una parola al giorno.it — 13 luglio 2018
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Apostrofe
a-pó-stro-fe
SIGNificato ::: Figura retorica secondo la quale la voce narrante si rivolge a un uditore ideale
dal greco apostrophè, ‘deviazione’, dal verbo apostrèpho, ‘volgersi altrove’.
Poi, l’apostrofe delle apostrofi che viene in mente a quasi tutti quando si parla di questa Figura: quella alla diletta e graziosa luna di Leopardi. «O graziosa Luna, io mi rammento / che […] sovra questo colle / io venia pien d’angoscia a rimirarti»; e ancora «Ma nebuloso e tremulo dal pianto / […] / il tuo volto apparia, ché travagliosa / era mia vita: ed è, né cangia stile, / o mia diletta Luna».
Un primo Leopardi, che canta silenzioso le proprie lacrime alla Luna, è l’autore di questo testo, in cui l’apostrofe riesce a portare a compimento il proprio scopo: l’esplosione del sentimento in quei due complementi di vocazione che, come una mano/parola che afferra l’uditore, ci danno una prova chiarissima e una definizione esperibile di quel pathos da cui sono caratterizzate.
Mauro Aresu, giovane studente di Lettere classiche, a venerdì alterni ci racconta una figura retorica.
Quando apostrofiamo qualcuno, in genere non lo facciamo con benevolenza. Limitiamoci a farlo con ironia, che forse è più corrosiva, oppure semplicemente limitiamoci a mettere l’apostrofo, cioè apostrofiamo le parole per ragioni puramente linguistiche e di suono.