27 MAGGIO 2013 ORE 16:16 E LA STORIA DI DAVIDE SI INFITTISCE DI MESSAGGI E INTERVENTI DI POLITICI: QUI UN’INTERVISTA CHE DAVIDE A RILASCIATO A DARIO DI REPUBBLICA—BELLISSIMA! MA E’ LUI CHE E’ UNA BELLA PERSONA, QUELLA CHE VORRESTI PROPRIO INCONTRARE TRA I TUOI AMICI.

 

 

Parla Davide:”Le mie parole sull’amore gay
un sasso nella palude dei politici”

Dopo la risposta di Laura Boldrini, presidente della Camera dei deputati, l’intervista all’autore della lettera a Repubblica che ha sollevato il caso

di DARIO CRESTO-DINA

Parla Davide:"Le mie parole sull'amore gay  un sasso nella palude dei politici"

DAVIDE, lo abbiamo chiamato così anche se non è il suo vero nome, frequenta il penultimo anno del liceo classico e non sa ancora che cosa farà da grande. Anche se a sentirlo parlare sembra molto più grande della sua età. È gay, ha scritto una lettera a Repubblica chiedendo di essere ascoltato. Non chiede altro. È la prima cosa che spiega: “La mia era solo la voglia di esprimere un sentimento, le parole mi scivolavano sulle dita perché era un  argomento che mi toccava, ma adesso ho la sensazione che la cosa si stia facendo troppo grossa per poterla  affrontare serenamente. Non ho mai avuto ambizioni di gloria: da piccolo gli altri bambini desideravano diventare attori belli e famosi, io sono sempre rimasto con i piedi per terra. Terra che adesso non vorrei mi franasse sotto i piedi. A 17 anni”.

Centinaia di mail al giornale, migliaia di condivisioni su Facebook. Molti apprezzamenti e molte critiche. Sei pentito di averla scritta?
“Nessun pentimento, ma molta ansia, questo sì. Non mi aspettavo tutto questo. Volevo lanciare un sasso nello stagno, con la speranza che chi deve farlo lo andasse a recuperare e da me non si pretendesse altro. Non voglio diventare qualcuno da mostrare in televisione. Non sono il rappresentante di una categoria. Già mi sento molto esposto”.

Lanci la pietra e ritiri la mano?
«Non la ritiro per codardia, ma perché provo a fidarmi delle istituzioni. È una fiducia mal riposta? Tocca a loro lavorare adesso. Se i parlamentari si svegliassero la mattina pensando che il luogo in cui vanno è costato la vita a molti, ci sarebbe ancora la speranza di un miglioramento».

Immagino che tu debba proteggere non soltanto te stesso.
«È vero. Ho vissuto la mia storia con altre persone».

Quali?
«La mia famiglia. Una famiglia che sta facendo quadrato attorno a me e che io sento liberamente di dover rispettare».

Ti ha scritto una madre. Dice: «Mio figlio aveva 21 anni quando mi ha detto di essere gay. A dispetto del mio essere atea e lontana dai pregiudizi è stato un duro colpo. È difficile accettare l’idea che non sarai mai nonna, ci vuole tempo per capire che ci saranno nuovi motivi di orgoglio e complicità. Ricordati di essere orgoglioso di quello che sei».
«Parole molto belle. Mia madre e mio padre sono sempre stati molto presenti nella mia vita. Hanno notato i miei cambiamenti, qualche tempo fa mi hanno domandato se c’era qualcosa che dovevo dir loro. Gli ho detto sì, sono gay. Ci sono state conseguenze positive e negative, di cui non voglio parlare. Ora siamo assieme. I miei genitori sono cattolici, penso di poterli definire molto credenti, ma non religiosi, nel senso che non si curano dell’esteriorità della fede. Alcune cose sono diventate più facili».

Chi altri sa?
«Nessuno. Non tra gli amici, non a scuola».

È come se tu vivessi nascosto.
«In un certo senso è così. Diciamo che sono consapevole delle conseguenze a cui andrei incontro svelandomi. Preferisco restare al mio posto. La gente mi guarderebbe con occhi diversi. Credo invece di dover essere giudicato per ciò che valgo e per quanto posso dare agli altri».

I giornali, la Rete. Hai letto tutto?
«Quasi tutto. Un fiume che è diventato via via più impetuoso e a tratti oscuro. Accetto anche i dubbi di tanti e i commenti negativi, ma non quelli di chi mi accusa di vittimismo. Non ho pianto su me stesso. Perché ci sia una vittima deve esistere un carnefice. Nel caso dell’omosessualità non c’è. A meno che non si voglia tirare in ballo Dio. Qualcuno nasce con i capelli biondi, qualcuno con gli occhi neri, altri nascono gay».

La tua lettera ha diviso la trincea del centrodestra e riacceso qualche dubbio nei cattolici. Si affaccia l’ipotesi di una iniziativa di legge bipartisan per i diritti degli omosessuali. Te l’aspettavi questa risposta politica?
«Mi viene da ridere. Di politico io non ho nulla, non riesco neppure a leggere ad alta voce in classe. C’è chi in quella lettera ha voluto vedere anche cose alle quali neppure avevo pensato. Non sono molto ottimista, credo che tra un paio di giorni tutto tornerà come prima. I partiti hanno bisogno di tenere le questioni aperte per scopo elettoralistico. Il diritto alla normalità non ci è concesso. Temo che l’Italia non sia pronta a fare questo passo, pensi alle difficoltà che sta incontrando un paese liberale come la Francia, dove il cardinale di Parigi si è vantato di essere riuscito a portare nelle piazze anti-gay anche gli atei. Noi siamo un paese che si accoda, anche in guerra ci siamo sempre andati dopo, cercando di scegliere l’alleato vincente. Azzeccandone pochi. Prima di fare il passo aspetteremo il resto dell’Europa».


Torno alla Chiesa. È l’ostacolo principale?
«Una spina nel fianco. Il potere temporale della Chiesa ha soffocato il cristianesimo. Eppure la Chiesa dovrebbe essere madre di tutti quanti, anche dei figli di cui non è particolarmente orgogliosa. Credo che nelle alte gerarchie vaticane l’odio contro i gay sia forte, ma se poi vai a parlare con i preti delle parrocchie ritrovi la chiesa cristiana, quella che sta accanto alla nostra piccola vita quotidiana. Penso a don Gallo, per esempio. Ecco, sembra di essere tornati alla Francia del 1700, alla divisione tra alto e basso clero. Ripongo molte speranze in papa Francesco, nella sua volontà di affidarsi al Vangelo».


Laura Boldrini ti ha scritto per invitarti a un incontro alla Camera. Ci andrai?
«In questo momento non lo so. Le risponderò privatamente. È stata pacata e risoluta. Nelle sue parole ho colto anche una raccomandazione, come se volesse mettermi in guardia da qualche pericolo accostando la mia esperienza al dramma della ragazza di Novara. Mi ha parlato da madre, vorrei riuscire a risponderle da figlio».


Quanto frequenti il web?
«Non moltissimo, lo studio mi lascia poco tempo libero. So che per sottrarsi all’odio che scorre nel paese non basta staccare la spina del computer. Le parole possono uccidere, a volte sono peggio dei pugni perché ti colpiscono più in profondità e il livido non va via».


Perché c’è così tanto odio in giro, secondo te?
«La crisi, la rabbia, la disoccupazione, il futuro di noi ragazzi cancellato. Si vive nel proprio giardino, si tira su il filo spinato».


Tu pensi come un adulto, meglio di tanti di noi.
«Si sbaglia, sono un adolescente che fa i conti con qualcosa di più grande di lui. Forse è solo una questione di maggiore o minore sensibilità. È difficile tenersi tutto nel cuore, ci sono problemi che non si risolvono unicamente con le proprie forze. Allora cerchi qualcuno che ti accetti, che ascolti. La mia lettera non vuole dire altro, se non: siamo qui, esistiamo, fateci esistere. E vuole sapere una cosa: non mi aspetto nulla».


Quanto dolore c’è stato nella tua vita?
«Quello che prima o poi tocca a tutti quanti: eterosessuali, single, sposati, conviventi, donne e uomini. Ho letto da poco un bel libro di Peter Cameron sul rapporto tra un padre e il figlio omosessuale dal titolo “Un giorno questo dolore ti sarà utile”. È la sola risposta che le so dare e che mi auguro».

(27 maggio 2013)© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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