[audio:https://www.neldeliriononeromaisola.it/wp-content/uploads/2012/10/Boy-George-and-Culture-Club-DO-YOU-REALLY-WANT-TO-HURT-ME.mp3|titles=Boy George and Culture Club – DO YOU REALLY WANT TO HURT ME]
OSSERVATORIO POLITCO di Roberto D’Alimonte |
L’ombra dell’ingovernabilità. |
Non è mai successo nel nostro Paese che in una elezione regionale la partecipazione elettorale sia scesa sotto il 50%. In Sicilia ha votato il 474%.
Per trovare un valore inferiore dobbiamo far riferimento alle europee in Sardegna nel 2009 quando solo il 40,9% degli elettori è andato alle urne. Questo’dato rappresena il record negativo per qualunque regione in qualunque tipo di consultazione. In Sicilia ci si è andati molto vicino. Nelle regionali del 2008 aveva votato il 66,7% ma allora si votava anche per le politiche e le urne erano aperte anche’ il lunedì. Il confronto più attendibile è quello con le regionali del 2006 quando la partecipazione è stata il 59,2%. Il calo quindi è stato di quasi 12 punti percentuali. In valori assoluti vuol dire una differenza di mezzo milione di elettori. Non è mai nemmeno successo che in una elezione regionale il primo partito abbia ottenuto meno del 15 % dei voti. Questa è più o meno la percentuale del movimento di Grillo. È una cifra che per il Movimento 5 Stelle rappresenta un notevole successo, ma che da un punto di vista sistemico desta gravi preoccupazioni. Dopo il M5S troviamo un Pd al 13,5% e un Pdl addirittura al 12,9%. Certo, si tratta della Sicilia e di una .elezione regionale con liste civiche legate ai candidati. Ma anche tenuto conto di queste attenuanti resta la netta impressione che si sia davanti alla ulteriore frantumazione del sistema dei partiti. E come si governano una regione e un paese in queste condizioni? È in questo contesto di accentuata disaffezione dell’elettorato e di crescente frammentazione’ della rappresentanza che va inquadrato il risultato di queste elezioni. Ha vinto Crocetta. Non era un esito scontato. Gli ultimi sondaggi disponibili davano Musumeci in vantaggio o quanto meno lasciavano presagire una competizione molto più serrata tra i due principali sfidanti. E invece non è stato così. La vittoria di Crocetta è stata netta e rappresenta un successo storico per il centrosinistra. Da quando è stata introdotta l’elezione diretta del presidente non era mai successo che vincesse un candidato di sinistra. Né che il centrodestra non avesse la maggiqranza assoluta dei seggi. In Sicilia nessuno oggi ha la maggioranza. Né la destra né la sinistra. È l’effetto del successo di Grillo. La destra l’ha persa per la prima volta dal 1948, ma la sinistra non l’ha conquistata. Né in termini di voti né in termini di seggi. Il premio previsto dal sistema elettorale non è bastato a convertire una minoranza in maggioranza come invece avviene nelle altre regioni italiane. Da domani vedremo come Crocetta riuscirà a governare. Il centrosinistra ha vinto con poco più del 30% dei consensi in una regione che è ancora, nonostante Grillo, prevalentemente orientata a destra. Il risultato del Pd non è soddisfacente. Non cresce in una situazione in cui il mercato elettorale diventa più fluido. Lo stesso si può dire della sinistra radicale e dell’Idv. Entrambi non riescono ad arrivare al 5% e quindi restano fuori dalla assemblea regionale. Complessivamente il bacino elettorale della sinistra non si è allargato. Ha funzionato però l’alleanza tra Pd e Udc. E questa è una nota positiva. La destra siciliana esce male da queste elezioni. Nella sua sconfitte c’è di tutto. C’è il voto di protesta che si è rivolto sia verso Grillo che verso l’astensionismo. C’è la voglia di cambiamento. C’è forse una minore presa del voto clientelare. Ma ci sono anche le divisioni profonde che separano le sue varie componenti. E questo spiega non solo la vittoria di Crocetta ma anche il pessimo risultato del Pdl. Alle politiche del 2008 il partito di Berlusconi aveva ottenuto addirittura il 46,6% dei voti. Nelle regionali del 2006 aveva il 33.4. Il 12,9% di oggi è una débacle, anche se si deve tener conto della scissione di Fini e di quella di Miccichè che si sono presentati con liste diverse. Nel suo complesso però la destra non è sparita. Resta lì, con i suoi Musumeci, Lombardo, Miccichè, Romano ecc. Aspetta un nuovo federatore. E cosa dire infine di Grillo e del suo movimento? Il 18% del suo candidato fa impressione. Fino ad oggi a livello regionale aveva ottenuto il suo maggiore successo in Emilia Romagna nel 2010 arrivando al 6% come lista e al 7 % come voto al candidato-presidente. Il risultato di Parma per quanto importante era pur sempre un successo cittadino. In Sicilia alle amministrative della scorsa primavera si era presentato in soli tre comuni superiori ai 15 mila abitanti ottenendo il 4,2%. Si parla di pochi mesi fa. Oggi è il primo partito nell’isola. Il Sud non è più il buco nero del M5S. È così che si spiegano le stime che lo danno oltre il 15% a livello nazionale. Fino ad oggi erano dati di sondaggio, oggi sono un dato reale. |
Molto approfondito ed esaustivo il commento alle elezioni siciliane. Volendo essere cattivi e razzisti, si potrebbe dire che questa volta la mafia ha scelto di non scegliere. Ma non credo che sia così. In questi mesi e anni è diventato maggioritario il ritornello: la politica ci ha deluso, detto da persone che non si sono mai occupate di politica. La cosa più pericolosa è che sono i cosiddetti media, direi pressoché tutti, a ripetere la stessa litania: i politici sono tutti uguali. Pochi minuti fa, in una rassegna stampa sul TG Skay si ribadiva questa corrosiva e falsa teoria: si esponeva la questione del D-day e si faceva notare come sia il PDL sia il PD avevano ciascuna su questo punto una posizione opposta a quella sul D-day per il 2008. In sostanza, non si analizzava per niente la diversità delle situazioni ( nel 2008 il D-day, sostenuto dalla sinistra, non avrebbe costretto a contorsioni sulla Costituzione, come sta avvenendo ora, e avrebbe davvero costituito un risparmio; quello attuale, invece, sostenuto dalla destra, costringe a forzature penose dei regolamenti e della Costituzione, cioè mancanza di un governo eletto in più Regioni per parecchi mesi, quando la legge dice che dopo 90 giorni dalla decadenza del governo regionale devono essere indette le elezioni; chiusura accelerata della legislatura nazionale. Naturalmente anche questa volta , come nella precedente, prevale la volontà della destra di farsi gli affari propri, cioè di scegliere le modalità di voto che pensa più le convengano. E anche questa volta l’ha avuta vinta. Certo, so benissimo che di fronte alla crisi economica queste cose hanno sicuramente una importanza minore, però credo che il giornalismo dovrebbe dare tutti i dati necessari per farsi un’idea il più possibile oggettiva. Più che lo stravolgimento della realtà è pericolosa l’omissione, il tacere alcuni particolari che sono fondamentali per capire anche la realtà politica e dei partiti. E poi, a forza di modificare la Costituzione a seconda degli interessi di parte, questa Carta per l’Italia fondamentale, finisce di perdere valore e autorevolezza. Per tornare ai cosiddetti ” delusi” che pullulano da ogni parte, vorrei chiedere a ciascuno di loro cosa ha mai fatto per il bene comune, chi ha mandato al governo nelle precedenti elezioni, se è andato a votare. Penso che il manto della ” disillusioni” per molti cadrebbe come una maschera posticcia e fasulla.