UNA FRASE DA VIVERE / DA CONDIVIDERE…una frase gioiosa!

 

 

«Non c’è in un’intera vita cosa più importante da fare che chinarsi perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi».

 

 

 

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3 risposte a UNA FRASE DA VIVERE / DA CONDIVIDERE…una frase gioiosa!

  1. roberto rododendro scrive:

    con questi umori circolanti è più facile che ti strozzi, ma, pazienza: bisogna pur provarci!

  2. roberto rododendro scrive:

    ed ecco l’ultima:
    ( scritta a Sanremo)

    Ballata n. 7

    Quasi come un rituale il mese è sempre agosto
    ma gli anni sono passati come bestie impaurite

    come rinoceronti spaventati hanno calpestato
    i giorni i mesi gli anni senza nulla ricordare
    lasciando vaghe tracce di escrementi di tempo
    elementari tentativi di vita

    Come nomadi tribù ci siamo trascinati
    i nostri pochi averi nella sacca
    e qualcuno l’ha scoperta pesantissima e vuota

    Con la mia sacca al fianco
    controllata a vista come unico bene rimastomi
    resto sdraiato su un’assolata spiaggia di cemento
    sovrastata da palazzi a terrazze multicolori
    vaghi simulacri di piante e di fiori

    Il mare trascina rifiuti da un lido all’altro
    con ritmo costante
    immutabile

    Sui lastroni di cemento i bagnanti
    sono distesi in file simmetriche al sole
    come cadaveri
    cui un tenue alito di vita
    evita la decomposizione

    Tu non ci sei
    te ne guardi bene e resti fuori
    cosciente da sempre della tua sacca vuota
    e leggera
    abbandonata chissà dove troppi anni fa

    tu già decomposta negli umori negli amori
    nel tuo viso che pare una maschera
    come tu la vuoi
    Attrice pervicace
    insegui il tuo involucro

    Io resto sdraiato sotto questo sole
    che mi ulcera la pelle
    che mi scioglie le voglie
    e guardo con allegria i vecchi corpi tremanti
    dal terrore della morte incombente
    venuti come lemuri a calcificare
    le ossa al sole
    a cercare briciole di linfa vitale
    – vecchi ricchi dissipatori tracotanti –
    nelle agavi rare tra i dirupi di cemento
    nei corpi alati di fanciulli ignari
    che si tuffano come gabbiani nelle acque chiare

    Tu non ci sei
    sei rimasta ad oziare nelle ville toscane
    silenti e nascoste tra querce e rocce
    e zampilli di fontane
    con putti che pisciano acque limpidissime
    passando con gioia e candore
    golosa sui giovani corpi
    che ti danno una vita che non ti preme
    i tuoi ricordi svaniscono neonati
    e ti resta soltanto il piacere dell’atto

    Io qui sono venuto a cercare riposo
    a farmi spalmare d’unguenti che nulla valgono
    a lenire ferite e livori che non guariranno
    a guardare in silenzio rassegnato
    le carni abbondanti di vichinghe invadenti
    tracotanti di decisioni sicure e irrevocabili
    i corpi tremuli di carni cadenti
    galleggianti nell’acqua senza muovere onda

    trasparenti meduse senza peso

    Io sto tra loro incerto su chi sono
    a chi il mio corpo appartenga
    a chi appartenga il mio cuore il mio cervello
    col sacco pesante e vuoto poggiato sotto il capo
    Sono in attesa di decomposizione
    in queste onde luccicanti di meduse
    e di resti di vita

    Di comune accordo Roma l’abbiamo lasciata
    insieme ai pensionati in canottiera
    che hanno perso l’autobus per Rimini
    ai bottegai avidi del soldo dei turisti
    venuti ignari a cercare una città morta e decomposta
    a venerare incauti un Papa ch’è andato in vacanza

    Quel giorno scioperarono i netturbini
    a braccetto per quattro li abbiamo visti scendere
    nelle immacolate divise estive d’Andrè Logue
    incolonnati per via Nazionale sventolanti scopini e pale

    quel giorno abbiamo visto gli storni
    inondare la città di liquami
    abbandonati i platani del lungotevere

    proprio quel giorno abbiamo visto Sua Santità Polacca

    nella cadillac a prova di bomba
    trasferirsi in fretta tutto di bianco vestito
    immacolato come un netturbino
    le braccia aperte a benedire la città deserta

    Quel giorno abbiamo lasciato i gatti
    a contendersi ali di pollo e pannolini usati
    tra cumuli di rifiuti
    ignari anche dei topi
    risaliti a frotte dal biondo Tevere

    Quel giorno ce ne siamo andati
    di comune accordo e quasi di buonumore
    senza fardello tu col tuo involucro vuoto
    con la pesante sacca a spalla io
    altrettanto inutile e vuota
    su due strade diverse che non s’incroceranno più
    salutandoci con la manina
    e lanciandoci baci affidati alla brezza.

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