Una ragazzina, che fa Chiara di nome, compiuti ventanni da poco, ventanni di allora in un certo strato sociale in cui i figli possono studiare ” a volontà”…Appena tornata da 3/4 mesi in Brasile letteralmente “incantata” di quanto ha visto…un tipo di ” incantamento ” che ha tuttora guardando il mondo—AMEN, RAGAZZI, E QUESTA VOLTA, DICIAMOLO IN CORO! UN BEL CIAO…(ASPETTATE!) …” GIOVANILE RIDENTE “!

 

10.09.1964

Ragazzina, ti devi smontare la testa, che è tutta suonata!

Devo capire molto bene questo: devo smetterla di dire ai miei genitori quello che non mi piace, continuamente. Devo stare assolutamente zitta, e piuttosto dire delle storie.

L’unica cosa importante è che siano contenti, contenti di te, a ragione o no.

Che a te tutto questo sembri assurdo e ti ci rivolti contro, non vuol dire che hai ragione; può essere molto che tu sbagli e quindi più prudente. Nei giudizi. Nessun egoismo è più supremo di chi vuol dire quello che pensa, perché non riconosce a nessuno “diritti” su di sé a non farlo esprimere. E questo forse può essere, ma sono i tuoi genitori, e pare stabilito che si debba stima e riconoscenza comunque. – Perciò -.

Non è questo invece il punto:

proprio perché continuo a ripetere che sono da sola a fare, devo vedere i miei genitori come delle persone da amare, anche con pietà.

Hanno fatto i loro sbagli (anche se dicono di no) hanno i loro limiti, e a loro volta però hanno avuto i loro genitori.

Ma io non li giudico.

Io voglio solo che mi permettano di esprimermi come voglio e non pretendano di mettermi i sigilli e spedirmi come un pacchetto.

Io me ne sento il diritto (anche se non pieno perché non so guadagnarmi neppure 5 £).

È brutto metterti di fronte a loro come chi ha diritto e pretende, senza voler dare nulla in cambio.

Considera piuttosto i tuoi doveri, i tuoi torti – molti – verso di loro e i loro diritti.

Dove tutti vogliono i loro diritti e sono contrastanti non c’è soluzione di sorta.

Sei tu che devi piegarti, perché hai avuto di più e capisci che qualcuno deve farlo.

Sii con loro amorosa e taci, procura di dar loro quello che ti chiedono anche se ti sembra senza senso.

Pensa a quello che ogni giorno ti danno ti sorridono, ti accettano e ti amano per quello che sei, per quel lixo (pattume), e tu sai bene fino a che punto lo sei.

È solo questione di pazienza, non c’è neppure il caso di fare l’eroe o sacrificarsi.

Basta solo che tu non ti faccia prendere dal nervosismo, che mantenga la calma e non allarghi le questioni, vedendole nella situazione – – lascia perdere.

Devi – non ti si chiede altro.

Provo una pena infinita per la Grazia, per la sua adolescenza che si affida fiduciosa e che sarà spogliata di tutto

*°*°*°*

 

Belle queste sentente da scettico blu a vent’anni!

 

24.09.1964

Certe volte i ricordi mi prendono d’improvviso, “a tradimento” si presentano con un’immediatezza straordinaria e allora fanno veramente “male”.

Solo in quel momento “percepisco” quanto infinitamente distante sia il vivere immediato e il ricordo, percepisco in un attimo quanto io abbia perso.

 

 

bardelli, reverie 2 a, 3014, olio su tela, cm. 70x60.JPG N. 2 PER DIARIO

bardelli, acrilico su tela, 60X 80 / rifatto su computer—2015

27.09.1964

Tieniti questa tristezza, è l’unica cosa “buona” di te. Non barattarla con dei sogni senza senso. Tienila anche cara; è una cosa vera, sofferta. I tuoi sogni sono invece viltà, incapacità, falsità con se stessi. Non sono nulla.

*°*°*°*

Non ha senso amare questo ragazzo, non ha alcun senso. Non ha senso piangere per il desiderio di vedere lui e la Min

E non posso neppure scrivere loro.

Io non desidero che poter stare un po’ con loro, a qualunque titolo di parentela.

 

06.01.1965

Io lascio sempre accumulare troppe cose non risolte, troppe cose che non capisco. Precisando le cose, non è che risultino risolte, ma più semplici. Io ho bisogno di silenzio, di molto silenzio e di stare da sola. Ho bisogno di cose che scorrono piano, che procedono senza inciampi, come un incastro, in cui tutti i pezzi si aggancino successivamente – incastri di cui non mi importa nulla, ma ho bisogno che vada così.

Bisogna che non ceda al disgusto di me stessa, perché l’incastro “vada” c’è bisogno dell’elemento “collaboratore” – come quel bambino – e io non posso essere “collaboratore” se mi prende quel menefreghismo di me stessa, così fermo che sento da qualche tempo, non come una cosa dolorosa, ma come una cosa scontata.

Tanta indifferenza degli altri, che non è ben indifferenza, ma è vero menefreghismo, un tempo mi faceva male, adesso è scontata, e provo quasi piacere a ritrovare questa indifferenza, a sentirmi così staccata, così assolutamente staccata dagli altri, il piacere di stare da sola è diventato un bisogno.

È tutta la mia posizione di fronte al mondo che è cambiata, come fossi passata da una posizione di simpatia, ad uno di ostilità, di lotta continua.

E mi sento così deficiente, così viziata, e soprattutto così lixo  (pattume, port.).

Mi sento sporca, molto sporca.

Non posso neanche pensare a Mario, se mi sento così sporca, – mi sento indegna di provare qualsiasi sentimento per lui, anche di affetto -.

In verità io ho un bisogno estremo di affetto e di sentirmi amata; le cose che io sento più profondamente, le cose più reali in me, non le percepisco mentre le vivo, ma quando cambiano, per il loro contrario.

E così di quanto io non mi “sentissi” amata dalla Min, mi sono accorta dalla gioia stupenda, quasi soddisfazione di qualcosa di vitale, che ho provato quando Ea ha accennato il suo affetto per me.

E c’era stupore nella mia gioia.

Se Mario potesse capire cosa significherebbe per me sapere, sapere veramente, che qualche volta si ricorda di me “con simpatia”, quanto significherebbe per me.

Io non posso immaginare niente che riguardi “cose belle” per me.

È avvenuto qualche processo in me in giugno di cui io non sono a nessuna conoscenza, qualcosa stranissimo per cui da un giorno all’altro ho cambiato prospettiva di vita: come se da mesi io mi trascinassi dietro una situazione, senza soluzione, e per me diventata insostenibile per essere così dolorosa (il non amarmi di Mario, il mio amarlo, il dimenticarmi necessario della Min e degli altri) così ché da un giorno all’altro ho passato in “archivio” questa prospettiva, e sono passata ad un’altra che aveva colori di leggenda, in cui le stesse cose non cambiavano, anzi erano accettate più profondamente, ma non mi facevano più soffrire.

Non so però fino quanto potrò andare avanti con esperienze non “risolte”.

Non devo sentirmi idiota; non perché non lo sia.

La mia è una “situazione psicologica ” abbastanza “tragica”: non ho più “fiducia” negli altri (cioè non c’è più nessuno che io senta che ha ragione e che mi influenzi e che io lo segua, che mi guidi) ho la guida in mia mano e non ho nessuna nessuna fiducia in me.

E spesso mi sono antipatica, mi odio.

Incomincio a mettere le virgolette alle parole. Potrei continuare all’infinito a scrivere queste cose senza senso.

Devo avere pazienza e lasciare passare questi giorni: la morte di mia nonna e quella atmosfera festante, assurda, che gira per casa ne sono la causa principale.

Pensare mia nonna al cimitero, così immobile in quella tomba umida, di pietra, nella terra, nel buio e soprattutto così sola, così assolutamente sola e dimenticata, più dimenticata di ogni altro, perché per non soffrire si è presi dalla frenesia di dimenticarla; fa parte di quelle cose che non afferro.

È un assurdo concreto, lì di fronte a me, che non ha senso – immagine concreta del non-senso.

E poi questa me stessa “influenzabile” (così tanto che si sente influenzabile, dopo che le hanno detto che lo è), questa me stessa presa dall’atmosfera, dagli altri, da Eliano soprattutto; questa me stessa estremamente infantile, che mi prende a volte quando ho bisogno di calma, quando ho bisogno di affetto, di comprensione, e non ce l’ho in alcun modo perché nessuno ha “veramente” tempo per questo, allora viene fuori quella me stessa che si sente defraudata e “istintivamente” accampa una serie di diritti, diritto che si faccia il suo comodo e il suo piacere in ogni senso. Che buffe cose.

Non mi dà sollievo neanche pensare a Mario perché mi sento troppo opaca, e “deficiente” in ogni senso per meritarmi simpatia.

Fa tanto ridere il significato che avrebbe per me il ricordarmi “con simpatia” di Mario. Fa tanto ridere il mio amore per lui, questo amore così assurdo.

E non so così niente di lui.

Questa incapacità di comprenderlo, di conoscerlo mi fa venire da piangere; mi dà un senso di impotenza penoso.

 

11.01.1965

Non c’è che una cosa da capire: che questa “sofferenza” durerà sempre e che diventerà più difficile a sopportarsi col tempo.

E che non c’è “soluzione” a questa “sofferenza”! se non il subirla.

Avere il coraggio di non rifiutarla, di farla nostra, di viverla come parte di noi perché siamo vivi.

*°*°*°*

Mi sento legnosa, arida, senza entusiasmi, senza mai un attimo di abbandono; non c’è nessuno, neanche mia madre, neanche mia sorella, nessuno, a cui abbandonarmi con fiducia.

Anche la bellezza non mi dà calore; ho molti entusiasmi “intellettuali” soltanto.

La musica mi “appassiona”, mi appassiona quando sono tutta raccolta nel dare “significato” a quello che suono, per quello che io posso “ricreare” nel pezzo.

E mi appassiono per il suo mistero, il mistero dell’elemento primo: il suono. Creare dal nulla il concetto di suono.

*°*°*°*

Me ne infischio di queste scemenze: voglio solo Mario.

Mi ha ripreso il non poterlo immaginare senza mettermi a piangere, in qualsiasi posto io mi trovi.

Piango per la tenerezza infinita che ho per lui, mi sembra che ora potrei amarlo meglio, capirlo.

Io non desidero altro che lui sia se stesso senza compromessi e mi sembra (perché?) che non possa essere se stesso pienamente se non rifiutandomi.

Io non posso chiedermi se è “bene” per lui essere se stesso, questo non mi compete – io non posso permettermelo e io non so niente. E perché non dovrebbe essere “bene”?

Non so neanche per me: a volte penso che non potrei resistere alla tensione di averlo vicino – poi mi ricordo la pace infinita che provavo a stargli vicino, mentre disegnava per la scuola, la pace stupenda di averlo vicino.

*°*°*°*

Io non voglio fare della “letteratura” – Sono un lixo (pattume).

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6 risposte a Una ragazzina, che fa Chiara di nome, compiuti ventanni da poco, ventanni di allora in un certo strato sociale in cui i figli possono studiare ” a volontà”…Appena tornata da 3/4 mesi in Brasile letteralmente “incantata” di quanto ha visto…un tipo di ” incantamento ” che ha tuttora guardando il mondo—AMEN, RAGAZZI, E QUESTA VOLTA, DICIAMOLO IN CORO! UN BEL CIAO…(ASPETTATE!) …” GIOVANILE RIDENTE “!

  1. Donatella scrive:

    Periodo terribile, incantato, disastroso l’adolescenza. In più noi, come generazione , l’abbiamo vissuta in un momento di grandissime svolte, sociali, culturali, politiche. Siamo stati abbastanza bravi a non farcene stritolare.

    • Chiara Salvini scrive:

      Brava! Però sai che ho avuto già le stimmate, come tu mi avevi previsto ed augurato… dopo un po’ di anni, sono arrivate! Ora, diciamo, se riesci a spostare il tuo sguardo luciferino su un altro da te: adesso, ti sembro uno stritolato o non ti sembro? Ah, d’accordo! Ti pare ancora poco…diamo un giro di vite piu’ stretto…? Urlo di Munch in tutte le sue varianti! Meno mai che ci sei, ciao ninni, bru

  2. Donatella scrive:

    Anche a me, modestamente e parzialissimamente, rimane una eco di quel periodo, per interposta persona di Chiara: se sento le musiche di ” Orfeo Negro” o ” Samba de una nota sol”, mi prende una nostalgia struggente, non so nemmeno bene per che cosa, forse per la mia adolescenza, per un mondo sognato che non esisteva e che però mi aiutava come una corazza rispetto ad una realtà poco allegra. L’anello di plastica rosso, regalatomi da Chiara, aveva funzionato e mi aveva dato una certa identità misteriosa di lidi lontani.

  3. Chiara Salvini scrive:

    nota psico se ci riesco: questa ragazzina che deve mettersi la testa a posto, sembra ripetere un passaggio evolutivo già vissuto nell’infanzia, quando dall’osservare la madre, o chi ne fa le veci, se c’è, passa dal sentirsi passiva, aspettante il nutrimento, in senso vario, dal cielo, una bocca aperta sul mondo, accompagnata da manifestazioni di felicità, o anche no, ecc. fino che intorno agli 8 mesi si costruisce finalmente ” una base sicura ” (sempre che la persona accudente glielo permetta) rappresentata da un’immagine “intera” ( PARENTESI : intero /contrario di parziale…il seno, le mani…tutti elementi staccati—a chi rimane una forte traccia di questo periodo nel sistema nervoso, tenderà a vedere nel pene un seno in-svuotabile, che arriva senza chiedere—oppure anche lo scopare nel senso di un buco dove entrare, un’immagine della donna-o persona–parziale—A questo ci fermiamo perché l’intimità con una persona ” intera” ci metterebbe in una grande ambascia, per soddisfare i suoi bisogni oltre i miei che sento in modo ben più impellente—FINE PARENTESI)—Per arrivare: la ragazzina sta capendo che i suoi genitori non sono più un prolungamento del proprio sé, ma gente che è da lei diversa, con altri bisogni dei suoi: lei, per esempio, cerca ” il senso delle cose”. e loro voglio essere sereni, vederla bene ecc. E, non credo per la prima volta, si affaccia su un quadro che delinea diritti e doveri di ciascuno verso sè e verso gli altri.
    In questo senso, io intendo il doversi doversi mettere ” la testa a posto”: modificare la messa a fuoco da sé verso gli altri interi, non piu’ ruotanti intorno al suo benessere specifico, ma con desideri specifici loro, che nota chiaramente, non sono i suoi. C’è l’incanto verso il proprio sé che lo si vede modificarsi e a ogni modifica varia, pare sempre che sia ” definitiva”, non si riesce ad avere il senso del proprio percorso storico, un sé ” antico” e un sé ” nuovo” per metterli a confronto. Il tempo vissuto è prevalentemente ” adesso” . Il resto sull’amore sono a mio modo di vedere, in parte autentica sofferenza, tristezza, sentimenti reali e buoni da tenersi stretti, in parte –mi pare—stia già in parte arrivando alle famose “elucubrazioni” del nostro sistema nervoso, che magari ci aiutano a fare un po’ di chiarezza, ma soprattutto esprimono la necessità di un’energia che non riesce ad incanalarsi in uno scopo che non sia quello di sfogare se stessa. Purtroppo è un moltiplicatore, che non dà nessun sfogo. Se non si riesce a dare un “basta” per ragioni varie, può solo crescere, magari mischiandosi con sogni erotici, anche incubi erotici e masturbazione…che cresca come pasta che ha un “buon” lievito…

  4. nemo scrive:

    Una conferma della profondità del mondo interiore di quella giovane ( delle giovani donne ? ). Una grande differenza, a parere di Nemo, dal giovane ( dai giovani maschi ? ) di allora del quale, la centralità del pensiero ( ansia ? ) stava nel ‘chiodo fisso’.

    • Chiara Salvini scrive:

      ti avevo risposto subito, appena arrivata a casa, ma si è tutto cancellato…meno la mia più vera nostalgia, che mi aiuta in modi vari a proseguire…fin dove sarà—diceva quello— saluti a casa, chiara, notte

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