LATERZA, STEFANO RODOTA’ (Cosenza, 1933 – Roma, 23 giungo 2017)::: “VIVERE LA DEMOCRAZIA “—ANTICIPAZIONI DELL’EDITORE DAL ” SAGGIO SULL’IDENTITA’ “

 

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ALLA CAMERA (ANSA, 1980)

 

Stefano Rodotà – Vivere la democrazia

Copertina

 

Vivere la democrazia

Stefano Rodotà è stato uno dei più importanti giuristi italiani. Intellettuale e uomo libero, ha dedicato la sua intera vita ai diritti e alla dignità della persona. Questo libro raccoglie le sue riflessioni sulla vita, le regole, la democrazia. Qui alcune pagine dal saggio sull’identità.

Che cosa accade quando un ininterrotto fluire di informazioni fa sì che l’identità sia sempre più spesso costruita e «posseduta» da altri? Che cosa sta diventando l’identità nell’età del Web 3.0, di quell’«Internet delle cose» che si accinge non solo a moltiplicare la produzione e l’utilizzazione delle informazioni, ma sprigiona una capacità trasformativa del modo in cui essa è costruita? E che cosa accade quando l’identità non è solo memoria del passato e specchio del presente, ma anticipazione di un futuro attraverso processi che prescindono dall’autonomia e dall’intenzionalità della persona interessata?

Vi è un punto comune a tutte queste domande, che può essere sintetizzato ricorrendo ad un altro interrogativo: chi possiede i nostri dati? Sono domande che investono l’intera discussione sull’identità nei tempi moderni, che qui non può essere ovviamente ripresa in tutte le sue variabili, essendo invece possibile richiamare l’attenzione sulle diverse modalità attraverso le quali si manifesta il tema della costruzione e della gestione dell’identità. Il punto estremo di questo processo può essere così rappresentato: l’identità si separa dalla consapevolezza e dall’intenzionalità della persona alla quale è riferita. Dunque, l’identità si fa «oggettiva», in qualche modo si spersonalizza?

(…) Il tema chiave diviene quello della libera costruzione della personalità, a sua volta eccedente la sola questione della identità. Se si riprende l’espressione «messa in scena», non si può considerarla soltanto dal punto di vista della corretta rappresentazione pubblica della persona interessata, sia da parte degli altri soggetti che fanno circolare le sue informazioni, sia sotto il profilo del difficile e controverso diritto alla piena autorappresentazione. Con un ulteriore interrogativo sullo sfondo: quale rapporto tra sfera pubblica e sfera privata si determina per effetto di questi mutamenti?

Quando si insiste sul «racconto della vita» e sulla formazione del pensiero autobiografico, non ci si limita a garantire costruzione, conservazione, comunicazione della memoria, del passato. Si delinea un’attitudine dinamica, ben visibile nel sistema costituzionale italiano (e non solo). Nell’articolo 3 si stabilisce che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana».

Sviluppo è indicazione dinamica, che implica un dovere pubblico di definire concretamente il contesto all’interno del quale la costruzione della personalità diviene libera e continua, includendo così passato, presente, futuro. Ma questa dimensione si dilata al di là del dovere pubblico, quando l’articolo 36 della Costituzione mette in relazione diretta la retribuzione, pubblica o privata che sia, e l’«esistenza libera e dignitosa» del lavoratore e della sua famiglia. Queste indicazioni fortemente in positivo sono poi accompagnate da un obbligo negativo in capo al potere pubblico, esplicitato in fine dell’articolo 32, dove si afferma che «La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».

Questo iter, che dovrebbe essere ormai ben noto, struttura una serie di condizioni direttamente legate all’identità e alla sua costruzione da parte della persona interessata. Si potrebbe osservare che l’assenza delle condizioni indicate non può certo essere considerata come l’impossibilità di ritrovare una qualsiasi identità, implicando un diverso ordine di riflessioni legate alla qualità dell’identità e alla sua valutazione in termini di coerenza con un ordine democraticamente fondato sui principi, esplicitamente richiamati, della libertà, dell’eguaglianza, della dignità. Proprio quando questa coerenza viene meno, si determina una di quelle situazioni che portano a parlare di «tumulto».

È il tema del «chi» ad essere divenuto particolarmente significativo di fronte alla separazione tra autonomia e intenzionalità della persona e costruzione di una sua identità socialmente rilevante. Tuttavia, proprio la rilevanza assunta dall’identità in Rete – cosa diversa dall’identità digitale – impone di analizzare questo aspetto del problema non solo nella logica della sottrazione/espropriazione, ma pure della sua produzione condivisa, come vogliono i caratteri di quella che viene definita sharing society. Siamo sempre di più in presenza di processi non lineari, nei quali deve essere misurato il peso dei dati personali di cui dispone ciascun attore, l’equivalenza o meno nel potere di utilizzarli, esercitando così un potere determinante per lo specifico fine della definizione dell’identità.

Bisogna aggiungere che la condivisione non si manifesta esclusivamente in una legittimazione di soggetti non riducibili alla persona interessata a cooperare alla costruzione dell’identità. La Rete, e le diverse piattaforme in cui si articola, consentono una messa in scena che può mostrare la persona nelle sue relazioni con il mondo degli oggetti, selezionati e presentati in pubblico appunto come quelli che lo individuano e lo identificano. Si mette in tal modo a disposizione dell’altro quel rapporto tra persona e cose sul quale la riflessione più recente ha messo l’accento proprio per affrontare la questione stessa della definizione di che cosa sia la persona, per giungere ad appropriarsi effettivamente del sé.

In questa riflessione è il corpo ad assumere una posizione centrale: non più collocato all’esterno della persona, oggetto del suo potere, ma componente essenziale. Di un corpo così considerato la Rete consente non solo e non tanto la rappresentazione fisica, ma piuttosto una esplorazione (e una rivelazione): «dentro l’utente, nelle viscere delle emozioni esposte, dove si configurano i confini delle identità individuali e collettive, le relazioni tra mente, corpo e appunto anima». Si giunge così ad un punto che chiama in causa le neuroscienze e il loro modo di operare.

Il tumulto si fa sempre più evidente, e proprio per questo non ci si può fermare alla sua registrazione. Si pone, allora, un ineludibile problema: quello di analizzare le possibilità di combinare istituzionalmente i diversi piani via via emergenti.

Stefano Rodotà, Vivere la democrazia


Stefano Rodotà è stato uno dei più autorevoli e originali giuristi italiani ed europei, protagonista di importanti battaglie in difesa dei diritti e della Costituzione. È tra gli autori della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

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1 risposta a LATERZA, STEFANO RODOTA’ (Cosenza, 1933 – Roma, 23 giungo 2017)::: “VIVERE LA DEMOCRAZIA “—ANTICIPAZIONI DELL’EDITORE DAL ” SAGGIO SULL’IDENTITA’ “

  1. Donatella scrive:

    Leggere qualcosa di Rodotà è come prendere una ventata d’aria fresca.

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