20 ottobre 2012 ore 10:18 CARO RAGAZZO MIO…

Caro ragazzo mio, giovanissimo settanta, mi dici che la vita “è una fregatura”. Non lo so, io non sento così. Eppure mia zia Lina, agli ultimi, mi ha detto la stessa frase. Vedi, io – nei cliché pronti che ho di te, pronti anche ad essere sbattuti giù, ma non ci vediamo  mai e i dati non scendono dal cielo- di istinto, direi: perché risparmia sulle emozioni, quelle che non sono astratte come “gli interessi”, che, poi, i tuoi, sono “quasi” grandi come il mondo (sei un sublimato d’uomo…): d’accordo non ti interessa la ceramica neanche di Picasso! perciò il “quasi”, ma il resto c’è tutto. Sì, con alcuni privilegiati. Cinema, musica…persone grandi.

Ammetto che non sono in grado di capirti. Voglio dire non riesco ad abbracciare il terreno dove ti muovi. E’ naturale. E’ così con tutti…con tutti i “dissimili”: neanche Mario capisco in quel senso, Mario che “studio con passione e amore” da cinquant’anni— e mi aggiorno sempre, e a ogni ennesima volta mi dico: “adesso capisci un po’ meglio”—-ma poi di nuovo sparisce tutto e ridiventa “uno sconosciuto”. Credo sia tipico di una maniera di contattarsi con gli umani (ma possono essere “non” umani) che non è superficiale.

Eh, be’, ormai lo sai mille volte, tu – ti – vedo come un “recanisso” (quei legnetti che una volta si succhiavano, una volta quando le …difficoltà e le privazioni non ci spaventavano… ), ma mia zia Lina era per me- e lo è tuttora- modello contrario al tuo. Sempre per quello che mi credo io. A mio vedere, lei ha mantenuto fino all’ultimo un cervello giovanissimo, quasi da bimba, interessata a tutto e a tutti, perché non si è mai rifiutata di gioire e soffrire con gli altri. La guardavo incredula: l’ho conosciuta che avevo tre anni, il giorno del suo matrimonio con mio zio, fratello di mia madre, e mi sono sempre tenuta vicino  a lei perché personaggio radioso, e ho visto. Posso dire di aver visto. E’ morta che ne aveva 86, mi pare. 83 anni di osservazione, qualcosa vuol dire. Lei non ha giocato al risparmio, affatto. Ha giocato come Mons. Alberto.  Chissà se, ad un certo momento, anche lui, nonostante la sua grande fede, l’ha pensato. Anch’io gioco come loro, che li ho avuti a modelli. Gioco a modo loro nel mio recinto piccolo piccolo.  Di anni ne ho solo 68, acciacchi ne ho, niente paragonabile ai loro, e la vita non mi sembra (“ancora”?) una fregatura. Cosa mi toccherà? Non oso immaginare… per arrivare a dire così. Dovrà essere terribile. Non immagino. A mio modo di vedere, invece, ci sono sempre, in ogni circostanze, delle risorse dentro di te cui attingere. E’ diverso se queste risorse pensiamo di averle già spese. Magari un’illusione, uno scherzo del bisogno di inerzia, che non ci fa più mettere in gioco se non in situazioni conosciute e controllabili. Molta gente che conosco è così. Gente che vive intorno a me. Sono guidati dalla paura di soffrire. Forse quando soffrono, soffrono più di altri. Forse hanno paura di perdere il cervello, o più comprensibilmente, il controllo. Io, che non ho controllo, o che vado avanti con redini leggere quasi sciolte, o così mi appaio, ho vicino a me persone cui il controllo è fondamentale. Ma non è il controllo dell’esterno, anche se pare, che devono controllare. E’ che l’esterno, in un movimento improvviso, imprevedibile, può mettere in rischio il controllo della loro testa. Così credono: avranno nella vita avuto alcun confusi sintomi, lo spavento grande, e da questo si sono lasciati guidare. Adesso, alla loro età, non lo perdono. Anche se “mai”, non si può dire mai.

Forse questa speciale difficoltà a conoscere mi succede con gli uomini, con alcuni di loro, gli uomini “tipo”, che non sanno ancora della primavera che sembra circolare tra i giovani…Se per questo, anche da noi, anni Sessanta, circolava una bella primavera, avere nuovi rapporti di coppia e nuovi, quindi, rapporti sessuali, era il vessillo più alto, quello portato da tutti. Fuori le femministe, che si sono rinchiuse in se stesse e nel “loro” femminile (ammetto di non conoscerle), con gli anni Settanta, metà Setttanta, ci siamo rinchiusi in casa a guardare “la nostra coppia”, “il nostro matrimonio”, comunque celebrato, “ i nostri figli”. Insomma, la storia degli anni Ottanta che si avvicinava a gran passi, l’ideologia già nell’aria, i movimenti fermi, le Brigate rosse che immediatamente, fuori chi partecipava di questo progetto criminale, anche se “in buona fede”, ci hanno immediatamente obbligato a stare dalla parte della tradizione. Le nostre idee, meglio, le nostre velleità sono rimaste tra le mura di casa.  Non si usciva neanche più la sera, dice Lucio Dalla. Io ero in Brasile  con la dittatura militare: lì eri già fortunato se ti lasciavano le mura di casa. Ma tra le mura sono rimaste il nostro bisogno di collaborazione, di solidarietà di mettere in comune di comunità e apprendimenti reciproci che aveva caratterizzato i Sessanta, prima metà dei Settanta.  Per questo siamo così invecchiati.

Allora sono gli uomini inconoscibili? Vedi, Diletta, mi sembra di conoscerla perfettamente, lei e il recinto o il fiato dell’universo, in cui si muove: forse perché mi ha visto piccolissima. Dice che ero “una bimba buonissima”. Ne approfitto per segnalarlo. Mia zia Lina anche, la conoscevo. Già mia sorella, donna donnissima, la conosco molto poco. Donatella la conosco poco solo quando smette di ridere, ma smette così poco…Scherzo, ma non mi è “simile”, è un mio “diverso- comune”. Che è il massimo da chiedere al cielo. Ah, se per quello, anche Diletta, ma con lei “comune” è scritto più grosso che “diverso”.

Allora forse non si tratta di sesso? Non si tratta di sesso, ma di tipi di uomini: le donne comunque siano, per estranee, in tante cose mi identifico: quelle della nostra età, hanno sempre subito un uomo, mia sorella, così sgarzolina, sempre allegra e fiduciosa nel domàn (meno che per gli affari), così sempre di buon umore si è fatta venire della palle d’acciaio nel matrimonio che-rarissimo rarissimissimo- a volte fa schioccare e, lui, zitto.

Chiudo dicendo che per ora non ho sensazioni di “fregatura”: ripeto, molto dipende da quello che ci si aspetta, ma questa è un’ovvietà assoluta. Però, un dentista in terapia, anni fa, mi ha detto che, il padre, professionista famoso, un carattere ecc., prima di morire gli ha detto la stessa cosa.

Ieri, un’altra dentista, combinazione, eh sì, ho problema ai denti, ha voluto parlarmi della madre che lei, a quanto padre adorava (mia madre faceva così, anch’io…), prima di morire, le ha detto: “Goditela”, come dire: “lascia perdere tutto il resto”.

Come vedi, caro ragazzo mio, e come c’era da immaginarsi se fossi meno miope, non ho risposte. Ciao, ti abbraccio, insieme ai miei non-lettori, chiara.

 

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8 risposte a 20 ottobre 2012 ore 10:18 CARO RAGAZZO MIO…

  1. nemo scrive:

    Una bella lettera ( da ‘geologo’ si potrebbe dire per gli interessanti ‘carotaggi’ nel passato-presente ). Sì, ho ( abbiamo ) ‘paura di soffrire’ moralmente ancor più che fisicamente: credo sia naturale e universale. Anche se mi ripugna, siamo stritolati nella morsa degli ‘ordini della specie’ che fa della nostra vita (di tutti ) una ‘fregatura’. Un bacione.

    • Chiara Salvini scrive:

      SE POTESSI TRADURRE PER IL POPOLO! geologo, cosa fa? carotaggi?…….sibillico per me, pazienza! Oscar Wilde, come sapete tutti: “Signore salvami dal male fisico perché a quello morale ci penso da me”. E forse usava proprio lo stesso “meccanismo di difesa” dell’io (tutti meccanismi, o strumenti, necessari alla sopravvivenza, sembra che qualcosa strida se usati in modo eccessivo…io lo credo, lo vedo, ma difficile stabilirlo senza il soggetto interessato e collaborante) cioè quello di astenersi da quello che “immaginiamo” (l’esperienza diretta non ce l’abbiamo) poterci dare dolore. E qui si apre tutto un capitolo sulle previsioni come proiezioni dell’esperienza passata, che, però, è altro dalla presente…; lo dico, perché- pur lasciando lì- è una delle fonti generatrici di errori e abbagli della vista. In quanto al “siamo stritolati nella morsa degli ordini della specie”, mi ci vorrà una vita a dire il mio parere, ma alla nostra età, giovani come l’acqua-diceva mia nonna- ce l’abbiamo il tempo, non ti pare?

  2. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Non so cosa dire, perché non c’è risposta, ognuno ha la sua , a seconda di quello che ha vissuto e di come sta, sia fisicamente che psicologicamente. Ecco, se potessi dirla in una battuta, direi che mi sarebbe seccato molto se non mi avessero invitato!.

    • Chiara Salvini scrive:

      intervento di violenza! dimmelo al telefono e cambio…quando accettarai di entrare tu da sola…)- Scritto lungo commento a te e carino, ma se n’e’ andato!

  3. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Cara Chiaretta,
    la vita è stretta:
    come una rondine
    vorrei volare
    ma appena appena
    posso cantare.
    Cantar di rabbia,
    di malattia,
    d’amore, d’odio,
    di nostalgia.
    Vorrei cantare,
    ma in un momento
    mi giro
    e son volata….

    i punti sono 4, mi ha insegnato la cara Elena Broseghini, e tu, Proffe, cosa ne dici?

    • Chiara Salvini scrive:

      spero che la nostra antichità permetta, ho modificato l’ultimo verso e ora non so più rimetterlo…c’era una foglia, che a me stonava, d’autunno troppe foglie… non stonano, d’accordo! Inutile dire che puoi rimettercela…il poeta ha le sue ragioni che il volgo…vuoi che mi inginocchi e singhiozzi, in questo periodo mi farebbe bene…Ma tu canti sempre, bimba bella, canti come quegli uccellini tenuti in gabbia per secoli sotto panni scuri…la tua infanzia e soprattutto adolescenza e giovinezza…dell’oggi, si sa, non v’è certezza, ma stai meglio SENZ’ALTRO! E canti…di frasca in frasca…eh sì.c’è una punta verde di invidia nel mio apprezzarti…guarda l’ultima volta che abbiamo pranzato insieme…ultima di ennesime situazioni che si ripetono ormai…da cinquantanni? Prima di Franco il Gran Navigatore, c’era il grande – assolutamente non navigatore – che è Franco, tuo fratello, poeta affermato ecc. . Tu, e l’altro coltissimo, mario bardelli, un ciù ciù tutto il tempo che riempie il ristorante di alberi e di fiori, diciamo così, per non dire “di merda”, come direbbe un invidioso, che OVVIAMENTE, io non sono. Franco ed io non ci guardiamo neanche, cocciuti stiamo a scuola, ci viene intorno un banchetto di legno duro, quello con l’inchiostro dentro un buco, noi lì concentrati e muti. Poi, ad un certo punto, persino lui – con fatica – Franco dice: “be’ andiamo” e si alza autorevolmente…intanto il caffé nelle viscere si è da tempo freddato…Verdemente felice che ti abbiamo invitato a questo nostro mondo nel tempo in cui c’ero anch’io. vera casualità, ma lo sai che scherzo: ti vedo sempre in una nuvoletta cor di rosa con un goccio di celeste…vuoi un rosso bandiera (quella rossa, s’intende) misto a sangue per la tua cattiveria? D’accordo, ma ho la fotofobia…no, un rosino non lo accetersti mai, tu che sei una femmina, ma travestita da maschio…allora ROSSO? E rosso sia!, ch.

  4. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Amicizia

    La farfalla
    si posa
    sul cuore
    di una rosa.
    Di felicità
    sorride la rosa.
    Un po’ del suo profumo
    darà
    alla farfalla vaporosa.

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