21:55 — LA BUONA SCUOLA NASCE DAL PENSIERO CRITICO /// VI PASSO PARTE DELL’INTERVISTA AL PEDAGOGISTA MASSIMO BALDACCI–DI CARLO CROSATO

 

 

 

ALTRI ARTICOLI DA MICROMEGA -FILOSOFIA ” IL RASOIO DI OCCAM”

La buona scuola nasce dal pensiero critico

pensiero-critico-499

intervista a MASSIMO BALDACCI di CARLO CROSATO

Che cosa deve essere una buona scuola? In questa conversazione con il pedagogista Massimo Baldacci si affronta la questione di come formare abiti mentali di natura critica che facciano tutt’uno con l’atteggiamento scientifico e con l’adozione di uno spirito democratico.

L’INTERVISTA IN PDF

Si parla molto spesso dell’importanza, per i nostri tempi, della formazione allo spirito critico. E c’è chi inizia a progettare dei corsi dedicati alla materia. Ma il pensiero critico è una materia? È qualche cosa che può essere insegnato con l’illustrazione di modelli di pensiero?

 

 

 

INTERVISTA —

 

 

….

Il pensiero critico, quindi, non può essere insegnato e appreso attraverso l’istruzione a un modello preciso di azione, perché il pensiero critico deve poter vantare una certa libertà di movimento. Si tratta quindi di istituire un corso di insegnamento, una materia di “libertà di pensiero”, di “pensiero libero”?

Come ho detto, appare evidente la preferibilità di una strategia di pensiero critico aperta, che non cerchi di porre limiti anticipati, ma presupponga che la critica può essere esercitata in vari modi e che ciò che conta è la formazione di uno spirito antidogmatico, piuttosto che l’istruzione su un modello particolare e formalizzato di pensiero critico. Però – lei mi chiede – è possibile che tale istruzione sia oggetto di una materia?

La questione dell’educazione al pensiero critico è quanto mai rilevante. Vorrei riprendere a questo punto una suggestione di Dewey, pensatore che considera la formazione del pensiero critico soprattutto nell’opera Come pensiamo (soprattutto l’edizione del 1933). In quest’opera, Dewey sostiene che la formazione del pensiero non può essere promossa attraverso una procedura formale; essa è piuttosto l’esito di un processo largamente informale. Sarebbe perciò illusorio organizzare un corso focalizzato sull’educazione al pensiero critico; e altrettanto illusoria è l’idea di una materia a cui affidare la formazione del pensiero critico. La maturazione di una capacità critica, ripeto, è invece il risultato complessivo e di lungo termine dell’intera formazione scolastica, attraverso il concorso delle varie discipline, perfino dell’intero complesso scolastico.

Dewey, per sostenere che la formazione del pensiero critico è indiretta, parte da questa considerazione: troppo spesso gli insegnanti soffermano la propria attenzione soltanto sul particolare argomento che l’alunno sta studiando in quel dato momento, in quella data disciplina; così facendo, però, gli insegnanti trascurano il processo sottostante  – più profondo, carsico – di formazione di abiti mentali permanenti. Eppure sono quelli che contano di più per il futuro dell’individuo in formazione. Dewey, insomma, afferma che nel lavoro formativo ci sono due livelli: uno superficiale – il particolare argomento di studio –, e uno più profondo e sottostante, nell’ambito del quale non si strutturano singole conoscenze e non mere competenze, bensì abiti mentali, forme di pensiero che sono, per lui, il prodotto più importante della formazione scolastica.

Dewey torna su questo problema nel 1938, in Esperienza e educazione, opera coeva alla sua Logica. Teoria dell’indagine. In quest’ultima, Dewey riprende le tappe che erano già descritte in Come pensiamo, riorganizzandole come tappe del pensiero logico. InEsperienza e educazione, parallelamente, scrive che il maggiore errore pedagogico che possa fare un insegnante è credere che l’allievo stia imparando solo l’argomento che sta studiando in quel momento. Si parla di “apprendimento collaterale” per indicare ciò che nel ’33 aveva già chiamato “apprendimento sottostante”: è quell’apprendimento di abiti mentale ciò che conta di più in un processo di formazione. Il mutamento lessicale, da “sottostante” a “collaterale”, non è irrilevante: parlare semplicemente di processo sottostante non precisa che l’apprendimento collaterale è un processo parallelo, contemporaneo all’apprendimento superficiale degli argomenti.

Ci ha parlato di “abiti mentali”: come sono definibili? E perché Dewey e noi con lui dovremmo ritenere tanto importante la costruzione di abiti mentali?

Gli abiti mentali, spiega Dewey, sono il prodotto più duraturo della formazione scolastica: le conoscenze possono essere dimenticate, mentre gli abiti mentali, una volta strutturati, sono pervicaci, rimangono e condizionano il modo di pensare e di affrontare la realtà. L’educazione del pensiero, abbiamo detto, è un processo collaterale, indiretto, di lunga durata; questa educazione però sedimenta abiti mentali permanenti che condizioneranno in maniera costante il modo di pensare dell’individuo: è di tali abiti e della loro formazione in opera durante il percorso di acquisizione di competenze che ci si deve interessare nella fase di educazione scolastica.

E cosa significa che la formazione di questi abiti mentali è il prodotto di un processo indiretto?

Dewey precisa che l’insegnamento del pensiero non è avvicinabile per una via diretta, ma che è necessario un allargamento del concetto di metodo. Il metodo va inteso, in senso più ampio, come intero complesso formativo: non si tratta allora del solo sapere che viene impartito, ma anche del modo in cui l’insegnante avvicina questo sapere e dell’intero contesto scolastico che contribuisce alla strutturazione di abiti mentali. Da tale contesto deriva la nascita e la formazione del pensiero critico.

 

 

 

 

http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/06/03/la-buona-scuola-nasce-dal-pensiero-critico/

 

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *