Quarant’anni fa l’omicidio di Cosa nostra
Peppino Impastato giustizia negata per i depistaggi di Stato
Prescrizione per il generale Subranni Il gip: ” Gravi omissioni” Il fratello: “Ridateci l’archivio scomparso”
SALVO PALAZZOLO (notizie in fondo),
PALERMO
Cercarono di farlo passare per un terrorista suicida. Scrissero pure che era pazzo: «Un suo prozio era affetto da malattie mentali » . Le prime indagini dei carabinieri sull’omicidio di Peppino Impastato furono caratterizzate da un « contesto di gravi omissioni ed evidenti anomalie investigative», accusa il gip di Palermo Walter Turturici. La pista mafiosa che portava a don Tano Badalamenti non fu neanche presa in considerazione nonostante le denunce del giovane militante antimafia di Cinisi dai microfoni di Radio Aut, « che erano un fatto eccezionale ascrivibile al suo coraggio civile ».
FELICIA IMPASTATO
Eccolo, il capitolo finale di una storia che ha segnato per sempre la lotta alla mafia. Il generale dei carabinieri in pensione Antonio Subranni è ritenuto oggi responsabile di aver depistato le indagini sulla morte di Peppino Impastato — come accusavano i pm Roberto Tartaglia, Vittorio Teresi e Francesco Del Bene — ma la prescrizione lo salverà da un processo per favoreggiamento. Un’archiviazione per prescrizione è arrivata pure per i tre sottufficiali che la notte del delitto fecero delle perquisizioni a Cinisi, erano accusati di concorso in falso: Carmelo Canale, Francesco Abramo e Francesco Di Bono. A casa di Peppino fecero un « sequestro informale » di documenti, « così emerge da un atto ufficiale dell’Arma », scrive il giudice. «E ciò è grave » . Perché nel nostro codice di procedura penale non esiste il «sequestro informale».
Da allora è scomparso l’archivio di Peppino, un tesoro unico che conteneva chissà quanti appunti e quanti progetti per la lotta alla mafia. Spariti per sempre, forse sono ancora custoditi in qualche archivio di Stato. « Ora, quelle carte devono essere restituite alla famiglia e a tutti gli italiani», dice Giovanni, il fratello di Peppino. « La prescrizione non può cancellare la memoria di uno straordinario impegno contro la mafia».
Ma perché quel depistaggio su Impastato? «La pista mafiosa venne aprioristicamente, incomprensibilmente, ingiustificatamente e frettolosamente esclusa » , accusa il gip. Prove furono cancellate, testimoni mai ascoltati. «Vistose, se non macroscopiche anomalie delle attività investigative » . Perché un tale comportamento messo in atto da un esperto investigatore come l’allora maggiore Subranni, comandante del Reparto Operativo? Se l’è chiesto anche la commissione antimafia. Ma oggi questa domanda è ancora più pesante, perché di recente l’ufficiale è stato condannato a 12 anni nel processo ” Trattativa Stato- mafia”. E non perché ritenuto colluso con le cosche, gli è stato contestato di aver dialogato — al fianco dei suoi collaboratori del Ros Mori e De Donno — con un pezzo della mafia, dopo la strage Falcone, per fermare la stagione delle bombe. Quel dialogo, accusa la sentenza, avrebbe indotto il capo di Cosa nostra Totò Riina ad accelerare la morte di Paolo Borsellino, per alzare il prezzo della trattativa.
Un dialogo ci sarebbe stato anche nella Cinisi di Impastato, governata da Gaetano Badalamenti, fino al 1978 il mafioso più autorevole della Cupola, un anno dopo passò nella schiera dei ” perdenti”, scalzato da Riina. Oggi sappiamo che in quei mesi convulsi ( non è chiaro esattamente quando) Badalamenti diventò un confidente dei carabinieri, fu lui a soffiare le prime notizie su Riina e Provenzano, quest’ultimo si nascondeva proprio a Cinisi. È il motivo per cui Subranni proteggeva Badalamenti? C’è una sola certezza: il maresciallo che gestiva il confidente Badalamenti era Antonino Lombardo, il 4 marzo 1995 si sparò un colpo di pistola nell’atrio della caserma Bonsignore di Palermo. Quella notte, sparirono anche i suoi appunti, quelli che testimoniavano il lavoro riservato con i confidenti di mafia, un lavoro al confine fatto per conto dello Stato, un lavoro ” sporco” che Lombardo temeva potesse portarlo sotto inchiesta. È rimasta solo una lettera del maresciallo, in cui rivendicava il « grosso contributo dato alla cattura di Riina » . Sì, perché era stato Lombardo a portare la soffiata determinante per arrivare al capo dei capi. Misteri su misteri.
IL FATTO QUOTIDIANO DELL’11 SETTMBRE 2018
Peppino Impastato, il generale Subranni prescritto per favoreggiamento: “Gravi omissioni e anomalie investigative”
Salvo Palazzolo (Palermo, 1970) è un giornalista e saggista italiano.
Dopo la laurea in Giurisprudenza ha iniziato l’attività giornalistica nel 1992, al quotidiano L’Ora di Palermo. Ha poi collaborato con i quotidiani il manifesto, La Sicilia e Il Mediterraneo, occupandosi di cronaca giudiziaria. In collaborazione con Video On Line ha realizzato il primo sito internet italiano su un processo penale.
Dal 1999 è redattore di giudiziaria del quotidiano La Repubblica. Nel 2004 ha intervistato in carcere il capomafia Pietro Aglieri, ha poi rivelato la trattativa segreta fra i boss e un gruppo di sacerdoti, che dopo le stragi che uccisero Giovanni Falcone e Paolo Borsellino avrebbe dovuto portare alla dissociazione di alcuni mafiosi da Cosa nostra.
Ha collaborato con la società di produzione Magnolia e con la RAI come coautore di programmi televisivi di inchiesta su Cosa nostra, curati da Claudio Canepari e trasmessi da Rai 3: Scacco al re, la cattura di Provenzano; Doppio gioco, le talpe dell’antimafia; Le mani su Palermo. Quest’ultimo programma nel 2009 ha ricevuto il premio della critica alla XV edizione del premio giornalistico televisivo “Ilaria Alpi”.
Pubblicazioni
- Enrico Bellavia e Salvo Palazzolo, Falcone Borsellino. Mistero di Stato, 2002, Edizioni della Battaglia
- Enrico Bellavia e Salvo Palazzolo, Voglia di mafia. La metamorfosi di Cosa Nostra da Capaci ad oggi, 2005, Carocci editore
- Ernesto Oliva e Salvo Palazzolo, 2006, Bernando Provenzano. Il ragioniere di Cosa Nostra, Rubbettino editore
- Salvo Palazzolo e Michele Prestipino, Il codice Provenzano, 2007, Editori Laterza
- Claudio Canepari, Piergiorgio Di Cara, Salvo Palazzolo, Scacco al re. La cattura di Provenzano, 2008, Einaudi editore
- Salvo Palazzolo, I pezzi mancanti. Viaggio nei misteri della mafia, 2010, Editori Laterza
- Alessio Cordaro e Salvo Palazzolo, Se muoio, sopravvivimi. La storia di mia madre che non voleva essere più la figlia di un mafioso, 2012, Melampo Editore
- Agnese Borsellino con Salvo Palazzolo Ti racconterò tutte le storie che potrò, 2013, Feltrinelli Editore
- Nino Di Matteo e Salvo Palazzolo Collusi. Perché politici, uomini delle istituzioni e manager continuano a trattare con la mafia, 2015, Bur Rizzoli