26 GIUGNO 2013 ORE 09:26 DONATELLA D’IMPORZANO CI MANDA UNA SCHEDA…”CIRCOSTANZIATA”/ si usa per dire “assai lunga nei tempi di Twitter “?/ DEL FAMOSO LIBRO DI FEDERICO RAMPINI: “VOI AVETE GLI OROLOGI, NOI ABBIAMO IL TEMPO” EDITORE MONDADORI, 13,60 EURO (STRANO! SUL WEB LO TROVI A 16,00 EURO!)

“Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo”, Federico Rampini, Mondadori  2012.

 

Il titolo si riferisce ad un proverbio afgano, che va contro la frenesia occidentale nei riguardi del tempo. Senza badare a capitolo per capitolo, scriverò quello che mi è parso importante di questo libro. L’autore, che abita e lavora stabilmente negli USA, sostiene di essere circondato da coetanei ( lui ha 56 anni), che si pongono il problema di cosa fare da grandi, e sottolinea che non è una battuta. Dato l’allungamento della vita media, siamo i primi, come generazione, a porci questo interrogativo. Le risposte sono molteplici. Chi non ha problemi di reddito si occupa di volontariato, in tutti i suoi aspetti

(ad esempio, fa da guida volontaria ai musei, previo opportuno e obbligatorio corso di aggiornamento; ascolta le esigenze del quartiere dove abita e assicura un collegamento tra cittadini e istituzioni, ecc.). Chi ha bisogno di integrare la pensione, insegna magari ai giovani quello che ha appreso nel suo lavoro.

L’età evolutiva non è l’infanzia, ma è tutta la vita ( fu un’intuizione di Jung). Questa intuizione è particolarmente importante oggi, di fronte alla necessità di inventarci un nuovo ruolo per un’età che ancora non esiste nella scansione tradizionale. Tanto per dire come da alcuni questo cambiamento nel considerare l’età “anziana” è stato percepito, basta ricordare che la ministra del lavoro in Germania ha lanciato un appello alle imprese:” Assumete gli ultracinquantenni, è dimostrato che in media aumentano la produttività del 2 per cento”. In America addirittura  l’età cosiddetta anziana viene chiamata “seconda età adulta”. Uno dei libri fondamentali su questo argomento è quello di Patricia Cohen, un vero e proprio saggio sociologico e storico. La Cohen ricorda che le età sono delle costruzioni culturali: ad esempio l’adolescenza non è mai esistita  se non alla fine dell’Ottocento, perché appena possibile i bambini andavano a lavorare e questo segnava il passaggio immediato dall’infanzia all’età adulta. L’adolescenza è il prodotto di una società del benessere, in cui una borghesia di massa poteva far studiare più a lungo i propri figli e ritardarne l’ingresso nel mondo del lavoro. Lo stesso avviene ora, secondo la Cohen, con l’invenzione obbligatoria di una nuova fase della vita: una lunga ” età di mezzo”, che può coincidere anche con la pensione, ma che non porta più le stimmate dell’invecchiamento. Una particolarità americana, la terra del lavoro più “flessibile” che esista, ha il vantaggio di non conoscere meccanismi automatici di esclusione dai posti di lavoro, perché il concetto di età pensionabile è elastico. E’ la prima  grande nazione sviluppata ad avere esteso agli anziani le tutele nate per donne, minoranze etniche e religiose, grazie al divieto della “discriminazione generazionale”: contro il licenziamento degli anziani si può fare ricorso, quando vi sia un qualche sospetto di razzismo.

La generazione che va dal 1945 al  1980 viene chiamata negli USA baby boomer: è quella più numerosa, perché frutto del boom demografico del secondo dopoguerra, quella che non ha mai conosciuto una guerra generalizzata, quella che ha goduto di una espansione economica mai vista prima e quindi con più protezioni sanitarie e pensionistiche. Questa generazione si trova di fronte ad una situazione mai sperimentata prima: sempre parlando della società americana, mai tanti over-65 e perfino 75 sono ancora al lavoro, alcuni per necessità, altri per avere nel lavoro un riconoscimento sociale, una ragione di vivere.

Negli USA c’è un’associazione, l’Aarp, nata nel 1958 per promuovere un atteggiamento positivo nei confronti del passare degli anni, una associazione di pensionati. Oggi è un’associazione che si dedica a migliorare la qualità della vita di tutti. E’ un’associazione no-profit, con 35 milioni di iscritti per le persone che hanno dai 50 anni in su  ed è una gigantesca macchina di sconti: con 16 dollari di iscrizione annuali dà diritto ad una serie inaudita di sconti, dai supermercati ai ristoranti, agli alberghi, alle compagnie aeree, dalle polizze RC auto ai mutui sulla casa. L’Aarp ha trasformato l’invecchiamento demografico in un mercato politico, affrettandosi ad occupare spazio, ad

 

 

 

 

organizzare una generazione di frontiera, nella fase di transizione verso un futuro che in buona parte è  da inventare.

 

Narcisismo: la generazione 1945-1980 è quella che è stata attraversata dal narcisismo. Essendoci liberati dalla società patriarcale, autoritaria e gerarchizzata, che invece resiste ancora in Asia e Africa, siamo vissuti in un’atmosfera di individualismo edonista, con punte di protagonismo sfrenato. Tutto è iniziato con il dottor Benjamin Spock, che nel 1946 pubblicò la prima edizione del suo manuale di consigli ai genitori:” The common sense book of baby and child care”. Il libro, pur richiamando  nel titolo il buon senso comune, capovolgeva abitudini secolari, mettendo il bambino al centro dell’universo. Forse è da qui che è nata la generazione del ’68. L’enciclopedia Wikipedia afferma che baby boomer non è solo una definizione demografica, ma ha un significato culturale. E’ una generazione” che viene identificata con il rigetto o la ridefinizione dei valori tradizionali”. E’ anche una generazione privilegiata, almeno in Occidente: ” E’ cresciuta in un’epoca di prosperità, di aumento dei servizi pubblici, di miglioramento dell’ istruzione”. Un tratto distintivo è la coscienza di se’. A questo ha contribuito il fatto che ” fin dalla nascita i baby boomer furono analizzati, sorvegliati, corteggiati da una nuova industria del marketing moderno, il che rafforzò la loro identità di gruppo”. Secondo alcune teorie economiche questa generazione avrebbe provocato anche la grande crisi scoppiata nel 2008, con l’avvicinarsi alla pensione, dato che questo gruppo di età negli USA concentra il 50 per cento del potere d’acquisto e dei consumi.  La generazione dei baby boom è quella che è stata da sempre bombardata dalla pubblicità con l’idea del nuovo, è quella che ha distrutto l’idea tradizionale di famiglia che resisteva da millenni, quella che è stata allevata nella fiducia del progresso illimitato, dell’accesso all’università del doppio di persone rispetto alla generazione dei genitori. E’ anche quella che ha potuto permettersi delle grandi utopie. Anche se oggi tutto quell’ottimismo ci fa sorridere, qualche cambiamento c’è stato: l’ascesa di Paesi come India, Cina e Brasile; energie pulite e rinnovabili, l’ascesa di un nero alla Casa Bianca.

L’aspetto demografico è una chiave interpretativa preziosa: le società con” troppi” giovani sono intrinsecamente instabili, e i baby boomer erano troppi ovunque. Non a caso in America il massimo della conflittualità si registrò tra i giovani neri con gli scontri razziali che divamparono negli anni Sessanta e Settanta : tra gli afroamericani la “bolla” delle nascite del baby boom era stata ancora più grossa che nel resto della popolazione. In Cina quella della Rivoluzione Culturale fu l’ultima generazione con un sovrappiù di giovani; dopo la morte di Mao fu imposta la legge del figlio unico.

Oggi è facile fare del revisionismo storico, riscrivere le nostre vicende giovanili sotto il segno della delusione, eppure la portata dei cambiamenti che hanno accompagnato le nostre vite è impressionante: diritti civile, laicizzazione, liberazione sessuale, accesso all’informazione. Più che nella politica, è nei fenomeni sociali e culturali che la nostra generazione si distingue.

La famiglia è l’istituzione che ha subito lo shock maggiore. Per ironia della sorte, i conservatori che negano ogni eredità benefica della rivolta giovanile degli anni Sessanta e Settanta l’hanno saputa recuperare a proprio vantaggio.: l’individualismo antiautoritario dei baby boomer, la ricerca dell’appagamento di se’, il primato della felicità personale sono state il terreno fertile che Ronald Reagan usò per la sua restaurazione conservatrice e anti-stato.

A proposito di famiglia, ogni anno negli USA divorziano 1,2 milioni di persone.Questo alimenta una vera e propria industria con un fatturato strabiliante: 175 milioni di dollari all’anno, quasi tutti per gli avvocati. Sono sorti recentemente gli Hotel Divorzio: impieghi un week- end con il coniuge da cui ti vuoi separare e tutto avviene in un hote in 48 ore. Il costo va da 3000 dollari a 10.000, spese legali e soggiorno inclusi. Il successo avuto da questa formula fa capire come il costo del divorzio sia davvero oneroso.

Le percentuali così alte di divorzi confermano una tesi ormai consolidata: l’alta percentuale delle unioni che si dissolvono in parte deriva da un incrollabile ottimismo  sul matrimonio. Nelle generazioni precedenti si divorziava di meno anche perché c’era un’idea meno romantica del matrimonio, fondata su convenzioni e regole ( sociali , religiose), sull’inferiorità economica della donna, sulle scarse aspettative nella sfera sessuale. Oggi invece l’80 per cento delle donne americane dichiara di essersi sposata unicamente per amore.

 

Dove nacque la New Age

Si tratta di un posto ideale, una nuova  Shangri-La, inventata nell’Occidente estremo, in un tratto eccezionalmente bello della costa californiana degli USA, nella foresta di Big Sur, sopra le scogliere che si affacciano sul Pacifico e si raggiungono percorrendo la Highway 1, la più spettacolare strada americana. Tra i suoi adepti negli anni Sessanta figurano lo scrittore di fantapolitica Aldous Huxley, gli scrittori della beat  generation Jack Kerouac e Allen Ginsberg, la cantante Joan Baez , compagna per anni di  Steve Jobs. Ebbe inizio con la riscoperta del fascino delle religioni dell’Estremo Oriente, nato con la filosofia romantica tedesca di Arthur Schopenhauer. E’ a partire dal 1962, con la fondazione californiana dell’ Esalen Institute di Big Sur che l’influsso orientale diventa trend ( viaggio dei Beatles in India sei anni dopo, diffusione straordinaria del libro di Hermann  Hesse “Siddharta” con undici milioni di copie vendute solo negli USA). Nella New Age sono mescolati il buddismo zen, l’ambientalismo post-industriale, l’agricoltura biologica, lo yoga e il tai-chi, la psicoanalisi junghiana e la teoria della Gestalt, perfino l’antica religione dei Maya, secondo la quale il 2012 segnerà l’inizio di un’altra New Age, con il ritorno del dio serpente Kukulkan, la cui energia sacra pulsa all’interno di ogni atomo. Questa nuova spiritualità non religiosa, che attira alla meditazione            anche molti atei e agnostici, avrà  una crisi di identità proprio nel suo straordinario successo commerciale. Attualmente si cerca di darle un’impronta più sociale, affermando, per bocca dei suoi dirigenti, che la trasformazione di ciascun individuo deve ricadere sul cambiamento dei problemi della società. Alcuni corsi sembrano fatti per generare movimenti come Occupy Wall Street.

Una delle propaggini della New Age è la campagna per la liberalizzazione delle droghe leggere, la cui punta avanzata è ovviamente in California. Anche qui idee ed affari si mescolano in modo incredibile: in una fase in cui altri settori dell’economia americana sono ancora depressi, l’indotto della marijuana è talmente fiorente da attirare grossi investimenti da parte di importanti  venture capitalist.

Da qui in avanti metterò in evidenza delle notizie che mi sembrano interessanti, anche se non necessariamente  strettamente legate fra loro. Il legame di fondo è però sempre quello della nostra generazione, più o meno allargata.

 

Due grandi personaggi nati agli estremi della generazione 1945-80:

Bill Clinton, che è del 1946; Obama, che è del 1961. Si tratta di due Presidenti degli USA, tutti e due democratici ma differentissimi tra loro. Clinton, amato e odiato in America perché rappresenta la cultura degli anni Sessanta. Aveva 18 anni quando Berkeley si infiammò per la prima  contestazione studentesca e contro la guerra del Vietnam. Studiò in Europa e lesse Gramsci. Capace di suscitare una straordinaria empatia con chiunque incontri, dai nemici è considerato frutto amorale del permissivismo sessantottino. Obama era già un frutto maturo e legalizzato del movimento del ’68: fumava abitualmente lo spinello ( cosa  molto meno trasgressiva di quando Clinton era all’università); aveva rapporti sessuali con le ragazze prima del matrimonio, leggeva gli autori marxisti del movimento antimperialista e girava il mondo in cerca di se stesso. Per il suo carattere caloroso Clinton  si conquistò l’appellativo di “ primo presidente nero”, mentre Obama è “cool” in tutti i sensi. Tutti e due hanno ceduto in parte alla logica dello “status quo”, hanno patteggiato con l’establishment e i poteri forti, hanno scelto la via della facilità.

 

I tabù che ancora esistono negli USA.

Certamente il tabù dei gay è crollato in parecchi stati degli USA. Come ultima frontiera a questo riguardo rimane il matrimonio vero e proprio tra persone dello stesso sesso. Un altro tabù crollato è quello dei capelli grigi per le donne: alcune tra le donne più potenti d’America ostentano i loro capelli grigi, ma si tratta di una ristretta elite ( vedi Christine Lagarde e Dana King). Nel giugno del 2012 si è celebrato il processo voluto da una manager di 52 anni, Sandra Rawline, per “ discriminazione di età” contro il suo capo che le imponeva di “ andare al lavoro travestendosi da donna più giovane, con gonne corte, trucco da ragazzina, gioielli vistosi”.

Un malessere che invece rimane è quello delle donne impegnate talmente nel proprio lavoro da sentirsi in debito con la propria famiglia. Nel 2012 Anne-Marie Slaughter, una donna con una notevole carriera di successo alle spalle, ha aperto un grosso dibattito con un suo articolo sull’autorevole rivista “The Atlantic”, intitolato “ Perché le donne non possono avere tutto”. Il titolo è parso uno schiaffo a tutte le americane della sua generazione, quella de baby boom. Nel suo articolo sostiene che le donne che ce l’hanno fatta a mettere insieme una carriera folgorante e una famiglia meravigliosa sono delle eccezioni. Prenderle a modello è un errore perché non è realistico.

Questa opinione ha suscitato una reazione violenta perché è stata accusata di antifemminismo; in realtà ha fatto emergere un problema molto concreto e la necessità di ridisegnare un progetto di vita più equilibrato tra affetti e lavoro, non solo per le donne ma anche per gli uomini. Il sessismo non è stato affatto sconfitto, soprattutto, ma non solo, nel campo del lavoro. La donna, sia che si dedichi alla famiglia sia che si dedichi al lavoro, è continuamente criticata e messa in stato d’accusa per privilegiare uno o l’altro di questi due poli: o una cattiva madre o una cattiva manager.

 

La donna sandwich e la famiglia come welfare.

In queste due cose l’America non è molto differente dall’Italia: per donna sandwich si intende la donna che deve badare contemporaneamente ai genitori, a volte ai nonni,  ai figli ( che ritornano a casa) e ai nipoti  .A questo bisognerebbe pensare quando si accusa la generazione del baby boom di essere responsabile della sorte delle generazioni più giovani.

In alcune culture non occidentali sono i figli ad aiutare i genitori, nella nostra è il contrario. Gli psicologi Jean Twenge e Keith Campbell hanno scritto che ” i genitori di oggi aspirano ad ottenere l’approvazione dei figli, un rovesciamento dei ruoli rispetto al passato”. Osserva la Kolbert, una giornalista  che scrive sul magazine “New Yorker”:  “ Se si eccettuano i piccoli imperatori della dinastia Ming o i delfini reali nella Francia prerivoluzionaria” gli adolescenti occidentali sono la generazione più viziata nella storia umana. Spock lanciò l’educazione permissiva più di cinquant’anni fa. Lo stadio successivo è stato il passaggio all’educazione permissivo-protettiva, quella che vorrebbe tenere i figli al riparo da ogni possibile realtà negativa. Il perché di questo è da ricercarsi in diversi fattori : l’incertezza assoluta del lavoro e quindi la difficoltà che il giovane deve affrontare; un inconscio senso di colpa per avere vissuto  una realtà più fortunata dal punto di vista lavorativo; una reazione al modello dei nostri avi, autoritario e patriarcale. Nel corso di due generazioni la società patriarcale è stata ribaltata, ma si è corso il rischio di buttare il bambino insieme all’acqua sporca. Quella società era ingessata, conservatrice e oppressiva, ma almeno per farsi sentire dagli adulti bisognava tirare fuori la grinta. Mentre ci siamo illusi di risparmiare ai nostri  figli delle sofferenze, la crisi che gli consegniamo è un brutale richiamo alla realtà.

 

Le differenze tra l’America e l’Europa ( o meglio l’Italia)

Negli USA si pensa concretamente ad una società in cui tutti, indipendentemente dall’età, imparino. Lo scrittore Alvin Toffler sintetizzò questa tendenza in una frase: “ Nel futuro definiremo analfabeti coloro che non sono capaci di re-imparare per tutta la loro vita”.L’essere immersi costantemente in un bagno rigeneratore delle nostre conoscenze è l’evoluzione positiva di una società avanzata, società del benessere non solo materiale.  Il Giappone, essendo stato la prima nazione ricca a conoscere un veloce e pronunciato invecchiamento della popolazione, si ingegnò a sperimentare nuove forme di organizzazione aziendale. Obiettivo fu quello di sfruttare al meglio le risorse dei lavoratori di mezza età fino alla soglia della pensione. La soluzione delle multinazionali nipponiche fu di usarli soprattutto in incarichi di consulenza, formazione, addestramento, cioè per trasmettere conoscenze ed esperienze ai giovani. Le imprese tedesche non fanno politiche di prepensionamento perché quello che si guadagna sul costo del lavoro ( i nuovi assunti costano meno) lo si perde perché una grande quantità di conoscenze va sprecata. L’America, che non è sicuramente gerontocratica, si attrezza per valorizzare gli ultracinquantenni, perché in quella fascia di età si concentra quasi un terzo della forza lavoro. Le imprese più lungimiranti e dotate di risorse adeguate adottano politiche di formazione permanente, in modo che le capacità professionali vengano sempre riqualificate. Si assiste anche al ritorno di adulti nelle università , perché vogliono usare la loro nuova formazione nell’attività professionale ( quindi un fenomeno diverso da quello, pure lodevole, delle Università della Terza Età ). Molti di questi studenti ultracinquantenni si iscrivono  ai corsi universitari essendo studenti-lavoratori, cioè frequentano l’università continuando a lavorare. C’è anche un mondo di Ong americane che orientano i cinquantenni verso le loro carriere-bis: nuove attività, nuove professioni per la seconda parte della vita. I bisogni del mercato sono enormi, dall’insegnamento alla salute, dai servizi sociali all’ambiente, per una forza lavoro ultracinquantenne.

 

 

Qualche novità sulle Università USA.

Le due più importanti Università della California, la  pubblica Berkeley e la privata Stanford, si sono unite da poco per un progetto comune: offrire corsi universitari online gratuiti no-profit ( si pensi che l’iscrizione a Stanford per un master in economia  può valere annualmente 60.000 dollari). I partners della Costa Orientale sono la Princeton e l’University of Pennsylvania. Un progetto analogo è stato lanciato da Harvard con il MIT, offrendo corsi gratuiti online al mondo intero. Chi seguirà questi corsi,superando gli esami online, riceverà un voto e un certificato di master.  I vantaggi sono: l’elevato numero di persone che può partecipare a questi corsi; a  differenza di quanto generalmente si pensa, le tecnologie digitali possono essere più umane, perché permettono di modulare i tempi di apprendimento secondo le proprie capacità, si può “ tornare  indietro” finché non si è assimilato. Si può anche intervenire, commentando criticamente e formando gruppi di ricerca ed approfondimento.

 

L’immaginazione al potere.

Quello che sembra essere solo uno slogan sessantottino è un’esperienza che comincia a realizzarsi in qualche azienda, anche importante, tanto da meritare articoli su “The Wall Street Journal”. L’azienda senza capi è un’esperienza che inizia qualche decennio fa, nell’industria tessile “W:L:Gore”, che sperimenta gradualmente il modello senza capi. La Gore ha 10.000 dipendenti e un capo esecutivo, ma si basa sul principio che le idee nuove non vengono necessariamente dai capi. Il lavoro è organizzato per squadre, che si formano sui singoli progetti. Il leader è di volta in volta chi si guadagna la stima dei colleghi e viene riconosciuto come aggregatore. Principi simili sono stati applicati nella Toyota, nella Volvo, nella General  Electric e in Google. Ad esempio Google, fin dalla sua fondazione, ha dato un esempio di struttura mobile, con squadre che si costituivano appositamente per ogni singolo progetto.

 

Contro il pessimismo.

Cinquant’anni fa più di metà della popolazione mondiale era denutrita, oggi la percentuale è scesa al 10%; in Africa la vita media si è allungata di  10 anni rispetto al 1960, nonostante l’HIV-AIDS. Nel 1950 meno della metà dei bambini del pianeta frequentava la scuola elementare, oggi sono il 90%.  L’alfabetizzazione è più che raddoppiata rispetto al 1970, anche nell’Africa sub-sahariana. Questi dati sono presi dal libro di Charles Kenny, un economista che ha lavorato per la Banca Mondiale come esperto di Africa e di Medio Oriente, il cui titolo in italiano è:” Va già meglio. Lo sviluppo globale e le strategie per migliorare il mondo”. Quello che ci  rende ciechi e pessimisti è l’ossessiva attenzione al PIL e ad ogni altra misurazione economica del benessere. Quando si parla di diseguaglianze sociali crescenti ( un fenomeno incontestabile in atto in molti paesi), si  omette di specificare che il divario è misurato su redditi e patrimoni. Gran parte dei beni che definiscono la qualità della vita ( riduzione delle morti da parto, aumento della longevità, istruzione, accesso all’informazione e alla comunicazione, ecc.) sono diffusi molto più equamente che nel passato. Se guardiamo a questi indicatori di vero benessere, le nostre società sono molto più egualitarie oggi. Questo vale anche nei confronti tra l’Occidente e il resto del mondo, o Nord e Sud del pianeta.

Per considerare altri esempi, prendiamo la Liberia, che è uno dei paesi più poveri al mondo: anche in Liberia, negli ultimi trent’anni, la mortalità infantile è crollata e, se negli anni Ottanta la maggior parte della popolazione era analfabeta, oggi l’80% delle bambine sa leggere e scrivere. In Libia attualmente la durata della vita media è di 74 anni, solo quattro anni meno che negli USA. Solo 40 anni fa le donne in Svizzera non avevano diritto di voto, mentre oggi le donne  votano anche in Egitto.

 

Esperimenti interessanti.

Linda Fried, professoressa alla Columbia University, ha fondato l” Experience Coorp”, letteralmente il “ Corpo d’armata dell’esperienza” . Secondo questo programma,vengono formati dei volontari dai 55 anni in su perché diventino istruttori di bambini, dalla scuola materna alla terza elementare nei quartieri più poveri. L’impegno iniziale dei volontari è di 15 ore a settimana. La Fried applica così il principio della “ generatività”, un termine coniato dallo psicologo Erik Erikson: la generatività include l’idea che una generazione, quando ha raggiunto la maturità e comincia a vedere l’età della pensione, sente sempre più forte il bisogno di trasmettere le sue conoscenze alle nuove generazioni.

 

 

 

Questa sintesi probabilmente  non riesce a trasmettere tutto quello che di interessante ho percepito in questo libro, che a volte sembra assomigliare all’antica “Selezione”. C’è sicuramente molto di quello spirito, ma mi sembra che  parecchie cose vadano conosciute per rimanere nella nostra epoca ( personalmente con molta difficoltà). Un abbraccio ottimistico e nuovo mondista.

 

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1 risposta a 26 GIUGNO 2013 ORE 09:26 DONATELLA D’IMPORZANO CI MANDA UNA SCHEDA…”CIRCOSTANZIATA”/ si usa per dire “assai lunga nei tempi di Twitter “?/ DEL FAMOSO LIBRO DI FEDERICO RAMPINI: “VOI AVETE GLI OROLOGI, NOI ABBIAMO IL TEMPO” EDITORE MONDADORI, 13,60 EURO (STRANO! SUL WEB LO TROVI A 16,00 EURO!)

  1. nemo scrive:

    Complimenti e ammirazione per una così attenta e approfondita lettura di un libro, sicuramente interessante.

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