ore 23:11 FINALMENTE SI COMINCIA A PARLARE NCHE IN ITALIA DELLA “MEDICINA NARRATIVA”!

DA REP. 15 GIUGNO 2014

Medicina narrativa, se le storie dei malati cambiano le cure

Consensus conference all’Istituto superiore di sanità  per creare percorsi condivisi nei servizi sanitari. E’ la fase finale della ricerca online con le risposte di migliaia di lettori di Repubblica. it. Analisi dei datidi MAURIZIO PAGANELLI

Medicina narrativa, se le storie dei malati cambiano le cureUNA tre giorni di consultazione ai massimi livelli all’Istituto Superiore di Sanità per far uscire la Medicina Narrativa dal limbo dell’appendice psicologica “umanizzante” e farla entrare a pieno titolo nella pratica clinica e dei servizi sanitari come componente essenziale del percorso diagnostico-terapeutico in Italia. I pilastri sono le “buone pratiche” realizzate e le ricerche: la più vasta che, in questa occasione si porta a conclusione, è quella condotta su migliaia di pazienti e familiari con i questionari e le storie raccontate su Repubblica. it nell’ambito dell’iniziativa “Viverla tutta” svolta tra settembre 2011 e marzo 2012. Tra domani e venerdì un “brain trust” di 25 specialisti arriverà a stilare le basi metodologiche per una visione condivisa (Consensus conference) e linee guida applicative. «Siamo, credo, ad una svolta nel percorso delle medicina narrativa basata sulle evidenze scientifiche», racconta Stefania Polvani, della Asl 10 di Firenze, che al convegno internazionale dell’Iss, a Roma, riporterà, venerdì mattina, l’analisi delle 812 storie dei lettori di Repubblica.it, dopo aver studiato oltre 2mila questionari.

Recentemente si sono moltiplicate le iniziative che propongono la narrazione come strumento utile o “terapeutico”: oggi a Milano l’Istituto Nazionale dei Tumori con Salute Donna onlus rilancia con “Oncostories” il “valore curativo della comunicazione tra medici e pazienti”; la Fondazione e Lega per l’epilessia sui racconti dei malati ha promosso un concorso e un libro; così i leucemici dell’Ail, in chiave ancor più letteraria, storie ri-raccontate insieme alla scuola Holden di Baricco; i diabetici dell’Amd dedicano un sito ai racconti dei pazienti; l’Associazione Vivere senza dolore ne ha fatto ricerca e slogan (“Parole del dolore”). Ma il passaggio più complesso, obiettivo dell’Iss con il Centro malattie rare e della Consensus conference, riporta ad una “rivoluzione di paradigma” dei servizi sanitari. «Ascolto e centralità della persona per diagnosi corrette e più veloci, alleanza terapeutica per una verifica costante e aderenza alla terapia: sempre meno artigianalità, buonismo flash, cure paternalistiche», segnala l’esperta. L’analisi delle 812 brevi storie di repubblica. it fornisce già alcune indicazioni.

Il 75% ha riguardato storie di malattie croniche (44% delle quali oncologiche); il 19% malattie rare. La griglia utilizzata separa i racconti in base a tre filoni: chi parla della patologia intesa come lesione organica (disease); chi della sua esperienza della malattia (illness); chi dei rapporti sociali legati allo star male (sickness). Il 49% delle storie narra di illness; il 35% di disease; il 16% di sickness. «Nelle malattie rare il peso della patologia (disease), bisogni di cura, ritardi di diagnosi, iter infiniti per capire e sapere, incidono di più», spiega Polvani, «mentre nell’Alzheimer, dove sono i familiari a raccontare, preponderante è la sickness, i bisogni assistenziali, la difficoltà nella quotidianità, le strutture di inserimento, l’associazionismo e i gruppi di autoaiuto». Il team di lavoro (Stefania Polvani, Federica Biondi, Ilaria Sarmiento, Federico Trentanove), utilizzando il programma di elaborazione “Envivo”, si è poi andato a “leggere” i concetti ricorrenti nelle storie.

Così nell’illness aspetti emotivi (30%), quotidianità (20%), percezione della malattia (19%) e qualità della vita (18%) sono preponderanti. Nel disease sono difficoltà e ritardi di diagnosi (48%) e tipo di trattamento (44%) ad emergere. Gli elementi di sickness sono al 61% legati alle relazioni, soprattutto extra-familiari (43%), con i sanitari (25%) e con amici e colleghi (15%); un problema consistente riguarda (25%) l’accesso ai servizi e gli aiuti domiciliari. «Sono tutte indicazioni chiare per un servizio sanitario che si vuol dire efficiente e di supporto nel percorso diagnostico- terapeutico e post-ospedaliero », sottolinea Polvani. E a leggere quelle storie non vi è solo negatività o dolore: vi è progettualità, buonsenso, ironia, filosofia. «Si tratta di elaborare percorsi possibili, anche nei questionari che accompagnano il paziente con la cartella clinica: a Firenze», conclude l’esperta, «abbiamo creato diversi approcci a seconda delle patologie e dei reparti. Ora c’è pure un osservatorio nazionale (Omni.web.org). La Consensus conference può rappresentare una sfida ai singoli operatori e all’intero sistema sanitario».
L’alleanza terapeutica come “scelt
a saggia” (“Choosing wisely”) collegata alla medicina basata sull’evidenza (Evidence based medicine)?

 

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