” COSPICUO “, UNA PAROLA AL GIORNO…

 

Piccolo vocabolario autostradale ad uso dei contemporanei - testi di Nazione Indiana

 

 

 

UNA PAROLA AL GIORNO

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COSPICUO

co-spì-cuo
SIGNIFICATO ::::  Visibile; rilevante, ragguardevole; quantitativamente notevole
dal latino conspicuus ‘visibile, ragguardevole’, da conspìcere ‘guardare, scorgere, ravvisare’.
Solitamente troviamo riferito il cospicuo a grandezze numericamente, quantitativamente rilevanti. Si parla comunemente di eredità o somme cospicue, di un numero cospicuo di visitatori al museo, del cospicuo vantaggio che ha un’impresa sulla concorrenza. Ma il cospicuo è ben più generale.
Infatti letteralmente il cospicuo sarebbe ciò che è ben visibile. Ad esempio può essere cospicuo l’amico rugbista, cospicuo il palco posto sul declivio che domina la piazza, cospicua la mescita di vino nella fiera labirintica.
Il primo passo, lineare, è poi verso il rilevante, il ragguardevole, anche l’illustre: la storia di una cittadina può essere punteggiata di personalità cospicue, il cugino ha agganci cospicui nel suo settore, l’avvocato apprezzato vanta molti casi cospicui. Solo di qui si arriva al quantitativamente notevole.
Le parole sono strumenti, e non è raro che si appiattiscano su certi usi consueti; ma continuare a comprenderle nella loro completezza serve a mantenerle vitali. E anche a cogliere i nessi vivi con altri concetti: per esempio, facilmente sfugge che ‘cospicuo’ e ‘cospetto’ sono parenti. Se il cospicuo è bene in vista, il cospetto (sono al cospetto di una persona che ammiro) è analogamente la vista, la presenza.

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2 risposte a ” COSPICUO “, UNA PAROLA AL GIORNO…

  1. Carine scrive:

    Le parole sono cose vive, con una storia, un presente e, se noi vogliamo, un futuro. Le parole “materne”, cioè quelle che abbiamo appreso quando eravamo molto piccoli, ci seguono e ci coccolano appunto come una madre: rubando l’idea di “Una parola al giorno”, voglio mettere ogni giorno una parola dialettale con la sua spiegazione. I miei in casa parlavano tra loro il dialetto sanremese, il sanremasco; a noi figli parlavano in italiano perché ci inserissimo meglio nella società di allora. Ai tempi, negli anni 40-50, il dialetto era un po’ sinonimo di arretratezza culturale. Io ricordo certe parole che ancora oggi mi scaldano il cuore e che difficilmente sono completamente traducibili in lingua italiana. Comincio da pecundria: una malinconia pesante, che incombe sul malcapitato, una specie di depressione totale, quando si fa fatica a fare qualsiasi cosa. Nel suono della parola sembra nascondersi una cappa di noia nera e pesante come piombo, un senso di impotenza, una malattia della mente e del cuore. “Ancoei a g’o ùna pedundria!” Lo diceva mia mamma, che poi se la faceva passare mettendosi a lavorare per la cena della famiglia.

  2. Carine scrive:

    Altra parola in sanremasco: gatiùn. Si tratta di quei noiosi pezzi di unghia che crescono ai lati dell’unghia stessa ( dei piedi e della mano), che fanno attrito contro la calza o le lenzuola. Non è facile eliminarli con le forbicine, perché malignamente si nascondono e poi ricrescono.
    Al malvagio gatiùn metto accanto il simpatico gatiu, solletico. Viene da ridere solo a nominarlo e si sentono i piedi prudere.

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