piccoli spunti de—–LE VITE DEGLI ALTRI , film 2006, di FLORIAN HENCKEL VON DONNERSMARCK, OSCAR MIGLIOR FILM STRANIERO

 

Le vite degli altri (Das Leben der Anderen) è un film del 2006 di Florian Henckel von Donnersmarck, vincitore del Premio Oscar per il miglior film straniero.

Il dramma – che si confronta con la storia della DDR e indaga lo scenario culturale della Berlino Est controllata dalle spie della Stasi (Ministero per la Sicurezza dello Stato), temuto organo di sicurezza e spionaggio interni – è il lungometraggio di debutto del regista e sceneggiatore von Donnersmarck. Il film è uscito nelle sale tedesche il 23 marzo 2006.

 

Nel 2006, a seguito del grande successo del film, è stato pubblicato presso la casa editrice tedesca Suhrkamp Verlag il libro di Florian Henckel von Donnersmarck relativo al film, Das Leben der anderen – Filmbuch. Il regista descrive l’idea per il film, i protagonisti Sebastian Koch e Ulrich Mühe raccontano del loro ruolo e Manfred Wilke, il consulente storico, raffigura il contesto storico e si confronta con la domanda se una storia del genere sarebbe stata possibile nella DDR.

 

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Berlino Est, autunno 1984. Il capitano della Stasi Gerd Wiesler viene incaricato di spiare Georg Dreyman, famoso scrittore teatrale e intellettuale, ritenuto all’apparenza non pericoloso per l’ideologia dell’egemone partito socialista. Anche il superiore di Wiesler, il tenente colonnello Anton Grubitz, lo incoraggia, promettendogli una promozione nel caso riesca a scoprire qualcosa di compromettente su Dreyman. Insieme alla sua squadra, Wiesler approfitta di una breve assenza di questi dal suo appartamento per piazzarvi numerose microspie.

L’operazione è caldeggiata dal ministro della cultura Bruno Hempf, interessato ad avere a tutti i costi la compagna di Dreyman, l’attrice Christa-Maria Sieland. Wiesler, uomo solo e senza una vita privata, inizia a spiare Dreyman e la compagna, comiciando un po’ alla volta a incuriosirsi all’arte e alla letteratura, aspetti della vita a lui fin lì sconosciuti. Qualche giorno dopo Albert Jerska – un vecchio amico di Dreyman, già da anni impossibilitato a lavorare per via delle sue idee politiche –, ormai stanco e disilluso, si suicida. Questo fatto porta Dreyman a cambiare definitivamente opinione sulla Germania Est, decidendo di fare qualcosa per ribellarsi alla società in cui vive.

Con una macchina per scrivere portata clandestinamente a Berlino Est dall’Occidente, Dreyman comincia a stendere un saggio anonimo sull’alta e anomala percentuale di suicidi nella DDR. Convinto di essere al di fuori delle attenzioni della Stasi, per via della sua notorietà nonché di alcune altolocate amicizie, lo scrittore non sospetta di essere in realtà ascoltato giorno e notte da Wiesler. Tuttavia questi, sempre più affascinato dallo spirito libero e dalle relazioni sentimentali, di amore e d’amicizia, della coppia di artisti, pian piano si è sottratto all’incarico di trovare materiale compromettente, e anzi non fa nulla per ostacolare Dreyman dai suoi intenti: al contrario, lo protegge indirettamente cercando di insabbiare l’intrigo il più a lungo possibile.

Quando Christa-Maria, psicologicamente debole, viene portata su disposizione di Hempf alla sede centrale della Stasi per un interrogatorio, finisce con il rivelare al superiore di Wiesler, Anton Grubitz, il coinvolgimento di Dreyman nell’articolo che tanto scalpore ha destato nella nomenklatura socialista; l’appartamento di questi è subito ispezionato, ma la macchina per scrivere – unica prova per inchiodare Dreyman – non viene rinvenuta. Grubitz, comunque, per provare la lealtà di Wiesler, fissa un nuovo interrogatorio dell’attrice sotto la sua supervisione, in cui ella rivela definitivamente il nascondiglio dell’oggetto.

Appena prima dell’ennesima ispezione, Wiesler si affretta verso l’abitazione di Dreyman e porta via la macchina per scrivere. Quando Grubitz inizia a cercare proprio nel nascondiglio escogitato da Dreyman e rivelato da Christa-Maria, questa – non sapendo che il posto è ormai vuoto – non può reggere la vergogna del tradimento: si precipita fuori di casa e si getta sotto un camion di passaggio, che la ferisce a morte. L’indagine su Dreyman si chiude in un nulla di fatto ma, pur senza poterlo provare, ora a Grubitz è chiaro che Wiesler ha protetto l’uomo, prospettandogli così la fine della sua carriera.

Due anni dopo la caduta del muro, in seguito alla riunificazione, Dreyman reincontra Hempf e da questi apprende che anche la sua vita, come quella di tanti altri innocenti cittadini, era spiata. Una volta letti i documenti della Stasi relativi alla sua persona, molto perplesso, capisce finalmente che l’agente “HGW XX/7”, sigla identificativa di Wiesler, lo ha coperto. Riesce a rintracciarlo: ora l’uomo si guadagna da vivere come semplice fattorino. Dreyman vorrebbe andare a parlargli ma, non trovando parole o gesti che possano esprimere la gratitudine per avergli salvato la vita, se ne va. Passano altri due anni, durante il suo lavoro Wiesler nota per caso la pubblicità del nuovo romanzo scritto da Dreyman. Sfogliandolo in una libreria, vi legge «dedicato a HGW XX/7, con gratitudine», e decide di acquistarlo.

 

 

 

La vita quotidiana fatta di paure ed espedienti è restituita da una fotografia cupa e bruna, tinte monocromatiche che avvolgono i personaggi decisi a sopravvivere, a compromettersi e a resistere. La Stasi aveva un esercito di infiltrati, duecentomila collaboratori, Donnersmarck ne ha scelto uno e lo ha drammatizzato con la prova matura e sorprendente di Ulrich Mühe. Il drammaturgo “spiato” è invece Sebastian Koch, l’ufficiale riabilitato di Black Book, intellettuale “resistente” per salvare l’anima del teatro e della Germania.  (film moove)

 

 

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palazzo della Stasi a berlino est,oggi trasformato in museo

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