JOAN BAEZ, UNA COERENTE PACIFISTA TUTTA LA VITA…QUESTA PASSIONE ATTIVA PER LA NON-VIOLENZA L’HA MANTENUTA MOLTO BELLA…

 

SEMBRA ESSERE UNA FOTO DI JOAN BAEZ DEL 2015!

 

Joan Baez: a marzo un nuovo album, "Whistle down the wind", TRACKLIST. ASCOLTA

qui incide il nuovo disco a 77 anni che uscirà a marzo 2018

 

Nata il 9 gennaio 1941 a Staten Island, New York, Joan Baez è la seconda di tre figlie di Albert Baez, un dottore in fisica (che, invitato a lavorare a Los Alamos, rifiutò–il blog) e di Joan Bridge, una donna di origini scozzesi figlia di ministro della chiesa episcopale e professore di drammaturgia emigrato negli Stati Uniti. L’attività professionale del padre come scienziato, ricercatore e consulente dell’Unesco, portò la famiglia Baez a numerosi spostamenti lungo tutto il continente americano, tanto che i Joan e i suoi fratelli spesero la prima parte del loro tempo nella piccola cittadina di Clarence Center, nei pressi di New York, e poi, dopo varie vicessitudini, a Redlands, in California.

Fin da giovane la sua coscienza sociale a base di pacifismo e non violenza ed il suo amore per la musica sono piuttosto forti. Il battesimo musicale avviene ad una manifestazione per gli studenti delle scuole superiori, dove Joan ha modo di fare il suo debutto suonando con l’ukulele “Honey Love”. Dopo quest’esperienza è la volta di quella nel coro scolastico dove impara ad accompagnarsi con la chitarra. Intorno alla metà dei ’50 si stabilisce con la famiglia in California, dove incontra, nel 1957, Ira Sandpearl, che per primo le parla appunto di pacifismo e non violenza. L’anno seguente, a Cambridge nel Massachusetts, la Baez inizia anche qui a cantare nelle piccole coffee house.

Nel ’58, per seguire un lavoro intrapreso dal padre, Joan e la sua famiglia si trasfericono a Boston, dove per un breve periodo studia teatro alla Boston University. Iscrittasi all’università comincia a suonare e cantare nei cafè di Boston, nei college e poi nelle sale da concerto lungo la East Coast di fronte, conquistando folle sempre più grandi grazie al suo mix tutto speciale di musica folk tradizionale americana e testi dai contenuti fortemente rivolti al sociale e impegnati.

Nel 1959 partecipa alla prima edizione del Newport Folk Festival e la sua entusiasmante esibizione le vale un contratto con la Vanguard, etichetta folk relativamente piccola. Dopo un breve periodo di lavoro in sala d’incisione è la volta quindi del suo primo album “Joan Baez”, uscito nel ’60. Questo disco come anche il seguente, è una raccolta di canzoni tradizionali di vari stati, indicando nella Baez la bandiera nazionale per eccellenza.

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ALLA MARCIA DEI DIRITTI CIVILI DEL 1963

 

La partecipazione al Gerde’s Folk City le dà modo di incontrare Bob Dylan, con il quale è accomunata da una profonda fede nella musica. I due avranno anche una chiaccherata e discussa storia d’amore. Negli anni immediatamente a seguire Joan tiene vari concerti, partecipa a manifestazioni pacifiste contro la guerra in Vietnam e, nel 1965, fonda l'”Istituto per lo Studio della Non Violenza”. L’atteggiamento polemico della cantante nei confronti dello Stato la porta addirittura a non pagare le tasse, dichiarando apertamente di non contribuire alle spese belliche, una “causa sociale” che le costerà non poche grane, inclusa la detenzione in carcere.

Rapidamente Joan diventa simbolo della protesta contro tutte le ingiustizie continuando a mietere successi non solo nella natia America ma anche in Europa. Forte delle sue incrollabili convinzioni, verso la fine del ’66 viene arrestata per pochi giorni durante un picchettaggio al centro di reclutamento di Oakland, ma ciò non ferma la sua protesta, tanto che cominciano a circolare accuse di antiamericanismo nei suoi confronti.

Dopo tutte queste esperienze, non poteva mancare l’appuntamento più atteso da tutta la cultura alternativa d’America, il fondamentale concerto-fiume di Woodstock, a cui partecipa regolarmente nel 1969, senza dimenticare l’anno dopo il tributo ad uno dei suoi artisti di riferimento, il menestrello Woody Guthrie. In seguito, si segnala anche un piccolo episodio italiano quando, il 24 luglio del ’70, la Baez suona all’Arena di Milano ottenendo vasti consensi del pubblico giovanile. Nel frattempo si era divisa da Dylan (il quale, fra l’altro si era anche allontanato dagli ideali di protesta che li avevano uniti fino ad allora), e aveva sposato David Harris.

Quest’ultimo però, anch’egli attivista renitente all’arruolamento, fu costretto a passare in carcere molto del tempo dei tre anni di matrimonio, tanto che la loro relazione andò ben presto in crisi (anche se darà loro un figlio). E proprio al marito David è dedicato l’album “David’ Album”, mentre “Any Day Now” è un esplicito omaggio all’ormai “ex” Bob Dylan.

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” DOVE SEI ADESSO, FIGLIO MIO? ” —è una canzone che ha scritto tornando dal Vietnam

Nel dicembre del 1972 si dirige in Vietnam, ad Hanoi, mentre la città è soggetta a continui bombardamenti da parte delle forze americane (più noti come “bombardamenti di Natale”); dopo due settimane riesce a lasciare il paese e, tornata in America, incide un album interamente ispirato alla sua esperienza in Vietnam intitolato “Where are you now my son?” , che include anche la canzone ” Saigon Bride”.

Nel 1979 fonda il “Comitato internazionale dei diritti civili” del quale sarà a capo per tredici anni; la prima azione di protesta fu la “Lettera aperta alla repubblica socialista del Vietnam”, nella quale veniva accusata la violazione dei diritti civili da parte della autorità del paese.

Un po’ trascurata da media e giornali, l’icona Joan Baez sembra via via sempre più dimenticata dal pubblico, anche se la sua attività si mantiene su livelli non disprezzabili, anche nei termini del suo irrinunciabile impegno. Nel 1987 viene pubblicato il libro “La mia vita e una voce per cantare”, opera autobiografica che segna l’esordio della cantautrice come scrittrice, mentre nel 1991, in un concerto per il Comitato dei diritti civili, canta insieme alle Indigo Girls e a Mary Chapin Carpenter in Berkeley, California.

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con bob dylan
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joan baez fa il casqué a dylan!

 

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insieme nel 1982

 

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qui nel maggio del 1965

 

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qui dylan è proprio bello, no?

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forse qui sono nel ’74

 

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aprile 2017, joan baez ha 76 anni

 

telematica per la pace
https://www.peacelink.it/pace/a/7237.html

 

Le risposte di Joan Baez

un’intervista radiofonica alla cantante su nonviolenza e pace realizzata 30 anni fa
4 ottobre 2004
Fonte: Pubblicato da Marea (http://www.mareaonline.it/bottom/baez.htm) e Alias, supplemento del Manifesto, del 2 Ottobre 2004

Fred: OK. Allora, tu sei una pacifista. Ma cosa faresti se, per ipotesi, qualcuno aggredisse tua nonna?
Joan: La mia povera nonnina?
Fred: Sì. Sei in una stanza con tua nonna e c’è un tipo che sta per saltarle addosso. Cosa faresti?
Joan: Griderei “Evviva, che ganza la nonna!” e lascerei la stanza.
Fred: No, dai, seriamente. Diciamo che il tipo ha una pistola e sta per spararle. Tu gli spareresti prima che lui possa farlo?
Joan: Ho una pistola?
Fred: Già.
Joan: No, io sono una pacifista. Non ho una pistola.
Fred: Be’, in questo caso ce l’hai.
Joan: Va bene. Ho una buona mira?
Fred: Sì.
Joan: Gli farei saltar via la pistola di mano.
Fred: No, diciamo che non hai una buona mira.
Joan: Allora avrei paura di sparare. Potrei uccidere la nonna!
Fred: E va bene, ascolta. Ti faccio un altro esempio. Poniamo che tu stia guidando un camion. Sei una stradina stretta, con una collina perpendicolare di lato. C’è una bambina nel mezzo della strada. Tu stai andando troppo veloce per fermarti. Cosa faresti?
Joan: Non lo so. Tu cosa faresti?
Fred: Sono io che lo domando a te. Sei tu, la pacifista.
Joan: Sì, lo so. Dunque: ho il controllo del camion?
Fred: Sì.
Joan: Potrei suonare il clacson, così che la bimba si tolga di mezzo?
Fred: E’ troppo piccola per camminare. E il clacson non funziona.
Joan: Sterzo alla sua sinistra e passo oltre, visto che lei non si muove.
Fred: Non puoi, c’è una frana.
Joan: Oh. Be’, allora giro verso la collina e salvo la piccola.
(Silenzio)
Fred: Ma se ci fosse qualcuno nel camion, con te? Che faresti?
Joan: Questa decisione cos’ha a che fare con il mio essere una pacifista?
Fred: Voglio dire che nel camion siete in due, e c’è una sola bambina in mezzo alla strada.
Joan: Scusa, posso sapere perché sei così ansioso di far fuori tutti i pacifisti?
Fred: No, che non lo sono! Io volevo solo sapere cosa faresti se.
Joan: Se fossi in un camion con un amico, e guidassi a velocità pazzesca su una strada a senso unico, mentre una bimba di 10 mesi se ne sta nel mezzo della via, con una frana da un lato e un bel burrone dall’altro.
Fred: Ecco.
Joan: Probabilmente frenerei di colpo, mandando il mio amico ad attraversare il parabrezza, poi slitterei sulla frana, travolgerei la bambina, sbanderei nel burrone e andrei incontro alla mia morte. Non c’è dubbio che la casa della nonna starebbe proprio sul fondo della scarpata, così il camion si schianterebbe sul suo tetto e la nonna resterebbe secca nel salotto, sai, la stanza dove finalmente è stata aggredita per la prima ed ultima volta.
Fred: Non hai risposto alla mia domanda. Stai solo tentando di sfuggire.
Joan: Veramente, sto provando a dire un paio di cose. Una è che nessuno sa cosa farà in un momento di crisi e che domande ipotetiche ottengono risposte ipotetiche. Sto anche suggerendo che tu abbia predisposto le situazioni di modo che fosse impossibile, per me, uscirne senza aver ucciso una persona o due. E poi mi dici: ‘Ecco, vedi, il pacifismo è una bella idea, ma non funziona’. Ma non è questo a infastidirmi.
Fred: Cos’è che ti infastidisce?
Joan: Forse non ti piacerà. Non è una faccenda ipotetica, è proprio vera. E fa sembrare l’assalto alla nonna una festa danzante.
Fred: E sarebbe?
Joan: Il fatto che mettiamo le persone in processi d’apprendimento il cui scopo è trovare modi davvero efficaci di uccidere. Niente di accidentale, come i camion e le frane. E’ proprio il contrario. Sai come funziona: ruggire e urlare, uccidere e strisciare via, e saltare giù dagli aeroplani. Roba ben organizzata. Diavolo, bisogna essere addestrati per infilzare bene la pancia della nonna con la baionetta!
Fred: Questa è un’altra cosa.
Joan: Sono d’accordo. E non ti accorgi di quanto più difficile è guardarla, questa cosa, perché è reale, e perché sta accadendo proprio ora? Senti: un generale pianta uno spillo in una mappa. Una settimana più tardi un mucchio di ragazzini suda in una giungla da qualche parte. Si fanno saltar via braccia e gambe, piangono, pregano e perdono il controllo degli intestini. Questo non ti sembra stupido?
Fred: Ma tu stai parlando della guerra.
Joan: Proprio. Non ti sembra stupida?
Fred: Ma cosa fai, allora? Porgi l’altra guancia, suppongo.
Joan: No. Ama il tuo nemico, e confrontati con il male. “Non uccidere”.
Fred: Già, e guarda un po’ che gli è successo, a quello che diceva “Non uccidere”.
Joan: E’ cresciuto, mi pare.
Fred: Lo hanno attaccato ad una maledetta croce, ecco cosa gli è successo! Io non voglio che mi attacchino ad una maledetta croce.
Joan: Non accadrà.
Fred: Eh?
Joan: Sto dicendo che non devi metterti a scegliere come morire, o dove. Puoi solo scegliere in che modo vivere. Adesso.
Fred: Be’, non lascerò certo che chiunque faccia quel che vuole di me, questo è sicuro.
Joan: Confrontati con il male, ecco cosa ti dice la pacifista. Resisti con tutto il tuo cuore, tutta la tua mente, tutto il tuo corpo, finché esso sarà sconfitto.
Fred: Non ti seguo.
Joan: Resistenza nonviolenta organizzata. Gandhi. La lotta nonviolenta degli Indiani organizzati ha liberato l’India dall’Impero Britannico. Non male, come primo tentativo, non ti pare?
Fred: Sì, certo, ma Gandhi aveva a che fare con gli Inglesi, un popolo civile. Noi no.
Joan: Noi non siamo un popolo civile?
Fred: Non abbiamo a che fare con gente civile. Prova ad usare la tua nonviolenza con i Russi.
Joan: Oppure i Cinesi, che ne dici?
Fred: Ecco i Cinesi, provala con loro.
Joan: Oh, caro! La guerra esisteva ben prima che qualcuno solo sognasse il comunismo. Il comunismo è solo l’ultima giustificazione, non è il comunismo ad essere un problema. Il problema è il consenso. C’è del consenso là fuori sul fatto che va bene uccidere quando il tuo governo decide chi dev’essere ucciso. Se uccidi qualcuno nel tuo paese, hai dei guai. Se uccidi qualcuno fuori dal tuo paese, al tempo giusto, nella stagione giusta, perché è l’ultimo nemico in ordine di tempo, ti prendi una medaglia. Ci sono 130 stati nazione e ciascuno di essi pensa che non sia poi così peregrina l’idea di far fuori gli altri 129, perché il “nostro” stato è più importante. I pacifisti pensano che ci sia al mondo una sola tribù, di tre miliardi di persone. Queste persone vengono prima di tutto il resto. Noi pensiamo che uccidere un membro della famiglia sia un’idea cretina. Pensiamo che ci siano metodi più decenti, e più intelligenti, di comporre le differenze. E l’umanità deve mettersi ad investigare questi metodi, perché se non lo fa, per errore o volutamente, è probabile che si uccida
l’intera dannata razza umana.
Fred: Uccidere è nella natura umana. E’ qualcosa che non puoi cambiare.
Joan: Davvero? Se è così naturale, perché addestriamo le persone a farlo? C’è violenza nella natura umana, ma c’è anche decenza, amore, gentilezza. C’è chi la organizza, la violenza, la compra e la vende, la esalta. I nonviolenti vogliono organizzare l’altro lato. La nonviolenza è questo: amore organizzato.
Fred: Tu sei pazza.
Joan: Non c’è dubbio, lo sono. Ma oseresti dirmi che il resto del mondo è sano di mente? Prova. Dimmi che la violenza è stata un grandioso successo negli ultimi 5.000 anni, che il mondo non è mai stato meglio, che le guerre hanno portato pace, comprensione, democrazia e libertà agli esseri umani, e che l’uccidersi l’un l’altro ha creato un’atmosfera di fiducia e speranza.
Fred: Io non me la passo così male.
Joan: Consideralo un fortunato incidente.
Fred: Io credo di dover difendere l’America, e tutto ciò che essa rappresenta. Tu non credi all’autodifesa?
Joan: No, la mafia è cominciata proprio così. Un piccolo gruppo di persone che si sono unite per proteggere i poveri. Preferisco la resistenza nonviolenta di Gandhi.
Fred: Ma ancora non ho capito dove vuole arrivare la nonviolenza.
Joan: Vogliamo arrivare a costruire un. pavimento, un forte e nuovo pavimento, stando sul quale non si potrà più affondare. Una piattaforma, che sta un po’ più in su del napalm, della tortura, dello sfruttamento, dei gas velenosi, delle bombe nucleari. Vogliamo dare all’umanità un posto decente per stare in piedi. Fino ad ora ci siamo trascinati nel sangue umano e nel vomito e nella carne bruciata, urlando che questo avrebbe portato pace al mondo. Poi uno ha messo fuori la testa da questo buco, e ha visto un gruppo di persone che tentavano di costruire una struttura sulla terra, all’aria aperta. “E’ una bella idea, ma è impraticabile!”, urla il tizio, e scivola di nuovo dentro il buco. Un po’ la stessa cosa di quando
abbiamo scoperto che la terra era rotonda. Ci siamo scannati per anni perché doveva rimanere piatta, contro ogni prova che non lo era affatto.Fred: E come costruirete, praticamente, questa struttura?
Joan: Dalle fondamenta. Studiando, sperimentando ogni possibile alternativa alla violenza, ad ogni livello. Imparando a dire NO alle tasse per la guerra, NO alla leva, NO all’uccidere in genere e SI’ alla cooperazione, dando vita ad istituzioni basate sul principio che l’omicidio in ogni sua forma è fuori discussione, creando e mantenendo relazioni nonviolente in tutto il mondo, impegnandoci in ogni occasione di dialogo con le persone e i gruppi, per spostare quel consenso che ora c’è attorno all’opzione di uccidere.
Fred: Suona proprio bene, ma non credo possa funzionare.
Joan: Probabilmente hai ragione. Probabilmente non abbiamo abbastanza tempo: ebbene, forse saremo un glorioso flop, ma sapendo che l’unico fallimento peggiore dell’organizzazione della nonviolenza è stato l’organizzazione della violenza.

Note: testo raccolto da Colman McCarthy, Centro Pace di Washington; traduzione M.G. Di Rienzo

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3 risposte a JOAN BAEZ, UNA COERENTE PACIFISTA TUTTA LA VITA…QUESTA PASSIONE ATTIVA PER LA NON-VIOLENZA L’HA MANTENUTA MOLTO BELLA…

  1. Donatella scrive:

    Molto bello questo dialogo-intervista con Joan Baez: la nonviolenza come un livello superiore dell’umanità. Speriamo che, alla lunga, ci si arrivi.

  2. Donatella scrive:

    Ad ogni modo un risultato la nonviolenza ce l’ha: Joan Baez sembra quasi più bella adesso che da giovane! Potrebbe essere una buona réclame di propaganda.

  3. roberto rododendro scrive:

    io la ricordavo con una massa di capelli ricci ( all’afroamericana ) grigi e più tendenti al bianco ed era bellissima!

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