BERNARDO BERTOLUCCI, L’AMICO REGISTA, L’INSOSPETTABILE ALLEGRIA DI UN MAESTRO DELLA REALTA’—TESTO RACCOLTO DA ARIANNA FINOS

 

 

SPETTACOLI

Il ricordo

L’amico regista

L’insospettabile allegria di un maestro della realtà

Ci conoscemmo alla Mostra di Venezia, ma con lui e Paolo c’incontravamo tornando da scuola

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PARMA, 1941

 

BERNARDO BERTOLUCCI

 
Alla fine degli anni Cinquanta e per tutti gli anni Sessanta c’era molto cinema in giro per Monteverde Vecchio. In via Carini a Roma abitava sotto di noi Piero Nelli ( La pattuglia sperduta), che rientrava per pranzo con Enzo Muzii ( Le streghe), mentre io tornavo a casa da scuola. Poi questi due amici che camminavano intensamente, come chiacchieravano. Non sapevo ancora che fossero fratelli. Li vedevo spesso, sempre in coppia. Ben presto c’incontrammo — loro un po’ più grandi di me — alla Mostra di Venezia. Loro con Un uomo da bruciare, io con La commare secca.Ma allora erano in tre, c’era anche Valentino Orsini. A Monteverde Vecchio c’erano Pier Paolo Pasolini, anche lui in via Carini 45, Peter del Monte che pensavo fosse un giovane regista americano, per i bei giubbotti che portava, la bellissima Olimpia Carlisi, pallida e sorridente. Un po’ di tempo dopo sarebbe, fatalmente, emigrato anche Nanni Moretti lasciando il quartiere Prati che aveva abitato e celebrato nei suoi film. Il primo cinema dei fratelli Taviani, mi sembrava post neorealistico, ma con un’ottica rosselliniana. Da Rossellini, Vittorio e Paolo avevano imparato che la macchina da presa non deve mai essere né troppo vicino né troppo lontano da quel che filma. Ma con poi delle meravigliose iperboli. Per esempio il finale di Allonsanfàn: una pianura con una popolazione che avanza. Si muove con un passo che è tra la marcia militare e il balletto, un’anticipazione di Pina Bausch. Erano personaggi in un costume senza tempo in un luogo senza tempo. Una visionarietà vicina a quella di Pasolini. Con il quale condividevano la fascinazione per modi di rappresentare il tempo attorno a loro attraverso mondi senza tempo. Il cinema dei Taviani, in modo rosselliniano, non ha mai cessato di analizzare, studiare, descrivere, raccontare la realtà. E per quello sono stati dei post neorealisti, come io sono un post nouvelle vagueista. Non hanno mai avuto la tentazione di avvicinarsi con la macchina da presa a qualcosa di distante dalla realtà. I loro sono stati titoli molto formativi per il cinema italiano e per tutti noi. E per il pubblico. Con il quale hanno sempre avuto e mantenuto un rapporto di dialogo. Quel dialogo che tutti noi autori inseguiamo.Tra i film più recenti, Cesare deve morire mi è sembrato un capolavoro. Sono sempre rapito dalle contaminazioni: Shakespeare e gli attori di Rebibbia, Giulio Cesare e il suo gruppo con la forza di quei visi che un tempo si sarebbe chiamati patibolari. L’ho detto con entusiasmo a Vittorio, a Paolo e al loro angelo custode Roberto Perpignani, loro (e anche mio) montatore. Quando chiesi a Lina Nerli Taviani (la moglie di Paolo) di disegnare i costumi di La tragedia di un uomo ridicolo, per me fu un modo di omaggiarli, di ricordarli e celebrarli. Ma se non ti avvicinavi di più non potevi capire nulla di loro. Per esempio non tutti conoscevano l’allegria insospettata di Vittorio che dei due sembrava quello sempre immerso in pensieri profondi, mentre Paolo superficialmente dava l’idea di essere quello coi piedi per terra. Vorrei fare sentire a Paolo calore e amicizia e la mia grande, irreversibile ammirazione. Paolo lavorerà ancora, farà nuovi film, soltanto apparentemente da solo. Stamattina mi sono messo in testa un berretto da comandante di brigantino come quello che portava sempre Vittorio, per rendergli omaggio.

Testo raccolto da Arianna Finos

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1 risposta a BERNARDO BERTOLUCCI, L’AMICO REGISTA, L’INSOSPETTABILE ALLEGRIA DI UN MAESTRO DELLA REALTA’—TESTO RACCOLTO DA ARIANNA FINOS

  1. Donatella scrive:

    Bello e affettuoso questo ricordo di Vittorio Taviani da parte di un suo grande “collega”. Quando scompare una delle due parti di queste grandi coppie artistiche, ci chiediamo dolorosamente come farà la parte sopravvissuta a continuare a lavorare.

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