+++ fabrizio li vigni, filosofo e studioso, ci offre una recensione di MICHEL SERRES, NON E’ UN MONDO PER VECCHI, PERCHE’ I RAGAZZI RIVOLUZIONANO IL SAPERE.

 

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https://www.rickdeckard.net/2013/07/08/non-%C3%A8-un-mondo-per-vecchi-perch%C3%A9-i-ragazzi-rivoluzionano-il-sapere/

 

 

NON È UN MONDO PER VECCHI

Michel Serres

NON È UN MONDO PER VECCHI. Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere

Bollati Boringhieri, 2013

pp. 77, € 8,00
ISBN 9788833924069

di Fabrizio Li Vigni

 

L’ideologia di Internet come mezzo per la democrazia diretta – non solo politica, ma anche cognitiva, sociale ed economica –, che da qualche tempo alcuni soggetti politici europei d’avanguardia propugnano, chiama in gioco quelli che il filosofo francese, Michel Serres, ha affettuosamente soprannominato Pollicini, per la loro capacità a scrivere messaggi di testo con movimenti fulminei delle dita. In uno dei suoi ultimi libri, Petite Porchette[1] (Le Pommier, 2012 – pubblicato quest’anno in Italia da Bollati Boringhieri sotto il titolo di Non è un mondo per vecchi. Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere), il pensatore analizza la forma mentis delle nuove generazioni. Pamphlet agevole e poetico, Petite Poucette porta avanti una tesi semplice ma importante: un nuovo modo di pensare e di gestire il sapere si fa strada e non precede le nuove tecnologie, ma è da esso indotto.

Come scrive un allievo di Serres, l’antropologo delle scienze Bruno Latour, in Petites leçons de sociologie des sciences (La Découverte, 2006), gli oggetti tecnici rappresentano «delle relazioni sociali continuate attraverso altri mezzi». La serratura di una porta, per esempio, è l’iscrizione materiale delle regole morali d’una società e allo stesso tempo uno strumento per diffonderle. Laddove vige il pudore, qualcuno inventerà chiavistelli e chiavi. Chi gli usi e costumi da esso derivati dimentica o non conosce ancora, è portato a ricordarli o incamerarli attraverso esperienza diretta: scontrarsi con una porta chiusa. Le tecnologie non sono dunque inerti, ma vettori attivi di cultura. Ebbene, la Rete non è da meno.

 

Serres non specifica le età degli attori di cui parla e lascia fluido il suo argomentare, mischiando passato, presente e futuro, nel rispetto della gradualità della rivoluzione in corso (e forse di ogni rivoluzione). Ma possiamo arguire che tutti gli adolescenti sotto i vent’anni, e parte dei giovani tra i venti e i trent’anni, appartengono alla generazione dei Pollicini. Non pensano più per intermediazioni e gerarchie, ma concepiscono la conoscenza, gli acquisti, la politica, le relazioni sociali in modo reticolare, globale e istantaneo.

 

La televisione, dove qualcuno decide per loro cosa vedere e quando, li infastidisce. Idem la radio. Non si sognerebbero mai di organizzare una vacanza in un’agenzia di viaggi e acquistano già regolarmente CD, libri, DVD, poster, scarpe da tennis e vestiti online. Amano vedere le cose in streaming o su YouTube, dove possono interrompere e riprendere come gli pare e piace. E la pubblicità, se non impara a farsi più discreta, li indispone e li porta laddove non ce n’è.

 

Pollicina e Pollicino non hanno più la stessa testa dei loro genitori, e neanche dei loro fratelli maggiori. Diversa è la loro concezione dello spazio – grazie al cellulare, al GPS, alla Rete – come diversa è la loro maniera di utilizzare e sintetizzare le conoscenze. Nel mondo in cui vivono, il sapere è dappertutto, oggettivato, accessibile. Ciononostante, chi fa le riforme del sistema educativo non solo continua ad applicare schemi del passato, ma non ha neanche l’umiltà di mettersi ad ascoltare cosa hanno da dire i Pollicini, che su molte cose dispongono di idee chiare.

 

Ci si sorprende che il professore non riesca più a ottenere il silenzio e l’attenzione della classe per la sua lezione, sottolinea Serres. Ma perché mai questa dovrebbe accordarglieli, se con un click si può ottenere quello stesso contenuto, in una forma persino più approfondita, contestualizzata, “linkata” a tutto ciò cui è in relazione? O l’insegnante apporta qualcosa in più al semplice contenuto, foss’anche solo una capacità narrativa accattivante, oppure l’offerta di questo porta-voce non riuscirà ad intercettare una domanda che non c’è più, giacché soddisfatta da altri mezzi.

 

Per lungo tempo, e fino a ieri, la memoria ha rappresentato un valore indiscutibile. Con la scrittura abbiamo certo perduto la capacità di tenere a mente una grande quantità di saperi, la poesia, i savoir-faire. Ma “esternalizzando” la memoria su carta, abbiamo aumentato esponenzialmente la quantità di conoscenza. Oggi assistiamo a un’ulteriore “esternalizzazione” e a un’ulteriore perdita di memoria. Se finora bastava ricordarsi del codice, dello scaffale e del settore di un libro in biblioteca, invece che mandare a mente il suo contenuto, oggi un motore di ricerca ci risparmia persino questa operazione.

 

Che cosa ci rimane? Serres è ottimista: niente, cioè tutto – risponde. Dobbiamo pur sempre imparare a orientarci – Google, Wikipedia o WorldCat? –, ma con una mente praticamente libera, disponiamo di praterie di creatività. Campi di fantasia. Oceani d’intuizione. Non abbiate paura di questo vuoto, ci dice il filosofo. Abbiate coraggio d’inventare.

 

Chi oggi si indigna di fronte a chi sottolinea tali dati di fatto, è nella posizione di chi non riesce a immaginare un nuovo sapere o la possibilità stessa che un diverso regime cognitivo possa istituirsi. Sminuire i Pollicini giustamente irrita questi ultimi: come sperare di ottenere in cambio da loro altro che disattenzione, derisione, distrazione e chiacchiericcio?

 

Il sapere puntuale del professore in classe risulta ridicolo e noioso, allorché la conoscenza è distribuita, decentralizzata, mobile, interconnessa. In questo nuovo milieu Pollicina e Pollicino si muovono autonomamente, da conduttori. La passività dell’ascolto li tedia, li offende. E la patente non gliel’ha data nessuno: anche quella se la sono conquistata da soli. Nell’era dello spettacolo, lo spettatore viene a mancare. Ci sono solo soggetti attivi, inventivi e che si muovono alla velocità della luce.

 

Tutto va reinventato, auspica Serres. Ma chi chiede mai il parere dei Pollicini? Si prepara un mondo diverso. Forse migliore, forse peggiore – occorre però sottolineare che la struttura stessa della Rete reca con sé una maggiore democrazia e autonomia. Ma la comprensione e il consiglio delle generazioni più anziane potrebbero servire a Pollicina e Pollicino per evitare gli eccessi della connessione globale, per conservare ciò che c’è di buono del vecchio sistema, per integrare le diverse concezioni a vantaggio di tutti. Sta a loro, agli adulti e agli anziani, fare uno sforzo d’umiltà, d’ascolto e soprattutto… d’immaginazione.

 

 

[1] Serres sceglie il femminile “Pollicina” in onore della rivoluzione sessuale che negli ultimi anni ha visto primeggiare le donne sugli uomini tanto a scuola come nel lavoro.

 

 

FABRIZIO LI VIGNI

Fabrizio Li Vigni è laureato in Filosofia all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul Pensiero complesso di Edgar Morin. Ha conseguito un master in Pensiero contemporaneo all’Universidad de Barcelona, Spagna, con una tesi su Nichilismo e Postmodernità, concentrandosi su Gilles Lipovetsky e Gianni Vattimo. Attualmente sta scrivendo una tesi sulla storia delle scienze complesse in Francia dagli anni 1970 a oggi, nel contesto del master in Storia e sociologia delle scienze dell’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, Francia.

 

Sito personale: http://fabriziolivigni.altervista.org/

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1 risposta a +++ fabrizio li vigni, filosofo e studioso, ci offre una recensione di MICHEL SERRES, NON E’ UN MONDO PER VECCHI, PERCHE’ I RAGAZZI RIVOLUZIONANO IL SAPERE.

  1. Chiara Salvini scrive:

    CHIARA. per quel poco che ne ho letto finora, questo testo (così recensito), mi sembra agli antipodi di quello di Gustav Zagrebelski, ” Senza adulti “, pubblicati abbastanza di recente da Einaudi (2016). Cito dalla copertina : ” Il tempo presente ha rivoluzionato i rapporti tra le età della vita. Dei giovani è il presente e il futuro. Chi viene dal passato è un intruso. Bisogna prolungare la giovinezza fin che si può e con ogni mezzo. Questa contrazione annulla l’età matura, l’età della pienezza. Con quali conseguenze? “—Certamente, noi dei Quaranta, preferiamo Zagrebelski perché ci assegna, a noi invecchiati, una funzione straordinaria: ” quella di saper pensare sui tempi lunghi “, mentre i giovani rimangono nel presente e nell’immediato. Anche se ho letto la recensione, mi sento più aperto a Serres che ci suggerisce di migliorare la nostra creatività per ” immaginare ” una rivoluzione nel sapere prodotta da questi giovani così diversi da noi. Fare questo, è certo, implica la capacità di staccarci dai nostri schemi, cui siamo arrivati con molta fatica in tanti anni, su cosa è cultura e quale è più proficua alla vita.

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