ROBERTO MANIA INTERVISTA SUSANNA CAMUSSO, SEGRETARIA GENERALE DELLA CGIL—REP. 09-03-2018 // pag. 8

 

   

Susanna Camusso, nasce a Milano nel 1955; dopo una lunga esperienza nella FIOM milanese, dal 3 novembre succede a Gugliemo Epifani e diventa segretaria generale della CGIL

 

 

Intervista

Camusso

“ L’operaio della Cgil ormai vota per i Cinquestelle questa sinistra è da rifondare”

ROBERTO MANIA,

 ROMA

«Che tra gli operai delle fabbriche del nord iscritti alla Cgil ci fosse chi votava Lega lo sapevamo da tempo, la novità è che c’è un’altra quota di nostri tesserati che non si astiene più e che vota per i Cinquestelle». È una parte della «sconfitta brutale subita dalla sinistra» di cui parla in questa intervista Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, alla vigilia dell’avvio dell’iter congressuale che porterà al ricambio del vertice del sindacato. Un congresso che darà un contributo alla necessaria «ricostruzione di una sinistra», ai suoi valori, alla sua identità.

«Perché — spiega Camusso — basta guardare la cartina dell’Italia con l’attribuzione dei seggi parlamentari per vedere che è finita l’epoca dell’”Italia rossa”, pensi all’Emilia Romagna, che era la riserva di voti per la sinistra. È cambiato tutto, quel modello non c’è più».

Dunque, lei da capo del “sindacato rosso” si ritrova ad essere il capo di un sindacato di iscritti grillo-leghisti? Ma il voto di domenica, allora, è un voto anche contro la Cgil?

«No, francamente questo non riesco a vederlo. Non c’è alcun voto contro la Cgil, anzi ne esce confermata la nostra capacità di tutela al di là e oltre gli schieramenti politici, come ha certificato Ilvo Diamanti sul forte aumento di consenso alla Cgil. Poi, è vero che quel voto, il primo dopo la crisi economica, sollecita i soggetti sociali a una maggiore autonomia dalla politica e a essere tra i lavoratori in maniera costante non solo durante le vertenze o le vicende contrattuali».

Eppure lei era prima fila quando partì il progetto Liberi e uguali. Leu è stato un flop, la Cgil non porta voti?

«Non c’è alcun automatismo tra l’orientamento dei gruppi dirigenti e il voto degli iscritti. La Cgil non è — e lo diciamo da tempo — una macchina elettorale. Resta il fatto che la sinistra, tutta, non ha capito la domanda di rappresentanza che viene dai ceti più popolari».

La sinistra perde perché non si occupa più del disagio sociale, perché non è nelle periferie, perché non c’è più nelle regione del Sud se non nella forma di “potentati”. Ma la Cgil non dovrebbe esserci in questi luoghi?

«Noi ci siamo. Nel quartiere romano di Tor Bella Monaca siamo rimasti noi e sono arrivate le organizzazioni neofasciste.

Riconosco però che non è sufficiente quello che facciamo.

Chi ha votato M5S ha votato anche per il reddito di cittadinanza, per una nuova forma di assistenza. Ecco: in questa richiesta c’è un messaggio anche per il sindacato. C’è una parte crescente di popolazione che non trova protezione e il mondo del lavoro in generale si sente isolato senza più rappresentanza politica».

E qui si è infilato il movimento di Grillo. Sono i Cinquestelle i nuovi socialdemocratici?

«Si può pensare tutto dei grillini ma non mi pare affatto che la loro offerta possa essere considerata socialdemocratica se in questa formula si vede ancora la coesistenza tra sviluppo ed equità sociale in chiave solidaristica. Di certo c’è una parte del movimento che viene da sinistra ed è per questo che dobbiamo evitare che prevalgano le pulsioni di destra».

Sta dicendo che il centrosinistra dovrebbe cercare l’accordo con i Cinquestelle per fare il governo?

«La Cgil non si sceglie gli interlocutori, dialoga con chi c’è.

Ci interessa capire cosa si può fare per bloccare il rischio di una deriva a destra, per diminuire le diseguaglianze, per dare una risposta positiva ai bisogni di chi ha il lavoro, lo cerca o lo cercherà.

Personalmente penso che per quanto riguarda la sinistra non ci possano essere scorciatoie. Il voto ha bocciato le ipotesi in campo: il partito personale, la socialdemocrazia, i rassemblement sociali, il modello tosco-emiliano. Deve con umiltà, unità e responsabilità ripartire, tornare a esserci, ripensare se stessa abbandonando la disintermediazione e tornando tra la gente costruendo una nuova cultura di partecipazione».

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