26 settembre 2013 ore 13:03 DONATELLA D’IMPORZANO LO STATO MODERNO—ARTIC. DI LUIGI FERRAJOLI

Luigi Ferrajoli (Firenze1940) è un giuristaaccademico italiano, allievo di Norberto Bobbio.
Ho letto un articolo sulla “Unità” di mercoledì 25 settembre 2013 pag.19, dove viene intervistato Luigi Ferrajoli, considerato uno tra i più importanti filosofi del diritto. Lui sostiene che la drammatica crisi sociale che stiamo vivendo mette a rischio la democrazia e lo stesso Stato moderno, nato, diversamente da quello “patrimoniale” dell’ancièn regime, per rappresentare la sfera pubblica. Questo filosofo, che parteciperà venerdì prossimo al festival del diritto di Piacenza, sostiene l’attuale impotenza della politica verso l”economia e l’onnipotenza verso le persone, a danno dei loro diritti. L’impotenza della politica è dovuta a diversi fattori: c’è l’asimmetria tra il carattere globale dei poteri economici e finanziari e il carattere locale della politica, che risponde alle logiche delle elezioni, dei sondaggi dentro i confini territoriali. C’è la potenza dell’ideologia che concepisce il mercato come luogo della libertà e addirittura considera le leggi di mercato come leggi naturali e il lavoro dell’economista pari a quello di un fisico. Una ideologia alla quale la stessa sinistra è risultata subalterna, persino la sinistra di origine marxista per la quale una volta si doveva abbattere il capitalismo. Ora che si è stabilita l’impossibilità di abbattere o di trasformare, la sinistra è rimasta ancorata all’idea del primato dell’economia immutabile, non aggredibile dalla politica. Poi ci sono i conflitti di interesse, la corruzione, gli andirivieni dei manager tra grandi imprese e incarichi politici.
L’impotenza nei confronti dei marcati finanziari ha portato ad un capovolgimento delle nostre Costituzioni, a una intolleranza, al rifiuto dei vincoli costituzionali, per i quali la politica è sovraordinata all’economia. Si pensi agli articoli 41-43 della Costituzione italiana, dove è indicato il fine sociale dell’economia e dove si prevede la possibilità dell’esproprio. Le politiche europee ma anche Clinton hanno liberalizzato la circolazione dei capitali ma anche impedito agli stati di aiutare le imprese, di salvaguardare posti di lavoro. L’idea della Thatcher,” Se non siete capaci affogate” ha portato proprio a questo, sono affogate le attività produttive inglesi, restano in piedi solo quelle finanziarie. I mercati finanziari dettano politiche antisociali imponendo che si ignorino i vincoli costituzionali in materia di salute e di lavoro. In Italia si vuole addirittura cambiare la Costituzione, rafforzando l’esecutivo. C’è un nesso tra la subalternità al liberismo economico e la violazione dei vincoli dettati dalle costituzioni degli stati moderni. La Costituzione è la ragione sociale dello Stato italiano. L’art. 38  della Costituzione italiana prevede mezzi di sussistenza per la disoccupazione involontaria, ma non c’è una legge sulla cittadinanza. Non c’è in Italia una legge sulla tortura e non c’è sull’asilo ai rifugiati, perché si tratta di soggetti deboli: i precari senza lavoro non hanno forza contrattuale, mentre l’effettività dei diritti si impone con le lotte sociali. L’Europa esiste solo come moneta unica e come economia, ma subiamo le decisioni di organi sovranazionali che non ci rappresentano. Il risultato è che gli stati non controllano la propria moneta, a vantaggio degli stati più forti come la Germania. Uno degli aspetti più gravi è che si perde lo spirito unitario dell’europeismo. La Grecia si poteva salvare con pochi milioni di euro, invece si è compiuto un passo indietro nella politica economica in nome di una supposta eguaglianza delle condizioni di mercato. Il discredito della politica è dovuto anche al suo carattere parassitario, cioè il non avere capacità di governo. In Italia c’è mezzo milione di persone che vivono di politica, ma che non svolgono la propria funzione di governare la realtà. In queste condizioni si crea la casta. Poi ci sono le particolarità italiane: Berlusconi, la corruzione, l’abbassamento della qualità della rappresentanza dovuto alla legge elettorale. Due terzi delle persone che in Italia sono andate a votare si sono espresse per partiti padronali, il PDL e i 5stelle. Tutti e due questi partiti vogliono dei parlamentari che rispondano al padrone, non all’elettorato e alla nazione ( vogliono il vincolo di mandato, per cui chi non obbedisce alle direttive deve dimettersi ). Il finanziamento pubblico ai partiti è doveroso, mentre sarebbe da proibire quello privato, che non sia quello degli iscritti e commisurato agli stipendi. Naturalmente il finanziamento pubblico dovrebbe essere subordinato ad uno statuto democratico.
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