27 dicembre 2013 ore 08:50 (DA DI FINIRE, MA ORA E’ VENUTO FUORI IL SOLE E VADO A PRENDERMELO TUTTO // VOI CICCIA! “NO, TU NO”! UN BEL MONDO SOLO DI ODIO E SENZA L’AMORE)—QUI SI VEDE MOLTO BENE IL “CANE” (?) DI NICOLO’ CHE, IN SUO ONORE, SI CHIAMA DIDI’—QUI E’ IN BRACCIO A FRU84, LA MAMMA DI NICOLO’—“NON HO MAI VISTA FRANCESCA COSI’ FELICE!”, DICE IL MARITO VALERIO-COME DA QUANDO E’ ARRIVATO IL CANE!” /// non perdetevi, mi permetto, la sproloquiata di chiara che, oggi, potrebbe forse interessarvi, quizàs quizàs quizàs!

 

Foto: Didì

 

 

 

 

Ha 5 mesi e mezzo, è sensibilissimo e ha paura di tutto più di un neonato: la regola è sempre la stessa per animali e bambini (forse piante / e le mie rocce?): tenerlo abbracciato ben vicino al nostro corpo; ha tantissima voglia di giocare ed io…eh mì, che non ho mai giocato, devo imparare: ho scoperto che gli piace giocare a rincorrersi, di questo va matto e purtroppo non smetterebbe mai! Fa le stesse cose di Nicolo’, anche lui ama “essere preso per sfuggire e quando lo prendi-alla buffa, si capisce- ride sgangheratamente”. Uno dei giochi preferiti di Nicolo’, almeno fino a questa età, è stato quello di nascondersi… allora tu piangi disperata perché Nic non c’è più e lui riappare con grande feste reciproche. Questo gioco, in verità, ha una ragione molto profonda sulla quale sono d’accordo sia psicologi sperimentali che psicoanalisti. Il grande problema dei bambini, più o meno a partire dall’ottavo mese, è farsi, come si dice, “un oggetto costante”. Cioe’ in tutto quel pulviscolo di stimoli, sia ricettivi che emittenti, diciamo così, cerca un qualcosa “dove posare il capo”—e questo qualcosa è l’immagine di chi si prende cura di lui che, di solito, è la mamma, ma potrebbe anche essere-come sapete-un oggetto inanimato (Lorenz), tanto grande è il bisogno “di un altro, di un rapporto”, nel bambino come negli animali e piante (e rocce).  E’, sempre tutto molto piu’ o meno, a partire da quella data che il bambino, se viene preso in braccio da “estranei alla sua figura costante”, piange e chiede di tornare, diciamo, con la mamma. Ha cioè gia’ la capacità di fare un confronto tra questo, più o meno, barlume di immagine che ha stampata dentro nella mente-cuore, e l’estraneo che vede. Ancora più complesso e’ in seguito imparare che “la mamma” va e viene e rimane sempre la stessa.  Cioe’ non sparisce in un vortice assoluto da  cui più non ritorna. Come persona con disturbi, ho vissuto anch’io tutto questo, o meglio, ho ri-vissuto perché a quanto pare l’avevo vissuto all’età giusta, ma non si era potuto “stabilizzare”—Questo fenomeno (diciamo “non fissaggio” delle figure di riferimento) è molto più comune di quello che si crede ed appartiene alla normalità: lo potete osservare nelle persone caratterizzate – almeno in modo accentuato- da ambivalenza nei confrontidelle persone che pur amano. Ugualmente a questo primo processo di apprendimento della realtà fisico-mentale, riporterei l’origine di quelle persone che vivono su un altalena: facilmente entusiasti- facilmente delusi o depressi: in entrambi i casi non si è stabilizzata non tanta la nozione di realtà esterna (processi comunque inseparabili) quando la costanza del proprio “io ” o Sé (per indicare l’unità totale di corpo-mente).  Tecnicamente queste persone si definiscono “bipolari” (vivono su due poli come avessero in sé – e in momenti separati-  il “visconte dimezzato”) ed è oggi, forse, il tipo più comune della nostra normalità (oggi evitiamo l’altra parrocchia per non fare troppa confusione). Voglio aggiungere, già che abbiamo parlato del visconte dimezzato – per chi ha letto il racconto, straordinario per profondità e bellezza, di Italo Calvino- se ricordate, entrambi amavano una bella pastorella in tutte le sue rotondità e allegria di vita.  Questa rappresenta una persona, diciamo,  che ha potuto evolvere se stessa sia nel rapporto con la realtà che con se stessa. Cosa voglio dire?  Ahimé tante cose che forse non riusciro’ a dire e, quelle che dico, mi arrivano così alla mente senza il minimo ordine—del resto vi esprimo appena me stessa, caso ci fosse qualcosa di utile per voi, e non intendo affatto fare un trattato!

 

 

Tutto questo riviviamo anche noi normali in “periodi pur passeggeri di crisi”–Come potete immaginare, lo stesso processo di “stabilizzazione della realtà”, che inizia “sull’altro”, come sempre più facile per tutti noi (—ahime’ fino al “capro espiatorio”), il bambino-contemporaneamente- lo deve fare su se stesso: deve acquisire, come si dice, la nozione di “io” che parte (ma tutto è un processo unico) dalla gradualissima appropriazione del proprio corpo…ricordo che quando aveva circa due anni, faceva proprio questo gioco con Francesca: come avrete fatto tutti voi, le chiedevo di chi è ogni parte del suo corpo—e a quell’epoca, sempre tutto più o meno, era tutto “suo”, ma arrivata a chiedere: di chi è questo ben ginocchietto, lei pronta: “e’ di papà!”.  Nicolo’, che ha compiuto 2 anni il 20 di novembre, è in possesso sia di un’identità corporale che psichica: ha ben chiaro cosa vuol dire “io”–Anche lui- come tutti noi- in momenti di agitazione, che di solito, per non dire sempre, è fuori di lui nell’ambiente, se gli faccio vedere le sue foto nel computer allora torna diciamo ai vecchi tempi, e mi dice, di una sua foto-come è successo l’altro giorno-  che è papà o la mamma—ci vuole rifare l’esercizio con molta calma, tenendolo ben abbracciato, parlandogli con voce di zuccherino amorosa, che, almeno l’altro giorno, dopo un po’ è tornato a riconoscersi.  Avrete osservato che, come ho detto, la cosa più comune, anche se magari non riusciamo ad “osservarlo” è perdere l’immagine totale di noi stessi, senza la quale l’insicurezza che viviamo è tale (angoscia) che non potremmo neanche uscire di casa ed incontrare “l’altro” per tema che ci possa polverizzare. Quello che si sente è un profondo disagio in ogni si

 

 

 

 

 

 

Foto: Didì

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4 risposte a 27 dicembre 2013 ore 08:50 (DA DI FINIRE, MA ORA E’ VENUTO FUORI IL SOLE E VADO A PRENDERMELO TUTTO // VOI CICCIA! “NO, TU NO”! UN BEL MONDO SOLO DI ODIO E SENZA L’AMORE)—QUI SI VEDE MOLTO BENE IL “CANE” (?) DI NICOLO’ CHE, IN SUO ONORE, SI CHIAMA DIDI’—QUI E’ IN BRACCIO A FRU84, LA MAMMA DI NICOLO’—“NON HO MAI VISTA FRANCESCA COSI’ FELICE!”, DICE IL MARITO VALERIO-COME DA QUANDO E’ ARRIVATO IL CANE!” /// non perdetevi, mi permetto, la sproloquiata di chiara che, oggi, potrebbe forse interessarvi, quizàs quizàs quizàs!

  1. nemo scrive:

    Percorso ‘psicologico’ chiaro e convincente

    • Chiara Salvini scrive:

      MA, CICCY CARO, NON E’ FINITO, MA QUELLO CHE HAI GIA’ LETTO E’ GIA’ TROPPO, VERO “CARO MIO FREGOLI DELLA LETTURA”? (SPERO NON DI ALTRO, PER TE, PER IL TUO HAREM), GRAZIE, CHIARA

  2. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    La tua cosiddetta sproloquiata è invece per me e non solo per me, credo, molto interessante. Però mi si ferma a :” quello che si sente è un profondo disagio…” e dato che io provo questo disagio, mi piacerebbe approfondire l’argomento. Se puoi, per favore, mandami il seguito, che invece da me non vuole apparire sul computer, forse a disagio anche lui. Che stufa questi disagi! Si sta così bene quando si sta bene! Ciao e bacini bacini disagiati ( no, quelli almeno ,no! ).

  3. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Voglio raccontarti di un libro di storia che ho riletto ieri, e che trovo magnifico. E’ del solito Alessandro Barbero, docente di storia medioevale ma anche scrittore e narratore avvincente. Si intitola ” Donne madonne mercanti & cavalieri”, pubblicato da Laterza nel settembre 2013, nella collana ” I libri del Festival della Mente”. Sono ritratti di personaggi vissuti tra il XII e il XV secolo.
    Mi ha colpito particolarmente un ritratto di donna, di cui non avevo mai sentito parlare. Si chiama Christine de Pizan ( in realtà il suo nome originale sarebbe Cristina da Pizzano, che è un paesino sull’Appennino bolognese. Lei era nata a Venezia e suo padre, Tommaso da Pizzano, era un professore di Medicina e di Astrologia all’Università di Bologna). Il padre è così rinomato, che viene chiamato alla corte del re di Francia a Parigi, dove porta anche la sua famiglia. L’ambiente in cui cresce è colto e il padre asseconda la sua voglia di leggere. Comunque Cristina si sposa a quindici anni, ha figli e ha una vita normalmente conforme al suo ceto. Rimasta vedova ancora molto giovane, non si risposa e, cosa abbastanza strana per i suoi tempi, si mette a scrivere, dapprima per se’ e poi come scrittrice di best-seller. Scrive un po’ di tutto, non ti sto a riferire perché è molto più divertente leggere Barbero, però ti dico alcuni suoi pensieri: i pregiudizi sulle donne sono tutte assurdità ( lei li confuta nei particolari), è giusto pagare le tasse ( allora era pensiero comune che il re dovesse vivere del suo), perché il re deve difendere il paese ed è lui a pagare la guerra per difenderlo; il re deve garantire la giustizia e la giustizia costa; di conseguenza, tutti dobbiamo contribuire. Se la prende con i nobili che non pagano le tasse, con i funzionari statali nominati senza un esame che accerti le loro reali capacità. L’argomento per cui però è attualmente più famosa e per cui è considerata, forse non a torto, un’antesignana del femminismo, è il ruolo della donna nella società del suo tempo. Scrive un libro, ” La città delle donne”, in cui vuole dimostrare l’importanza delle donne nella storia e per la vita dell’umanità. Non sto a farla troppo lunga, ma quando, nella Francia che sta per soccombere agli Inglesi, compare Giovanna d’Arco, lei scrive un “instant book”, come ora lo chiameremmo, intitolato ” Il poema di Giovanna d’Arco”, in cui si dice che a salvare la Francia sarà una donna: ” Che onore per il sesso femminile!”. Mica roba da poco, no?

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