DUE INTERVENTI DI OGGI SULLA SCUOLA ::: 1. DI DONATELLA D’IMPORZANO // E L’ALTRO DI 2. DOMENICO MATTIA T.

 

La Buona scuola non necessaria o non sufficiente?

(foto LaPresse)

 

  1.  DONATELLA D’IMPORZANO

Per un cambiamento effettivo, di lunga durata, la scuola dovrebbe essere l’oggetto principale delle preoccupazioni di un governo serio. Invece continua il solito trantran: meno investimenti, semplificazione ulteriore dell’esame di stato, che tra poco non avrà più valore legale, sovvenzioni alle scuole private, soppressione del tempo pieno e prolungato, soppressione della mensa scolastica, caro libri ( alle medie, scuola dell’obbligo, i libri devono essere pagati dai genitori, anche da quelli che non possono pagarli). Le università sono a numero chiuso e non per selezionare eccellenze, ma solo perché non sono preparate ad accogliere un maggiore numero di studenti. Tutto contro la nostra Costituzione.

 

 

          2.  DOMENICO MATTIA T.

 

La “Buona scuola” ha estremizzato le controriforme di Berlinguer prima, della Moratti e Gelmini dopo, fino a considerare con l’alternanza scuola-lavoro, le competenze il centro della didattica e della formazione, copiando il modello americano, incentrato sulla specializzazione e svuotato di veri contenuti culturali. Anche l’attuale governo giallo-verde continua con la logica della scuola-azienda dove discipline fondamentali come la Storia vengono emarginate. Emblematico l’esame di maturità senza il tema storico per dare esclusivo spazio all’attualità, come se si potesse leggerla criticamente senza la conoscenza del passato. Che siano pochi a scegliere la traccia di storia dipende anche dal trattamento riservato a questa disciplina nei vari indirizzi: basti pensare che negli Istituti tecnici e professionali all’insegnamento della Storia e dell’Educazione civica sono riservate due ore settimanali con cui i docenti devono affrontare la complessità del Novecento e trattare le questioni non meno formative di educazione civica a partire dalla Costituzione. Gli studenti protestano, sarebbe ora che anche gli insegnanti facessero sentire la loro voce, il loro dissenso nelle forme opportune.

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