30 LUGLIO 2013 ORE 16:19 LA CREAZIONE DEI RICORDI DI SILVIO FERRARESI (RIVISTA “MENTE E CERVELLO) —SCHEDA DI DONATELLA D’IMPORZANO

 

RICCARDO MUTI—INTERMEZZO—CAVALLERIA RUSTICANA DI MASCAGNI

 

 

 

La creazione dei ricordi,  da “ Mente  & Cervello”n° 10, luglio-agosto 2004, pagg. 60-63.

Autore: Silvio Ferraresi, dottore di ricerca in neuroscienze. Svolge attività di traduttore scientifico e consulente editoriale.

 


Le teorie della coscienza proposte in anni recenti da alcuni studiosi del cervello rispecchiano l’esigenza di colmare la lacuna tra fisiologia e psicologia, tra neuroni e coscienza. Tra queste teorie una delle più compiute è quella del “ darwinismo neurale”, proposto dal premio Nobel Gerald Edelman.

 

Alcuni aspetti della teoria della mente di Freud hanno profonde analogie con le concezioni di Edelman, specie per quanto riguarda la natura della memoria e nel modo in cui noi rievochiamo i ricordi.

Ci sono due teorie sull’estrema plasticità del cervello.

 

1. Una, la teoria istruzionista, pensa che da qualche parte ( nei geni?, nell’ambiente?, in ambedue?) vi siano informazioni o codici che, tradotti, creano il risultato di un cervello funzionante.

“Eppure- scrive Giulio Tononi, per anni collaboratore di Edelman- sembra che il destino delle spiegazioni istruzioniste sia di rivelarsi errate e di venire soppiantate da spiegazioni “ selezioniste.”

 

2. L’altra teoria, darwinismo neurale o selezioniamo, inquadra nella stessa cornice concettuale sia la formazione del cervello sia la percezione e la memoria.

Il selezioniamo spiega la formazione delle strutture viventi presupponendo prima la generazione di numerose strutture diverse, e poi il loro successivo vaglio da parte della selezione.

Alla radice del selezioniamo vige una logica probabilistica, che la distingue nella sostanza dalla logica determinista, la pretesa cioè che ci siano istruzioni a priori, contenute nei geni oppure nel mondo.

L’incontro tra cervello e mondo sarà perciò l’incontro tra due sistemi probabilistici.

 

Il segreto della creazione di un organo così sofisticato non è dunque nei geni, ma è piuttosto un incessante ritorno di segnali “sui “ geni: segnali che provengono dal corpo e dal mondo esterno e che stabiliscono in modo selettivo dove e quando i geni devono esplicare la loro attività.

 

EPIGENESI

Si tratta di quella che i biologi definiscono “ EPIGENESI”.

Una logica identica- epigenetica o costruttiva- spiegherebbe il modo in cui impariamo a percepire il mondo e a ricordare.

In sostanza Edelman vuole spiegare come facciamo a crearci dal nulla- senza istruzioni nei geni ( dentro di noi) e senza etichette incollate agli oggetti ( fuori di noi)- un’immagine delle cose e degli eventi del mondo, e possiamo di conseguenza agire in modo adattivo e ricordarli quando ci si ripresentano.

Il nostro cervello effettua una “ categorizzazione percettiva, che avviene in  numerose  aree, che rappresentano le diverse zone del corpo ( mappe sensoriali e motorie), ma anche in aree senza un mappaggio, dove si creano i pensieri e la sensazione del flusso del tempo ( le cortecce associative, il cervelletto, i gangli basali, l’ippocampo).

 

Queste molteplici parti del cervello dialogano incessantemente tra loro grazie a segnali che rientrano, riescono e rientrano, e che conservano la continuità  spaziotemporale.

E’ grazie  a questi segnali che ogni animale, e dunque anche noi, conserva stabilmente nelle aree  recettive del  cervello un rapporto con i segnali originati dall’ambiente, e avviene la creazione di un se’.

Edelman definisce questo processo “ mappaggio globale”.

Esiste dunque solo un rapporto adattivo col mondo continuo e dinamico; e percezione, azione e memoria sono solo termini diversi per indicare un personale “ essere nel mondo”. In questa teoria non ha più senso domandarsi se nasce prima il pensiero, la percezione, oppure il movimento.


Nulla meglio di una testimonianza di Oliver Sacks, nel libro “ Su una gamba sola”, ci fa capire

 

l’inscindibilità tra corpo  e mente, tra percezione, azione e memoria.

In seguito ad un incidente in montagna, aveva perso temporaneamente l’uso della gamba sinistra a causa di una lesione dei nervi. In un primo tempo la perdita e la paralisi gli avevano impedito di provare, di volere, di pensare e di ricordare come si fanno certi movimenti. Dopo avere lentamente riacquistato l’uso dell’arto, ebbe l’impulso di flettere la gamba sinistra e non poté capire se venne per prima l’idea o l’azione. Di colpo si ricordò come si fa a muovere una gamba e il ricordo coincise con l’azione. Il distacco non aveva interessato solo il nervo e il muscolo, ma  era stata sconnessa l’unità di corpo e mente. In termine tecnico si dice: ricategorizzazione.

Ricordare non coinciderà  perciò con la rieccitazione di infinite impronte fisse, frammentarie e senza vita, ma sarà una ricostruzione piena di creatività. Anche nei casi più rudimentali di ricapitolazione meccanica,è perciò difficile che tale ricostruzione possa essere esatta, e non è affatto importante che lo sia.

La riscrittura dei ricordi.

Nel “ Progetto per una psicologia “ Freud si era reso conto che i ricordi non sono qualcosa di rigorosamente veridico e fotografico. Difatti in analisi è possibile alleviare il dolore di un’esperienza traumatica ricreandola e ponendola nel contesto di una nuova relazione con il terapeuta, nel tempo presente. Il tempo psichico non è l’equivalente del tempo lineare e oggettivo, ma piuttosto è un tempo circolare. I ricordi sono rimodellati- ribadisce Freud- “ analogamente  alla formazione delle leggende che i popoli costruiscono sulle proprie origini storiche”.

Secondo uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista “ Neuron” da LeDoux e collaboratori, la cosiddetta memoria a lungo termine non è una traccia permanente nel nostro cervello. Se così fosse non potremmo eliminare i ricordi legati ad episodi traumatici. Se sottoponiamo di nuovo un animale allo stesso trauma e contemporaneamente gli somministriamo un farmaco che blocca la sintesi delle proteine ( e quindi il consolidamento del ricordo) il vecchio ricordo traumatico viene cancellato e non se ne forma uno nuovo. Applicata agli esseri umani questa” riscrittura con cancellazione del ricordo” potrebbe rivelarsi la terapia perfetta nel caso di traumi, fobie, psicosi e ansie.

Nel ricordo è importantissimo il contesto: Freud osservò che i frammenti sparsi del passato di una persona si manifestano spesso in segni e sintomi nevrotici e vengono riconosciuti come “ ricordi” solo quando sono associati ad emozioni. Nelle analisi coronate da successo le affermazioni simili, ma non identiche, prodotte dal paziente, diventano “ ricordi” quando acquistano  una coloritura emozionale. I ricordi sono “ interpretazioni” di impressioni precedenti nei termini delle circostanze presenti: sono quello che Edelman definirebbe “ presente ricordato”. Non è difficile capire alcune conseguenze del darwinismo neurale. Forse la più importante è che dimostra su basi scientifiche l’unicità, l’irrepetibilità e il valore dell’individuo e della sua storia. Di questo, la psicoanalisi  è consapevole da sempre, ma le nuove neuroscienze possono darle ulteriori strumenti per renderne ancora più efficacie terapie.

Secondo le teorie di Gerald Edelman il nostro cervello costruisce il suo rapporto con il mondo attraverso un “ mappaggio globale”, un dialogo continuo e dinamico nel quale non ha più senso distinguere tra mente e corpo o tra percezione, azione e memoria.

Per approfondire:

Edelman G., “ Darvinismo neurale: la teoria della selezione dei gruppi neuronali”, Einaudi ,1995.

Edelman G., “ Sulla materia della mente”, Adelphi, 1993.

Modell  A., “ Per una teoria del trattamento psicanalitico”, Cortina, 1994.

 

 

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