ore 09:49 DINO ALVES (notizie sotto) ha dato il via ad un movimento antirazzista fino alla PRESIDENTE DEL BRASILE DILMA a base di banane? certo che la realta’ è piu’ imprevedibile di qualsiasi immaginazione e anche sogno! Per noi “la repubblica delle banane era altra cosa; e anche in Brasile, regalare una banana -come ha ricevuto chiara una volta proprio sul lavoro ma da una strega con le corna- significa “embananado” che sarebbe imbranato, sempre in confusione, fuori dal mondo—come vedete non un significato positivo)—ma la storia e la parola puo’ avere queste rivolte (da rivoltare)—a vieremu!

R2/
IL GESTO DI DANI ALVES FA IL GIRO DEL MONDO
La banana antirazzista “Siamo tutti scimmie”
Matteo Renzi e Cesare Prandelli mangiano una banana contro il razzismo
FRANCESCO MERLO
chiara a stefano merlo: amo molto i tuoi articoli, di solito argomentati, brillanti e spiritosi, ma questa volta, ragazzo, ha “visto troppo” in un’immagine….perche’ hai saltato l’incendio di troia, le nuove scoperte dicono che dentro il cavallo c’era pieno di banane e  un “embanado”: Ulisse!


È POTASSIO eversivo la banana antirazzista. Rimanda alla posizione eretta della dignità perché è curva come la colonna vertebrale e come la verità secondo Nietzsche. La banana di Dani Alves disarma il razzismo più dei discorsi di Abramo Lincoln ed è magnifica la decisione di farne il simbolo dei mondiali che il 12 giugno si apriranno a San Paolo.
IL MORSO di quel calciatore mulatto di trent’anni, che raccatta da terra e mangia il frutto della vergogna vigliacca e impunita perché protetta e nascosta dalla folla, ha infatti il ritmo della samba allegra di Josephine Baker che mostrava al mondo quant’era bella la scimmia esotica e nera coprendo e scoprendo con un tutù di banane il corpo più desiderato della Terra. Ecco perché in un solo giorno è stato più efficace del film Dodici anni schiavo l’imprevisto spettacolo della banana in calcio d’angolo che la velocità e la spontaneità del web hanno reso più popolare dei Papi santificati dai Papi.
Probabilmente Alves non sa che lì dentro, in quel gesto veloce e denso che passerà alla storia come il pugno chiuso di Tommie Smith e John Carlos, c’è il riassunto di due secoli di Ironia: dall’uso degli sberleffi contro il potere di Goldoni alla sapienza di Chaplin che mostrava al mondo spaventato quant’era ridicolo Hitler, da “Banana Boat Song” di Harry Belafonte, il canto dei lavoratori giamaicani (“Come, Mister Tally Man, / tally me banana, vieni, signor padrone / a contare le mie banane”) sino alla riserva di umorismo proletario e alla potenza della satira del nostro Altan che, già prima di Dani Alves, aveva dimostrato che la banana è di sinistra (ma “il banana” è di destra).
C’è pure, nella sapienza naturale di Alves, un’intera enciclopedia della provocazione, la stessa riassunta dalla banana colta e colorata di Andy Warhol sulla copertina delle canzoni più esplosive di Lou Reed, quelle dell’eroina e dei lacci emostatici, “I am waiting for my man / 26 dollars in my hand”, con il bianco che trova appunto il suo angelo nero nel ghetto di Harlem. E c’è, ancora, un trattato di tolleranza nel rito semplice dei capocomici e dei commedianti che in tutte le epoche disinnescano l’odio e la maleducazione del pubblico raccogliendo gli ortaggi e la frutta sino all’atto estremo di gustare appunto la banana dell’offesa, trasformata nel suo contrario come in quel manifesto commissionato contro il bullismo ad Oliviero Toscani: la foto di una banana con la didascalia “uomo” e poi la foto di un pisello con la didascalia “bullo”. Questa banana che ha seppellito il razzismo è infine politica, perché affianca l’antologia della risata alla fenomenologia dello spirito della libertà. Ed è bello dedicarla non solo a Balotelli ma soprattutto alla nostra ex ministra, la signora Kyenge, che a Cantù fu accolta dai razzisti della Lega a “bananate”, e purtroppo a nessuno degli indignati d’Italia venne in mente di mangiarne una come Gargantua e Pantagruele mangiarono il Mondo. Del resto anche nella Mosca tetra dell’Urss la banana era il Mondo, una specie di Macondo, il sapore morbido e tuttavia croccante della fuga perché era l’unico frutto straniero che il regime riusciva ad importare grazie all’asse con Cuba, che dagli anticomunisti veniva assimilata, con un cortocircuito ideologico, alle altre famigerate dittature filo statunitensi del Centro America: Panama, Nicaragua, Honduras… A riprova che la risata è una declinazione della libertà queste repubbliche delle banane ispirarono uno dei primi e più felici film di Woody Allen ( Il dittatore dello Stato libero di Bananas ). E la repubblica delle banane è infatti l’insulto che periodicamente ci lanciano i giornali stranieri, la metafora che accompagna tutte le gaffe di Berlusconi, detto appunto “il banana”.
Una meraviglia di partita è stata dunque quella di domenica tra il Barcellona e il Villareal, una vera festa di liberazione perché per la prima volta un gesto abbagliante come un fulmine ci ha affrancato dall’ipocrita venerazione dell’invincibilità dello stadio. La banana di Alves ha finalmente trasformato in intelligenza critica il nostro oscuro e preoccupato biasimo del razzismo gridato dalle curve dove gli ultras ricoverano i loro problemi pesanti e i loro feroci conti aperti con il mondo. Non infatti le leggi speciali, gli elicotteri che fanno vento ed emettono fasci di luce rossa, le prediche ideologiche e l’esibizione della forza non usata, ma l’ironia spavalda della vecchia banana ha smontato l’anomia dello stadio, la dimensione del fuorilegge, del luogo extraterritoriale dell’impunità che nel mondo è forse più antica delle corna dell’arbitro, ma non del razzismo.
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“Mangia la banana”: l’antirazzismo di Alves diventa mondiale

Milioni di adesioni in tutto il mondo

29/04/2014 – 15:20

"Mangia la banana": l'antirazzismo di Alves diventa mondialeMangia la banana 

Un semplice gesto, condito da un po’ d’ironia, ha fatto più di decenni di iniziative e dibattiti sul razzismo nel calcio. Il razzismo è un problema mondiale, «non certo solo della Spagna» come ha tenuto a sottolineare Pep Guardiola. Ma con un semplice morso a una banana Dani Alves, terzino brasiliano del Barcellona ha reso l’antirazzismo ancora più globale. «Siamo tutti Dani Alves» il grido lanciato da Spagna e Brasile. «Siamo tutti scimmie», è invece lo slogan lanciato da un altro brasiliano del Barcellona, Neymar. E la campagna a sostegno di Alves è subito diventata virale, fino alla presidente del Brasile Dilma Rousseff e a Renzi e Prandelli. Tutto è partito da un piccolo gesto, domenica sera, durante Villarreal-Barcellona: quel prendere dal prato la banana che gli era appena stata lanciata dagli spalti da un tifoso (già individuato e bandito a vita dallo stadio Madrigal) e il mangiarla prima di battere un calcio d’angolo, come risposta ai razzisti che nello stadio del Villarreal avevano ripetuto un gesto troppe volte visto, ha dato il via a un movimento mondiale, via social network.
E milioni di persone hanno aderito inviando la loro immagine con in mano, o mentre mangiano, una banana. Come il premier tifoso viola Matteo Renzi, che ricevendo Prandelli e i vertici della Figc a Palazzo Chigi, ha voluto anche lui aderire alla campagna della banana: insieme al ct si è lasciato fotografare mentre la mangiava anche lui.

 

 

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