Il Trionfo della Morte è un affresco staccato (600×642 cm) conservato nella Galleria regionale di Palazzo Abatellis a Palermo. Oltre ad essere uno dei migliori dipinti su questo tema, è l’opera più rappresentativa della stagione “internazionale” in Sicilia, culminata durante i regni di Ferdinando I (1412) e di Alfonso d’Aragona (che nel 1416 fece di Palermo la sua base per la conquista del Regno di Napoli). Non si conosce il nome dell’autore (indicato come un generico Maestro del Trionfo della Morte) e viene datato al 1446 circa. (WIKI)
DESCRIZIONE::(WIKI)
L’affresco è composto come una gigantesca pagina miniata, dove in un lussureggiante giardino incantato, bordato da una siepe, irrompe la Morte su uno spettrale cavallo scheletrito. Essa inizia a lanciare frecce letali che colpiscono personaggi di tutte le fasce sociali, uccidendoli. Il cavallo, di prorompente vitalità, occupa il centro della scena, con le sue costole e la macabra anatomia della testa scarnificata, che mostra denti e lingua. La Morte è raffigurata efficacemente nell’attimo in cui ha appena scoccato una freccia, che è andata a colpire il collo di un giovane nell’angolo destro in basso; essa ha legata sul fianco la falce e reca con sé una faretra, suoi attributi iconografici tipici.
In basso si trovano i cadaveri delle persone già uccise: imperatori, papi, vescovi, frati (sia francescani che domenicani), poeti, cavalieri e damigelle. Ciascuno è rappresentato individualmente, in una posizione diversa: chi con una smorfia di dolore ancora disegnata sul volto, chi sereno, chi con gli arti scompostamente abbandonati, chi, appena raggiunto da una freccia, nell’atto di accasciarsi.
A sinistra si trova il gruppo della povera gente, che invoca la morte di interrompere le proprie sofferenze, ma viene crudelmente ignorata. Fra questi, la figura in alto che guarda verso l’osservatore è stata proposta come autoritratto dell’autore.
A destra si trova il gruppo degli aristocratici, disinteressati all’avvenimento, che imperterriti continuano le loro attività, tranne i personaggi immediatamente più vicini ai cadaveri. Vi si riconoscono diversi musici, dame riccamente abbigliate e cavalieri vestiti di pellicce, come quelli che chiacchierano amabilmente ai bordi della fontana, simbolo di vita e di giovinezza. Qui e più in alto, a sinistra, si trovano due richiami a uno degli svaghi più amati dall’aristocrazia, la caccia, con un uomo che tiene un falcone sul braccio e un altro che regge al guinzaglio due cani da caccia trepidanti, tra i quali il levriero disegna una linea sinuosa col corpo sull’attenti.
Nonostante la ricchezza e la complessità del soggetto, la scena è composta in maniera unitaria, grazie a un’efficace stilizzazione lineare e alle pennellate corpose che riescono a trasmettere la consistenza materica del colore.
Il trionfo della morte di Palermo, affresco staccato (600 x 642 cm), Galleria regionale di Palazzo Abatellis, Palermo
Trionfo della Morte, affresco staccato (600 x 642 cm), Galleria regionale di Palazzo Abatellis, Palermo
Confronto particolari tra il Trionfo della Morte e Guernica di Pablo Picasso (1937, Madrid, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía)
Picasso visita il trionfo della morte di Palermo–7 dicembre ’92 – Pino Manzella, pittore (il ’92, ricordiamo, è l’anno delle stragi di Capaci e via D’Amelio)
palazzo Abatellis
PALAZZO ABATELLIS, PALERMO
ARCHIVIO DEL CORRIERE:::
RIVELAZIONI UN RICORDO DEL FIGLIO ADOTTIVO DEL PITTORE SICILIANO CONFERMA L’ IPOTESI SULLE ORIGINI DI ” GUERNICA “
PICASSO A GUTTUSO: HO VISTO IL ” TRIONFO ” DI PALERMO
—————————————————————– RIVELAZIONI Un ricordo del figlio adottivo del pittore siciliano conferma l’ipotesi sulle origini di “Guernica” PICASSO A GUTTUSO: HO VISTO IL “TRIONFO” DI PALERMO Prima di dipingere “Guernica”, Picasso aveva visto il “Trionfo della morte” di anonimo catalano del XV secolo che affrescava, a Palermo, palazzo Sclafani. Era stato lo stesso Picasso ad ammetterlo, rispondendo a una precisa domanda di Renato Guttuso, del quale era amico sin dagli anni Cinquanta. Il pittore siciliano, poi, aveva anche fatto alcuni disegni per evidenziare le affinita’ delle teste dei due cavalli (quello che compare nell’affresco palermitano e quello che si staglia al centro di “Guernica”). L’episodio era stato raccontato da Guttuso a Fabio Carapezza, figlio adottivo dell’artista, proprio in presenza di Cesare Brandi, durante la presentazione al pubblico del restauro dell’opera. Ed e’ lo stesso Carapezza a ricordare la vicenda. Guttuso, dice, “e’ stato l’artista italiano piu’ vicino a Picasso, sia per l’influenza che la pittura del maestro spagnolo esercito’ sempre sulla sua, che per la profonda azione che lo stesso Guttuso svolse per diffondere la conoscenza di Picasso in Italia”. Tant’e’ che, fra i soprannomi che gli vennero appiccicati per questa sua “affinita” elettiva, c’era anche quello di “Picassata alla siciliana”.*
ARCHIVIO DEL CORRIERE DELLA SERA, 1998