20:08 ————DA NEMO —GUSTAVO ZAGREBELSKY (1 GIUGNO 1943) —” SI PARLA DI FALLIMENTO DELLO STATO COME DI COSA OVVIA “

 

san germano chisone, dove nasce gustavo zagrebelski, città metropolitana di Torino.

 

REP. OGGI  pp   1-27

Prima
LE IDEE
La tragedia greca e la sovranità spodestata
L’Europa è un deserto dove comanda il potere dei creditori
GUSTAVO ZAGREBELSKY


SI PARLA di fallimento dello Stato come di cosa ovvia.

Oggi, è “quasi” toccato ai Greci, domani chissà. È un concetto sconvolgente, che contraddice le categorie del diritto pubblico formatesi intorno all’idea dello Stato. Esso poteva contrarre debiti che doveva onorare. Ma poteva farlo secondo la sostenibilità dei suoi conti. Non era un contraente come tutti gli altri. Incorreva, sì, in crisi finanziarie che lo mettevano in difficoltà. Ma aveva, per definizione, il diritto all’ultima parola. Poteva, ad esempio, aumentare il prelievo fiscale, ridurre o “consolidare” il debito, oppure stampare carta moneta: la zecca era organo vitale dello Stato, tanto quanto l’esercito. Come tutte le costruzioni umane, anche questa poteva disintegrarsi e venire alla fine. Era il “dio in terra”, ma pur sempre un “dio mortale”, secondo l’espressione di Thomas Hobbes. Tuttavia, le ragioni della sua morte erano tutte di diritto pubblico: lotte intestine, o sconfitte in guerra. Non erano ragioni di diritto commerciale, cioè di diritto privato.
Se oggi diciamo che lo Stato può fallire, è perché il suo attributo fondamentale — la sovranità — è venuto a mancare. Di fronte a lui si erge un potere che non solo lo può condizionare, ma lo può spodestare. Lo Stato china la testa di fronte a una nuova sovranità, la sovranità dei creditori.
ESATTAMENTE come è per le società commerciali. I creditori esigono il pagamento dei loro crediti e, se il debitore è insolvente, possono aggredire lui e quello che resta del suo patrimonio e spartirselo tra loro.

Nell’Antichità, i debitori insolventi potevano essere messi sul lastrico e perfino ridotti in schiavitù dai creditori insoddisfatti. Lo Stato, quando fallisce, si trova in condizione analoga. Tanto più aumenta la sua “esposizione”, tanto meno è in condizione di resistere alle richieste espropriative dei creditori, anche le più pesanti e inimmaginabili. Abbiamo sorriso di Totò che vendeva ai turisti la Fontana di Trevi. La realtà supera la fantasia, se è vero che, tra le possibili garanzie dello Stato debitore, i creditori considerano imprese pubbliche, isole, porti, ferrovie, monumenti, ecc. Quanto sarà valutato il Partenone e, forse, per l’appunto la Fontana di Trevi?
Le armi dei creditori sono la promessa di salvezza e la minaccia di rovina, la carota e il bastone. Lo scenario immediato è la fine della “liquidità” degli istituti di credito, il panico tra i risparmiatori, l’impossibilità per lo Stato di pagare debiti, stipendi, pensioni, la disperazione dilagante; a media scadenza, chiusure e fallimenti d’imprese, disoccupazione, miseria. Chi potrebbe resistere alla forza intimidatrice di una simile catastrofe annunciata e alla forza seduttiva di qualunque prospettiva salvifica, fosse anche accompagnata da condizioni iugulatorie? (iugulatorie= che stringe il collo, che strangola—“vessatorie” )
È quanto è toccato alla Grecia, con somma drammaticità ed evidenza. Il premier ha chiesto al Parlamento il voto a favore di un insieme di provvedimenti impostigli, ch’egli stesso dichiarava essere contrari al programma politico col quale si era presentato alle elezioni, vincendole. Non s’era mai vista così chiara, in Europa, una tale contraddizione. Egli era lì in base alla forza conferitagli dal suo popolo, confermata in referendum, e doveva smentire se stesso e riconoscere l’esistenza d’un’altra forza, alla quale non poteva resistere. L’imposizione, che lo Spiegel ha definito “catalogo delle atrocità”, comprende cose come le proprietà pubbliche, le misure di alleggerimento del malessere sociale, l’abolizione della contrattazione collettiva, il licenziamento di gruppo, le ipoteche su beni dello Stato, le aliquote Iva, le pensioni, perfino il codice di procedura civile (per rendere più efficace la liquidazione dei beni dei debitori insolventi).

S’è detto, con una certa superficialità: niente di sconvolgente. La Grecia, come tutti i Paesi dell’Unione Europea, ha da tempo accettato limiti alla sua sovranità a favore dell’Europa. La prova cui è sottoposta la Grecia sarebbe perciò una vittoria dell’Europa.
Basta dirle, cose come queste, per comprenderne l’assurdità. E non perché alcuni Stati abbiano fatto la parte del leone (la Germania, gli Stati baltici, ecc.) e altri della pecora, ma per una ragione più profonda: di fronte alla Grecia non c’era l’Europa, ma la finanza che si fa beffe di formalità e competenze codificate. Chi, in Europa, ha preso decisioni non ha agito “in quanto Europa”, ma in quanto rappresentante di interessi finanziari. Al capezzale della Grecia erano in tanti: Banca centrale europea (istituzione indipendente con compiti di equilibrio finanziario della “zona euro”), Fondo monetario internazionale (che si occupa del salvataggio di Stati a rischio in tutto il mondo) e anche — anche — organi vari dell’Europa (Eurogruppo, Eurosummit, il Consiglio europeo). Singoli capi degli esecutivi dei Paesi economicamente più “pesanti”, a tu per tu tra loro (Germania e Francia) hanno svolto la parte decisiva, senza alcun “mandato europeo”. Le “sanzioni” alla fine deliberate non trovano alcun fondamento nei Trattati.
La “troika”, che ora ritorna in Grecia come commissaria ad acta (senza infilarmi nel diritto, mi pare si possa dire che sono “funzionari con potere di decidere e di agire, cioè di passare agli atti” ), non è organo dell’Europa, è organo de facto degli interessi finanziari che s’intrecciano tra Commissione europea, Bce e Fmi. L’Europa come tale è stata totalmente assente. La condizione della Grecia non è quella di chi si è vista limitare la sovranità perché l’ha ceduta: è quella di chi ha subito il colpo d’un sovrano di tutt’altra specie — che qualcuno ha definito “colonialista finanziario” — con tante teste.
Pecunia regina mundi. L’erosione della sovranità statale a opera della finanza sembra dare ragione a questa tragica massima. Perché tragica? Innanzitutto, perché la finanza, come lo spirito, soffia dove vuole, irresponsabile di fronte alle comunità umane su cui scarica la sua forza, investendo o disinvestendo risorse, senz’altra guida se non l’accrescimento della sua potenza. Agli Stati indebitati e insolventi si può rimproverare il loro spirito di cicale. Ma il potere finanziario, nel suo insieme, vive di indebitamenti e accreditamenti ed è perciò amico delle cicale. Senza cicale e solo con formiche non potrebbe esistere. Onde, è vuoto moralismo il rimprovero d’essersi indebitati, quando proprio i creditori sono interessati al loro indebitamento. In secondo luogo, l’erosione della sovranità è la resa alla legge dei più forti. La sorte dei popoli finisce per essere la risultante dello scontro di forze che hanno, come obiettivo, la propria autoaffermazione. L’arma è la potenza finanziaria. Chi è più ricco è destinato a diventare sempre più ricco e gli altri sempre più poveri. La concentrazione progressiva della ricchezza nelle mani di pochi è sotto gli occhi di tutti. L’idea di un qualche “ordine mondiale” anche solo vagamente orientato alla giustizia è fuori di questo mondo.

E l’Europa? Non è stata pensata dai padri fondatori anche in funzione di un sistema di relazioni internazionali che promuova la pace e la giustizia tra le nazioni, come dice l’art. 11 della nostra Costituzione? Proprio la vicenda greca ha dato voce, ancora una volta, a chi invoca il passo verso la formazione di una vera unità europea, capace di valori politici solidali. Ma, si tratta di vox clamantis in deserto, anzi in un deserto che più arido di così, oggi, non potrebbe essere. Bisognerà forse attendere una crisi ancora più profonda e sconvolgente, perché si tocchi il fondo e, dal fondo, si riesca a intravedere nell’Europa politica un progetto all’ordine del giorno urgente e cogente.
Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

3 risposte a 20:08 ————DA NEMO —GUSTAVO ZAGREBELSKY (1 GIUGNO 1943) —” SI PARLA DI FALLIMENTO DELLO STATO COME DI COSA OVVIA “

  1. Chiara Salvini scrive:

    Forse sono cieca, ma non mi pare di intravvedere una così grande novità. Un tempo allo stesso risultato, cioè sottomettere un altro popolo ai propri interessi politici ed economici, ci si arrivava con le guerre: e la storia d’Europa, come –credo–nessun altro continente ne è testimone. La globalizzazione (se sbaglio, vi prego di correggermi!) è stata “una riorganizzazione” –una delle tante –del capitale mondiale, in risposta alla gravissima crisi del 1973, innescata dal petrolio. Questa risposta, anche per l’uso dell’elettronica a portata quasi di chiunque (il primo personal computer), si è basata –tra le tante altre cose che non so —sul dominio della finanza sulla manifattura. Con che vantaggio: una società quotata in borsa, per esserlo ed aver successo dovrebbe rispondere a dei criteri positivi di bilancio attuali e prospettive buone nel futuro. E facendo così, guadagna finanziariamente attraverso le sue azioni in borsa, molto di più che se quei guadagni li investisse in ricerca, macchinari…almeno a corto raggio. Inoltre, tramite le famose “scommesse” sul peggio di una nazione o di società, si è trovato il modo di guadagni giganteschi. Quando è stato chiamato al governo il prof. della Bocconi, Monti, come ricorderete lo spread era altissimo (cioè la differenza tra la resa dei titoli di stato italiani e tedeschi —definito così, che povera me, io sappia. ) Voleva dire che comprare i nostri titoli di stato —ad altissimo rischio, dato il rischio di crollo o default della Stato italiano —rendeva moltissimo. E su questo nostro crollo, i grandi capitali si erano fiondati–per favore qualcuno la completi, questa storia, e aggiunga tanti cose che non ci sono. Avendo fiducia totale in voi, che risponderete alla mia richiesta di SOS, posso anche dire che “sono la chiara”…un minimo “vostra” (ho giusto un bel pezzo che mi eccede, se foste disposti, a me pesa tanto!…)

  2. Donatella scrive:

    Io credo che viviamo con false coscienze: comprendiamo tutti che così non si può andare avanti, sappiamo che l’Unione Europea non esiste in quanto realtà politica ma si tratta quasi esclusivamente di un gioco finanziario tra potentati internazionali. Come farà la Grecia a diminuire ancora le pensioni, già poverissime. Io, che sono in Italia, da dieci anni circa mi sono impoverita in modo impressionante.Non compro più un libro, non vado a teatro, vado al cinema dei pensionati ( per fortuna di qualità), non vado più in pizzeria, devo da anni rifarmi gli occhiali, ho debiti con il dentista e con il commercialista ( senza il quale è quasi impossibile fare una dichiarazione dei redditi esatta per non incorrere in sanzioni). Pago le tasse , non perché non vorrei pagarle, cone tutti gli italiani, ma perché, come tutti i dipendenti e come tuttii pensionati, ce li tolgono alla fonte. Con tutto questo dobbiamo vedere i tagli alla sanità,che già hanno tiket impressionanti. Già molte persone come me hanno difficoltà a fare gli esami di routine. In un vecchio film di fantascienza si vedeva che le persone, raggiunta una certa età, venivano per legge accompagnate ad una dolce morte e i loro corpi erano utilizzati per dare da magiare alle giovani generazioni. Se non ci sarà un a ribellione a questo stato di cose, si finirà così. Meno male che noi non lo vedremo, per raggiunti limiti di età.

  3. Donatella scrive:

    Tutti i giornali e le televisioni, almeno quasi tutti, ci fanno capire che non è possibile fare altrimenti. Non ci sono alternative ai governi attuali, non ci sono alternative al predominio del capitale finanziario. Io penso che ce lo vogliano fare credere, anche se, purtroppo, non ho una ricetta alternativa. So bene però cosa va contro i miei interessi e a quelli di milioni di persone come me , che sono la stragrande maggioranza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *