Alberto Burri (Città di Castello, 1915 – Nizza, 1995) è stato un artista, pittore e medico italiano.
ORVIETO, UNA BELLA FOTO::: DISTA 83 km DA CITTA’ DI CASTELLO
CITTA’ DI CASTELLO
Castello
Città di Castello non ha un castello. Se vi addentrerete nei vicoli del centro storico alla ricerca di chissà quale fortilizio medioevale, resterete non poco delusi. Il nome “Città di Castello” è il frutto di una lunga genesi il cui sviluppo è legato al succedersi dei periodi storici che la città ha trascorso. Il primo agglomerato urbano di cui si hanno testimonianze storiche era quello di Tifernum Tiberinum, un porto romano sul Tevere che ha lasciato in eredità agli attuali abitanti di Città di Castello l’appellativo di “Tifernati”. Dell’insediamento romano sono stati recentemente scoperti dei resti archeologici, oggi parzialmente visibili nella parte sud del centro della città (quartiere Mattonata)
PALAZZO DEL PODESTA’, IN PIAZZA MATTEOTTI:: FU ULTIMATO NEL 1368 QUANDO IL COMUNE, COME SI LEGGE NEGLI ANNALI, AFFITTO’ CINQUE DELLE NOVE BOTTEGHE SOTTOSTANTI.
CHIOSTRO DI SAN DOMENICO
IDEM
CHIESA DI SAN DOMENICO–” I LUOGHI DEL SILENZIO ”
L’INSEDIAMENTO DEI PRIMI DOMENICANI IN CITTA’ RISALE AL III SECOLO.
CHIOSTRO DI SAN DOMENICO
CHIESA DI SAN DOMENICO–INTERNO
CHIESA DI SAN DOMENICO
SAN DOMENICO
san domenico
duomo cattedrale
SANTUARIO DELLA MADONNA DEL BELVEDERE
REPUBBLICA.IT / VIAGGI — 03-04-2018
https://www.repubblica.it/viaggi/2018/04/03/news/citta_castello_umbria_borghi-192881033/
Scoprire Città di Castello, il borgo dell’arte perenne
Ricca di chiese e palazzi, memoria del suo passato, la località “di frontiera” dell’Umbria sembra aver ereditato il mecenatismo dei suoi signori d’un tempo. Le botteghe di artisti e di artigiani non si contano, come le iniziative a tema
di EMANUELA DE SANTIS
Il confine toscano è ad un passo, il Tevere la lambisce con un tocco di languore romano, la Romagna si percepisce nel dialetto e nelle tradizioni della gastronomia: Città di Castello, l’antica Tifernum romana, è davvero una città di frontiera. I Vitelli, nel ’500, ne furono la dinastia più importante. Mecenati di provincia, hanno lasciato in eredità cinque magnifici edifici, dal palazzo a Sant’Egidio, col giardino all’italiana disegnato tra grottesche a stalattiti e nicchie con statue in cotto, al palazzo alla Cannoniera, che esibisce una vasariana facciata a graffito ed è oggi sede della pinacoteca comunale, con opere di Raffaello, Luca Signorelli, i Della Robbia e tutto il fior fiore dell’arte rinascimentale umbro-toscana. L’altra eredità storico-artistica di Città di Castello è quella della secolare appartenza allo Stato Pontificio: ben 55 le chiese cittadine, a cominciare dalle trecentesche San Francesco e San Domenico. L’appuntamento più prestigioso il Festival delle Nazioni, quello più nuovo l’Only Wine Festival, in cui le migliori 100 cantine italiane “under 40”, selezionate dall’Associazione Sommelier, l’ultimo fine settimana di aprile propongono la propria produzione attraverso degustazioni sia libere che guidate.
Gita sul Tevere
Passeggiando per il centro antico, scendendo lungo corso Cavour e passando davanti al Palazzo dei Priori (firmato Angelo da Orvieto, l’architetto del Palazzo dei Consoli a Gubbio), si arriva a piazza Gabriotti, davanti alla facciata della Cattedrale dei Santi Florido e Amanzio. Nell’attiguo museo capitolare sono esposte due meraviglie: un paliotto in argento cesellato e il Tesoro di Canoscio, raccolta di ventiquattro oggetti liturgici in argento d’età paleocristiana ritrovati nelle campagne vicine. Pur nel suo mix di stili, di epoche e di secoli – campanile romanico, portale gotico, scalinata settecentesca, interno quattrocentesco – la Cattedrale conserva un nitore primitivo, medievale. Lo stesso che si avverte nelle pitture nell’Oratorio di San Crescentino a Morra, splendida chiesetta che sporge dalle colline sopra Canoscio, quindici chilometri a sud, lungo la strada per Petroia. Qui, tra flagellazioni, crocifissioni e deposizioni del Signorelli, emergono dall’intonaco macchie coloratissime di pittura, con fantasmi di cavalieri e confraternite d’incappucciati che fanno pensare al Bergman del “Settimo sigillo”. Un’altra immancabile visita extracittadina è il cortiletto, di grazia tutta fiorentina, di palazzo Bufalini, forte medievale e successivamente villa rinascimentale, che si raggiunge in qualche minuto imboccando da Castello la E45 in direzione nord, verso Cesena. In città due importanti spazi espositivi celebrano invece Alberto Burri, ultimo grande artista tifernate. Una prima collezione è ospitata nel quattrocentesco Palazzo Albizzini, la seconda nei capannoni degli ex-seccatoi, dove mezzo secolo fa maturavano le foglie di tabacco tropicale e, all’indomani dell’alluvione di Firenze, furono messi ad asciugare i preziosi volumi della Biblioteca Nazionale. Oggi raccolgono gli arabeschi colorati di Burri: 128 enormi tele-collages appese sotto le volte da cattedrale industriale.
Chiostro di San Domenico
Città di Castello resta una cittadina legata all’arte, all’artigianato, alla piccola industria, alle forme povere della cultura popolare. La moda del finto antiquariato ha reso celebri gli artigiani locali, veri chirurghi plastici dell’ebanisteria, capaci con fiamma ossidrica, trapano e scalpello di aggiungere secoli ai mobili assemblati da vecchi infissi e ante di credenze. Nelle botteghe del centro storico, ebanisti e restauratori inventano pezzi d’arredamento montati dal legno antico di porte, finestre e travi di case di campagna, da assi secolari scovate tra le macerie dei terremoti o da vecchi mobili da rottamare. Creano e assemblano, spesso su commissione dell’acquirente, mobili e arredi né falsi né in stile, più antichi che moderni, in cui il legno è d’epoca ma tutto, persino le finiture – chiodi, chiavi, cardini, serrature – è rifatto in stile. Il “finto antico” è l’attività più florida dell’artigianato tifernate; l’industria tessile e tipografica, tradizionalmente diffuse nel territorio, sono oggi minoritarie. Ma nel laboratorio della Tela Umbra in via Sant’Antonio, tuttora si comprano o si ammirano tessuti di lino finissimo fabbricati al telaio a mano e lavorati a bisso “spolinato” o nel classico quadruccio umbro. Il laboratorio è in gestione diretta delle tessitrici, come volle la fondatrice Alice Franchetti, suffragetta e moglie americana del barone Franchetti, arrivata d’oltreoceano a smuovere l’aria della città con una ventata di nascente femminismo d’importazione. Grifani-Donati, in corso Cavour, è invece la più antica officina tipografica del territorio. Gianni Ottaviani continua l’esperienza di famiglia sbuffando sull’acciaio dei macchinari, armeggiando sui bracci del torchio, svelando a visitatori e curiosi le formule d’inchiostri e i segreti della composizione manuale tra una pedalata di platina Mailander e un giro di pianocilindrica Werk Augsburg 1910. La sua tipografia è l’ennesimo, inconsueto museo attivo di Città di Castello. Come quello all’aperto di Isabella Dalla Ragione, che prosegue il lavoro iniziato dal padre Livio, uno 007 di semi e radici scomparse. Nel podere di San Lorenzo a Lerchi, appena fuori Castello, Isabella ha fondato un Museo d’Archeologia Arborea in cui pianta, cura e dà “in adozione” alberi di susina verdacchia, di mela rosona, di ciliegia limoncina, di “pera di Santa Veronica”, di “fico degli Zoccolanti”: tutte specie in via di estinzione botanica.
FAI Umbria, Città Di Castello–non dicono dove si trovano…
Gli ex Seccatoi del Tabacco di Città di Castello ospitano 128 opere”, e anche sul prato esterno ci sono anche le sculture: Grande Ferro Sestante, Grande Ferro K e Ferro U. In tutto sono 12000 metri quadrati che con le sue tre raccolte espositive ne fa il più esteso Museo d’Artista al mondo
Palazzo Albizzini
La Collezione comprende circa 130 opere (pittura, scultura, grafica, bozzetti per scenografie e teatri) suddivise in venti sale e presentate secondo un ordine cronologico: i Catrami, le Muffe, i Sacchi, i Legni, i Ferri degli anni cinquanta, le Plastiche degli anni sessanta, i Cretti degli anni settanta, i Cellotex degli anni settanta-ottanta e i Multiplex.
All’interno di Palazzo Albizzini hanno sede una biblioteca specializzata sull’arte moderna e contemporanea, la fototeca di Alberto Burri e l’archivio con una vasta bibliografia sull’artista.
Ex Seccatoi
All’interno delle sale sono esposti i cicli di grande formato realizzati da Alberto Burri tra il 1974 e il 1993. I padiglioni contengono 128 grandi opere suddivise per cicli: Il Viaggio (1979), Orsanmichele (1980), Sestante (1982), Rosso e Nero (1984), Cellotex T (1975-1984), Annottarsi (1985-1987), Non Ama il Nero (1988),Grandi Neri (1988-1990), Metamorfotex (1991) e Il Nero e l’Oro (1992-1993).
All’esterno dei padiglioni, dipinti in nero per volontà dello stesso Burri, sono collocate tre grandi sculture in ferro verniciato: Grande Ferro Sestante (1982), Grande Ferro K (1982) e Grande Ferro U (1990).
burri, grande legno rosso