IL SIMBOLISMO EUROPEO APPRODA A MILANO A PALAZZO REALE ! ” il Simbolismo è dal un lato «un fiume carsico che attraversa l’Europa», dall’altro «un fenomeno commerciale inventato dai mercanti parigini», PHILIPPE DAVERIO, che introduce la mostra con un filmato, mi pare—

il video di ” comunicazione ” della mostra :::” l’inscenazione è di tipo spettacolare, le stanze al buio, sulle pareti illuminato il quadro…”

 

 

molte immagini   DA: ALESSIA 1974

http://hal1974.com/2016/02/04/

 

 

Al Centro Galileo Chini, Icaro (1907) visto dalla sala col Ciclo “Il poema della vita umana” di Giulio Aristide Sartorio (1906 – 1907)

 

Il giorno sveglia la notte - Previati, 1905

Quanto mi piaceresti, o notte, senza quelle tue stelle la cui luce parla un linguaggio conosciuto! Perch’io cerco il vuoto, e il buio, e il nudo!
Ma anche le tenebre sono tele dove vivono, sgorganti dal mio occhio a migliaia, esseri scomparsi alla vista consueta.
(C. Baudelaire, Ossessione, da I fiori del male)

 

 

 

. Azione, da Un Guanto – Max Klinger, 1881 (sezione 6b)

Azione, da Un Guanto - Max Klinger, 1881

Un guanto precipitò da una mano desiderata
A toccare il pavimento del mondo in una pista affollata.
Un gentiluomo, un infedele lo seguì con lo sguardo.
E stava quasi per raggiungerlo, ma già troppo in ritardo,
E stava quasi per raggiungerlo, ma troppo in ritardo.
(F. De Gregori, Un Guanto)

 

 

L’Eroica – Gaetano Previati, 1907 (sezione 7)

Spesso la musica mi rapisce come un mare! Verso la mia stella pallida, sotto una volta di bruna o in uno spazioso etere, alzo la vela. (C. Baudelaire, La Musica, da I Fiori del Male)

Spesso la musica mi rapisce come un mare!
Verso la mia stella pallida, sotto una volta di bruna
o in uno spazioso etere, alzo la vela.
(C. Baudelaire, La Musica, da I Fiori del Male)

 

10. L’Amore – Galileo Chini, 1919 (sezione 17)

L'Amore - G. Chini, 1919

Mentre attendevo a questo lavoro, venivo pensando a tante cose… Pensavo alle logge fiorite delle città italiane, ai giardini della nostra patria, immenso giardino del mondo, al sole che indora e vivifica, alla luna che inargenta e carezza, alla primavera che allieta questa dolce Venezia quand’essa accoglie gli artisti di tutto il mondo, all’arte, primavera spirituale che eternamente rispunta
(G. Chini, Catalogo XI Biennale di Venezia)

 

L'amore alle fonti della vita - G. Segantini, 1896

L’amore è seducente, puro e mortale. Non crederci! Come un bimbo, attratto passo dopo passo dal fiume, vi si guarda, vi si bagna e vi annega
(V. Hugo)

 

 

Il peccato – Franz Von Stuck, 1908 (sezione 12)

Il Peccato - Franz Von Stuck, 1908

Io sono bella, o mortali!, come un sogno di pietra
(C. Baudelaire, La Bellezza, da I Fiori del Male)

6. Tritone e Nereide (Le Sirene) – Max Klinger, 1895 (sezione 11)

Tritone e Nereide - Max Klinger, 1895

Nulla, spuma, vergine verso
A non designar che la coppa;
Tal si tuffa lungi una frotta
Di sirene, il dorso riverso.
(S. Mallarmé, Saluto)

5. Orfeo morto – Jean Delville, 1893 (sezione 9)

Orfeo Morto - Jean Delville, 1893

E quando all’improvviso
il dio la fermò e con dolore
pronunciò le parole: Si è voltato!-,
lei non comprese e disse piano: Chi?
(R. Rilke, Orfeo, Euridice, Ermes)

 

RCULT

Simbolismo

 

 

Quando l’Europa della pittura sognava a occhi aperti

ARMANDO BESIO

 

 

Fernand Khnopff : “L`arte o la Sfinge o le carezze”::

 

l’immagine nella foto è quasi intera…

 

questa è intera!  —

 

 

 

un video-lettura dell’opera…di cui non so dire né voglio (ch.)

 http://www.arte.rai.it/articoli/fernand-khnopff-larte-o-la-sfinge-o-le-carezze/1702/default.aspx

 

 

Memories (1889)

Fernand Khnopff nel 1900

   (  Belgio, 1858Bruxelles, 1921) è stato un pittore belga, appartenente al movimento del Simbolismo.

per chi ha voglia, notizie sull’autore da wiki

https://it.wikipedia.org/wiki/Fernand_Khnopff

 

 

Ferdinand Hodler L’eletto, 1903. Olio e tempera su tela, 222 x 298 cm. Hagen, Osthaus Museum © Hostaus Museum Hagen / foto Achim Kukulies, Düsseldorf

 

 

 

MILANO

È un viaggio emozionante oltre i confini della realtà. Un’odissea nello spazio del mistero. Una discesa negli inferi dell’inconscio, nel cuore di tenebra di un mondo cupo e incantato. Fatto di foreste e ghiacciai, mari gialli in tempesta e salici piangenti. Abitato da angeli e demoni, sfingi e veneri, sirene e meduse, donne serpente e ciclopi.

È il mondo mitico e magico rievocato nella mostra Il Simbolismo. Arte in Europa dalla Belle Époque alla Grande Guerra, fino al 5 giugno al Palazzo Reale di Milano. Prodotta dal Comune con 24 Ore Cultura e Arthemisia Group, è curata da Claudia Zevi, Fernando Mazzocca (uno dei nostri più raffinati studiosi dell’Ottocento) e Michael Graughet, direttore dei Musei Reali di Bruxelles. Da dove arriva, per la prima volta in Italia, il quadro simbolo dell’esposizione: Carezze ( L’Arte) di Fernand Khnopff: una sfinge con il corpo di ghepardo, seducente e minacciosa allegoria della lussuria, corteggia guancia a guancia un giovane dai tratti efebici. Tra i dipinti mai visti da noi spiccano anche L’eletto di Ferdinand Hodler, rito iniziatico di un fanciullo officiato da sei femmine angeliche (da Hagen) e Il silenzio della foresta di Arnold Böcklin, una donna a cavallo di un unicorno (da Poznan).

Arnold Böcklin, Il silenzio della foresta, 1885 - © National Museum in Poznań

Là, tutto è ordine e bellezza, lusso, calma e voluttà
(C. Baudelaire, L’invito al viaggio, da I Fiori del Male)

Arnold Böcklin, Il silenzio della foresta, 1885 — (da Poznan).

Oltre 150 opere tra quadri, incisioni e (rare) sculture sfilano in 24 sale, divise in 19 sezioni tematiche dai titoli suggestivi: Notte dell’anima, Voluttà della morte, Eros e Satana, Demoni della mente. I critici laureati registrano presenze e assenze: ci sono i Nabis, non i Preraffaelliti; c’è Segantini e però manca Gauguin. Del resto, come avverte Philippe Daverio, autore del video introduttivo, il Simbolismo è dal un lato «un fiume carsico che attraversa l’Europa», dall’altro «un fenomeno commerciale inventato dai mercanti parigini», e insomma non è facile da classificare e circoscrivere. Nasce letterario, il 18 settembre 1886, quando il poeta Jean Moreas pubblica su Le Figaro il Manifeste du Symbolisme. Moreas ripensa a un altro poeta, il Baudelaire dei Fiori del male. Rifiuta il realismo, il naturalismo, l’impressionismo, il positivismo scientista. Cerca «la lingua segreta delle cose mute». Dirotta «la logica del visibile al servizio dell’invisibile» come sinte- tizza Odilon Redon, in mostra con un bel quadretto shakesperiano, Il sonno di Calibano, un personaggio della Tempesta («Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni») e con l’inquietante ciclo di incisioni Le origini, tra fantascienza e horror, figlio delle teorie di Darwin, con Freud uno dei padri della nuova sensibilità simbolista.

L’allestimento in penombra, quasi al buio, un format altrove abusato, qui funziona. Accentua il senso di un’arte che ama i chiari di luna e i cimiteri al crepuscolo. Ogni sala è scandita da brevi testi, una volta tanto ben scritti, e da efficaci citazioni di Baudelaire. L’incipit è affidato alla dichiarazione di poetica: “Estrarre la bellezza dal male”. Tradotta in pittura da Joseph Middeleer nella

Diavolessa, prima di una schiera di femmine fatali convocate a turbare il pubblico maschio: la peccatrice di Franz von Stuck, la Pornokrates di Felicien Rops, la Vanitas di Leo Putz, la donna nuda crocefissa al Chiaro di luna di Albert von Keller: più che il trapasso sembra attendere un amplesso.

L’ospite inatteso è Francesco De Gregori. Il testo di Un guanto («Era scomparsa quella mano / e restava la nostalgia / e il guanto e la sua padrona / scivolavano via») accompagna la magnifica, quasi omonima serie di incisioni di Max Klinger ( Il guanto) che gli suggerì la canzone. Una pattinatrice perde un guanto, l’innamorato si china sulla pista per raccoglierlo, ma quando si rialza lei è scomparsa. Simbolo dell’amore appena desiderato e già perduto. Altra musica, altre risonanze dell’anima nella sala dove Gaetano Previati omaggia Beethoven con il superbo trittico

L’Eroica. Il mito è uno dei soggetti cari ai simbolisti. Ecco Esiodo e la musa di Gustave Moreau, Orfeo morto di Jean Delville, La leggenda di Orfeo del trentino Luigi Bonazza, uno dei bravi pittori “minori” riscoperti in questa mostra, come il piemontese Cesare Saccagni ( La Regina dei ghiacci). Meno tristi dei colleghi nordeuropei, a volte perfino solari, i simbolisti italiani hanno un debole per Botticelli. Un pittore visionario, antinaturalista, rilanciato da D’Annunzio che ne loda «le figurette piene di mistero e di malinconia». Come le tre donne dell’Enigma umano di Giorgio Kienerk, allegorie del Dolore, del Silenzio, del Piacere. Ricordano l’elegante erotismo liberty di Alfons Mucha, protagonista dell’altra mostra allestita a Palazzo Reale.

In chiusura risorge lo spirito della “Sala dell’arte del sogno” allestita alla Biennale di Venezia del 1907, prima vetrina italiana del Simbolismo. Dai magazzini di Ca’ Pesaro riemergono le quattro imponenti tele (5 metri per 6) del Poema della vita umana di Giulio Aristide Sertorio, prove generali per il fregio dell’aula del Parlamento a Montecitorio. Luce, Tenebre, Amore e Morte sono incarnate da monumentali figure, sorelle di Fidia, Michelangelo e Mantegna, dipinte con una tecnica (l’encausto) e con una tavolozza (monocroma) che provocano un sorprendente effetto tridimensionale. Quasi altrettanto imponenti i pannelli del Sogno d’Oriente realizzati cent’anni fa a olio e stucco dorato per un hotel veneziano da Vittorio Zecchin, folgorato da Klimt, dall’antico Giappone e dai mosaici ravennati. Tra figura e astrazione, un congedo da Mille e una notte.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

LE OPERE

Da sinistra Leo Putz:

Parsifal ( 1900); Vittorio Zecchin:

Principessa e guerriero,

pannello del ciclo

Le mille e una notte ( 1914); Giorgio Kienerk:

La Giovinezza

( 1902)

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