ORE 09:27 EUGENIO SCALFARI CI SPIEGA PERCHE’ – ANCHE SE RENZI NON GLI PIACE—OGGI VOTA RENZI–

Prima
NON AMO RENZI MA OGGI LO VOTERÒ E VI SPIEGO IL PERCHÈ
EUGENIO SCALFARI

OGGI si vota per il Parlamento europeo ed anche per due Regioni (Piemonte e Abruzzo) e alcune migliaia di Comuni sparsi in tutta Italia, tra i quali molti capoluoghi e molte città che superano i
centomila abitanti.
Di queste elezioni amministrative si è parlato poco, trascurando di valutare i possibili effetti che sicuramente avranno sulle elezioni europee e in particolare sui potenziali elettori del Movimento 5 Stelle. È noto infatti che i seguaci di Grillo finora si sono assai poco manifestati nelle elezioni comunali e regionali che si sono svolte nel 2013, dopo le politiche di febbraio. Questa volta però non solo il numero degli Enti locali da rinnovare è assai maggiore ma c’è l’abbinamento con le europee. Sicché le ipotesi che si possono formulare sono tre: gli elettori decidono di andare alle urne e votare soltanto per le comunali e regionali rifiutando la scheda per le europee; oppure, se sono elettori grillini, estendono il loro voto ai Cinque Stelle qualora fossero candidati in quel Comune e in quella Regione e in tal caso la loro presenza nel governo degli enti locali si estenderebbe molto; oppure ancora privilegiano la scelta locale e conformano ad essa anche il voto europeo penalizzando i Cinque Stelle qualora avessero votato per loro alle politiche di un anno fa.
Gli effetti dell’abbinamento possono dunque essere notevoli. Non si ha notizia di sondaggi in proposito. Personalmente credo sia abbastanza improbabile che l’elettore deciso ad andare alle urne rifiuti una delle schede che gli vengono offerte là dove ci sia l’abbinamento .
RESTANO dunque in campo solo due delle tre ipotesi sopra indicate: le locali favoriranno Grillo o al contrario lo penalizzeranno. Propendo piuttosto per la seconda ipotesi perché il candidato locale è più conosciuto e quindi è quello che tira di più. Lo sapremo domani quando tutte le votazioni europee ed amministrative di oggi saranno state scrutinate.
Ed ora veniamo al tema più generale che è quello del confronto tra le principali forze politiche in Italia e in Europa. Se ne è parlato molto in questi giorni ma c’è ancora l’opportunità di parlarne oggi mentre gli elettori stanno per recarsi alle cabine elettorali.
*** La prima domanda è questa: quanti ci andranno e quanti invece festeggeranno la domenica andando in gita o restandosene tranquillamente a casa? La seconda domanda è invece la previsione dell’esito elettorale italiano e di quello europeo e delle conseguenze politiche ed economiche di tale esito in Italia e in Europa.
Queste tre domande che l’attualità ci suggerisce di considerare ne presuppongono altre due di natura preliminare: che cos’è il nostro Paese e che cos’è l’Europa? E con queste siamo al centro del problema di cui il voto odierno favorirà la reale testimonianza.
Si dice che il nostro sia un Paese arrabbiato a causa dei sacrifici economici che gli sono stati imposti da una crisi che dura ormai da sei anni ed ha carattere mondiale. Non è nata in Italia né in Europa. È nata in America ma si è immediatamente propagata ed è qui, in Europa e in Italia, che ha trovato condizioni di fragilità diffusa sia in campo economico sia sociale e generazionale. Altrove è già passata o sta passando; qui da noi si incrudelisce col passar del tempo e la rabbia produce effetti politici destabilizzanti.
Questi effetti hanno due distinte direzioni: guidano la rabbia contro la tecnocrazia europea e contro la Germania che palesemente la domina; oppure la indirizzano contro la classe dirigente del proprio paese. Qui in Italia è questo il bersaglio primario della rabbia, anche se la Germania della Merkel costituisce l’altro bersaglio da colpire, ma dopo. Prima di tutto occorre mettere sotto processo la classe dirigente nazionale, quella politica soprattutto; bisogna rottamarla totalmente senza eccezioni di sorta. E sostituirla. Per fare che cosa? Per abbattere tutte le istituzioni e sostituirle. Con che cosa? Si vedrà. Intanto è il concetto distruttivo ad occupare la scena e a dare sfogo alla rabbia.
Questo è Grillo, e più moderatamente ma arrivando alle medesime conclusioni, i parlamentari del Movimento. Bisogna aver ascoltato il Crozza di venerdì sera per capir bene quanto stia accadendo nell’animo di molti italiani. Talvolta la satira e la comicità hanno una capacità conoscitiva molto più efficace di tanti discorsi eloquenti ma retorici e interessati. La satira no, quando coglie la realtà la sua efficacia non ha confronti. Ricordate il Benigni del “Giudizio universale”? E Arbore di “Quelli della notte”? Del resto la satira dell’antica Grecia e quella di Roma non furono da meno per rivelare al popolo la verità.
Il nostro è un Paese che soffre e ha perso la speranza. I giovani hanno perso la speranza del futuro, i vecchi quella che i loro figli e nipoti quel futuro sappiano costruirlo. Poi c’è la demagogia di chi manipola questa duplice disperazione e la utilizza a proprio vantaggio. Con quale obiettivo? Conquistare il potere. Per farne che cosa? Per toglierlo a chi ce l’ha. E poi? Il poi è avvolto nella nebbia più fitta. «È la guerra, la guerra, la guerra» urla Grillo nelle piazze.
C’è un’alternativa a quelle urla? L’alternativa è purtroppo l’indifferenza, cioè l’astensione dal voto. Gli ultimi sondaggi segnalano circa il 40 per cento di probabili astenuti. Sommati ai voti che presuntivamente prenderanno i Cinque Stelle si arriva al 60 per cento. E sommati al populismo di Berlusconi, che do- po vent’anni di malgoverno spera ancora in un 20 per cento di allocchi che lo votino, siamo all’80 per cento del popolo sovrano che, se abboccherà a queste manipolazioni, rinuncerà ad utilizzare la propria sovranità. Sarà questo il risultato delle votazioni di oggi? *** Resta, tra le forze politiche italiane maggiori, il Partito democratico guidato da Matteo Renzi. Nell’articolo di domenica scorsa ho fatto un lungo elenco dei pregi e difetti dell’attuale presidente del Consiglio, ed anche dei pregi e difetti di quel partito prima ancora che Renzi ne prendesse la guida. Ma arrivai alla conclusione che resta, nonostante tutto, la sola formazione politica che abbia una storia, un nucleo di giovani leve con capacità di rinnovamento e un gruppo incontaminato che rappresenta un punto valido di riferimento.
Non vedo, in un momento così delicato e complesso di un’Italia fragile e smarrita, altra soluzione per il voto di oggi che optare per quel partito. So anche che è abitudine dei giornali non dare indicazioni di voto. Un’abitudine che tuttavia non fa parte della deontologia giornalistica e non impedisce ad un singolo collaboratore di dire come voterà lui. Io perciò lo dico e credo di averne spiegato le ragioni.
Renzi ha dichiarato che l’esito del voto di oggi non riguarda il governo che resterà comunque al suo posto. Ha ragione, si vota per l’Europa e per molti Enti locali, Comuni e Regioni. Il governo non è in discussione. Ma poi, ha aggiunto Renzi, se le riforme che ha già annunciato, a cominciare da quella elettorale e dalla riforma del Senato, gli saranno impedite allora lui se ne andrà a casa.
Nessuno ovviamente può impedirglielo, ma questo non lo autorizza a mettere il bavaglio a chi nel suo partito vede alcune delle riforme da lui caldeggiate come sbagliate e meritevoli di importanti modifiche. Soprattutto quella del Senato.
Abbiamo più volte spiegato il perché e non starò a riproporre oggi la questione. Del resto nel suo partito sono in molti a condividere quelle critiche. Renzi può indicare una linea ma non può dare ultimatum ai dissenzienti e non ascoltare e non vedere gli errori cercando di evitarli.
*** E l’Europa? I protagonisti della campagna elettorale ne hanno parlato pochissimo. I giornali no, il nostro ne ha parlato molto ed ha esaminato attentamente le questioni che si pongono. In particolare ne hanno parlato Bernardo Valli, Andrea Bonanni, Lucio Caracciolo, Andrea Manzella e ne scordo parecchi altri. Ma anche 2-4ore, il Corsera, la Stampa .
Il problema europeo non è soltanto quello di allentare l’austerità e consentire maggiore libertà di finanziare investimenti, lavoro, redditi insufficienti, consumi. Sono certamente questioni di grande importanza ma non esauriscono il problema Europa. L’obiettivo che ci si deve proporre è quello di costruire uno Stato federale europeo, dotato di piena sovranità in alcuni settori altamente sensibili in una società globale. Una politica di bilancio comune, una comune politica estera, una comune difesa, una politica dell’immigrazione e quindi, in questi ed altri settori che man mano si pongano, altrettante cessioni di sovranità degli Stati nazionali.
L’Europa è già in parte ma non completamente depositaria dei diritti dell’uomo e del cittadino, ma questa titolarità va tutelata ed estesa. I diritti e i conseguenti doveri. Occorre fare del Parlamento europeo una sede di democrazia legislativa e di controllo d’un potere esecutivo da affidare alla Commissione della Ue. Deve spettare al Parlamento la nomina dei membri della Commissione ed anche del presidente dell’Unione o affidarla all’elezione diretta dei cittadini europei. Gli Stati Uniti d’Europa sono l’obiettivo da raggiungere, con gradualità ma con tenacia.
La cultura europea, la scienza e la tecnologia europee, l’equilibrio sociale e la diminuzione delle diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza vanno perseguiti non solo dai singoli governi nazionali ma da quello europeo.
Se questi sono gli obiettivi, il Parlamento europeo diverrà un organismo fondamentale e così la Commissione e così la Banca centrale i cui poteri d’intervento vanno estesi e rafforzati.
Per questi obiettivi gli elettori responsabili voteranno oggi. Di irresponsabili ce ne sono molti e dovunque. Speriamo vivamente che non prevalgano.
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