pop melodico.

    Protrudi, Prevost, Stumpo, Chandler sono i monaci amanuensi che salvano dall’oblio i documenti della civilta` dei “garage”. Le loro fedeli trascrizioni tramandano ai posteri quell’universo pittoresco di Farfisa, Vox, Rickenbecker, capigliature a caschetto e camicette surreali, quel repertorio confuso, approssimativo e naif di canzoni che non entrarono mai nelle classifiche di vendita, anzi talvolta non entrarono neppure in sala d’incisione. Il merito piu` grande di questi nobili ricercatori e` senz’altro quello di aver fatto rivalutare complessi come Standells, Chocolate Watchband, Music Machine, Count Five, Kenny And The Kasuals, Sonics e cosi` via, passati quasi tutti inosservati ai tempi loro. L’effettivo valore artistico del movimento e` invece assai basso, non essendo andato mai oltre l’imitazione. Si ripeteranno, infatti, fino alla nausea, anche quando il revival psichedelico sara` diventato una moda di portata nazionale. Ad ucciderli sara` il trucco stesso che avevano scoperto: bastava suonare quei brani cosi` com’erano stati concepiti negli anni ’60, senza la minima variazione, per mandare in visibilio i ragazzini degli anni ’80.

    Ben piu` valida fu l’opera dei complessi che si ispiravano alla psichedelia ma senza tracopiarla pedestremente. I New Math incrociavano i ritmi ponderosi del dark punk con un organo pulsante e liriche orrifiche, in uno stile non dissimile da quello di Roky Erickson; InvocationThey Walk Among You sull’Ep They Walk Among Us (415, 1982). Due dei gruppi fondamentali per lo sviluppo della psichedelia californiana furono i Plasticland (Wisconsin) e i Wipers (Oregon).

    Sulla Costa dell’Ovest il contagio punk non resiste a lungo alle seduzioni del clima sociale, da sempre il piu` rilassato e qualunquista della Nazione. Il furore iconoclasta si placa piano piano in un “progressive-punk” di cui diventano protagonisti gruppi piu` ispirati dai Love che dai Ramones.

    La psichedelia alla Doors, re-introdotta in maniera perentoria dagli X, quella dei Velvet Underground, adattata dai Television agli umori del punk, e quella dei garage, che ha avuto nei Fleshtones i primi messia, prendono poco a poco piede all’interno del movimento hardcore. Vengono cosi` alla luce i gruppi piu` geniali dei primi anni ’80, come i Dream Syndicate, via via meno violenti e piu` psichedelici. Il furore originale si spegne e lascia il posto a un sound piu` ragionato, modellato sui classici del passato. Lo scopo rimane la rappresentazione della turpitudine metropolitana, ma il mezzo diventa una nausea sottile e perversa. Dopo anni di rigida ortodossia punk-rock si tentano aperture audaci, fusion acrobatiche, sapori piu` raffinati.

    A Los Angeles la tradizione del suono dei Sixties era stata tenuta viva sul Sunset Strip per tutti gli anni ’70 da complessi amatoriali come i Droogs, che riciclavano il materiale di Sonics, Standells, Shadows Of Knight e Seeds, e poi dal power-pop di Last e Beat. Nel 1983, forse anche come reazione all’esplosione del beach punk avvenuta l’anno prima, questa scena balzo` prepotentemente alla ribalta, promossa da animatori come Greg Shaw, titolare della Voxx, e presto identificata come un vero e proprio movimento a se stante. Mike Quercio la battezzo` “Paisley Underground” e quella sigla venne un po’ a rappresentare lo stato d’animo positivo e ottimista, opposto a quello punk. Quanto fosse fumosa e limitata quell’ideologia di arte/vita lo dimostrarono le infinite ripetizioni dei loro dischi.

    L’inizio fu piu` che altro filologico, alla Chesterfield Kings e alla Plasticland, come nel caso degli Unclaimed (Hysteria, 1983) di Shelley Ganz (che nel 1980 comprendevano ancora Sid Griffin, al cui talento si deve Deposition Central), dediti al garage-rock di Count Five, Syndicate Of Sound, Chocolate Watchband e Music Machine (Lost Trails, 1983).

    A lanciare la ventata creativa, piegando gli umori entusiasti dei Sixties al pessimismo dell’era moderna, furono i Green On Red. Sotto la spinta delle bande del rinnovamento, dagli X ai Gun Club, la truppa si fece subito folta e smaliziata, e il ricupero da atmosferico ed amatoriale divenne professionale ed oleografico.

    Del manierismo furono fautori i complessi piu` orecchiabili e formali, che si rifacevano pedestremente allo spirito del flower-power, con un sound centrato su armonie vocali eteree, intrecci chitarristici cristallini e tastiere “spaziali”, come i Three O’Clock, i Rain Parade e i Game Theory.

    Il folk-rock trovo` i suoi eroi suadenti in gruppi come le Bangles o i Things, che furono i maggiori discepoli dei Love di Forever Changes (Coloured Heaven, 1984), o ancora gli Steppes.

    A contare il maggior numero di seguaci fu il garage-rock dei complessi piu` ruvidi, come gli Yard Trauma, i piu` angosciosi Fourgiven, nati dallo scisma degli Unclaimed (Smile No More, 1985; She Shines, 1987; When The Devil Drives, 1989, alla Gun Club); le maschie Pandoras.

    I gruppi di San Diego si caratterizzarono per una maggiore propensione al rhythm and blues e al tex-mex, sulle tracce di Yardbirds, Pretty Things, Rolling Stones ma soprattutto di Doug Sahm: i Gravedigger V del teppista recidivo (e cantante piscotico come pochi) Leighton Koizumi, autori di All Black And Hairy (Voxx, 1984), traformati poi in Morlocks a partire da Emerge (Midnight, 1985), con un sound ancor piu` ibrido e uno spirito ancor piu` ribelle (Black Box, 1988; She’s My Fix, 1988), in particolare su Submerged Alive (Epitaph, 1988). Leighton Koizumi’s first solo, When The Night Falls (V2, 2004), is a nostalgic tribute to his past.

    e i Tell Tale Hearts di Ray Brandes (canto), Bill Calhoun (organo) e Eric Bacher (chitarra-monstre fra le piu` sfavillanti del genere), nei cui rave-up rivive il beat dei primi Animals (Crawling Back To Me, 1984) e quello della scuola texana (It’s You, 1985;Promise, 1987). Tell Tale Hearts (Voxx, 1984)

    Il limite di questo sotto-genere sono le armonie perverse e devastanti alla Stooges, che infatti ispirarono gli SS20 di Madeleine Ridley (Dream Life, 1986; Son Of Fantasy, 1988); i Naked Prey del batterista Van Christian, i piu` “heavy” del lotto.

    L’acid-rock, resuscitato da Meat Puppets e True West, sfocio` invece in una nuova forma di rock progressivo, assai piu` maturo del Paisley originale, con complessi come Opal, Thin White Rope e Electric Peace.

    In breve il revival psichedelico dilago` per tutta l’America, e si contarono a decine i gruppi come gli Original Sins di Philadelphia; gli infuocati Miracle Workers di Portland; i Cynics di Pittsburg; i Gruesomes di Montreal, destinati a rilevare la corona dei revivalisti grazie a una serie di classici animaleschi (For All I Care, 1985; Bikers From Hell, 1986; Way Down Below, 1987; Your Lies, 1988); Tyrants Of Teen Trash (OG, 1986)

    Fenomeno tutto sommato deteriore, di reazione al punk, la moda californiana del revival psichedelico consenti` a diversi mediocri musicisti di ottenere un contratto discografico, capovolgendo le sorti (e in un certo senso vendicando) dei loro eroi degli anni ’60 (ottimi musicisti che spesso ebbero difficolta` a registrare le loro canzoni).

    Il revival psichedelico fu se non altro utile a definire una nuova forma di canzone progressiva che si rifa` al power-rock ma con arrangiamenti ritmici e chitarristici assai elaborati e frequenti influssi anche del “grass-roots” revival.

    Da sempre il rock psichedelico presenta due facce: quella “pop”, dei gruppi che fanno canzoni melodiche arrangiate in maniera eccentrica (e allora la psichedelia si riduce di fatto a una forma di novelty) e quella sperimentale, dei gruppi che vanno oltre le convenzioni della canzone lasciandosi trasportare dall’ispirazione psichedelica, fino a lambire una versione sonora della “scrittura automatica” dei surrealisti. Il movimento psichedelico degli anni Ottanta si e` nettamente diviso in queste due componenti: i primi sono confluiti nel powerpop; i secondi hanno continuato imperterriti nei loro tentativi titanici di trascendere il genere e mettere in note il sublime.

    Il caso peggiore e` quello di New York. Dalla New York pedissequamente neo-psichedelica dei Chesterfield Kings (Greg Prevost), dei Fuzztones (Rudi Protrudi), dei Cheepskates (Shane Faubert), le cui mediocri (e sempre piu` rare) prove hanno continuato a ripetere stancamente un ritornello che non era mai stato particolarmente significativo, non e` rimasto molto. New York e` proprio la citta` in cui la schizofrenia del rock psichedelico ha fatto piu` vittime. In molti ambienti i gruppi neo-psichedelici “dovevano” suonare soltanto cover: qualunque composizione piu` recente del 1966 era automaticamente anatema. Il risultato fu che il talento (se c’era) venne disperso in copie calligrafiche degli originali che oggi (tanto le copie quanto gli originali) suonano semplicemente banali e stucchevoli.

    Il caso migliore e` quello della California, in cui invece la tradizione, risalente agli anni gloriosi dell’acidrock, e` esattamente opposta: non si tratta di replicare all’infinito i codici semiotici di un genere, ma di ampliare le coscienze tramite la musica; e tutto vale.

    In California piu` che il garage-revival dei Droogs o la psichedelia barocca del Paisley Underground, ha fatto scuola il folkrock psichedelico dei Green On Red e dei Dream Syndicate, come nei Fool Killers (i resti dei True West: Gavin Blair e Richard McGrath).

    Altrettanto mediocri sono tutto sommato Naked Prey (nati da una costola dei Green On Red e sempre rimasti stilisticamente nella loro ombra) e Yard Trauma (peraltro fra i piu` originali “revivalisti” del garage-rock).

    I Jet Black Berries sono semplicemente il nuovo nome dei New Math, affogati in un mediocre cowpunk “acido” alla Green On Red.


    Il grass-roots movement

    Agli estremi del riflusso punk si pongono i complessi che affiancano la natura ribelle e violenta dell’hardcore alla struttura delle musiche popolari. I piu` originali e i precursori sono i Gun Club e i Violent Femmes, che proseguono idealmente le intuizioni rispettivamente di Flesh Eaters e Blasters.Una scuola a parte e` quella che si ispira esplicitamente al country. Fra i primi a convertirsi sono i Rank And File in Texas.

    I piu` originali di questo movimento sono i Meat Puppets. All’altro estremo si situano invece i cow-punk selvaggi e blasfemi, primi e maggiori i Long Ryders (Kentucky), Jason And The Scorchers (Tennessee), i Blood On The Saddle e i Tex And The Horseheads.

    Alla fine del 1984 il genere e` gia` cosi` popolare che i gruppi di country-punk spuntano a ripetizione: i Beat Farmers di San Diego, i Lone Justice, i Cruzados di Tito Larriva (ex Plugz), dediti a un rock melodico con inflessioni blues, texmex e folkrock (Young And On Fire, 1987); gli Unforgiven (I Hear The Call, 1986) con ben quattro chitarre, pose truci da Frontiera e un ricorso esagerato a marce e fanfare; i Rave-ups di Jimmer Podrasky, influenzati dal country-pop di Nashville (Positively Lost Me, 1985); i Giant Sand in Arizona;

    Altri, soprattutto all’Est, adottano stilemi piu` sperimentali. E’ il caso dei Rubber Rodeo di Bob Holmes, provenienti dal Rhode Island, che mescolano bluegrass e avanguardia, ovvero fiddle e sintetizzatore (How The West Was Won, 1982; Hardest Thing, 1984; Heartbreak Highway, 1986); e dei Silos di New York.

    Ormai si tratta di uno dei tanti effetti dell’epidemia patriottica seguita all’avvento di Ronald Reagan, il presidente conservatore e puritano. La riscoperta delle radici della musica americana assurge a contromisura per arginare i gruppi di classifica inglesi che spopolano nelle discoteche dei giovani degenerati.

    L’ultimo atto del rinascimento della Provincia americana e` quello dei complessi che, sulla spinta dei Blasters e degli REM, ritornano alle “radici” del rock, e inevitabilmente riscoprono cosi` il piccolo mondo proletario della “country town”. Sono gruppi dal sound duro e rotondo, cresciuti ad ascoltare jam di southern-rock o di country-rock. La moda esplode nel 1984, non a caso l’anno in cui Mellencamp e Springsteen diventano idoli nazionali.

    I newyorkesi Del-Lords dell’ex Dictator Scott Kempner sono i piu` vicini al populismo dei Blasters, grazie soprattutto alle liriche piu` raffinate del lotto e a un sound che ammorbidisce il rock and roll nei toni del MOR (l’hit Burning In The Flame Of Love, la ballata alla Parsons Feel Like Going Home e il proclama Get Tough sul debutto del 1984) ed e` reminescente delle “radici” (l’anthem Heaven e lo strumentale alla Link Wray Drug Deal sul secondo del 1986), senza disdegnare un sound piu` “hard” (The Cool And The Crazy, 1988, e Cheyenne, 1988).

    I Los Lobos (quattro trentenni chicani e un sassofonista ebreo) sono discepoli di Ritchie Valens che riciclano una esuberante miscela di rockabilly, rhythm and blues e texmex da garage-band, alternando duetti di fisarmonica e bajo sexto a scatenate scorribande chitarristiche (la polka Let’s Say Goodbye, 1983; la ballad Will The Wolf Survive, 1984; il blues Don’t Worry Baby, 1984; l’indiavolato shuffle Shakin’ Shakin’ Shakes, 1987), sempre fedeli a un loro caustico, fatalista e nostalgico melodramma sociale (“life is a fight and then you die”, dice Don’t Worry).

    I bostoniani Del Fuegos di Dan Zanes sono i maggiori esponenti del blues-rock alla Stones, via la J.Geils Band e i Mink Deville, con Call My Name (1984), Don’t Run Wild (1985), I Can’t Take This Place (1987), Move With Me Sister (1989), via via meno “garage” e piu` raffinati. A un rhythm and blues piu` viscerale si da` invece il concittadino Barrence Whitfield.

    A un rhythm and blues piu` viscerale si da` invece il concittadino Barrence Whitfield (Bip Bop Bip, 1984; Juicy Fruit, 1985). Barrence Whitfield And The Savages (Mamou, 1984) Dig Yourself (Rounder, 1985) Ow Ow Ow (Rounder, 1987) Let’s Lose It(New Rose, 1990) Ritual Of The Savages (Ocean Music, 1995)

    I Men And Volts sono un combo piu` eclettico, che si ispira a Beefheart e a Waits per un rhtyhm and blues fiatistico non solo sgangherato ma anche offensivo (Rotten Truth, 1982; Pickwick Papers, 1983) che col tempo si evolvera` un un country-blues degno della Band e dei Grateful Dead.

    Fra discepoli dei Violent Femmes (i Tetes Noires (Rapunzel, 1983) di Minneapolis), dei Blasters (gli EIEIO del Wisconsin) del rockabilly piu` melodico (gli Elvis Brothers dell’Illinois, emuli degli Stray Cats in Fire In The City, 1983, e del power-rock inBurnin’ Desire, 1985, quelli di Moving Up (Portrait, 1983), degli REM (i Miracle Legion del Connecticut, titolari di Backyard, 1987), delle bar band (i Royal Court Of China di Nashville), dei Cramps (lo “psychobilly” dei Gibson Brothers, tinto di riti voodoo alla Gun Club e di goliardia etnica alla Violent Femmes), il fenomeno si traduce in un recupero indiscriminato di tutto il vocabolario rock. Il grass-roots revival si fonde alla corrente del southeast-pop per coniare una nuova musica commerciale, vedi gli Hooters (Philadelphia) del tastierista Robin Hyman, titolari di un pop epico che interseca gli U2 e Springsteen e che assorbe con disinvoltura country e heavy metal (Blood From A Stone, 1985; And We Danced, 1985; All New Zombies, 1985;Day By Day, 1987; Deliver Me, 1989). Nervous Night (CBS, 1985)

    I Bo Deans, originari del Wisconsin,

    A Los Angeles complessi come Top Jimmy And The Rhythm Pigs hanno tenuto calda la scena dei club di blues durante tutto il decennio con album come Pigus Drunkus Maximus (Down There, 1987).

    I Leaving Trains

    Il power-rock piu` aggressivo infondera` vigore anche agli SWA di Dukowski (ex Black Flag), mentre agli Stones si rifaranno esplicitamente i Pontiac Brothers di Matt Simon, clone di Mick Jagger, e Ward Dotson, ex chitarrista dei Gun Club (Keep The Promise, 1985; Be Married Song, 1986; Ain’t What I Call Home, 1988).

    Di revival in revival si arriva anche al folk puro e semplice, rinnovato si` dallo spirito (e soprattutto dal look) del punk, ma ancora fedele alle atmosfere dei cafe` del Greenwich Village. I primi misconosciuti gruppi, come i Bluebells autenticamente rurali di Robert Hodgens (Everybody’s Somebody’s Fool, 1983; I’m Falling Down, 1984), passano del tutto inosservati nel gran marasma del Paisley e del grass-roots.

    A lanciare il revival del folk e`, proprio come nei Sixties, la ballata intimista dei cantautori. Il primo e maggiore sara` Marshall Crenshaw, ancora legato al power-pop di Los Angeles, cosi` come Ben Vaughn, sorta di Richman per adulti. Il maggior rivale del pop di Crenshaw sara` in realta` Jeff Lescher, leader dei Green di Chicago. Per un Peter Case (ex Plimsouls) che si ritira nel folk acustico piu` umile ci sara` un Chris Isaak che resuscitera` il rockabilly romantico di Orbison e le colonne sonore di Morricone.

    La citta` dove il folk e` sempre stato di casa e` Boston, che ha i suoi alfieri nei Robin Lane And The Chartbusters, logica continuazione dei Modern Lovers (When Things Go Wrong, 1980), nei Salem 66, guidati da tre cantautrici folk, e nei Neats, performer di strada guidati da Eric Martin, che su Monkey’s Head (Ace of Hearts, 1982) ripescano il jingle jangle byrdsiano con una tinta di spleen drammatico e lo applicano alla forma della ballata chitarristica (il voodoobilly di Monkey’s Head e la jam strumentale Pop Cliche sull’esordio del 1982).

    A rivoluzionare quello stile saranno i Throwing Muses, i Galaxy 500, i Til’ Tuesday.

    A New York imperversano i Washington Squares, un trio di tardi beatnik che suona come una versione punk di Peter, Paul And Mary (New Generation, 1987, The Other Side Of Sin, 1989), in parallelo all’esperienza anticipatrice di Natalie Merchant e dei suoi 10,000 Maniacs.

    I piu’ banali imitatori degli REM sono i Miracle Legion.

    Gli Absolutely Grey sono altrettanto influenzati dagli REM ma vantano in Beth Brown una poetessa della solitudine, una piccola Emily Dickinson del rock.

    Sul fronte piu’ amatoriale a far scuola furono i They Might Be Giants, un duo che impiegava la melodia a fini surreali e comici, facendo di necessita’ (la formazione ridotta) virtu’ (un eclettismo amatoriale senza eguali).

    Dell’ondata di cantautrici venute alla luce alla fine degli anni ’80 ben poche sono rimaste sulla scena e ancor meno hanno saputo sfruttare la moda per proporre musica davvero importante.

    Le altre hanno quasi tutte cambiato strada (caso estremo quello di Michelle Shocked, che ha ormai provato a suonare di tutto). E a resistere meglio delle veterane sono Susan Vega e Natalie Merchant.

    Adele Bertei ha registrato nel 1988 Little Lives (Chrysalis), convertendosi definitivamente al dance-pop funky-soul da club d’avanguardia.

    Lydia Lunch e Kim Gordon dei Sonic Youth sono un po’ le sante protettrici di questa scena, che si va rapidamente ingrossando. Tutto sommato sono le donne che hanno preso le redini del rinnovamento a New York.

    Con “cowpunk” venne originariamente identificato l’hardcore che riprendeva elementi della tradizione bianca. In realta’ si sarebbe dovuto intendere l’opposto, poiche’ era l’eredita’ della secolare tradizione bianca che si mascherava da punk. In pratica da quel fenomeno ebbe origine un’ennesima revisione del country, del blues, del tex-mex in versione piu’ urbana e moderna, ovvero piu’ nevrotica e violenta. Conservando i caratteri musicali dell’originario milieu rurale, e innestandoci sopra tratti tipicamente urbani e industriali, derivati appunto dall’hardcore, dalla new wave, dalla civilta’ punk in generale, si verifico’ un altro avvicinamento fra il patrimonio musicale dell’America e le nuove tendenze.

    E’ un fenomeno ciclico, che sembra avere lo scopo di far accettare il passato al futuro e viceversa, di rendere accettabile il primo al secondo e viceversa, e pertanto di consentire il continuo rifluire dei nuovi idiomi negli archivi genetici della Nazione. Maria McKee, Leslie Phillips

    Le chanteuse del punk sono alla disperata ricerca di un’identita’ artistica dopo la fine dei loro complessi. Exene Cervenka, abbandonato il rock and roll e convertita alla spiritualita’ new age, non ha quasi mai ritrovato lo spirito fatalista degli X (He’s Got A She nel 1989 e Perfect Day nel 1990).

    Gitane Demone, gia’ ossianica cantante dei Christian Death, ha esordito nel 1994 con Facets Of Blue (Cleopatra) nelle vesti della chanteuse e forte di un repertorio di ballate pianistiche pseudo-jazz (salvo l’house di A Heavenly Melancholy).

    Victoria Williams

    La ventata di rinnovamento/restaurazione delle cantautrici degli anni ’80 non ha avuto diretti riflessi sui maschi. Piu’ che di cantautori folk si e’ assistito a un proliferare di “rocker” (spesso maledetti nella miglior tradizione del genere). Come gia’ era successo negli anni ’70, molti non sono altro che i reduci dei grandi complessi degli anni ’80.

    In California a dominare sono ancora i grandi “auteur” della canzone moderna (Tom Petty, Dave Alvin, e Chris Isaak su tutti), che continuano le loro saghe (chi tragica e chi comica) dell’America contemporanea.

    Dei grandi complessi che guidarono la restaurazione della tradizione nella Los Angeles dell’hardcore sono ancora in circolazione i guru.

    Alejandro Escovedo, Stan Ridgeway, Peter Case furono tutti leader di gruppi che promettevano sconquassi. Adesso, smessa l’uniforme, possono affrontare da “civili” della musica il tema centrale della loro arte, senza paura di condizionamenti esterni. In qualche caso cio’ ha portato alla luce le carenze strutturali del personaggio, in altri ne ha esaltato il mito. Fa storia a parte Jeffrey Lee Pierce, sempre piu’ chiuso in un suo ermetico universo blues. Genio impossibile da catalogare rimane Zoogz Rift, che rimane dieci anni avanti a tutto il resto del plotone.

    Anche diversi dei protagonisti del Paisley Underground sono diventati cantautori all’antica, da Steve Wynn a Russ Tolman, da Chris Cacavas a Greg Sage.

    Boston: Scruffy, Men Volts, Neighborhood, Til’ Tuesday, Del Fuegos, Dumptruck

    Fra le parentesi allegre si conta anche il country goliardico di Scruffy The Cat (Tiger Tiger, 1986; 40 Days And 40 Nights, 1986; Shadow Boy, 1987; You Dirty Rat, 1988).

    Georgia: Indigo Girls, Trisha Yearwood

    Con gli Young Fresh Fellows facevano pop anche i Moberlys, i Green Pajamas, e i piu’ classici Posies.

    Il Surf Trio rifa’ il verso a Beach Boys, Ventures, Byrds, Ramones negli album Almost Summer (Voxx) del 1986 e Safari In A Living Graveyard (Moxie) del 1988.

    Il trend generale verso la rifondazione della canzone rock sortisce risultati insoliti in uno stato come il Texas, dove la cultura cowboy delle roadhouse coesiste con quella dei campus universitari, dove infinite tradizioni musicali si incontrano e scontrano quotidianamente. Il “revisionismo” texano alla fine degli anni ’80 e’ dominato dai complessi di Austin: Timbuk 3, Texas Instruments, Poi Dog Ponderin, Wild Seeds, Reivers. Ad Austin e` anche forte la scuola powerpop, capeggiata dai Doctor’s Mob di Steve Colliers, attivi nella seconda meta’ degli anni ’80.

    Evan Johns e Reverend Horton Heat sono gli ultimi eroi dei saloon.

    Il Texas e’ poi la patria di due geni solitari, emarginati dal resto della comunita’ musicale, due personaggi estrosi e bizzarri come Jandek e Daniel Johnston.

    Le cantautrici texane, eredi di Michelle Shocked, come Edie Brickell e la canadese Sue Foley (una moderna Bonnie Raitt che, stabilitasi ad Austin, canta e suona il blues come Dio comanda), hanno il vantaggio di una tradizione enciclopedica, che abbraccia i generi piu’ disparati. Le piu’ rappresentative sono forse le Two Nice Girls.

    Kansas: Melissa Etheridge

    Il Nebraska e’ sempre stato ricco di musicisti popolari, ma tradizionalmente essi eseguivano country o blues. In era moderna un tipico esponente e’ Charlie Burton, uno dei piu’ fedeli imitatori del rhythm and blues (The Pack Song, 1982), del rockabilly (I, 4 1, Don’t Care, 1983) e del country (Is That Wishful Thinking, 1985) per tutti gli anni ’80. E’ tornato nel 1990 con un pugno di canzoni divertenti, fra cui Brand New Mom.

    Un decennio e mezzo fa Patti Smith apri’ le porte dell’industria discografia a un nugolo di poetesse e recitatrici che si esibiscono di notte in librerie e club davanti a un pubblico minuscolo ma devotamente fedele. I loro assomigliano spesso piu’ a dei raptus che a delle poesie. Quando hanno avuto modo di trasferire quei raptus in musica, pero’, hanno trovato un veicolo estremamente potente, e quel veicolo ha trovato a sua volta dei nuovi protagonisti.

    Il genere dello “spoken word” era stato lanciato da Harvey Kubernik nel 1982, che aveva ripreso le idee dei poeti “beat”. A trasformare lo “spoken word” in qualcosa di piu’ di una semplice eccentricita’ letteraria furono musicisti rock come Lydia Lunch e Henry Rollins. Poi vennero Exene Cervenka (degli X), Wanda Coleman (una poetessa jazz), Debbie Patino (una delle prime, attiva a Venice), Marisela Norte (barda dei ghetti latini di Los Angeles), Pleasant Gehman (la lolita del genere, poi nelle Screamin’ Sirens), Iris Berry, Annette Zilinskas, Debbie Shaffer. Verso la meta’ degli anni ’80 quasi tutte erano anche titolari di un complesso rock. Nel 1985 Berry, Zilinskas, Shaffer, Patino e Gehman si unirono nelle Ringling Sisters e diedero origine al fenomeno delle “ringling performances” in cui diverse performer cantano canzoni, recitano poesie, raccontano storie.

    Alla fine degli anni ’80 si era cosi’ sviluppato un discreto mercato discografico per i dischi di “spoken word” e la grande maggioranza degli artisti di questo genere erano donne. Angela Coon e le sue Bloodtest, nonche’ Julie Ritter e Gretchen Seager dei Mary’s Danish, sono tipiche di come quest’arte femminile venne presto messa al servizio della causa: le donne tendono a cantare cose di donne, e le cose di donne tendono ad essere problemi sociali. Trovano cosi’ un seguito fedele di ragazze in cerca di identita’ e conforto.

    La scena delle cantautrici punk e’ un fatto recente per la California. A lanciarla fu la lesbica e politicizzata Phranc.

    Da allora ad oggi, nell’arco di dieci anni, sono successe molte cose, ma poche degne di nota. Tutto sommato le cantautrici californiane (Tony Childs, Cindy Lee Berryhill) non hanno fatto meglio di quelle di New York che, dopo il momento di attenzione generale dovuto alla rinascita della figura della cantautrice alla Carole King, sono rapidamente affondante nella mediocrita’.

    A San Francisco si sviluppa una versione degenere del Paisley, un folk-pop multi-chitarristico con vocalizzi spaziali che ha i suoi maggiori esponenti nei Wire Train (Chamber Of Hellos, 1983, Skills Of Summer, 1985), nei soffici, confessionali, “cuorinfranti” Translator (No Time Like Now, 1983; Gravity, 1985), nel folk-jazz cristallino dei Downy Mildew di Charlie Baldonado e Jenny Homer, nel bizzarro Carmaig Deforest, l’unico cantautore al mondo ad accompagnarsi all’ukulele (Big Business, 1987), titolare di I Shall Be Released (Good Foot, 1987), e nei piu` melodici Grapes Of Wrath di Vancouver (Misunderstanding, 1984).

    Sull’esempio di Phranc, dei Knitters (Doe, Cervenka, Alvin) e dei Textones, anche la scena di Los Angeles si converte al folk.

    Completano il panorama i gruppi dello spleen californiano: gli American Music Club di Mark Eitzel, erede di Gram Parsons e Neil Young, ma soprattutto del Nick Drake piu` funereo e del Tom Waits piu` lirico (Room Above The Club, 1985; Point Of Desire, 1985; Big Night, 1987; Somewhere, 1988; Never Mind, 1989; Kathleen, 1989), e i piu` grintosi Call di Michael Been (The Walls Came DownI Still BelieveEverywhere I GoLet The Day Begin, 1989).

    I canadesi Cowboy Junkies aprono la schiera dei musicisti piu` dimessi, al confine fra folk e blues, che interpretano con sofferta partecipazione la crisi dei valori. I Thelonious Monster suonano un country disgregato e talvolta jazzato (Next, 1987; So What If I Do, 1989). E si arriva al west-coast sound straniato e minimalizzato dei Melted Americans (MAd Hatter, 1988), guidati da Michael Rose (Visions Rare, 1988; Through 100 Years, 1989).

    Il Texas, da sempre terra di suoni bizzarri e psichedelici, vede nascere alcuni gruppi sui generis anche nel campo del folk. I primi, i Timbuk 3, sono una coppia di folksinger che, aiutandosi con overdub e rhythm box, cantano ballate ciniche e depresse come Shades (1986), The Future’s So Bright (1986), All I Want For Christmas (1987), Eden Alley (1988), Standard White Jesus (1989).

    Gli Zeitgeist (1985) sono piu` fedeli alle armonie del folk-rock, ma anche le loro ballate sono condizionate da un umore grigio e angosciato che in certi casi le elettrizza (Araby e la trascinante Things Don’t Change) e in altri le ipnotizza (Translate Slowlye l’evanescente Freight Train Rain. Cambiato nome in Reivers (1987), confermeranno la stessa schizofrenia (la dolce Elektra accanto all’energica Wait For Time). Translate Slowly (DB, 1985).

    I Texas Instruments di Austin vivacizzano il loro folk-rock politicizzato con improvvisazioni modali alla Jerry Garcia (Apartment 3, 1987).

    Piu’ influente ancora sara` il fenomeno “delle” folksinger (al femminile), iniziato al Greenwich Village da Christine Lavin (la Joni Mitchell della new wave, per il suo soprano limpido ed elegiaco) e Suzanne Vega intorno al 1984. Le ragazze portano una ventata di creativita` e sensibilita` che non si sentiva da tempo immemore. Tanto e tale fu l’impatto del loro trovadorado che in breve, e soprattutto dopo l’avvento di Tracy Chapman, il plotone divenne foltissimo, e vennero alla ribalta personaggi estrosi come le texane Michelle Shocked ed Edie Brickell (hippie del Deep Ellum di Dallas che rinnova i fasti di Rickie Lee Jones con What I Am su Shooting Rubberbands At The Stars (Geffen, 1988).

    La prima californiana a ripiegare sul folk acustico fu, nel 1985, Phranc. A seguirla furono nomi storici del punk come Penelope Houston (Avengers) e Exene Cervenka (X), entrambe trasformate in ibridi di chanteuse da cocktail lounge e brave ragazze di fattoria; e nomi nuovi del circuito folk che ha come epicentro il “Troubadour” di Hollywood, come Cindy Lee Berryhill, i cui talking blues derivano da Dylan e da Patti Smith, ma con un umorismo paradossale alla Jonathan Richman (Damn Wish I Was A Man, 1987; la jam Yipee, 1989).

    Le rivelazioni della California saranno due selvagge puledre emerse nel 1988 dopo anni di gavetta: Tony Childs e Melissa Etheridge.

    L’assalto alle classifiche sara` guidato da cantanti piu` commerciali come la canadese Alannah Miles (Blue Velvet, 1989).

    Anche la scena delle cantautrici country e` un fatto recente per la California, tanto che Lucinda Williams, Victoria Williams, Iris DeMENT e Rosie Flores diventano le regine di una nuova rivoluzione nella musica country, denominata “western beat”.

    Il Midwest, dove non manca il retroterra, e’ ancora ricco di gruppi dediti al rock classico. Sono musicisti versatili, smaliziati, svezzati dai palcoscenici di provincia; sono al tempo stesso capipopolo ed entertainer.

    Nel Wisconsin hanno anzi la loro base tre dei piu` intelligenti atti di revisitazione della tradizione: Violent Femmes, Bo Deans ed EIEIO.

    Agli Everly Brothers e agli anni ’50 in generale si rifanno gli Spanic Boys (per l’esattezza Tom Spanic e suo figlio Ian) nel primo album del 1988, pieno di delizie come il rockabilly Long Gone Daddy, il boogie For HerShe’s An AngelI’m In Love With Her. Piu` ricercato l’album omonimo del 1990 (per la Rounder), peraltro ancora vivacizzato da Keep On Walking, ma piu` sbrigliato il successivo Strange World del 1991, con JennyI’m All You Need. La saga familiare continuera` con Dream Your Life Away e un seguito fedele di appassionati.


    Il revival psichedelico

    Liverpool: Big In Japan, Echo, Teardrop, etc,
    Cambridge: Soft Boys, Katrina
    Desperate Bicycles: Sarcasm, dal classico Remorse COde (Refill) del 1979
    Canterbury: Childish
    Anorak: Barracudas, TV Pers, Times
    Velvet: Psychedelic Furs e Blue OrchidsIl revival piu` importante della new wave britannica e` quello psichedelico, cominciato quasi per caso a Liverpool e diffusosi a macchia d’olio per tutto il Regno.

    A Liverpool la scena rock venne risvegliata da un mitico concerto dei Clash all’Eric’s Club. Da quel momento si verifico` la solita reazione a catena di gruppi punk e post-punk. In locali come l’Eric’s agivano David Balfe (animatore della scena, autore di diversi complessini fra cui i Big In Japan), gli Echo And The Bunnymen, i Teardrop Explodes e i Wah. Furono questi i gruppi storici del movimento, quelli che originarono l’interesse delle etichette discografiche e che lanciarono ufficialmente il revival dei ritmi obliqui, degli arrangiamenti bizzarri, delle liriche surreali, delle melodie flower-power.

    In seguito si aggiunsero i Sound, i viziosi Pink Industry (Don’t Let Go, 1982) di Jayne Casey (ex Big In Japan), i Royal Family And The Poor, la cui opera e` stata riassunta su Anthology (Gaia, 2002), e i melodici Icicle Works, che propongono una versione modernizzata del power-pop chitarristico dei Sixties (Whisper To A Scream, 1984; Understanding Jane, 1985).

    Anticipato da gruppi come i Desperate Bycicle di Remorse Code (Refill, 1979) e i Soft Boys di Robyn Hitchcock, il revival psichedelico porta soprattutto una ventata di freschezza nell’asettico panorama del post-punk britannico, chiuso fra litanie dark punk sempre piu` cadaveriche e tecno-dance sempre piu` meccaniche.

    Anorak Pop

    Sulla scia del pub-rock e del revival gia` avviato dalla scuola di Lowe, il ritorno alla civilta` rock degli anni ’60 diventa uno dei filoni piu` cospicui degli anni ’80. A dilagare nei club di Londra sono ora i brani del garage-punk, dal surf di spiaggia al folk-rock degli hippie. E` un fenomeno di tracopiatura naif del sound piu` leggero dei Sixties che verra` denominato “anorak pop”. In margine al movimento si contano i Barracudas e i Times.

    La depressione dei Velvet Underground e` stata esplorata soprattutto dai Psychedelic Furs e dai Blue Orchids dell’organista Una Baines e del chitarrista Martin Brahma (entrambi ex Fall).

    Di questa generazione fanno parte anche artisti isolati come Bevis Frond, Paul Roland e Edward Kaspel (Legendary Pink Dots).

    Negli anni successivi si assiste ad un’esplosione di complessi ispirati all’era dei garage. Arabeschi tastieristici, timbri e colori suggestivi, gag surreali si amalgamo senza fratture in accattivanti fantasie sonore.

    Fra i fenomeni piu` demenziali del garage-revival si contano i Milkshakes di Billy Childish; gli Screaming Blue Messiah; i gruppi di Lenny Helsing, ovvero i Green Telescopes e i Thanes.

    Il successo di classifica arrivera` per complessi piu` commerciali come i Dream Academy e i Thrashing Doves, che in Beautiful Imbalance (1987) rifanno il verso al jingle jangle ma applicando al canto le inflessioni lascive di Prince.

    Feedback pop

    Una versione art-rock della neo-psichedelia nasce con la casa discografica Creation, fondata da Alan McGhee a Glasgow nel 1983. I complessi della casa, a partire dai leggeri Jasmine Minks di Think (1984), dai lirici Loft e dai Revolving Paint Dream diFlowers In The Sky (1984), vanno oltre l’operazione oleografica e propongono una forma intellettualizzata di armonia psichedelica. In particolare i Jesus And Mary Chain lanciano una versione moderna della psichedelia che consiste in ballate acide e metalliche fatte di furore ritmico, muro di feedback e riff a cascata, ovvero l’equivalente “lisergico” del punk-rock.

     

  • Biff Bang Pow discogaphy Fra i campioni della scuola si contano i Biff Bang Pow dello stesso McGhee, i piu` vicini alla neo-psichedelia di Liverpool (There Must Be A Better Life, 1984; la suite A Day Out With Jeremy Chester, 1985; Love’s Going Out Of Fashion, 1986; Someone Stole My Wheels, 1987; Happiest Girl In The World, 1987; A Girl Called Destruction, 1987); e i Meat Whiplash (Don’t Slip Up, 1985).I Pastels e i Weather Prophets, quintessenza dell'”anorak pop”, furono gli antesignani del pop psichedelico scozzese, il trait d’union con il pop della Postcard. I piu` ricchi di pathos saranno gli House Of Love e i Primal Scream.Questa di matrice scozzese e` una nuova forma di pop puberale che rinnova la formula di successo che fu del beat, del surf, della Tamla, di Spector: ritmi veloci, melodie semplici e arrangiamenti eccentrici. L’entusiasmo adolescenziale si sfoga cosi` da quando Bill Haley into` Rock Around The Clock. I Ramones e i Buzzcocks, ovvero i primi sacerdoti del naif in era punk, sono i riferimenti piu` ovvi.Alle stesse premesse del “Creation rock”, di reazione nei confronti del “twee pop” della Postcard, si rifanno i Mighty Lemon Drops, le Shop Assistants, e le clownesche e rudimentali Fuzzbox (X X Sex, 1986; She, 1986), mentre a coniare lo standard melodico del dopo-Creation saranno i Primitives, subito imitati da complessi sempre piu` bubblegum come Transvision Vamp (con Nick Sayer clone di Court e Wendy Jones clone di Tracey, e un’altra serie di gemme pop e di danze da party), e soprattutto i demenziali Wonder Stuff.Discepoli del feedback-pop di Jesus And Mary Chain sono Loop e Spacemen 3, che guidano i soliti mille imitatori, le brigate del rumore abrasivo: gli Shamen, i Wedding Present, i My Bloody Valentine, il veemente heavy metal d’assalto dei Birdhouse (l’anthem dei disordini studenteschi My Birdman, 1986; Rev It Up, 1988); i Thee Hypnotics, i Telescopes, i Walking Seeds, vicini all’hard blues dei Blue Cheer (Shaved Beatnik, 1989; Skullfuck, 1989).

    Grebo

    Dal Crypt di Londra emerge l’ennesima sotto-scuola, con l’ennesima valanga di complessi-cloni. Questa volta si rifa` il verso al rock progressivo degli anni ’70, con particolare predilezione per il dark-rock cosmico degli Hawkwind e di Todd Rundgren, proprio quello che si potrebbe definire “B-progressive”. I protagonisti si chiamano Full Moon (Nemesis, 1987), Webcore (sette hippy intenti ad eseguire danze visionarie ed oniriche), Ozric Tentacles (dediti a strumentali free-form), Mandragora, Harlequin, Voodoo Child, Magic Mushroom Band, Morticians.

    Non c’e` tempo di catalogare la nuova moda che gia` la stampa specializzata lancia una sua prosecuzione: la cosiddetta “grebo”, che ha come obiettivo una fusione di civilta` hippy e civilta` punk, ovvero di acido ed eroina, di hard psichedelico e di thrash reboante. Si comincia con i facili Pop Will Eat Itself di Oh Grebo I Think I Love You (1986), Sweet Sweet Pie (1987), Devil Inside (1987) e Def Con One (1988), e i Gaye Bikers On Acid di Nosedive Karma (1987), ma si finisce con il metal-glam di Zodiac Mindwarp (Mark Manning), autore di alcune delle pietre miliari del genere (Wild Child, 1986; High Priest Of Love, 1986; Prime Movers, 1987) e di Underneath What (Firebomb Telecom, 1989; Straight Ahead Money, 1989), e con i Mission (reduci dei Sisters Of Mercy), passati da un dark-punk alla Cult (la poetica e “malata” WastelandGarden Of DelightLet Sleeping Dogs LieSerpent Kiss, 1986) all’hard rock epico di Tower Of Strenght (1988), Butterfly On A Wheel (1989) eDeliverance (1989), mentre gia` incalza la solita torma di imitatori: migliori i Seers (Lightning Strikes, 1987; Freedom Trip, 1987; Sun Is In The Sky, 1989; Welcome To Dead Town, 1990), capolavoro Psych Out (Cherry Red, 1990), e i Mega City Four (Miles Apart, 1988; Distant Relatives, 1989; Less Than Senseless, 1989).

    Anche nel caso della neo-psichedelia il rock britannico ha prodotto centinaia di complessini e una moda inesauribile, finendo per chiudersi nell’ennesima impasse conservatrice e confermando che l’industria discografica britannica e` la piu` smaliziata nel costruire trend. Ogni novita` e` stata salutata da una valanga di imitazioni, trasformandola quasi subito in banalita` da rotocalco scandalistico. Alla fine di tutto il gran bailamme neo-psichedelico si e` rivelato semplicemente un’altra tappa dell’evoluzione del pop britannico, nel corso che dai Buzzcocks aveva portato ai Boomtown Rats e poi alla Postcard.


    Il pop revival

    U2/Alarm
    Big Country -> up64
    Statton/Raincoats/McCourt
    Smiths
    Prag Veg/Scritti Politti/
    The The
    ABC/Culture CLubLa scuola scozzese, rivalutando la melodia, ha impresso al punk-rock una svolta decisiva. I modernisti e i neo-psichedelici dal canto loro hanno riscoperto le armonie piu` sofisticate del rock progressivo. Spazzata via in tal modo la rivoluzione del punk-rock, e` possibile avviare la restaurazione di un rock garabatamente riformista. Il modello di questa generazione sono i Clash piuttosto che i Sex Pistols. Ma soprattutto si assiste a un recupero dei modi e dei toni della ballata folk, con qualche inflessione del blue-collar rock americano e del pathos di Bruce Springsteen in particolare.

    I primi (nel 1978) a tentare una fusione fra folk e hardcore erano stati gli scozzesi Skids di Richard Jobson (un allievo di Bill Nelson), con gighe marziali e fanfare oniriche che riproducevano un clima nordico fiabesco nell’ambito di uno stile letterato e pretenzioso (Of One Skin, 1978; Into The Valley, 1979; Charade, 1979).

    I capifila della maturazione furono gli U2, con i quali nacque il rock epico britannico. Da loro presero l’abbrivio gli Alarm di Mike Peters, alfieri del mod revival, i Big Country, i Runrig, i Cactus World News di Years Later (1986) e Bridge (1986), e la string band irlandese dei Waterboys (Mike Scott), epigona del rock pomposo di Springsteen (A Girl Called Johnny, 1983; Big Music, 1984), soprattutto dopo l’ingresso del violinista Steve Wickham (Whole Of The Moon, 1985; And A Bang, 1988); tutti complessi che ripercorrevano con meno sincerita` l’epica degli U2. Il rinascente umanesimo di questi complessi rifuggiva sia dal tragico disperato dei punk sia dall’ebete gioviale del Sixties revival. La forma base di tutti questi gruppi era invece l'”anthem”, la versione rock della tradizionale ballata epica. Le loro canzoni tendevano ad essere pompose e le liriche altisonanti. Nell’insieme i loro album evocavano immagini bibliche di lotte millenarie.

    Una tendenza marginale del movimento riformista e` quella verso le atmosfere decadenti e depresse dei beatnik, un trend iniziato dagli Young Marble Giants e dalle Raincoats e proseguito secondo due direttive: quella folk-jazz che si rifa`, consciamente o meno, ai night club fumosi del bebop, e quella folk-pop che si rifa al cafe` intellettuale del Greenwich Village.

    Ad originare la nostalgia per i sottoscala dell’esistenzialismo sono soprattutto cantautori come Ben Watt e Tracey Thorn, divenuti celebri sotto lo pseudonimo di Everything But The Girl.

    Tenta la strada del folk-jazz anche Carmel McCourt, la quale canta con voce gospel, tesa e vibrante, facendosi accompagnare soltanto al contrabbasso e alle percussioni (Bad Day, 1983; More More More, 1984).

    Con loro si afferma il jazz-pop che figliera` fenomeni da classifica come la nigeriana Sade Adu e le Swing Out Sisters. In margine alla corrente principale si situano gli hit di Alison Moyet (ex Yazoo), tipici della disco music “nera” (All Cried Out, 1984; Is This Love, 1987, di Dave Stewart), ma soprattutto emblematici delle grandi doti di interprete jazz della cantante.

    Una marcata influenza viene esercitata dagli Steely Dan, il cui sofisticato jazz-rock salottiero torna a galla nei brani dei Microdisney e soprattutto in quelli dei Prefab Sprout di Paddy McAloon (The Devil Has All The Best Tunes, 1983; When Love Breaks Down, 1984; Faron Young, 1985; Cars And Girls, 1988).

    Alla stessa atmosfera anni ’50 riportano act spartani e dimessi come Lloyd Cole o Jazz Butcher.

    Il ritorno alla canzone pop piu` scarna e sentimentale ha origini nel “twee pop” scozzese. La semplicita` e` il dogma soprattutto di Roddy Frame, il cantautore letterato che lancio` il revival della chitarra acustica e divenne in breve uno dei promotori del ritorno al pop delicato con gli hit lirici e cristallini dei suoi Aztec Camera.

    I maestri della ballad sono gli Smiths e i Woodentops, che sanciscono un ritorno “creativo” alla forma canzone del pop. sfortunato (e un po’ noioso) gruppo capitanato da Malcom Eden, che proponeva un folk-rock impegnato in uno stile a meta` strada fra Smiths e Joy Division. Con loro si affermano i rurali e semi-acustici James, il lirico folk-rock dei McCarthy, i romantici Hurrah (Hip Hip, 1983; Gloria, 1985).

    Il ritorno alle origini del movimento folk britannico e` piu` evidente nel movimento delle punk-band che suonano musica tradizionale. Il cosiddetto “rogue folk” annovera complessi irriverenti e provocatori come i Pogues e i Blue Aeroplanes. Dietro di loro vengono complessi piu` commerciali come i Men They Couldn’t Hang (Scarlet Ribbons, 1985).

    Gli Housemartins compiono un altro importante passo in avanti riportando in auge un pop semplice e armonioso basato sulle armonie vocali ancestrali folk e gospel.

    Nel 1987, in pieno boom del fenomeno, verranno a valanga i Proclaimers, l’Oyster Band, la Black Velvet Band (Old Man Stone, 1987), gli Hothouse Flowers. Molti di loro non sono ignari degli esperimenti sul folk dei Violent Femmes e dei Camper Van Beethoven.

    Il pop demenziale dei 3 Mustaphas 3 e` iniettato di world music (polka, juju, go-go, soca, jit e cosi` via) eseguita con un’infinita` di strumenti etnici, capolavoro il rap “totale” di Evtexia Fiz’n su Shopping (Ace, 1988). Play Music For Me (Kartini, 2001) raccoglie materiale dal vivo registrato fra il 1984 e il 1994.

    In questo modo si giunge al capolinea del recupero del primitivismo, ovvero ai nuovi folk-singer. A definire lo standard in era punk era stato Patrick Fitzgerald con Safety Pin Stuck In My Head (1977), ma il primo grande fenomeno del genere e` Billy Bragg. A lui si ispirano alcuni epigoni, come Andy White (Religious Persuasions, 1987), ma la corrente piu` importante e` quella dei lirici, con personaggi come Chris Rea, il piu` famoso (Fool If You Think It’s Over, 1976; I Can Hear Your Heartbeat, 1983; Let’s Dance, 1987), Martin Stephenson (Wholly Humble Heart, 1987), Kevin McDermott (Wheels Of Wonder, 1989), Momus e Marc Almond. Il revival acustico di questi cantautori e` quasi sempre contrassegnato da alcune costanti: solitudine adolescenziale, impegno sociale, spleen urbano.

    Il campo delle folk-singer risulta foriero di fenomeni molto piu` sperimentali. Alla corrente appartengono infatti diverse misantrope emarginate che procedono da Kate Bush, come Sinead O’Connor, Enya e Tanita Tikaram.

    Il funky-soul bianco

    La grande scuola britannica del soul “bianco”, tenuta in vita da Costello, Jackson e Parker, torna alla ribalta non appena il regime del terrore instaurato dal punk inizia a diradarsi. Aggiornato alle nuove tecniche di produzione e soprattutto ai ritmi da discoteca, il soul bianco diventa un veicolo ideale per la canzone da classifica.

    Gli antesignani di questa dinastia kitsch sono i Prag Veg di Susan Gogan (Existential, 1978), ma piu` successo avranno gli Scritti Politti di Green Gartside, alle origini militanti punk (Skank Bloc Bologna, 1978), ma poi redenti a un disco-soul d’autore via via piu` danzereccio (Sweetiest Girl, 1980; Faithless, 1981; Wood Beez, 1984; Absolute, 1984; Perfect Way, 1985; Oh Patty, 1988).

    I primi a proporre in maniera cosciente una revisione del soul bianco sono gli Style Council di Paul Weller e i The The di Matt Johnson.

    A un ritmo piu` funky si affidano invece gli hit dei Level 42 (Something About You, 1985; Lesson In Love, 1986) e le sanguigne canzoni rhythm and blues degli ABC (Poison Arrow, 1982; Look Of Love, 1982; That Was Then And This Is Now, 1983;When Smokey Sings, 1987; One Butter World, 1989).

    Anche i Simply Red di Mick Hucknall si ispireranno alla tradizione soul. Altri effimeri fenomeni da classifica saranno Paul Young (Everytime You Go Away, 1985, di Daryl Hall) e Paul King (Love And Pride,1984), i Blue Monkeys, eredi dei Culture Club (Atomic Lullabye, 1984; Digging Your Scene, 1985), e i Kane Gang (due cantanti e un poli-strumentista).

    Piu’ originale sara` il jazz-rock dalle tinte soul e dalle trovate surreali degli A.R.Kane.

    Christians (Island, 1987) di Henry Priestman eseguono sermoni soul di protesta alla Mayfield, arrangiati in modo barocco, che indulgono inn un tetro realismo provinciale (Forgotten TownWhen The Fingers PointHoovervilleIdeal World sul primo album del 1987), articolati sul secondo album (1990) fra disco music (Man Don’t Cry), rave-up di Tamla-soul (I Found Out) e soprattutto ballad (WordsThere You Go Again), ma sempre con una spiccata propensione per il gospel.

    Punk politico

    Dal punk-rock politico dei Crass discendono complessi punk che sposano il nuovo clima impegnato. Fra le espressioni piu` rozze si conta il blues-punk di strada dei Redskins (Lean On Me, 1983; Reds Strike The Blues, 1984; Kick Over The Statues, 1985; The Power Is Yours, 1986); la ballad comunista degli Easterhouse (Coming Up For Air, 1985; Whistling In The Dark, 1985; Inspiration, 1986); i New Model Army, eredi dei Clash (Better Than Them, 1985; 51st State, 1986), i Newtown Neurotics e i Chumbawamba (Revolution, 1985; We Are The World, 1986; Smash Cause 28, 1987).


    Down-under punk

    Saints/Birdman
    Birthdayparty/
    Inxs/MidnightOil/Mental/Divinyls/MenWork
    Go Betweens/Church
    Foetus/SPK/Severed Heads

    La cultura australiana ha subito l’inevitabile destino di una societa` che nuota nel benessere e che non ha un passato. Per di piu` l’isolamento geografico, rafforzato da frequenti punte di nazionalismo esasperato, ha finito per relegare in secondo piano qualsiasi fenomeno non strettamente funzionale allo sviluppo della Nazione.

    Le similitudini con la condizione socio-storica degli Stati Uniti (crogiolo di razze, mito della Frontiera inesplorata, progresso tecnologico, esasperato liberismo economico, elevato tenore di vita) hanno in realta` fruttato tutt’altro. Mentre negli Stati Uniti la borghesia illuminata fin dalle origini ha sempre guardato all’Europa come modello di civilta`, lottando duramente per portarsi a quel livello e per poi addirittura sopravanzarlo emancipandosi dai modelli, l’Australia, che non ha avuto una Rivoluzione e tanto meno una Secessione, e` rimasta una patria di coloni, interessati unicamente a sviluppare la loro industria.

    In Australia non e` esistito movimento di Contestazione, ne` esistono le premesse per scontri politici quando il paese e` cosi` monoliticamente arroccato nell’isolamento internazionale, e la salute economica garantisce che potra` continuare cosi`.

    In Australia pertanto le espressioni artistiche non nascono da stimoli contingenti, ma semmai dal luogo stesso, da fattori intrinseci alla struttura della civilta` australiana.

     

  • A Men At Work web page
  • A Divinyls web page. In realta` negli anni ’60 (i Bee Gees di Massachussetts, gli Easybeats di Friday On My Mind, i Missing Link di Wild About You, i Loved Ones di Loved One) non esiste nulla che si possa definire tipicamente australiano. Negli anni ’70 si fanno luce diversi complessi heavy-metal (vedi gli AC/DC), che testimoniano il bisogno di sfogare gli impulsi repressi. Ma i musicisti australiani operano soprattutto sul versante piu` commerciale, dai teen idol Olivia Newton-John e Rick Springfield (Jessie’s Girl, 1981) all’AOR degli Air Supply, dal reggae melodico dei Men At Work (Who Can It Be Now, 1983; Down Under, 1983) all’art-rock dei Crowded House, piu` una valanga di effimeri fenomeni da classifica come i Mi-Sex (Computer Games, 1979), gli Icehouse di Iva Davies, clone melodrammatico di Bryan Ferry (Hey Little Girl, 1982; No Promise, 1986; Crazy, 1987), gli Screaming Tribesmen (Igloo, 1982), il rock mediocre da discoteca dei Divinyls (Only You, 1983;Temperamental, 1988, I Touch Myself, 1991).Tre fenomeni si ergono sopra gli altri: i Chills, il power-pop danzabile e sexy degli Inxs e la ballata rock politicizzata dei Midnight Oil.Infine il pub-rock australiano e` ben rappresentato dai Mental As Anything vaudeville, surf, skiffle, texmex e rhythm and blues (Nips Are Getting Bigger, 1978).E’ soltanto con gli anni ’80 che prende vita un movimento musicale con radici propriamente australiane, e che indirettamente rivela quali sia il singolare rapporto fra l’individuo e il suo territorio in Australia. Prima pero` anche l’Australia e` contagiata dal risveglio creativo del punk, sebbene propriamente punk il continente “down under” non sara` mai.I gruppi storici del 1976 australiano rappresentano piuttosto la versione oceanica del rock detonante di Detroit (Stooges, MC5), che trova terreno fertile in un paese che, non contento degli AC/DC, prova ancora bisogno di sfoghi di violenza becera. I capostipiti sono i Radio Birdman e i Saints. La veemenza dei gruppi hardcore arrivera` fino agli anni ’80 inoltrati grazie a Lipstick Killers (Shakedown USA, 1981) e ai Celibate Rifles, ma non si trattera` mai di vero “punk-rock” nell’accezione che fu dei Sex Pistols e dei Ramones. L’unica eccezione significativa sara` forse quella degli Hard-Ons oltraggiosi e sguaiati, razzisti e macho, titolari dell’unico thrash al fulmicotone (Surfin’ On My face, 1985; Girl In The Sweater, 1986; Ferdi`s Song, 1987; Just Being With You, 1988).

    Il rock australiano dell’era punk si esprime piu` genuinamente nell’idioma “garage”. Capifila dell’influente scuola di Sidney sono i Lime Spiders e gli Hoodoo Guru. L’estetica cruda del genere ha modo di esprimersi anche con gli Spikes (A Bloody Mess, 1985), i Trilobites (Venus In Leather, 1985; American TV, 1986; Night Of Many Deaths, 1987) e gli Exploding White Mice (In A Nest Of Vipers, 1985). psichedelici Stems e i Moffs (Another Day In The Sun, 1985; Flowers, 1987; Traveller, 1987).

    La scuola piu` importante del rock australiano e` senza dubbio quella dei primitivisti, che si esprimono attraverso un blues trasfigurato nell’ottica della nevrosi industriale, repellente a squaciagola, brutale e bestiale, lascivo e libidinoso, feroce e sguaiato. L’elemento base e` il tribalismo, in tutte le sue manifestazioni piu` viscerali. In questi musicisti si colgono molte delle verita` esistenziali della societa` australiana: l’angoscia degli aborigeni, la psicosi dell’isolamento, l’istinto di ribellione di una societa` troppo repressa.

    In particolare si rivela il rapporto ancora aperto fra gli australiani e la millenaria razza aborigena, fra gli australiani e l’angosciante paesaggio naturale, fra gli australiani e la loro giovinezza storica. Questi tre elementi assoluti, indipendenti dagli eventi del decennio della crisi, sedimentati durante secoli di relativo isolamento civile, sono alla base di gran parte delle espressioni artistiche dell’Australia.

    I precursori del sound sperimentale australiano sono i Primitive Calculators, che su Primitive Calculators (senza etichetta, 1978) eseguono gia` un voodoobilly elettronico stravolto da attacchi di violenza omicida. I complessi piu` progressisti si situano piu` o meno in linea con il funk-punk del Pop Group. I maggiori sono i Birthday Party di Nick Cave e Rowland Howard, gli Scientists e i Moodist, fautori del dark punk piu` orrifico (Machine Machine, 1984; Double Life, 1985; Justice And Money Too, 1986).

    A quel blues-punk dilaniato da nevrosi accecanti appartengono per un verso o per l’altro anche gli Harem Scarem, con il loro blues animalesco (Dogman, 1985), i Deadly Hume di Me Grandma (Phantom, 1987), con un blues detonato da fiati swing, spiritual a cappella e feedback (Passenger Blues, 1987; Fine Line, 1987; Trains Kept Shunting, 1987; 48 Coffees, 1988), i Primevils (I Saw My Name Written On A Tombstone, 1987), gli Hunters And Collectors, e soprattutto i devastanti Feedtime.

    L’ala intellettuale del rock australiano e` rappresentata da alcuni complessi vicini in spirito al free-punk britannico: i Laughing Clowns, formati dal chitarrista dei Saints Ed Kuepper, un quintetto con sax e piano che esegue un acid-jazz decadente e folkloristico fra Lol Coxhill e John Lurie (il tango di Laughing Clowns, 1979); gli Avantgarde, un ensemble di nove musicisti (compresi violoncello e tuba) che su Music (Unsung, 1983) esegue suite orchestrali jazz-classiche alla Zappa; i Dead Can Dance e Jim Foetus, artisti che fungono da collegamento con le avanguardie inglese e americana. Completano il panorama i gruppi raccolti attorno all’etichetta Flying Nun: i Clean e i Tall Dwarfs.

    Smaltita la furia hardcore, tornano a galla anche in Australia la melodia e i sentimenti. I nuovi gruppi riprendono di fatto la storia la` dove Bee Gees e Easybeats l’avevano lasciata. I capifila sono i Church, i Go Betweens, i Died Pretty. Con loro si fanno largo i Triffids, i Verlaines, gli Jean Paul Sartre Experience, che cesellano canzoni pop con arrangiamenti umili ed eccentrici (Walking Wild, 1986); gli Zimmermen di John Dowler, che su Rivers Of Corn (AuGoGo, 1986) rinnovano il folk-rock (Don’t Go To Sidney, 1985).


    Neo-freak

    College RadioLa California di Frank Zappa e Captain Beefheart riprende lo scettro del rock satirico e goliardico non appena il beach punk e il revival psichedelico hanno esaurito i loro cicli. Esattamente come ai tempi di Zappa, il fenomeno e` strettamente legato a quel mondo parallelo che sono i college. La musica ascoltata nei college ha pochissimo a che vedere con le trasmissioni ufficiali delle reti radiofoniche e televisive nazionali, ma al tempo stesso e` altrettanto aliena dalle elucubrazioni para-militari dei radicali. La vita dei college si svolge all’insegna dell’umorismo e dell’eccentricita`. La trasgressione e` piu` spesso esibita nei confronti del sistema giovanile (e quindi di tutto l’universo del divertimento adolescenziale) che non nei confronti della societa`. I simboli che vengono elaborati da questa sotto-cultura sono quelli dei complessi da classifica, dei divi del cinema, della pubblicita`, dei politici locali, dei genitori, del consumismo. Il linguaggio dei college usa questa sintassi per costruire discorsi incoerenti e, soprattutto, comici. Il referente primo e` sempre il vecchio music hall, e in particolare gli sketch parodistici.

    Le “radio college”, ovvero le stazioni radiofoniche gestite dai ragazzi piu` intraprendenti del college a beneficio esclusivo della comunita` del college, sono le piu` pronte a seguire i fenomeni di questo tipo. Negli anni ’80 il loro potere aumenta al punto da trasformare alcuni di questi act, come Barnes And Barnes, in fenomeni a diffusione nazionale.

    Il senso dello humour fara` vittime in tutta la nazione. Nel Wisconsin i Couch Flambeau cantano storie orripilanti e ironizzano sulla scuola (ADM 12, 1982); a Philadelphia i Dead Milkmen si prendono gioco persino dell’AIDS (Bitchin’ Camaro, 1985) e della disco music (Instant Club Hit, 1987); in Oregon gli Young Fresh Fellows cesellano vignette comiche di vita quotidiana all’insegna di un pop contaminato dal garage-rock piu` viscerale (Power Mowers Theme, 1984; You’ve Got Your Head On Backwards, 1986; When The Girls Get Here, 1987); in Arizona i Sun City Girls; a New York i They Might Be Giants riporteranno alla memoria la saga della Bonzo Dog Band.

    Un fenomeno strettamente collegato e` quello della musica eccentrica che viene composta per straniare il veicolo di comunicazione inter-tribale (ovvero inter-college) per eccellenza: il rock. Questa musica si serve con disinvoltura criminale delle conquiste dell’avanguardia e del jazz, nonche’ delle armonie piu` atipiche provenienti dalle etnie di paesi lontani. Lo scopo e`, infatti, l’eccentricita` fine a se stessa, e pertanto si puo` assimilare qualunque bizzarria che contribuisca a rendere piu` anomala la musica.

    Questa corrente continua di fatto quella dei primi sperimentatori dell’era punk. Lo spirito del nuovo decennio e` pero` meno intellettuale, meno pretenzioso e meno ideologico. E` uno spirito certamente curioso, ma soprattutto provocatorio. Factrix e Negativland non venivano certo suonati ai party di compleanno o ai veglioni di Capodanno; Camper Van Beethoven e Butthole Surfers, si`. Cosi` anche i Martini Ranch, ovvero Andrew Todd e Bill Paxton, che su Holy Cow (Sire, 1988) suonano una miscela di B52’s, Devo, e Oingo Boingo, i Drowning Pool, Zoogz Rift e i Savage Republic, e, a maggior ragione, i poli-etnici Bonedaddys di A-Koo-De-Al (Chameleon, 1988), con Zouk AttackDo De Spounge.

    A San Francisco i musicisti d’avanguardia hanno fecondato l’ambiente dei club della zona South Of Mission. I complessi che si muovono su quei palcoscenici di art-performance coltivano ibridi stilistici fra i piu` audaci.

    L’ala para-jazz e` rappresentata da Norman Salant, dai Longshoremen e da altri complessi. Fra i primi furono i Question Men, titolari di un jazz-rock dai ritmi sghembi su We Could Be Wrong (Samsa, 1983). Gli Arkansaw Men (Alterboys, 1983) suonano brani strumentali prosciugati, come negli otto minuti cool-jazz di Ballroom Song (nell’EP del 1983) o nel funk minimale di Mark Twain (il 45 giri del 1985). La Club Foot Orchestra e i Toiling Midgets

    Il pop d’autore degli Ophelias e il pop-folk dei Walkabouts di Seattle, nonche’ il pop eccentrico dei Los Microwaves (un trio di sintetizzatore, tamburi acustici e canto) rappresentano invece la tendenza piu` tradizionalista. Le quattro Wilma scrivono strumentali dadaisti politicamente impegnati (Alexander Haig, 1982), i Phantom Limbs su Romance (Trotter, 1983) eseguono folk-rock e ragtime con lo spirito iconoclasta dei Violent Femmes, e i Polkacide (Subterranean, 1986) eseguono polka strumentali.


    Il rinascimento punk del Midwest

    All’inizio degli anni ’80 il punk rock e` diventato un fenomeno del tutto locale: ogni citta` americana ha un suo repertorio di bande criminali, generalmente riunite sotto la stessa bandiera discografica di un’etichetta indipendente del luogo, e un gruppo piu` o meno folto di punk che le va ad ascoltare. L’unica forma di comunicazione fra le varie localita` e` rappresentata dalle fanzine, che pubblicano mensilmente “rapporti” regionali che assomigliano a servizi dal fronte.Minneapolis e` il centro piu` fertile, grazie a una scena risvegliata dai Cinecyde della vicina Detroit e ai Suicide Commandos di Chris Osgood e Steve Almaas. Li` nascono Replacements e Husker Du, i due complessi che nel 1981 diventano i nuovi punti di riferimento per un po’ tutte le bande da garage del Midwest. Questi gruppi, isolati dai due poli musicali della nazione (New York e California) sviluppano un linguaggio fortemente dialettale, autonomo, estraneo alle correnti ufficiali. I protagonisti sono giovani bianchi della classe media, depositari del “sogno americano”, che fin dalla piu` tenera infanzia subiscono un lavaggio del cervello totale da parte di una societa` chiusa e reazionaria. Per loro “punk” non significa ribellione, spleen, moda, ma semplicemente fuga dalla noia. Il loro sound non puo` essere chic, intellettuale e ideologizzato come quello dei gruppi californiani. Il loro hardcore e` rozzo e barbaro, ma ancorato alla forma-ballata del country, per quanto devastata dalle epilessi e dalle sciabolate di rito. L’esibizionismo porno-criminale e` qui temperato da una sincera emotivita`, tipica della provincia. La crisi del punk rock, annullando tutte le definizioni di musica alternativa, spalanca le porte alle vere alternative.

    In breve si moltiplicano gli imitatori, anche se non adeguatamente sostenuti da un’industria discografica locale. Fra i primi, per esempio, i Man Sized Action, il cui punkrock su Five Story Garage (Homestead, 1984) sara` ancor piu` melodico di quello degli Husker Du, e deflagrato da poderosi scrosci di distorsioni chitarristiche. I piu` importanti della seconda generazione saranno i Soul Asylum.

    I Couch Flambeau del Wisconsin, armati della voce psicotica, della chitarra sgradevolissima e delle visioni raccapriccianti di Jay Tiller, compongono armonie paradossali all’insegna di un black humour alquanto selvaggio. I loro capolavori rimangono probabilmente ADM 12 da Mammal Insect Marriage (Ludwig Van Ear) e We’ll Go Through The Windshield Together da The Day Music Died (It’s Only A Record).

    Dal Minnesota l’epidemia di estende al vicino Wisconsin, con i Die Kreuzen e i Killdozer, al Texas, con gli Scratch Acid, al Kentucky, con gli Squirrel Bait, a Detroit, con i Laughing Hyenas, all’Ohio, con i Necros, prossimi all’heavy metal, all’Indiana, con i Toxic Reasons, i piu` populisti (l’anthem Noise Boys, 1982), al Nebraska, con i For Against, titolari di un dark-punk congestionato da una sezione ritmica cannibalesca e dagli esibizionismi del chitarrista Harry Dingman (Autocrat, splendido singolo del 1985; la lunga ballata Broke My Back, 1987), al Kansas, con i Micronotz di Dean Lubensky, un incrocio fra hardcore, southern boogie, heavy metal e garage-rock.

    Texas: Big Boys, Poison 13

    Mississippi: Phantom 309

    Kansas: Micronotz

    A Sioux Falls (South Dakota, ma vicino al confine con il Minnesota) esercitavano i No Direction, autori (dopo un esordio omonimo del 1984) del leggendario Becoming Obsession (1986), autoprodotto come il precedente, in cui univano melodie pop, le armonie del “dark punk” e l’impeto sociopolitico dell’hardcore.

    Chicago vanta una scena scena molto piu` affollata, con almeno tre punte di diamante: Effigies, Naked Raygun e Big Black.

    Nel Midwest come in nessun’altra parte della nazione l’estetica del thrash-punk di e` chiusa a riccio su se stessa, delimitando chiaramente, e masochisticamente, il proprio territorio armonico. In tal modo il thrash-punk e` divenuto uno dei generi piu` conservatori del rock, ritrovando in cio` una sintonia ideologica con il rude e reazionario popolo della provincia americana.

    A Vancouver, in Canada, si sviluppa una scuola fra le piu` prolifiche, a cominciare dai DOA di Joey Shithead (Keighley), titolari di un raw-punk super-veloce alla Dead Boys, ma piu` impegnato (Prisoner, 1980; Waitin’ For You, 1981), e dai Payola, i piu` vicini ai Ramones, con qualche inflessione reggae alla Clash. L’altra grande band del punk canadese, i Forgotten Rebels di Mickey Desadist (proveniente da Toronto), e` un avanzo di glam-rock condito con atmosfere abrasive alla Dead Boys (Surfin’ On Heroin, 1983; Bomb The Boats, 1984; In Love With The System, 1984).

    I piu` violenti della generazione successiva saranno i Nomeansno.

    Periferica rispetto al punk del Midwest e` la corrente funk-punk, indirettamente iniziata dai Big Black, ma meglio rappresentata dal gruppo misto Royal Crescent Mob dell’Ohio e dai Big Boys del Texas nonche’ quella rap-punk alla Three Johns dei Breaking Circus di Chicago. Dominatori di questo genere saranno i Red Hot Chili Peppers di Los A

 

 

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66 risposte a studi storia del rock 1976 piero scaruffi – ve lo ripropongo

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