31 luglio 2013 ora 16:39 DA DONATELLA : MONDO LIQUIDO—UNITA’ 28 LUGLIO 2013 p.19

[audio:https://www.neldeliriononeromaisola.it/wp-content/uploads/2013/07/Consolations-No.1_-by-Jorge-Bolet-Franz-Liszt-HQ-Audio1.mp3|titles=_Consolations No.1_ by Jorge Bolet (Franz Liszt) (HQ Audio)[1]]
mario bardelli     senza titolo

” Tutto sembrerebbe essere mosso da un meccanismo meccanico, che non governiamo ma che ci muove, e che funziona solamente se continua ad avanzare, anche senza portare da nessuna parte. E avanza soltanto se noi cambiamo i vecchi oggetti con quelli nuovi. Il meccanismo non dice nulla, non ha alcun significato, né senso né direzione. Si muove di un suo moto inutile; ma è fondamentale che si muova con l’unico scopo  di aumentare la propria velocità almeno un poco per ogni trimestre fiscale. Pena il collasso. Non è previsto alcun punto di equilibrio. Non è contemplata la possibilità che si arresti. Eppure siamo noi a farlo muovere, nello stesso momento in cui è di lì che prendiamo le risorse per poterlo fare: ed è difatti di lì che scaturisce ogni nostra nuova attesa. Non possiamo fermarci, darci pace, trovare quel minimo di soddisfazione al nostro cammino data dalla possibilità di contemplare il panorama alla fine della salita.
Così, non appena il meccanismo rallenta, ogni prospettiva comincia ad offuscarsi, il futuro si sfoca perdendo gradualmente di nitidezza. E’ come se l’eventualità del futuro, la sua visione, sia possibile soltanto nel momento in cui stiamo sopra il meccanismo e questo è in funzione. Perché il meccanismo permette l’eventualità del futuro solo dal momento in cui si muove: è la sua accelerazione a garantirci la salvezza. Illusoria e costantemente posticipata, ma pur sempre salvezza: e che perlomeno ci tiene vivi nell’attesa. Se il meccanismo comincia a rallentare, si ferma o
arretra, il futuro comincia ad offuscarsi, annebbiandosi. A quel punto l’attesa sarà totalmente privata di ogni motivazione d’essere, perché a meccanismo fermo, non c’è niente da attendere: non c’è prospettiva, non c’è futuro. Il velo dell’inganno si distoglie. E niente ha nessun senso.
Ma sembrerebbe che ormai questa idea dell’attesa travalichi il movimento compulsivo del consumo: è diffusa, appartiene a tutti. Anche chi non è catturato dalla meccanica degli acquisti e va in giro in sandali invece che in costose scarpe alla moda, fatica a tenersi fuori dall’attesa che ci sta attanagliando: questa è ormai antropologica, politica. La più rispettosa accusa che si può muovere ai fantasmi che incarnano la nostra classe dirigente è che da vent’anni aspettano di poter agire, reagire, fare qualcosa. C’è sempre l’idea che la prossima< occasione, elezioni o ripresa economica, sarà quella giusta: così l’elettorato continua a reiterare il proprio voto ad una classe politica nell’attesa che quella faccia qualcosa che puntualmente non fa. Ciò vale a sinistra come a destra: quello che cambia è la potenziale direzione di azioni politiche che comunque vengono disattese. Dopo aver pagato  dei prezzi umani ed economici altissimi a un meccanismo che evidentemente non funziona, aspettiamo che si rimetta in moto da solo, senza che nessuno si prenda la briga di andare a vedere perché non funziona.
Aspettiamo. E’ il sol dell’avvenire o l’attesa di una restaurazione. L’attesa di una giustizia che non verrà fatta, o di una rivincita che nessuno intende prendersi, di una salvezza che rimandiamo ad altri ma di cui non pensiamo essere noi stessi gli artefici. Che il futuro si avvicini, il cielo si schiarisca, la nostra esistenza ci dia il permesso di essere vissuta. L’attesa di una vita eterna in vista della quale accumuliamo il nostro bene, tenendolo da parte e senza poterlo vivere, mentre continuiamo ad inghiottire umiliazioni ed ingiustizie perché è per via delle umiliazioni che quel bene accantonato ci garantirà la pace a venire. Ovvero, per adesso, l’attesa “.

“Unità” di domenica 28 luglio 2013 a pag. 19, di Francesco Nucci.
Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

2 risposte a 31 luglio 2013 ora 16:39 DA DONATELLA : MONDO LIQUIDO—UNITA’ 28 LUGLIO 2013 p.19

  1. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Il brano, per mio madornale errore, non è di Giovanni Nucci, il cui articolo è sul n° dell’Unità citato, ma è un riferimento che fa lo stesso autore su un libro di Massimo Recalcati, ” Cosa resta del padre?” pubblicato da Raffaello Cortina Editore. Giovanni Nucci trova una grande similitudine tra il nostro tempo e quello in cui visse S.Francesco. su cui ha pubblicato un libro: “Francesco”. Mi scuso di questo mio ignobile misfatto, ma in realtà era lo sconvolgimento perché mi era sparito tutto quello che avevo scritto, poi salvato miracolosamente da Franco stelassa.

  2. nemo scrive:

    Trovo molto bello il ‘senza titolo ‘ bardelliano …..

Rispondi a D 'IMPORZANO DONATELLA Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *