RIPORTO LA COPERTINA DEL LIBRO (art sg) PER LEGGERE INSIEME IL SOTTOTITOLO E PROVARE A DIRE QUALCOSA ” SULLA VITTIMA”–al fondo una richiesta di aiuto assai appassionata, ma non disperata…quello che non c’è oggi, c’è domani, ” a vieremu “, diceva sempre un nostro amico che—nella distanza—è diventato un maestro—che buffo, no? Pazienza!

L'infelicità araba

 

chiara (dal suo porticina minuscola di pietra senza vetri):

 

Il problema, il ruolo, la funzione di essere vittime è un a matassa difficile persino di cominciare a dipanare.

Una volta ho chiesto ad una mia giovane “impaziente” :

–” A cosa può servirti sentirti in ogni cosa sempre vittima?”

–Mi serve a togliermi i sensi di colpa…

—Così vai in giro più leggera?

—Sì, altrimenti dovrei paralizzarmi o quasi.

 

–La vittima è tale perché ” altri” —da fuori di lei —hanno agito su di lei facendole molto male, ma soprattutto, ancor di più, riducendola all’impotenza.

Molto difficile è spostare il fuoco da fuori a dentro, o meglio, dagli altri su di sé.

 

Non si tratta di girare il piatto e assumersi ” tutte le responsabilità”, quelle degli altri più le eventuali nostre.

A questo punto ci viene in mente una cosa molto importante, che va detta anche se è un desvio dal tema : a che punto sta la maturità emotivo-intellettuale della persona in questione?

Voglio dire, come si è evoluta fino ad oggi la sua onnipotenza infantile?

Qui, come sapete, i casi sono i più straordinari.

 

Tracciando linee schematiche al massimo per arrivare a due modelli contrapposti, utili per parlare se ci ricordiamo che sono virtuali e non reali.

C’è chi ha potuto, per circostanze varie esterne ed interne, trovarsi nella condizione di sottoporre quell’immagine grandiosa, che più o meno tutti ci portiamo nel cuore dall’infanzia, al test di realtà. Si tratta di una persona ” capace di apprendere dalla realtà”.

Cosa può significare? E’ una persona che, ripeto per circostanze…, se si è sentito smarrito nel mondo, non ha dovuto fare di questa immagine di sé come essere unico e splendente, diciamo così, un baluardo per difendersi. Succede anche che abbastanza spesso non è neanche la persona di cui parliamo, il protagonista di questa operazione emotivo-mentale, ma la famiglia: la ragione è la stessa. Un gruppo che si è sentito talmente attaccato dall’esterno, oggettivamente attaccato– non va dubitato–ma ricordiamo di quanto le percezioni siano guidate dalle nostre aspettative-desideri-emozioni, anche di paura, vendetta ecc.—fino ai casi, magari siamo noi stessi, di stravolgere la realtà accorgendosene solo in seguito.

 

Una volta raccontavo ad un giovane “impaziente”, che era venuto da me per un disagio esistenziale legato alle sue scelte sessuali, questa immagine.

Un tempo mi immaginavo, infatti,  gli individui raggruppabili in tipi semplificati al massimo; un “assurdo” che poteva darci qualche lucina nelle nebbie della totale incertezza.

L’immagine era quella di un castello medioevale, con tutto l’occorrente, mura altissime con feritoie per sparare riparati, circondato dalle acque, e con il famoso ponte levatoio.

Fino ad allora Chiara credeva che ci fossero due grandi schemi di persone al limite:

quelli che avevano bisogno di stare quasi costantemente con il ponte levatoio alzato, osservando il mondo protetti da quelle piccole fessure.

 

Gli altri all’opposto stavano con il ponte levatoio sempre giù e chiunque entrava e passeggiava nella loro mente, usciva se del caso, poi ritornava…

 

Quello che mi appariva come un modello ideale a cui tendere era — riusciti a superare, diciamo così, dei partiti presi, o occhiali di partenza/ pre-idee—pre-concetti —–o se non superati, essere arrivati alla coscienza che c’erano e, per quanto si poteva dire o verbalizzare, erano così e così…—cosa che nessuno finisce mai di fare, ammesso che ci sia chi si mette a questo lavoraccio con costanza- neanche alla morte, forse un secondo dopo sì…!

 

Il modello cui tendere era usare il ponte levatoio su o giù

1. secondo i “propri bisogni “(che bisogna scoprire…anche per capire che non mi sia appropriato, come miei, di bisogni di altri ) e

2. secondo gli avvenimenti della realtà …pratica, oggi si intende a dire. Machiavelli diceva bello : ” realtà effettuale”.

 

 

Ci fermeremo qui, tanto domani è lì, come anche ” il dopo-dopo-dopo domani “! Anche se abbiamo appena accennato al tema...Magari c’è qualcuno che ci dà una mano ad andare avanti nella storia con la sua esperienza di vita? Se fossimo almeno un piccolo gruppo  a poter “mettere in parole” questi mondi che sono nella testa di ognuno di noi e  che ci sfuggono! A noi tutti!

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