MARC LAZAR, L’ILLUSIONE DELLA GRANDEUR

 

REPUBBLICA 13 LUGLIO 2017 PAG 29

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L’ILLUSIONE DELLA GRANDEUR

MARC LAZAR

LA FRANCIA domani celebra la sua festa nazionale, che commemora la presa della Bastiglia, il 14 luglio 1789: una data scelta a simboleggiare l’inizio della Rivoluzione francese. Quest’anno la tradizionale parata militare sugli Champs Elysées e la festa nei giardini del Palazzo presidenziale assumono un rilievo particolare. Non solo per la partecipazione di Donald Trump, in occasione del centesimo anniversario dell’entrata in guerra degli Stati Uniti nel primo conflitto mondiale, ma anche perché lo stesso Emmanuel Macron, nuovo presidente della Repubblica, è all’origine di un altro avvenimento storico: ha provocato un vero e proprio tsunami politico.

Questo 14 luglio sarà in sintonia con la sua concezione «zeusiana» — jupitérienne, come lui stesso ha detto — del potere e della politica. L’intento di Macron è infatti quello di incarnare la funzione presidenziale per restituirle tutto il suo prestigio e lustro. Perciò dedica un’attenzione scrupolosa alla propria immagine e gestualità. Usa le parole con parsimonia e controlla la sua comunicazione in maniera pressoché perfetta, per ridare solennità alla presidenza della Repubblica, reintrodurvi un elemento di gravitas e stabilire così una certa distanza tra la sua persona e i comuni mortali. Perché il potere dev’essere circondato da un’aura di mistero e di enigma che accresca il suo fascino, il suo potere evocativo. Ciò presuppone che chi lo detiene accetti il peso di una gravosa solitudine: un tema caro al teatro di Shakespeare.

Emmanuel Macron si ispira a una concezione gollista e mitterrandiana della presidenza della Repubblica. È deciso a far uso di tutte le potenzialità offerte dal suo carisma personale e dal «carisma istituzionale». Lo ha dimostrato ad esempio il 3 luglio, quando ha voluto esprimersi, all’inizio della legislatura, davanti al Congresso riunito, mentre fino ad allora i suoi predecessori si limitavano a far leggere un messaggio alle Assemblee. La sua presenza fisica davanti alla rappresentanza nazionale e la scenografia ritualizzata — nonostante l’assenza di un certo numero di eletti — nella cornice maestosa del castello di Versailles, erano pensate per conferire ancora più forza al messaggio contenuto nel suo discorso, dato che costituivano già di per sé un messaggio. Dunque il presidente ha scritto la partitura, e il primo ministro è incaricato di interpretarla, cosa che ha incominciato a fare fin dall’indomani del suo discorso di politica generale. Emmanuel Macron si ricollega così allo spirito della V Repubblica, rompendo con lo stile scoppiettante ma subito logorato del presidente Sarkozy, così come con quello arruffone e insipido di François Hollande. Non solo, ma tenta altresì di proiettare questa rappresentazione di se stesso fuori dai confini del Paese, in Europa e nel mondo, affinché la parola della Francia risuoni il più lontano possibile. In breve, Emmanuel Macron cerca di rilanciare una certa grandeur francese.

In Francia sono in molti ad apprezzare quest’atteggiamento di Emmanuel Macron. Alcuni commentatori entusiasti si lanciano in confronti con Napoleone, elogiando le virtù dell’uomo provvidenziale. Un’altra parte dell’opinione pubblica è però ironica, sarcastica, critica e persino francamente ostile. Ma davvero Emmanuel Macron è così singolare, tanto da fornire una prova in più dell’eccezione francese?

Si può rispondere di sì, nella misura in cui quest’interpretazione del potere rientra in una lunga tradizione monarchica, ben radicata e rivisitata dalle istituzioni della V Repubblica. La Francia è quel curioso Paese che nel 1793 ha ghigliottinato Luigi XVI, per inventarsi poi nel 1958, con Charles de Gaulle, una monarchia repubblicana. Ma al tempo stesso, la risposta è no in una prospettiva comparata, dato che da qualche decennio un’analoga tendenza a personalizzare e mediatizzare la politica, in una dinamica mirante al presidenzialismo, si registra in quasi tutte le democrazie, compresa quella italiana. La politica è in profonda trasformazione, e a ritmi tanto più veloci in quanto il digitale sta sconvolgendo da cima a fondo il rapporto tra cittadini ed eletti. Non solo i partiti si personalizzano, ma emergono ora anche i leader senza partito, sostenuti da movimenti che fanno capo interamente alla loro persona — almeno in un primo tempo, poiché a un certo punto sorge il problema della loro istituzionalizzazione. Come nel caso del Movimento 5 Stelle, oppure, in condizioni diverse e con contenuti politici non comparabili, in quello di République en Marche di Macron. L’Italia non dispone delle stesse istituzioni della Francia, né dello stesso sistema elettorale. Ma anche qui la competizione politica si gioca, e nei mesi a venire si giocherà sempre più non solo sui programmi, ma anche sui leader, sulla loro immagine e personalità, oltre che sulle loro competenze. O anche sul modo di fare politica con o senza partito, alla tv, sulle reti sociali e nei luoghi pubblici. In queste condizioni, la Francia di Macron non è poi tanto eccezionale: non fa altro che affrontare una serie di mutazioni politiche più generali, che a suo modo anche l’Italia sta sperimentando.

Traduzione di Elisabetta Horvat

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1 risposta a MARC LAZAR, L’ILLUSIONE DELLA GRANDEUR

  1. Chiara Salvini scrive:

    chiara: mi sembra che Macron, festeggiando il 14 luglio con l’America a fianco (anche se è il centenario dell’aiuto americano), abbia dato un bel messaggio di distanza e di potenza alla Merkel: non rinuncio alla stretta alleanza con la potenza dell’Occidente ( ” non ci lasceremo mai “), anche se tu sei ai ferri corti. Posso sbagliare, ma fara’ un gesto così plateale anche nei confronti della Cina per dire che la grande Francia, che lui vuole costruire, ha come vero interlocutore il mondo intero

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