23 GIUGNO 2013 ORE 17:33 DAL BLOG DI BIAGIO CARRUBA, CHE SIMPATICAMENTE CI TIENE A FARCI SAPERE CHE E’ DEL PD , CONSIDERAZIONI E TESTI DI ALCUNE POESIE -BELLISSIME! – DALLA RACCOLTA “ALTRI VERSI” DI EUGENIO MONTALE

 

 

 

 

Eugenio Montale (Genova, 12 OTTOBRE 1896/ Milano 12 settembre 1981)

 

 

 

 

Altri versi –  RACOLTA DI EUGENIO MONTALE (1980)

L’ultimo quindicennio di vita di Montale dal 1965 al 1981
Nel 1967 Montale viene nominato Senatore a vita dal Presidente della Repubblica Italiana Giuseppe Saragat.
Nel 1975 Montale riceve il premio Nobel per la letteratura.
Negli anni successivi al Nobel, e poi fino alla morte, l’esistenza di Montale si ridusse a vivere fra la sua casa milanese di via Bigli dove trascorreva l’inverno praticamente senza uscire di casa e un appartamento che affittava a Forte dei Marmi, non molto distante dal mare.
Fra il 1980 e il 1981 la salute di Montale cominciò a peggiore rapidamente. Gli ultimi due inverni Montale li visse murato in casa per secernere le ultime gocce del suo miele poetico. Quando ebbe esaurito anche quello, cominciò a peggiore visibilmente, non avendo più altri esorcismi con cui difendersi dal gran passo ormai prossimo.  La sua salute peggiorò anche nella primavera del 1981; e in estate. Ai primi di agosto entrò all’ospedale San Pio X di Milano dove la sua salute precipitò definitivamente. Fu assistito con gran devozione fino alla fine da Gina Tiossi, la sua governante  e dai medici. Spirò la sera del 12 settembre 1981 attorno alle 21,30 in presenza della sola Gina e del medico,  esattamente un mese di compiere 85 anni.
Altri versi
Altri versi, il settimo libro poetico, fu pubblicato nel 1980 a cura di Gianfranco Contini e Rosanna Bettarini e contiene 75 poesie. La disposizione finale è stata curata dai due curatori.
Il libro è diviso in due parti: parte prima e parte seconda, ma le poesie si susseguono senza un tema prestabilito e nella forma libera già conosciuta nei libri precedenti.
Il libro comincia con una serie di piccole poesie, piccolo cammei, fino ad arrivare al primo capolavoro assoluto la poesia n° 12 che ha questo incipit:<<Amici, non credete agli anni-luce>>. Ecco il testo dell’intera poesia.
Amici, non credete agli anni-luce
Al tempo e allo spazio curvo o piatto.
La  verità è nelle nostre mani
Ma è inafferrabile e sguiscia come una anguilla.
Neppure i morti l’hanno mai compresa
Per non ricadere tra i viventi, là
Dove tutto è difficile, tutto è inutile.
Questa breve poesia esprime tutto il pessimismo montaliano sulla condizione umana. Un pessimismo è netto e definitivo e non concede nessuna speranza per una salvezza né fisica né metafisica. Prima invita gli uomini a non credere né all’universo né alla scienza che lo studia. Dicendo che tutto è solo epifania. Poi afferma che la verità è nelle mani degli uomini e quindi esclude Dio, ma essa è inafferrabile e viscida come le anguille. Neppure i morti non hanno mai  voluto comprendere la verità  per non ricadere tra i viventi, dove tutto è difficile e inutile.
Tutto è vano, tutto è illusorio. Non esiste niente.  Neanche i morti nel mondo dell’aldilà l’hanno compresa forse perché mostruosa o inesistente. Questo invito agli amici a non credere a nulla toglie il respiro, toglie ogni illusione su una vita ultraterrena. Ritorna il tema dunque della illusorietà della vita sulla terra e il trascorrere del tempo inesorabile tanto che <<Non si tarda a capire che gli anni sono battibaleni  e che il passato è già futuro. E il guaio è che l’incomprensibile è la sola ragione che ci sostiene>>.
Subito dopo Montale tocca un tema molto raro nelle sue poesie e cioè il tema della felicità  e di essa ci dà una definizione metafisica  quindi poco reale. Nella poesia n° 20 scrive:<< La felicità sarebbe assaporare l’inesistenza/ pur essendo viventi neppure colti dal dubbio / di una fine possibile. Dice un sapiente che la vita quaggiù fosse del tutto improponibile / col corollario (aggiungo) che non era niente affatto opportuna>>. Io condivido questa definizione di Montale sulla felicità poiché credo che la vera felicità sia quella di assaporare la vita eterna pur essendo ancora viventi e senza essere colti dal dubbio di una fine possibile. Io credo infatti che la felicità terrena è precaria ed effimera come è evidente ogni giorno a me e a molti altri sfortunati continuamente, mentre la vera felicità sarà eterna.
La poesia n° 21 è terribile poiché parla di una doppia vita (non capisco quale potrebbe essere questa doppia vita sulla terra, forse è una seconda vita dopo la morte , ma questo non si capisce). Forse si riferisce ad una specie di antivita come c’è l’antimateria. Come c’è l’antimateria così potrebbe esserci un’antivita, un doppione di noi. Ma in questa poesia Montale dice:<<Ma la sostituzione non fu feconda / affermano i fedeli del vecchio Dio. / Forse verrà Egli stesso dicono / a strapparci dal magma e a farsi vivo. / Siamo e viviamo dunque una doppia vita / sebbene l’egolatra ne vorrebbe una sola>>.
La poesia n° 22 “L’ALLEGORIA”  conferma tutto il buio che gli uomini hanno sulla loro situazione terrena  e non sanno niente su niente.ù
Ecco il testo.
Il senso del costrutto non è chiaro
Neppure per coloro che riguarda.
Noi siamo i comprimari, i souffleurs nelle buche
Ma i fili del racconto sono in mani d’altri.
Si tratta chiaramente di un’allegoria
Che dura da un’infinità di secoli supponendo
Che il tempo esista oppure non sia parte
Di una divina o no macchinazione.
Alcuni suggeriscono marchingegni
Che facciano crollare il tutto su se stesso.
Ma tu non credi a questo
la gioia del farnetico
È affare d’altri.

L’ultima poesia della Prima Parte è ALUNNA DELLE MUSE.
Questa poesia riparla di Dèi  che potrebbero avere un palato diverso dal nostro e termina con i soliti dubbi sulla esistenza umana:<<eppure / abbiamo avuto in sorte la divina follìa / di essere qui e non là, vivi o sedicenti / tali, bambina mia>>.
La Seconda Parte si apre con un capolavoro assoluto ALL’AMICO PEA. Ecco il testo.
Quando Leopoldo Fregoli udì il passo della morte
Indossò la marsina, si mise un fiore all’occhiello
E ordinò al cameriere servite il pranzo.
Così mi disse Pea  della fine di un uomo che molto ammirava.

Un’altra volta mi parlò di un inverno a  Sarzana
E di tutto il ghiaccio di quell’esilio
Con una stoica indifferenza che mascherava la pietà.
Pietà per tutto, per gli uomini, un po’ meno per sé.
Lo conoscevo da trent’anni o più, come impresario
Come scalpellatore di parole e di uomini.
Pare che oggi tutti lo abbiano dimenticato
E che la notizia in qualche modo sia giunta fino a lui,
senza turbarlo. Sta prendendo appunti
per dirci cosa c’è oltre le nubi,
oltre l’azzurro, oltre il ciarpame del mondo
in cui per buona grazia siamo stati buttati.
Poche note su un taccuino che nessun editore
Potrà mai pubblicare; sarà letto forse
In un congresso di demoni e di dèi
Del quale si ignora la data perché non è nel tempo
.
Questa poesia riprende il tema della felicità che si trova fuori dal tempo terrestre e umano.  Bello l’incipit:<<Quando Leopoldo Fregoli udì il passo della morte/ indossò la marsina, si mise un fiore all’occhiello / e ordinò al cameriere servite il pranzo>>. Questa poesia è bella perché esprime una condizione generale umana e cioè l’approssimarsi della morte. Solo quando un uomo muore all’improvviso con un  incidente o ucciso per sbaglio non si rende conto che la morte è vicina, mentre negli altri casi un uomo di rende conto dell’avvicinarsi della morte  e la sente con i suoi passi che si avvicina sempre di più. Sono momenti terribili perché ogni  uomo è impotente di fronte ad essa e non può far nulla per cacciarla via. L’uomo di fronte alla morte è veramente nulla, solo Dio può salvarci da essa. Ma Montale dà a Pea ancora la possibilità di scrivere oltre la vita così potrà dirci cosa c’è dopo, oltre il ciarpame del mondo nel quale siamo stati buttati per buona grazia. Ma non  sapremo mai cosa scriverà poiché sarà letto solo in un congresso del quale si ignora la data perché è fuori del tempo, come dire tutto si risolverà nel silenzio assoluto del nulla.
Dopo molte poesie di vario contenuto, si arriva ad un’altra poesia che conferma il tema già espresso nella poesia dedicata all’amico Pea. Questa volta però la protagonista della poesia è la sua indimenticabile Mosca. Ecco il testo della poesia.
Tergi gli occhiali appannati
Se c’è nebbia e fumo nell’aldilà,
e guarda in giro e laggiù se mai accada
ciò che nei tuoi anni scolari fu detto vita.
Anche per noi viventi  o sedicenti tali
È difficile  credere che siamo intrappolati
In attesa che scatti qualche serratura
Che metta a nostra libito l’accesso
A una più spaventevole felicità.
È mezzogiorno, qualcuno col fazzoletto
Ci dirà di affrettarci perché la cena è pronta,
la cena o l’antipasto o qualsivoglia mangime,
ma il treno non rallenta per ora la sua corsa.
Questa poesia  dà un’altra definizione della felicità anche metafisica. Essa ci apparirà spaventevole ed è difficile credere che ora siamo intrappolati in attesa che scatti qualche serratura che ci permetta a nostra volontà di aprire una porta dove potremo trovare una felicità spaventevole, infinita. Ma tutto questo è solo utopia, illusione, quello che possiamo fare è mangiare qualsivoglia mangime, perché per ora la vita procede e non ferma la sua corsa.
Dopo poche poesie ne segue una terrificante e terribile la poesia n° 60. ecco il testo.
Ho tanta fede in te
Che durerà
( è la sciocchezza che ti dissi un giorno)
finché un lampo d’oltremondo distrugga
quell’immenso cascame in cui viviamo.
Ci troveremo allora in non so che punto
Se ha senso dire punto dove non è spazio
A discutere qualche verso controverso
Del divino poema.

So che oltre il visibile e il tangibile
Non è vita possibile ma l’oltrevita
È forse l’altra faccia della morte
Che portammo rinchiusa in noi per anni e anni.

Ho tanta fede in me
E l’hai riaccesa tu senza volerlo
Senza saperlo perché in ogni rottame
Della vita di qui c’è un trabocchetto
Di cui nulla sappiamo ed era forse
In attesa di noi spersi e incapaci
Di dargli un senso.

Ho tanta fede che mi brucia; certo
Chi mi vedrà dirà è un uomo di cenere
Senz’accorgersi ch’era una rinascita.

Questa poesia è davvero terribile e terrificante poiché ci dà una immagine dell’uomo così netta e crudele, viva e tetra: noi ci portiamo addosso la morte, e quindi non siamo altro che morti viventi, morti che parlano e pensano. Cioè la vera vita è la morte e quindi non di passa dalla vita alla morte , ma dalla morte alla vita. Sapere di portarsi dentro la morte e sapere che ogni volto umano è il volto della morte è davvero tragico, per questo la vita diventa sempre un trabocchetto che ci fa sprofondare nel regno della morte improvvisamente e senza accorgercene. Per questa gli uomini non riescono a dare un senso alla vita perché la vita non esiste, esiste solo la morte che se ne va a spasso confinato dentro il corpo dell’uomo. Il poeta conclude che per lui era una rinascita, mentre la poesia esprime esattamente il contrario: l’oltrevita è solo l’altra faccia della morte che portammo rinchiusa in noi per anni e anni.
Si arriva così alla fine dell’opera dove si leggono le ultime poesie. Nella poesia “QUARTETTO” Montale  ci dà un bel quadro di un suo ricordo insieme al suo amico e poeta Camillo Sbarbaro e la sua compagna Elena Vivante e rinasce tutto il suo scetticismo sulla vita e sull’universo. Ecco i versi centrali:<<e dietro Sbarbaro / briologo  e poeta – ed Elena Vivante / signora di noi tutti: qui giunti  per vedere / quattro ronzini frustati a sangue / in una piazza-conchiglia / davanti a una folla inferocita. / e il tempo? Quarant’anni ho detto  e forse zero./ non credo al tempo, al big bang, a nulla / che misuri gli eventi in un prima e in un dopo>>.
Subito dopo c’è l’ultimo capolavoro assoluto di Montale Poiché la vita fugge.
Ecco il testo.
Poiché la vita fugge
E chi tenta di ricacciarla indietro
Rientra nel gomitolo primigenio
Dove potremo occultare, se tentiamo
Con rudimenti o peggio di sopravvivere,
gli oggetti che ci parvero
non peritura parte di noi stessi?
C’era una volta un piccolo scaffale
Che viaggiava con Clizia, un ricettacolo
Di santi Padri e di poeti equivoci che forse
Avesse la virtù di galleggiare
Sulla cresta delle onde
Quando il diluvio avrà sommerso tutto.
Se non di me almeno qualche briciola
Di te dovrebbe vincere l’oblio.

E di me? La speranza è che sia disperso
Il visibile e il tempo che gli ha dato
La dubbia prova che questa voce E’
(una E maiuscola, la sola lettera
dell’alfabeto che rende possibile
o almeno ipotizzabile l’esistenza).
Poi( sovente hai portato
Occhiali affumicati e li hai dimessi
Del tutto con le pulci di John Donne)
Preparati al gran tuffo.
Fummo felici un giorno, un’ora un attimo
E questo potrà essere distrutto?
C’è chi dice che tutto ricomincia
Eguale come copia ma non lo credo
Neppure come augurio. L’hai  creduto
Anche tu? Non esiste a Cuma una sibilla
Che lo sappia. E se fosse nessuno
Sarebbe così sciocco da darle  ascolto.
Questa poesia è un capolavoro assoluto perché esprime un addio alla vita melanconico e contemporaneamente sereno. Il poeta è conscio che ormai si approssima alla morte e allora gli vengono in mente molti momenti della sua vita passata e prima di tutti Clizia, la quale portava con sé uno scaffale che conteneva poeti equivoci e un ricettacolo di Santi Padri, che forse un giorno galleggeranno sulla cresta delle onde del prossimo diluvio. Poi, rivolgendosi a se stesso dice:<<poi preparati al gran tuffo dalla vita alla morte>>. Un tempo fummo felice insieme e questo potrà essere distrutto? Nella parte finale della poesia Montale ritorna al  tema metafisico: c’è chi dice che tutto ricomincia come copia, ma io non lo credo e chiede a Clizia << l’hai craduto anche tu>>. E termina con un riferimento alla Sibilla cumana  che non lo sa neppure  lei.  E nessuno è tanto sciocco da darle ascolto nel caso che lei ci crederebbe e lo direbbe.
Questo riferimento alla Sibilla cumana  è particolare e singolare perché potrebbe richiamare l’ultima poesia di Vittorio Sereni scritta nel settembre ’79 e pubblicata all’inizio del 1979 e forse Montale conosce. Ma credo che Montale non l’avesse letta, chiuso in casa da molti mesi.
Il finale della poesia di  V. Sereni è questo:<<Ancora non lo sai – sibila nel frastuono delle volte / la sibilla, quella / che sempre più ha voglia di morire – / non lo sospetti ancora / che di tutti i colori il più forte / il più indelebile / è il colore del vuoto?>>. La poesia di Vittorio Sereni è anch’essa un addio alla vita. Sereni ricorda il padre e  nella terza strofa richiama l’altra vita così poeta:<<Sappi – disse ieri lasciandomi qualcuno – sappilo che non finisce qui, / di momento in momento credici a quell’altra vita, / di costa in costa aspettala e verrà come di là dal valico un ritorno d’estate>>.
Ora mentre Sereni spera di credere nell’altra vita, Montale afferma che nessuno nemmeno gli sciocchi potranno credere che tutto ricomincia eguale come copia. Nega recisamente l’altra vita. Gli aspetti estetici della poesia sono diversi: 1° motivo è la fluidità del linguaggio poetico; 2° motivo è la capacità di spaziare da un argomento all’altro senza muri come fosse un flusso di coscienza; 3° motivo il sentimento di serenità di fronte alla morte. Montale mostra una coscienza lucida e una fortezza d’animo stoica. Mostra una forza d’animo laico e razionale che non gli fa rimpiangere la vita passata e accetta con spirito fermo la cruda verità: <<io non credo che tutto ricomincia eguale come copia>>. E se anche la sibilla lo dicesse nessuno sarebbe così sciocco da crederle; 4° motivo la poeta è in perfetto equilibrio tra spirito laico e spirito razionalista, tra spirito stoico e spirito umano, limitato  perché ignora veramente cosa c’è dopo la morte; 5° motivo è la perfetta mescolanza tra ricordi del passato e paure del presente  e termina con una domanda essenziale per ogni uomo<<Fummo felici un giorno, un ‘ora un attimo / e questo potrà essere distrutto?>>. Questa domanda è effettivamente il clou della condizione umana solo la felicità terrestre è garanzia di una umanità immortale ed eterna. La felicità anche per momenti è la sola garanzia ontologica che l’esistenza dell’uomo su questa terra non passerà invano o inutilmente perché la felicità è la prova certa che gli uomini hanno realizzato cose tante grandiose e belle da essere regalate a Dio come Xenia, e noi siamo gli ospiti della casa di Dio. La felicità è la prova che l’uomo non vive solo di dolore ma che riesce a raggiungere anche se per momenti il fine ultimo della sua esistenza sulla terra e cioè la felicità, sicuramente non eterna, ma è il surrogato e l’anticipo di quella che vivrà nel mondo eterno.
Seguono poi cinque poesie ispirate da Annetta. La penultima conferma ancora una volta tutto il pessimismo montaliano poiché termina con questi versi:<<La storia  è disumana / anche se qualche sciocco cerca di darle un senso>>. L’ultima poesia è una poesia scherzosa e ancora una volta Montale di fronte alla morte si mostra umoristico e spiritoso. Ecco gli ultimi versi:<<Poi fu silenzio. Ora l’infante là /dove si sopravvive se quella è vita / legge i miei versi zoppicanti, tenta / di ricostruire i nostri volti e incerta dice/ Mah?>>. Per dire che anche da lassù tutto è misterioso e nessuno sa come stanno le cose.
Aspetti estetici di Altri versi.
L’ultima opera di versi Montale mostra ancora una volta il suo genio poetico. Mostra anche i segni e l’esperienza della sua età ormai ottantenne. Esprime la nostalgia per la vita che se ne andata e tutti i timori di un vecchio che sta per varcare il limite tra la vita e la morte. Ma mostra anche tutta la saggezza del grande vecchio che ha attraverso una buona parte di secolo conscio dei limiti degli uomini e della loro speranza di sopravvivere in un mondo fatto di beatitudine e di e felicità eterna. Montale esprime in questa grande opera poetica  tutto il suo coraggio di vivere e di sopravvivere in un mondo disumano e crudele. Sa che solo l’amore delle donne attenua il dolore degli affanni e del male insito nella stessa vita e nella stessa natura. Ma di fronte ad esso non si dispera e non rinnega la vita, ma lancia l’appello di reagire di fronte alla morte con coraggio e fiducia che oltre il tempo qualcosa c’è di buono per tutti i nati su questa terra dal primo uomo all’ultimo uomo che vivrà su questa terra.  Montale non conosce la verità e allora si limita ad elencare i punti di vista della gente comune sulla vita e sulla morte, dando diverse Weltanschauung senza preferirne una: sono tutte buone in quante umane. Ogni uomo elabora la propria visione di vita secondo la propria cultura e secondo il proprio Zeitgeist, e nessuno è cattivo se non lo stabilirà DIO.
In sintesi gli aspetti estetici di Altri versi sono:
1°) la forma delle poesie seguono un flusso di coscienza continua e libero da condizionamenti ambientali e sociali;
2) molte idee di Montale squarciano le tenebre che oscurano la vita degli uomini;
3) molte idee di Montale interpretano il mondo e gli danno un senso;
1) la crudezza di molte poesie spiegano che Montale non fu un poeta dell’amore ma fu il poeta dalla coscienza lucida  e dalla volontà di vivere;
2) la crudezza dell’accettazione della morte che portiamo dentro fanno di Montale il Leopardi del XX secolo.
Commento e mio giudizio personale su Altri versi
IO (Biagio Carrubba) giudico Altri versi un capolavoro poetico di questo secolo. Il libro continua la svolta e le novità già iniziate con Satura. Da Satura in poi Montale ha abbandonato lo stile alto e aulico delle Occasioni e di La Bufera ed altro, ma i nuovi libri non hanno perso niente, hanno anzi acquistato un senso di realtà che mancava nel secondo e nel terzo libro, e quindi si riagganciava allo spirito del primo libro Ossi di seppia, attraversato da un realismo concreto. Altri versi conferma la nuova visione di vita di Montale, non più ancorato a grandi speranze ed utopie metafisiche, salvifiche, cristofora,  ma si calava nella società e realtà italiana del secondo dopo guerra fino al 1980, quando scrisse la sua ultima opera poetica. Ma pur abbassandosi alla realtà italiana, in verità l’elemento e l’aria metafisica non abbandona le ultime opere poetiche. Forse sono più metafisiche della seconda e terza opera poetica. Si tratta di dare una nuova dimensione alla nuova metafisica uscita dopo La bufera ed altro. Da Le Occasioni a La Bufera ed altro la metafisica di Montale era aere, evanescente, eterea, luminosa, divina, ma impotente di fronte alla vita e alla morte. Con Satura la metafisica si trasforma è diventa fantasmatica, sedicente, epifanica, ma anche spettrale  ed esoterica.  Montale toglie ogni  ipotesi di salvezza religiosa o di fede,  ma mantiene salda ancora la salvezza laica e fisica, razionale e materiale, benché è cosciente che la sola felicità si trovi nel fuori del tempo.

2006-06-05 21:49:05 , Recensioni Poesie

 

 

 

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3 risposte a 23 GIUGNO 2013 ORE 17:33 DAL BLOG DI BIAGIO CARRUBA, CHE SIMPATICAMENTE CI TIENE A FARCI SAPERE CHE E’ DEL PD , CONSIDERAZIONI E TESTI DI ALCUNE POESIE -BELLISSIME! – DALLA RACCOLTA “ALTRI VERSI” DI EUGENIO MONTALE

  1. nemo scrive:

    . ( Alberto Moravia ‘Intervista sullo scrittore scomodo’ a cura di Nello Ajello, GLF Editori Laterza, Bari Giugno 2008, pg 209, E. 8,50 )

    • Chiara Salvini scrive:

      va bene che è un commento a Montale, ma un po’ meno ermetico? ciao grazie della doppia visita in un giorno così occupato…notte chiara, da ch.

  2. nemo scrive:

    ecco la parte del mio ‘commento’ che non è apparso ( ma che avevo scritto prima dei riferimenti al testo ):
    ‘ Tutti sanno com’ è il carattere di Montale, e comunque non vorrei parlarne. Si diceva una volta: Maxima debetur puero reverentia. Io adatterei la frase: Maxima debetur reverentia poetae. Già il fatto che ci sia un poeta è un tale miracolo …. ‘

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