Qualcosa su OCALAN, il PKK e l’YPG +++ alcune immagini e carta geografica del Kurdistan

il PKK –wiki

Oltre che contro il governo turco (con cui è in vigore un cessate il fuoco dal 2013), il PKK è impegnato nella guerra contro lo Stato Islamico (ISIS) in Iraq e in Siria assieme ai peshmerga e all’YPG curdi, ed è presente nella regione del Rojava. Il partito è inoltre molto noto per la sua difesa convinta dei diritti delle donne, spesso presenti come soldati effettivi nelle sue milizie armate, e la sua forte contrarietà al fondamentalismo islamico.

Nel 2015, nonostante il nemico comune dell’ISIS, la Turchia, guidata da anni dal filo-islamico Recep Tayyip Erdoğan, ha interrotto la nuova tregua, bombardando postazioni del PKK in Iraq e riaprendo le ostilità armate col gruppo curdo.

 

 

Abdullah Öcalan, detto Apo (Ömerli, 4 aprile 1948), è un politico, guerrigliero e rivoluzionario turco di etnia curda, leader del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan.

Dopo essere stato catturato a Nairobi (Kenya) il 15 febbraio 1999, è stato condannato a morte il 29 giugno 1999 per attività separatista armata, considerata come terrorismo dalla Turchia, Stati Uniti e Unione europea. La pena è stata commutata in ergastolo nel 2002, allorché la Turchia ha abolito la pena di morte. Da allora è l’unico detenuto dell’isola-prigione di İmralı.

La nipote Dilek Öcalan si è candidata con il Partito democratico del popolo (Hdp) alle elezioni politiche del 2015 ed è stata eletta come deputata al Parlamento turco.[1]

 

la storia da wiki della sua cattura:

La Grecia sosteneva in modo discreto il PKK, e la Siria agli inizi aveva addirittura concesso all’organizzazione una base di addestramento sul proprio territorio. I rapporti fra Siria e Turchia si fecero tesi e nel 1998 i due paesi si trovarono sull’orlo di un conflitto armato a causa della costruzione di dighe turche destinate a imbrigliare, più a valle, le acque dell’Eufrate. Le autorità siriane scelsero di non consegnare il leader del PKK ai Turchi, ma gli intimarono di lasciare subito il paese. Per Öcalan fu l’inizio di una lunga odissea alla ricerca di un asilo politico e sempre braccato dagli agenti dei servizi segreti turchi. Egli si rifugiò dapprima in Russia, da cui però fu invitato ad allontanarsi dopo pochi giorni.

L’unico sostegno rimastogli erano alcuni agenti dei Servizi segreti greci tra cui Sabbas Kalenteridis che lo scortavano continuamente per evitarne la cattura da parte dei rivali turchi, ma agendo in maniera indipendente, senza l’avallo formale del governo greco. Öcalan aveva nominato suo legale Britta Böhler, un’avvocatessa tedesca di grande fama ed altri principi del foro in vari paesi europei tra cui l’Italia. Questi sostenevano la legittimità della battaglia da lui condotta in favore del popolo curdo, ma nessuno di loro riuscì a strappare al proprio governo la concessione dell’asilo. Da Mosca Öcalan giunse a Roma il 12 novembre 1998 accompagnato da Ramon Mantovani, deputato di Rifondazione Comunista. Il leader del PKK si consegnò alla polizia italiana, sperando di ottenere in qualche giornoasilo politico, ma la minaccia di boicottaggio verso le aziende italiane spinse il neo-formato governo D’Alema a ripensarci.

Il governo italiano non poteva estradare Öcalan in Turchia, paese in cui era ancora in vigore la pena di morte, né poteva concedergli asilo: la concessione dell’asilo spetta infatti, in Italia, alla magistratura, che infatti lo riconobbe a Öcalan, ma troppo tardi[12]. Una soluzione sarebbe potuta arrivare dalla notifica, da parte del cancelliere tedesco Gerhard Schröder, del mandato di cattura in vigore contro di lui in Germania, ma Schröeder probabilmente non volle creare tensioni nell’ampia minoranza di immigrati curdi in Germania. Dopo 65 giorni, il 16 gennaio 1999, Öcalan fu convinto a partire per Nairobi, in Kenya. Il “caso Öcalan” fu origine di critiche al governo D’Alema, accusato tra l’altro di aver trascurato gli articoli 10 e 26 della Costituzione italiana, che regolano il diritto d’asilo e vietano l’estradizionepassiva in relazione a reati politici.[13]

Il 15 febbraio 1999 Öcalan fu catturato dagli agenti dei Servizi segreti turchi del Millî İstihbarat Teşkilatı[14] durante un suo trasferimento dalla sede della rappresentanza diplomatica greca in Kenya all’aeroporto di Nairobi. Fu quindi fatto salire a bordo di un aereo messo a disposizione da un imprenditore turco e portato in Turchia, dove fu subito recluso in un carcere di massima sicurezza ad İmralı, un’isola del Mar di Marmara. Il suo arresto provocò immediatamente una serie di massicce proteste di Curdi e non, che in vari punti del globo presero d’assalto le sedi diplomatiche greche. Essi ritenevano che il loro capo fosse stato tradito dai Greci e che proprio questi lo avessero consegnato al nemico[15]. Anche in Italia a causa dell’arresto vi furono manifestazioni di protesta: a Romasfociarono in scontri che portarono a perquisizioni ed arresti[16]. Una volta prigioniero, scampò la pena di morte[17] , abolita dalla Turchia nell’agosto del 2002[18] su pressione dell’Unione europea, ed oggi il capo del PKK sconta l’ergastolo nelle carceri turche.

 

Il Kurdistan in un’immagine della CIA del 1992.
Come vedete è parte di quattro paesi: Turchia, Siria, Iran e Iraq, senza avere unità nazionale

 

 

una vista su Sanandaj, La maggiore città nel Kurdistan iraniano.

 

 

Donne curde di religione israelitica (1905)

Curdiکورد

Helene C. StikkelSalih Muslim Widad Akrawi Jalal Talabani Ibrahim Hanano Şeyh Said Saladin Sharaf Khan Bidlisi Simko Sikaki Qazi Muhammad Leyla Zana Mehmûd Berzincî Mustafa Barzani Şivan Perwer Masud Barzani Abdullah Öcalan Ahmad Khani

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