20 maggio 2013 ore 17:27 Cercavo il testo di questo piccolo racconto di HEINRICH VON KLEIST…HO TROVATO QUESTA RECENSIONE CHE SI LEGGE VOLENTIERI…DI CLAUDIA CAVALIERE


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Il teatro delle marionette
di Henrich Von Kleist
recensione di Claudia Cavaliere

 

Ho scelto questo libro perché da quando mi occupo di teatro di figura le marionette mi affascinano decisamente!

Il teatro delle marionette di Kleist è un libriccino di 45 pagine. Bellissimo!

Queste poche pagine scritte da Kleist sono divenute, nell’arco di quasi due secoli, giustamente leggendarie.

 

L’opera di Kleist è un saggio filosofico, un dialogo leggiadro che Kleist ingaggia con il suo altro e che trova una continuazione in tutta la cultura del secolo.

Protagonista del saggio di Kleist è la marionetta, che qui è la vera metafora. E’ ciò che serve a dividere i punti speculari del problema che consiste nel rapporto fra animato e inanimato.

Forse così al primo impatto il nome di Einrich Von Kleist non è dei più conosciuti. Kleist che visse e scrisse le sue opere a cavallo fra il 700 e l’800 è stato poeta e drammaturgo tra i più grandi della letteratura tedesca. Tra le sue opere teatrali più importanti: Pentesilea, Caterina di Heilbronn, il principe di Homburg. Tra i racconti e romanzi: la Marchesa di O, Terremoto nel Cile e Michael Kohlhaas.

Kleist è certamente una figura molto singolare, uno dei massimi esponenti del romanticismo, rifiutato dal suo tempo.

Il teatro delle marionette è dunque un dialogo.

 

 

la grazia    mario bardelli maggio 2013 computerart

 

 

 

Due persone discorrono di una ballerina e ne sono immensamente entusiasti, poiché guardandola hanno la sensazione che voli, che sia senza peso; in questa danzatrice eccezionale lo sforzo scompare, la grazia del movimento le conferisce leggerezza, levità; la conversazione procede, finché uno dice: «Sì! Costei è straordinaria quasi… quasi come una marionetta!»: un’osservazione piuttosto provocatoria, che viene giustificata come segue. Uno degli interlocutori racconta: «mi accadde di trovarmi alle terme, dove vidi un giovane di sedici anni, già entrato nella pubertà, fare il bagno, e io, rapito com’ero dalla sua bellezza,… gli dissi qualcosa. Aveva fatto un movimento identico a quello della famosa statua di Scopa: mentre si toglieva i sandali aveva guardato in alto, proprio come fa quella statua greca. Ma provando a ripetere questo movimento, qualcosa non funzionava più, e tanto più ritentava, tanto peggio: non c’era più la grazia». Ecco, quando entra in gioco la coscienza, e anche la vanità che vi si accompagna, il movimento si fa incerto. La grazia vuole che tutto rimanga in sospeso, che le cose vengano da sé, Pensiero, questo di Kleist che ritroviamo in un altro grande esponente del romanticismo anch’esso purttroppo poco conosciuto: Novalis.

 

Anche l’altro interlocutore offre una spiegazione, raccontando la seguente vicenda (che riassumo in tre parole): nel corso di un duello, uno degli avversari primeggia – si tratta di un duello sportivo, una sfida di scherma – ma lo sconfitto (il padrone di casa) adirandosi, lo apostrofa: «ora ti mostrerò il tuo maestro» e condottolo a una gabbia, al cospetto di un orso incatenato, lo invita a duellare con quello. Lo sfidato prende la cosa sul serio e vi si cimenta, ma senza successo: l’orso non si lascia abbindolare dalle finte, e di fronte a una mossa simulata non reagisce in alcun modo ed è pronto ad anticipare qualunque gesto. È una cosa veramente misteriosa, che assomiglia al presentimento. Nelle sue ricerche Victor von Weizsäcker ha mostrato comportamenti molto simili nei serpenti e nei falchi (o falconcelli che dir si voglia), che nei loro movimenti di combattimento (o meglio, di minaccia) agiscono allo stesso modo, sempre in sincronia con l’avversario: non si può dire che l’uno reagisca all’altro; no, sono quasi affiatati, come in un gioco; a questo proposito Victor von Weizsäcker ha fatto il bell’esempio della sega a nastro. Questa sega deve essere azionata da due persone: ho provato anch’io, una volta, con Heidegger; è un’idea molto nota: basta non impegnarsi troppo, lasciare che le cose vadano da sé, senza opporre nessuna resistenza.
Ecco ora la conclusione del racconto. Ecco le parole di Kleist: «Dunque mio eccellente amico» – disse il signor C. – «ora possedete tutto il necessario per comprendermi: nella misura in cui nel mondo organico la riflessione si fa più debole e oscura, la grazia vi compare sempre più raggiante e imperiosa. Così come due linee che procedono all’infinito si intersecano da un lato in un punto e poi all’improvviso anche dall’altro lato, così come l’immagine dello specchio concavo, dopo essersi allontanata all’infinito, d’improvviso ci ricompare vicinissima davanti, così anche la grazia, dopo che la conoscenza, per così dire, ha traversato l’infinito, si ritrova, in tutta la sua purezza, in quel corpo dalle sembianze umane che non ha nessuna o un’infinita coscienza, cioè… nella marionetta o in Dio» «E quindi» – chiese il padrone di casa un po’ smarrito – «dovremmo rimangiare dall’albero della conoscenza per ricadere nell’innocenza?»,… «Certamente» – rispose l’altro – «questo è l’ultimo capitolo della storia del mondo: il ritrovarsi della coscienza nell’innocenza dell’infanzia».

 

 

 

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2 risposte a 20 maggio 2013 ore 17:27 Cercavo il testo di questo piccolo racconto di HEINRICH VON KLEIST…HO TROVATO QUESTA RECENSIONE CHE SI LEGGE VOLENTIERI…DI CLAUDIA CAVALIERE

  1. Leggo ora…con grande, grandissimo immenso piacere. Grazie

    • Chiara Salvini scrive:

      CHE PIACERE CHE TI SIA ANDATA BENE…NOI TI ABBIAMO LETTO E PUBBLICATO CON GRANDE PIACERE, GRAZIE CARA CLAUDIA ! CHIARA PER IL BLOG

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