21 NOVEMBRE 2012 ORE 07:39….”c’è un pianto disperato nelle cose”…. “TUTTO E’ BELLO QUELLO CHE E’ BELLO IN QUESTO MONDO: MA QUESTO ESSERINO CHE GUARDA INCANTATO LA SUA MAMMA CHE HA SPENTO PER LUI LA CANDELINA…FACENDOSI QUASI VENIRE GLI OCCHI STORTI DAL GRANDE AMORE… QUI E’ NELLA CASA DEI MERAVIGLIOSI NONNI FIORENZA E VILLIAM. CON UNA NOTA DI CHIARA.

 

 

Questa canzone in onore della meravigliosa mamma Francesca che, mai, sarebbe tale senza “quel papà” Valerio…e, vorrei aggiungere, “senza quei nonni” Fiorenza e Villiam! Come direbbe scherzosamente nemo: “questo è un bambino tribale”!

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Foto: Tanti Auguri Nicolò!!!!

 

lo iniziano ai riti sociali…la torta così perfetta e’ di Fiorenza, la nonna!

“troppo simpatico!”: un bambino felice e “orgoglioso” di esserlo! Eh mi! quanti fossero  così curati…

 

 

Ripeto la foto del nonno Mario che accompagna Nicolo’ a camminare per le strade del mondo… per la grande tenerezza che questa immagine mi fa, ma anche per una strana pena…pensate che questo nonno, così orgoglioso – strafottente- eterno adolescente – insomma avete in mente il tipo…se poi lo velate di una tinteggiatura da artista rigorosamente “rive gauche”…possibilmente maledetto….be’ questo nonno così fatto….ha visto nella vetrina di una salumeria, qui a Sanremo in fondo a via Palazzo, una grande etichetta rotonda con scritto “Nonno Mario” e – ci credete?- se l’ha fotografata! Data “l’immagine che spende di se stesso”, che, forse, è come lui è, almeno in parte, è una persona insofferente alla più minuscola limitazione…che, per esempio, non porta l’ombrello perché-come Modigliani- non lo tollera “perché gli nasconde il cielo”…poi, la bronchitina lo blocca a letto da malato terminale…guai a rivolgergli la parola e guai a non essere scattanti sull’attenti con il brodino, la medicina il succo d’arancia….(tutte le richieste devono essere “indovinate”, come fa la mamma con il bimbo nella culla di cui riconosce il pianto, perché mai si abbasserebbe a parlare…) be’, dicevo, questo accumulo di contraddizioni con cui dovrei convivere senza rimetterci la salute…(per ora ho grosse cadute di stile e di angoscia, come in questi giorni, anche se migliorata negli anni)…lui che, dicevo, non sopporta limitazioni minime, porta a passeggio Nicolo’ per ore e ore mattina e pomeriggio senza mai stancarsi…Ma mi viene in mente una sua uscita, tempo fa, a Milano, a casa di Francesca, che volevo utilizzare per esemplificare cosa è “la proiezione” di un desiderio, ma la spreco così in aneddoto…Sosteneva Nicolo’ nei suoi tentativi di stare in piedi da solo…e gli si rivolge: “Tieniti a me che sono il bastone della tua vecchiaia!”. Carina, no? Ecco, forse, l’origine della mia pena: è per il nonno Mario “il bastone della sua vecchiaia”, quasi unica ragione “fondata” di vita..una vita fallita, nella sua delirante immaginazione, ma – e qui è difficile capirmi- nello stesso tempo una ragione di vita “solo virtuale” “svagata- occasionale”…cioè non diventa vita concreta un impegno che ti sostiene davvero…una cosa che comporta sempre “un lavoro”, una responsabilità presa…sono oscura, lo so. Sunt lacrimae rerum” (c’è un pianto nelle cose) mi dice Donatella da Virgilio…e, oggi pensando a quel poco che ho tentato di dire, aggiungerei: “c’è un pianto disperato nelle cose”.

 

Ps. Mi viene in mente che, in tutt’altro contesto e parlando di tutt’altre persone, Nemo ha pronunciato la parola: “magaglio”. Un’associazione mia su cui riflettere: perché l’ho fatta? Che mio pensiero c’è dietro che non esprimo e di cui non tengo conto per dare una valutazione della mia situazione? Mi potrebbe offrire un punto di vista da cui guardare che potrebbe diminuire la mia sofferenza. Una diversa prospettiva. Che potrebbe darti il famoso, “salutare /salutarissimo” per sopravvivere/, distacco: guardi ad un  altro, che prima sentivi sulla pelle, come ad un oggetto, un paesaggio che accade, a cui hai la possibilità di portare rimedio, ma in piccoli dettagli. Come ci sono dei bevitori sistematici che non si inciuccano mai e vanno diretto, e con sistematicità, alla cirrosi epatica, così ci sono dei suicidi sistematici: fanno un pezzo tutti i giorni, in un progetto “senza speranza” portato avanti con rigore anche sotto le oscillazioni. E’ questa una storia vecchia e lunga: finora, nel rapporto, la mia persona è riuscita a far oscillare il pendolo verso la positività— e— sia pure in un trascorso a zig zag— questa alla fine prevaleva sempre come tendenza. Adesso la mia energia è sfocata, non riesco più ad espanderla e spanderla con generosità, comincio a contarla come gli avari contano i soldi, ma soprattutto – e mi stupisce- sento un bisogno assoluto di “salvarmi io”, di non lasciarci le ghette per “quanto nobile sia la causa” (salvare un altro), un bisogno così forte che un tempo non veniva fuori. Merito certamente di una rinnovata sanità mentale e di un “io”  che piano si è liberato, pur sempre in parte, di bisogni masochistici. Mi sono riconciliata con me stessa, ho perdonato al mio destino o storia, ho meno da espiare e più piacere da godere. E’ così difficile che un malato mentale emerga “al diritto al piacere”: lui conosce il dovere di soffrire, questo sì, ed è una gabbia da cui è difficilissimo uscire— per così tante ragioni complesse che non riesco neanche a figurarmi. Né ci provo. Può sembrare curioso, ma in una coppia, se uno migliora la sua parte sana, rompe un equilibrio che, pur malato, tanto per esagerare, teneva insieme il legame. Adesso quell’equilibrio è rotto, bisognerebbe avere l’energia e l’immaginazione per farne uno nuovo…ma è difficile che il caso voglia che, entrambi le parti, trovino la forza di affrontare il nuovo, sicuramente faticoso da raggiungere, in un’età in cui–troppo spesso—ci si chiede: “ma ne vale la pena?”

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10 risposte a 21 NOVEMBRE 2012 ORE 07:39….”c’è un pianto disperato nelle cose”…. “TUTTO E’ BELLO QUELLO CHE E’ BELLO IN QUESTO MONDO: MA QUESTO ESSERINO CHE GUARDA INCANTATO LA SUA MAMMA CHE HA SPENTO PER LUI LA CANDELINA…FACENDOSI QUASI VENIRE GLI OCCHI STORTI DAL GRANDE AMORE… QUI E’ NELLA CASA DEI MERAVIGLIOSI NONNI FIORENZA E VILLIAM. CON UNA NOTA DI CHIARA.

  1. diletta luna scrive:

    ” C’è un pianto disperato nelle cose ” , anche se lo dicono voci autorevoli come Virgilio e.. chi lo segue, devo dire che mi viene difficile pensare a che cosa sia una ” disperazione “. Se si dice tanto per dire, vada !Penso e ripenso ad una forte emozione da poter chiamare così, ma ….non ricordo di essere stata disperata. Accanto a questo termine mi viene subito in mente un altro ” campo di concen tramento, lager ” ed il confronto mi fa subito inquadrare la realtà . Altro:……. “Ma ne vale la pena ? ” io direi , che proprio in questo caso, ne vale davvero la pena.

    • Chiara Salvini scrive:

      Sempre cara mi fu questa erma colla…che ha nome “DILETTA LUNA”: cara diletta tu dimentichi il nostro lato d’ombra!
      Ah l’uomo che se ne va sicuro,
      agli altri ed a se stesso amico,
      e l’ombra sua non cura che la canicola
      stampa sopra uno scalcinato muro!
      (Ossi di seppia, Montale)
      Ma cerchero’ di spiegarmi per come posso: quando leggi i tuoi romanzi, quelli che ti piacciono e segui con amore, vuol dire che ti sei “immedesimata” anche in quei personaggi estranei alla tua storia e ai tuoi principi di vita. Con i “vivi”… “dovrebbe” accadere lo stesso, anche se, si capisce, e’ estremamente più difficile che con un romanzo che, in fondo, è un pezzo di carta che mai potrebbe attentare alla tua vita (toccarti nel tuo personale). Tu sei stata educata nel cristianesimo come me, certamente con un segno più forte del mio perché per tua fortuna (dico io adesso, e anche visti i risultati!) vieni da una vera famiglia cristiana, la mia non era affatto così, e sei stata suora per tanti anni, io alla fine della terza media, pur contro la violentissima opposizione della suora, la cara e benedetta suor Clementina, che mi diceva che “mi sarei persa” (una specie di minaccia, direi oggi, pur fatta in buona fede, di questo ho certezza), sono andata al ginnasio e alla scuola pubblica, finalmente. Mi ha poi “ripreso” Don Alblondi ma lasciandomi tutta la libertà di non credere e di seguire la mia testa nel comportamento. Il Cristianesimo (il Marxismo non è da meno), nelle sue varie—come si “deve” dire oggi!—“declinazioni”, o varietà!, è una religione o filosofia di vita (la leggo così) che esalta il positivo, la costruttività, il lieto fine “sempre e a qualunque costo, costasse la vita!” in una maniera che oggi a me pare “inumana”. Il male sta in Lucifero o diavolo, è esterno a noi, ci vocifera delle tentazioni a cui noi possiamo resistere, perché abbiamo in noi questa forza-buona che ci viene dall’essere stati fatti “ad immagine di Dio”. Non è un caso, a mio parere, che in questi millenni della sua storia, il cristianesimo abbia così poco mutato la crudeltà insita nella natura umana perché basa i suoi precetti in una umanità che, a mio parere, non esiste. Se tu-professoressa di lettere- passi uno sguardo pur rapido alla nostra storia dai primordi (basterebbe il racconto di Caino ed Abele!), se non ti accechi con i tuoi schemi, vedrai che dico il vero. Il male, la crudeltà, ogni efferatezza possibile, come abbiamo visto nei lager che tu giustamente ricordi (oggi, la lista sarebbe lunghissima: basta Gaza in questi giorni…), è tutto insito nel cuore umano, in più o in meno secondo la persona, il suo codice genetico (virtualità) e l’ambiente. Non entro adesso sul rapporto, pur così interessante, tra ereditarietà e cultura e ambiente. Nel mio piccolo, a 12 anni (ancora a scuola dalle suore), quindi immersa in quella cultura che esalta enormemente la famosa famossima “forza di volontà”, chiara, in quell’ambiente positivo-brillante come le lenzuola OMO, a 12 anni, sognava il suicidio. Precisamente il tipo di suicidio di un romanzo famossimo che ora non ricordo, il protagonista muore annegato, ma il bisogno di suicidarsi, pur in una forma presa dalla letteratura, era vero. Qualunque psichiatra-psicoanalista, senza neanche pensarci (l’ho detto per tanti anni io stessa) direbbe. “è il primo manifestarsi della malattia bipolare che poi ecloderà in seguito”. (ecloderà, esiste?. Scoppierà)
      Per me, prima di parlare di malattia (legittimissimo), bisogna esaminare 1. i fatti che hanno suscitato questo bisogno di sparire dalla faccia della terra in una ragazzina e—qui, più difficile— 2. i suoi schemi mentali attraverso cui vedeva il reale. . In quel momento i miei schemi mentali erano “tremendamente” influenzati da suor Clementina che, accorgendosi come in fondo fossi “abbandonata” dai genitori che passavano il loro tempo al lavoro, intuendo – da donna molto intelligente e sensibilissima- “il mio bisogno di una madre”, aveva iniziato con me a svolgere questo ruolo: badava per esempio all’espressione dei miei occhi quando erano tristi e me ne chiedeva la ragione, mi curava nel vestirmi e nel pettinarmi facendomi diventare una ragazzina ben ordinata ed addirittura (in terza media), a suo modo, elegante. Mi teneva a parlare fuori dalle lezioni anche per ore sempre volendo sapere come stessi, cosa pensassi…insomma “mi vedeva” (cosa che non succedeva in casa—racconterò e giudicherete voi), voleva sapere dei miei pensieri che, tra l’altro, erano tantissimi e tutti in contraddizione tra loro, mi dava dei buoni consigli…insomma svolgeva il ruolo di una mamma ideale che, in un terreno assetato come il mio- si è installa QUASI “da padrona”. L’affeto, come si sa, è un motore potentissimo per influire sulla testa di qualcuno specie se questa ha una carenza: è ovvio, gli dai da mangiare, ha fame! Con un limite che racconto perché, a mio parere, è divertente: quando mi trovavo in terza media, lei si era messa in testa che dovevo farmi suora e mi diceva che pregava tanto per questo. Evidentemente credendo ciecamente all’efficacia delle sue preghiere, Chiara le ha proibito di pregare convincendola di lasciare tutto alla volontà del Signore. E lei ha accettato la mia volontà. C’era cioè un’amicia reciproca, lei mi parlava dei suoi problemi con la classe…ed io (altro modo di catturare) mi sentivo un adulto! L’altro uso della mia testa, prima che della sua, lo vedo nel decidere (in casa non se ne parlava) di andare alla scuola pubblica, nonostante le sue “minacce”, in cui, come avrete capito, io credevo! Ma dico di più: si sono avverate! Lei intuiva, secondo me, che fuori da una “schema” o struttura esterna cultural-affettuoso-disciplinata, Chiara avrebbe molto faticato a tenere il timone. E così è stato: mi sono ammalata, per tantissime ragioni, ma anche nell’impossibilità fare “una sintesi o integrazione” tra tante forze che mi tiravano da tante e opposte parti.
      I fatti che hanno portato al bisogno di suicidio : in seconda media questa suora (che ha avuto anche il merito di addentarci alla lettura dei quotidiani…facendo attenzione a “La stampa” perché massone!) ha ritenuto arrivato il momento di istruirci nel sesso: ragazzi, parlo di mille anni fa! Cosa pensate mai che ci potesse dire? E in più una suora che aveva lacerato se stessa con il voto di castità!| Per quello che ricordo: “era peccato guardare negli occhi un ragazzo, bisognava stare seduti solo su sedie molto dure per mortificare il corpo (chiaramente il diavolo che ci portavamo appresso!), e fare il bagno vestiti di una camiciola”. Non lo ricordo, ma questo “delitto” su delle menti in formazione, sarà stato condito con i pregi della virtù della castità … Quali? Non è importante, ma io credo solo nella “purezza” delle intenzioni (anche da ragazzina).
      Sempre i fatti: E’ successo —per caso—si intende—che mentre lei parlava, sarà durato un certo tempo questa lezione, vari giorni penso io, e’ sorta alla mia mente di fanciulla innocentissima un ricordo, un fatto preciso di cui non avevo la più lontana reminiscenza: si direbbe tecnicamente: “rimosso”. Si tratta di un abuso, avevo quattro anni, da parte del mezzadro dalla cui famiglia mi avevano lasciato i miei genitori ritenendomi troppo piccola per un loro lungo viaggio di lavoro. Mentre la suora parlava di purezza, è sorto in me questo ricordo e mi ha preso un senso di indegnità difficile da immaginare; come spesso succede nei bambini, non mi è passato neanche lontanamente in mente di attribuire qualche colpa alla persona adulta,” la colpa era solo mia. Nel diario: “il Signore non mi fulminava di colpo, mi lasciava in vita perché dovevo espiare un colpa così inumana-orrenda come la mia”: di qui i miei “sogni” di morire nelle acque come il personaggio del romanzo…
      Prima di rispondere a dIletta, finisco il mio ragionamento (quello che tento di fare): una reazione di depressione, anche con bisogno di suicidio, dati i fatti (il fatto+gli schemi interpretativi+più l’età) è, secondo voi, ripeto “nel contesto tutto”, un fatto di malattia, o non è piuttosto una “reazione normale”, meglio dicendo, ADEGUATA? Certo, per capire, bisogna trovarcisi in quella mente così poco strumentata (lo sono anche oggi da vecchia) e senza nessuno con cui parlare. Oggi -forse dopo tanti allenamenti analisi-autoanalisi- parlo di me “come di un altro”, voglio dire “come di un oggetto in osservazione” (esibizionismo a parte, che ci sarà) e quindi di tutto mi sembra si possa parlare e mettere in comune. Oggi non vedo “segreti” nella mia mente, allora tutto era “segreto”, e CON TUTTI. Vecchissimi amici come Donatella e Nemo posso testimoniarlo.

      Finalmente, cara Diletta, se sei ancora lì…: Arrivata a questa stazioncina della mia vita penso che “non è vero assolutamente che tutto sia risolvibile con la buona volontà di capire e di fare”. Mia nonna Chiara, e mia madre mi ripeteva, che “a tutto c’è rimedio fuori che alla morte”: l’ho creduto, e ho vissuto nella pratica questa convinzione per una valanga di anni: oggi, non dico che non lo credo più, ma che —accadono tante cose/ incomprensioni distacchi separazioni/ che sono ineluttabili come la morte. E’ solo la nostra onnipotenza che ci illude che possiamo riuscire in tutto: parlo di cose belle, come educare un ragazzo a non diventare storto, una famiglia che vuole separarsi, un malato che “vorrebbe” curarsi: per esempio, un malato mentale-lieve o grave- non lo curi se non “vuole”: come terapeuta, il tuo primo compito è convincerlo che se “lavora”, ha dei vantaggi, ma da farlo a riuscirci…! La stessa cosa vale per le cosiddette persone normali che si sentono infelici: tu- da fuori e con quattro strumenti- vedi benissimo qual’è il bullone che dovrebbe essere sostituito o modificato per fare andare la macchina avanti allegramente, ma la persona, anche giovane, è arrancata alle strutture che si è costruita da sola per autodifesa al punto che, se la sfiori, è convinta che vuoi ucciderla. Lascia perdere i miei termini forti perché uso il linguaggio di come sentiamo “laggiù”, oltre la coscienza, ma non ti lascia neanche avvicinare per timore che una modifica gli tolga il tappeto da sotto i piedi e lei impazzisca (sentito come morte). Sono sentimenti serissimi, la persona lotta contro di te, per sopravvivere…e puoi dirgli fino alla nausea che vede così perché i suoi schemi mentali sono sbagliati, puoi dirgli che questi si possono correggere pochin pochino senza intaccare di colpo la struttura, ma nella mia esperienza, fuori rari casi, queste persone (e qui sta il loro “difetto”, il bullone storto) si fidano esclusivamente ed esclusivamente di loro stessi.
      Vedi, mia cara Diletta, con tutto che ti amo molto, e che sei una persona che vuole capire, che crede di poter progredire, che ascolta e poi riflette, ci ripensa, una lavoratrice indefessa, e si modifica come può, come possiamo tutti, s’intende, una persona che io ho visto progredire—pur vecchissima come sei!—–si vede che il cervello non ha tanti vasi capillari ostruiti—-eppure, ciccy cara, il tuo bullone che ti fa fare una vita affannatissima, con i tuoi problemi di cuore ecc. temo che te lo dovrai spupazzare fino a là…La cosa più difficile, secondo Chiara, da capire sono i limiti ristrettissimi dell’azione umana per tutto: in politica, come si fa a non capire che tutto parte dalla scuola, che è da lì che bisogna partire per un minimo di giustizia sociale, eppure, vedi, non si capisce! Lo sappiamo tutti noi, ce lo ripetiamo da secoli, tu come tanti ti sei sfracellata per “educare” a questo, eppure lassù ci sono sempre altre priorità! E, poi, se vai nella mente umana, e anche nel fisico, le montagne da muovere sono inamovibili: è esperieinza di tutti che ci metti cinque minuti a prenderti una malattia, una stortura dell’organismo tutto—corpo mente—ma ci vogliono secoli e lotte infinite per correggere, una volontà sovrumana di lottare, aiuti dagli altri di tutti i tipi…eppure vedi, la tua amica di scuola come sta? Lei aveva tutto, anche i mezzi.
      I limiti che ci sono riguardano anche i mondi che non conosciamo: a differenza di noi due, ci sono persone che non hanno mai creduto nella loro vita che le cose si possano cambiare, anzi, credono che quando intervieni, quello che puoi fare è solo peggiorare, come il pensiero orientale “che conosco io”, si capisce (“Non affrettare il fiume, scorre da solo”). E sai, un’interventista spinta come me, infantile forse, onnipotente certamente, che vive con le maniche rimboccate, appunto credendo alla filosofia di sua nonna e sua madre (“a tutto c’è rimedio fuori che alla morte”), in tante cose ha dovuto verificare che se se ne fosse stata un po’ fermina, ad aspettare che le piante crescessero un po’ da sole —libere anche dal mio sguardo da lontano— , tante cose sarebbero andate meglio.
      Secondo me è solo il troppo egocentrismo che ci fa formulare un giudizio su un altro, su situazione diverse da noi, il nostro orticello che ci chiude come in una fossa sotterrati. Quando sto bene e sono tranquilla, vivo bene solo ed esclusivamente “in sospensione di giudizio”, nell’atteggiamento di: “non so, non posso sapere”, le cose hanno così tante angolazioni ma io più di una non ne vedo: questo è per me l’unico serio “relativismo” -di cui tanto si ciarla- in cui mi riconosco pienamente. Da un certo numero di anni, mi convinco che bisogna tirarsi su a pane e umiltà. Spero sia inutile aggiungere che ci sono situazioni in cui non puoi fare il saggio della montagna! Ma attenzione a discriminare quando sì e quando…meglio omettersi. Ti amo, lo sai sei stufa di saperlo, ti amo carnalmente…a proposito, quando vieni a trovarmi così ti abbraccio? Davvero, forse addirittura domenica vado dalla mia figlioletta che si prova a crescere, loro tre tutti insieme per fare una bella famiglia, e se non vuole consigli, il calore della “devozione”, le è necessario. Poi Nicolo’ ha assolutamente bisogno della straordinaria resistenza del nonno che lo fa camminare!

  2. nemo scrive:

    ‘ Mi sono riconciliata con me stessa, ho perdonato al mio destino o storia, ho meno da espiare e più piacere da godere ‘. Bellissima, ‘alta’, questa riflessione: una lezione-programma per noi tutti. Grazie, Chiara.

  3. diletta luna scrive:

    Nemo è sempre ottimista ed entusiasta dei tuoi scritti ed io invece, mentre mi accingo a risponderti, mi sento una…rompigliona. Sintetizzando il tuo lungo scritto, che ho letto due volte per paura di non capirlo bene, mi sembra che tu voglia asserire che la ns. volontà non è onnipotente difronte al destino ecc. ecc. E’ un’illusione quella di poter ” riuscire ” in tutto . Ma certo, i ns. “limiti sono ristrettissimi “. Figurati quante volte ho sentito da mia mamma e da mia nonna che a tutto c’è rimedio fuorchè alla morte, ma proprio questo concetto mi fa arrivare a pensare : tenta, quasi illuditi, ma quasi, di poter riuscire con la tua volontà a fare….molto.

    • Chiara Salvini scrive:

      Il tuo consiglio, Diletta bella è eccellente e lo traduco così: la convinzione di farcela, l’illusione, la suggestione-l’autosuggestione anche- Il grido della Turandot “Vincerò” così bello, è una forza così potente che “muove le montagne” : questa convinzione popolare è stata oggi-l’avrò già detto- provata dai neuroscienziati o studiosi sperimentali del cervello (aggiungo di nuovo che la forza della scienza sperimentale è il fatto di essere “pubblica”- nel senso che altri scienziati-ripercorrendo le condizioni di base – devono trovare gli stessi risultati: è in questo la sua “affidabilità”) Be’ tutti noi, senza bisogno della scienza, abbiamo visto le masse delirare per …non c’è neanche bisogno di citare il fascismo e nazismo o Stalin, basta Berlusconi, il suo predellino e la maggioranza del 2008, unica nella storia della Repubblica. Gramsci, come tutti sanno, dice : “Pessimismo della ragione e ottimismo della volontà”. Io volevo dare una testimonianza di me stessa, uno stato d’animo che però vedo in altri, forse gente della mia età, e dire che anche un fanatico della buona volontà sempre teso a migliorare le cose,come sono, la Do credo potrebbe testimoniarlo, , capisce che i suoi limiti sono molti di più di quello che credeva. E’ l’ottimismo della volontà che viene meno, non del tutto, ma non ha più quell’impeto. Ma anche ti accorgi che, con questo tuo continuo “formicare con le mani rimboccate”……Ecco, ho ottenuto “tutto” dalla malattia (“guarigione” sotto controllo) ma perché questa dipendeva solo da me.. L’altro-credimi- se accettiamo di vedere questo-, se appunto ci togliamo dalla testa le nostre bubbole-convinzione su “come è l’altro”, se uno fa l’esercizio che faccio “quasi” sempre che è, se riesco a sintetizzarlo (…l’altro risulta “quasi” inconoscibile”): 1. convincermi assolutamente (guarda che è difficilissimo “farlo”, a parole lo facciamo tutti) che io nella testa dell’altro non ci sono, è già un miracolo se sto nella mia; l’altro è una realtà “oltre” i miei schemi interpretativi che mi costruisco di volta in volta per capirlo: per avvicinarmi un po’ di più a lui, questi schemi li butto giù sistematicamente e mi metto ad osservarlo come non l’avessi mai visto, fatto un bianco nella mia testa, annotando mentalmente i dati “nuovi” che inevitabilmente sorgono…e così via, “per sempre”; con questo lavoro -che è continuo- di osservazione, certe-alcune vaghe-coordinate ti rimangono, le lasci “in sospeso” e via via le confermi—E’ più di trent’anni, trenta sicuri, che mi sono accorta-ma questo è un discorso un po’ ampio- la Donatella, se se lo ricorda può confermare- che mi sono accorta – e ripetutamente- che la mente – forse per lo spavento di avvicinare uno sconosciuto- quando incontra una persona -inconsciamente cioè senza accorgersene- lo ritiene simile a sé cioè ” lo ingloba nel proprio territorio, lasciami dire, narcisico (unico punto di riferimento è se stesso)” e così lo tratta: nasce immediatamente una sim-patia, fosse uno sconosciuto al bar, e c’è gente che si mette a parlargli dei fatti propri “come se costui…1. avesse alcun interesse a sentirli; 2. come se l’altro potesse capire.” Credo che tutta questa “comunanza-condivisione- sia un’illusione necessaria per vivere in società e avere dei rapporti. E’ tutto una specie di teatrino, tant’è che poi, in genere, l’altro incontra un amico, gli racconta quello che hai detto, magari se ne ridono o apprezzano…insomma diventi “pettegolezzo” sulla bocca di altri. Sto parlando di gente che lo fa “senza malignità” ma per far passare il tempo ed avere qualcosa di cui parlare per tenere relazioni, così necessarie all’essere umano per stare in piedi. Non ha caso il completo isolamento è una tortura. Converrai che se questo convivio sociale si dovesse basare su cose che pensi-elabori tu, magari di te stesso o di “cose altre”, sarebbe , forse, prima cosa pesante ed inoltre molto più faticoso. Non augurerei di essere me neanche al mio peggior nemico—quasi quasi neanche a Berlusconi!—-ma da allora, oltre trent’anni fa, ho continuato a fare l’esercizio di accorgermi di quanto di mio stavo ponendo nell’altro e a toglierlo….(si fa sempre quel che si può): ti assicuro che se ti metti in questa infinita “costrusòn del dom”, scopri un orizzonte…non metto aggettivi—che ti lascia vivere “in meraviglia” e in amore della vita…è esperienza di tutti, tua senz’altro, di Donatella senz’altro, di altri non mi azzardo, quando conosci, non dico davvero, ma un po’ di più un altro come ne rimani incantato!…io mi incanto anche davanti al cattivo-degenere ecc. – come credo altri-per il gusto di scoprire l’essere umano. Non so tu, ma io da sempre anelo ad un’intimità così profonda con un altro che forse-una cosa “simile”- avevo quando ero unita ad un altro con un cordone ombelicale, la parola esatta-che terrorizza molti- è “fusione”, però-attenzione bene (che è questo che spaventa), “è un attimo / con la possibilità di tornare te stesso e lasciare l’altro / “altro”. Altrimenti è galera. Freud chiama questo bisogno: “sentimento oceanico”. Il modo più semplice- se puoi, se la coppia può-di raggiungere questa “unione-fusione”-è un buon rapporto sessuale. Ma non è l’unico e magari neanche il migliore. Il più ” a mano”, sì… (non parlo dei chiari di luna di noi vecchietti, questa nenia è vera e “obbligatoria”). Secondo me, Stefano Furlati, per come mi ha descritto- posso sbagliarmi-dopo giorni e notti di corsa, immagino io, ripeto, raggiunge proprio questo sentimento di fusione con l’universo tutto. Recentemente, ho avuto questa esperienza così profonda proprio in un lungo dialogo con questo ragazzo bellissimo e adesso ho “questo tesoro” stampato nel mio cuore che mi dà calore, un calore “ricco” e, se ci penso, se lo metto a fuoco, costante. Insomma, ho un pezzo in più di cuore!…frattaglie e tutto. Un “nido”. E’ diventato “mio”. Non sono neanche lontanamente nella tua testa, non so se puoi capire cosa dico, dipende dalle esperienze di ciascuno, ma io mi sento veramente – lo vivo con “orgoglio, se si puo’ dire così, non con disperazione- una “sbriciola” spersa nell’universo, che per caso è viva, e che per caso, fra un attimo, sparità: sono un battito di ciglia dell’universo. E vedo-non sempre fortunatamente se no la vita pratica- gli altri alla stessa maniera. Un modo di sentire se stessi che è “di astrale solitudine e di astrale provvisorietà”: ebbene, quell’incontro con Stefano (mi è capitato, magari non così intensamente, che ricordi, con altri e mi capita tutti i giorni, in molto minor misura con le persone che incontro) mi ha regalato il sentimento bellissimo che-pur essendo in un universo spersa ecc- e lui con me- ero “insieme”/ e con un altro “familiare”. E’ accaduto, non significa che si ripeta, e men che meno con la stessa persona: UN REGALO DEL CIELO A CUI DIRE “GRAZIE” CON DEVOZIONE. E MAI PENSARE CHE SI RIPETA. COME DICEVA ELIANO, MIO ZIO, CHE TU CONOSCI: “LA VITA NON TI DA MAI DUE CHANCES”. Mi è partita la maledetta maiuscola, amen, non riscrivo. Perdonate, o voi folle e masse che mi leggete! A me vivere “senza aspettarsi mai niente”, mi fa vivere felice; perche’ vivi in “stato di gratitudine” / che è un bellissimo sentimento di benessere. E vivi “in sorpresa”, come dicono dei bambini. I bestioni del Vico, per te cara Professoressa! Sia ben chiaro che quello che dico si intende “umanamente parlando”…è così fuori tutte le grida arrabbiature furori di rabbia ecc. come per esempio, l’altra sera, a sentire Brunetta che “dimostrava” -concetti economici alla mano, cos’è lo spread, cos’è il debito pubblico, ha detto anche di essere tornato a studiare, cosa non fanno le sconfitte elettorali!- come Monti ci avesse mentito parlando di rischio default o fallimento del paese Il motivo per cui l’abbia fatto…l’ha detto solo a brunetta! E quell’imbecille di Vendola (sono arrabbiata), il solito di sinistra che disprezza l’economia, siamo un paese “umanista” (solo che lui, un dirigente che si candida a premier, non può) che glielo ha lasciato dire come avesse vomitato perle! Poi – per le furie “tutte ingrate” di Chiara, ci sono i mariti i figli le sorelle…tutti loro, e anche la Do e Franco che vivono cantilenando “povero Mario!”…potrebbero testimoniare che questa immagine che fornisco di me… è falsa!
      PS scusate gli errori, li lascio, sono stanca, questo cose che ho scritto mi impegnano dal profondo, grazie, chiara.
      Diletta, sul “E ne vale la pena?”, ritorneremo….yta i baci, ormai le masse del blog sanno che siamo amanti! Voglio cercare un brano di poesia di Eliot (Prukock) ciao, bonbon mio, tu al limone, ma bonbon tutti voi, ch.

    • Chiara Salvini scrive:

      Diletta: guarda bene che Nemo è una “persona educatissima” che ti scrive quando può dirti cose buone, le altre -semplicemente- te le risparmia sia per educazione (che è inimmaginabile!) che per buon cuore! Non ci vedi che-do grazie al cielo che lo faccia!- che scrive raramente, almeno in confronto a Donatella, e be’…a te…tu …bisogna aspettare la mezzanotte giusta! Quando non scrive…ti risparmia”! Scherzo un po’: ha il suo da fare, più o meno come tutti, ma lui mi pare…

  4. diletta luna scrive:

    Ah, dimenticavo di dirti che io adoro Montale e l’ho accettata come ottima introduzione, però non credo di essere l’uomo che se ne va sicuro el’ombra sua non cura….. ( l’avrò spiegato mille volte in classe e con grande passione ! )

    • Chiara Salvini scrive:

      Io distinguo tra “spiegare” e “vivere”, ma—in profondità—sei senz’altro una che, la sua ombra, la vede benissimo, adesso nella vita di tutti i giorni, con tutti i tuoi mille protetti…ma, non so, ma qualcosa mi fa dubitare…ciao amor bello, chiara

  5. nemo scrive:

    “” Non chiederci la parola che squadri da ogni lato / l’ animo nostro informe, e a lettere di fuoco / lo dichiari e risplenda come un croco / perduto in mezzo a un polveroso prato. / [ ….. ] / Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, / sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. / [ ….. ] “” . Sublime Montale ……

  6. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Non so se in qualche modo c’entra ma mi viene da trascrivere questi versi della Szymborska:
    “…Per riguardo ai bambini
    che continuiamo ad essere,
    le favole sono a lieto fine.”
    Voglio dire che abbiamo bisogno di sperare, che la nostra speranza è il nostro pane quotidiano. Abbiamo però anche bisogno della lucentezza della ragione, della sua spietatezza, che però ci aiuta a vedere con un po’ più di precisione questo mondo bello e terribile. Secondo me, Chiara e Diletta, tutte e due avete ragione: non c’è speranza se non costruita sulla realtà e d’altra parte, la realtà sarebbe ancora più terribile senza la speranza, cioè la capacità, vera o illusoria, di una dimensione futura, in pratica che ci sia un qualche senso. Mah…

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