NEMO, REPUBBLICA DEL 28 GIUGNO 2018, PAG. 29 ::: SERGIO RIZZO, VITALIZI D’ORO, LA VERA STRADA PER ABBATTERLI

 

REPUBBLICA DEL 28 GIUGNO 2018 —PAG. 29

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I costi della politica

VITALIZI D’ORO L’ALTRA STRADA PER ABBATTERLI

Sergio Rizzo

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SERGIO RIZZO, IVREA 1956

 

I vitalizi dei parlamentari «sono quasi il doppio di quanto sarebbe giustificato alla luce dei contributi versati»: parola del presidente dell’Inps Tito Boeri. Tanto sarebbe bastato per mettere mano alla pratica. Il fatto è che nel corso degli anni il vitalizio è andato perdendo sempre di più la funzione originaria di garanzia dell’indipendenza degli eletti, trasformandosi progressivamente in un privilegio. È successo grazie a regole che nel passato hanno consentito di intascare l’assegno senza limite alcuno di età o addirittura di incassarlo avendo trascorso appena poche ore in Aula.

Regole assurde, che dopo aver esteso illogicamente il privilegio anche ai consiglieri regionali, permettevano pure il cumulo di più vitalizi. Un sistema che in un Paese con i conti pubblici boccheggianti, i salari più bassi d’Europa e oltre cinque milioni di poveri doveva soccombere: non per ragioni economiche, ma per decenza. Ancora nel 2013 gli ex consiglieri del Lazio potevano percepire il vitalizio a 50 anni mentre in Sardegna c’era chi a 41 anni incassava 5 mila euro netti al mese.

Dal 2012 i nuovi vitalizi parlamentari sono stati adeguati al metodo contributivo.

Restava l’eredità dei circa 2.600 assegni del vecchio sistema, difesi dalla barriera dei diritti acquisiti. Nella scorsa legislatura un disegno di legge del dem Matteo Richetti che puntava a colpirli non è andato in porto. Finché il Movimento 5 stelle ha vinto le elezioni e la guerra ai vecchi vitalizi è ripresa. Non più con i tempi biblici di una legge, ma un fulmineo intervento sui regolamenti.

Il presidente della Camera Roberto Fico annuncia l’intenzione di risparmiare 40 milioni l’anno. La metà di quanto prevedevano la proposta Richetti e le proiezioni contributive dell’Inps (76 milioni). Dunque un taglio più morbido, anche se non abbastanza per evitare la rivolta degli ex parlamentari: che potrebbe non essere destinata all’insuccesso. Ma la sensazione è che l’obiettivo fosse soprattutto portare a casa un risultato politico immediato, indipendentemente dall’esito finale, nel momento in cui il vantaggio di consensi dell’alleato Matteo Salvini si sta così ingigantendo. C’è solo da sperare che stavolta almeno la promessa revoca dell’assegno ai condannati in via definitiva si traduca in realtà, a differenza di ciò che accadde nel 2014, quando si stabilì che la riabilitazione avrebbe fatto revocare la revoca con tante scuse. Una scelta pilatesca, che ha già fatto sfumare alcune revoche e garantirebbe oggi il vitalizio anche al riabilitato Silvio Berlusconi, condannato per frode fiscale.

Resta il fatto che siamo ancora ben lontani dall’unica riforma sensata. Che neppure il Movimento 5 stelle ha avuto finora il coraggio di sostenere. Oggi un ex parlamentare o consigliere regionale può cumulare ai vitalizi anche la pensione che ha ottenuto versando di tasca propria l’8 per cento dei contributi con il restante 25 per cento a carico dell’ente di previdenza. Si chiamano contributi figurativi, e sono un regalo che consente agli eletti di maturare durante il mandato non una, ma due pensioni pagando un modico prezzo. Ecco il vero intollerabile privilegio, che Boeri ha ripetutamente segnalato in questi anni alle Camere.

Ripetutamente e inutilmente. Anche agli ultimi arrivati, a quanto pare. I suoi calcoli dicono che del 2.600 percettori di vitalizio ce ne sono 1.323 “che risultano avere periodi di contribuzione figurativa da carica elettiva”. Significa che la metà somma al vitalizio almeno una pensione regalata tutta o in parte dai cittadini.

Per rompere tale folle meccanismo basterebbe stabilire che gli anni trascorsi in Parlamento altro non sono che un periodo di una medesima vita lavorativa, nel quale i contributi previdenziali vengono pagati da un datore di lavoro che si chiama Camera o Senato. Come capita a chiunque cambi posto di lavoro. All’età giusta, che non può certo essere fissata a 60 anni con dieci di contributi come oggi per i vitalizi, il nostro onorevole si potrebbe quindi ritirare con una sola pensione, più che decente. Non con due o magari tre assegni, come accade ora. E la storia sarebbe finita qui: una volta per tutte.

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1 risposta a NEMO, REPUBBLICA DEL 28 GIUGNO 2018, PAG. 29 ::: SERGIO RIZZO, VITALIZI D’ORO, LA VERA STRADA PER ABBATTERLI

  1. Donatella scrive:

    Sono pienamente d’accordo: fare di professione politica dovrebbe essere come un altro lavoro, pure considerando la particolare necessità di viaggiare, di avere collaboratori, di aggiornarsi, ecc. Quello che propone Sergio Rizzo è la cosa più sensata e normale. Chissà perché non è stata proposta da nessuna forza politica?

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