PAWEL ADAMOWICZ E’ IL SINDACI DI DANZICA DAL 1998– ANDREA TARQUINI NEL NOVEMBRE 2017 LO INTERVISTA PER REPUBBLICA SULLA RESISTENZA DEI SINDACI ALL’ONDATA NERA DEL GOVERNO DI KACZYNSKI…

 

 

 

danzica e sotto, il sindaco

 

 

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Paweł Adamowicz (Danzica 1965) è il sindaco di Danzica dal 26 ottobre 1998, è stato eletto con una lista civica. Fu rieletto nel 2002 con il 72% dei voti. Di nuovo nel 2006, nel 2010, e nel 2014- Nel 2015-16 è stato al centro di una polemica che lo accusa di non esser stato chiaro nella sua dichiarazione dei redditi.

 

REPUBBLICA DEL 15 NOVEMBRE 2017

https://www.repubblica.it/esteri/2017/11/15/news/estremismi_la_polonia_giovane_e_democratica_che_resiste-181175668/

 

Polonia, la resistenza del sindaco di Danzica: “Democrazia a rischio”

Polonia, la resistenza del sindaco di Danzica: "Democrazia a rischio"

Pawel Adamowicz è il leader dei sindaci che si oppongono alle politiche oscurantiste del governo nazionalconservatore: “Il regime di Kaczynski si consolida passo dopo passo, con purghe al vertice di polizia, forze armate, media. E le autorità creano un clima di paura”.

di ANDREA TARQUINI

DA DANZICA culla della rivoluzione a Wroclaw, da Poznan a Slupsk, alla stessa capitale Varsavia: nella Polonia investita dall´offensiva estremista dopo la marcia degli ultrà sabato le città, e specie i giovani colti delle città, non ci stanno, resistono. I sindaci democratici svolgono politiche opposte a quelle del governo nazionalconservatore su ogni tema-chiave, dalla pari opportunità all’accoglienza ai migranti, dalla politica culturale alla libertà di divertirsi senza schemi e divieti nazionalclericali. Sono sotto tiro, e lo sanno. Ne parliamo con il loro leader, il sindaco di Danzica Pawel Adamowicz.

Quanto è pericolosa la situazione per la democrazia polacca dopo la manifestazione ultrà di sabato scorso a Varsavia, tardivamente sconfessata dal capo dello Stato Andrzej Duda ma elogiata dal governo?
“Questo patto non scritto tra governo e organizzazioni estremiste è molto pericoloso. Organizzazioni nazionaliste e neofasciste trovano ampio spazio nei media pubblici controllati dal potere, dallo Stato e dal PiS, il partito di maggioranza. Definiscono patriarchi leader nazionalisti, banditi e xenofobi, ciò sposta il confine tra patriottismo e nazionalismo. Molte volte sono stato attaccato e diffamato, informai la giustizia ma il procuratore non ha avviato l´indagine o la procedura”.

 

E la Chiesa come si schiera visto che i nazionalisti ultrà in corteo evocano Dio?
“L’episcopato polacco quest’anno ha diffuso un documento in cui definisce il patriottismo cristiano come ben differente dal nazionalismo, e afferma che il nazionalismo è un patriottismo non cristiano. Ciò nonostante i nazionalisti gridano in piazza ‘vogliamo Dio’. È uno stravolgimento degno dei libri di George Orwell, manipolano anche le parole della chiesa e così seducono specie i vulnerabili giovani”.

 

Teme scontri violenti o guerra civile?
“L’abuso fisico è di solito preceduto dalla violenza verbale. In Polonia affrontiamo il brutalissimo linguaggio nel dibattito pubblico, da Jaroslaw Kaczynski (ndr leader storico della destra nazionalconservatrice al potere) fino agli slogan in piazza. Se il linguaggio delle élites viola i limiti della decenza causerà sempre piú violenza fisica. Non è teoria, purtroppo è realtà. Lo vediamo dai crescenti casi di denunce a polizia e giustizia di violenze causate da motivi razziali o religiosi”.

 

Perché l’opposizione è cosí debole?
“Chi pensa in modo liberal e aperto e pluralista rischia di finire etichettato. Dobbiamo ri- imparare a organizzare dimostrazioni democratiche. Chi pensa con schemi settari appoggia teorie di congiure, giungono a dire che gli ebrei causarono i mali del passato e oggi li causa la Ue da Bruxelles, Chi ha mentalità autoritaria non è cosí disciplinato, è più facile per i leader autoritari mobilitare questa gente”.

 

Come dovrebbero reagire le forze democratiche?
“I principali partiti d’opposizioni dovrebbero unirsi e creare un solo partito unico con forti correnti liberal o conservatrici. Se ci riusciremo avremo chances alle elezioni locali dell’anno prossimo, se ognuno correrà alle elezioni per conto suo perderemo”.

 

Quanto è pericolosa la rivoluzione autoritaria (in Polonia, Ungheria, ecc) per i paesi coinvolti, visto che cancella il tabú contro le ideologie autoritarie?
“In Polonia lo Stato democratico è stato smantellato. La Costituzione esiste formalmente, ma senza controllo costituzionale. La Corte costituzionale esiste solo di nome e non adempie al suo ruolo di controllo sul governo e il Parlamento. Poi il regime di Kaczynski si consolida passo dopo passo, con purghe al vertice di polizia, forze armate, media, tribunali, funzione pubblica. La gente competente è stata rimpiazzata da yes-men. E le autorità creano un clima di paura. Risultato: presto i giudici avranno molta cura di capire le intenzioni dei politici. I politici al governo vogliono decidere se la giustizia può indagare o no. E´molto pericoloso, questa atmosfera farà sí che i funzionari pubblici agiranno solo secondo il volere dei politici al potere. La società civile deve opporsi, e in questo il ruolo di noi sindaci, dei poteri locali, è cruciale”.

 

L’autoritarismo dunque è un pericolo reale?
“Dipende dai prossimi due anni, aspettiamo le elezioni locali, poi parlamentari, poi europee, poi presidenziali. Sconfitte dell´opposizione rafforzerebbero le tendenze autoritarie. Ma guardiamo per non essere totalmente pessimisti alla trasformazione della società civile. Abbiamo una nuova generazione nata e cresciuta in democrazia dopo il 1989 che comincia a praticare la democrazia. I giovani combattono contro politiche non democratiche e xenofobe dei governativi, e per cause giuste come la lotta pacifica per salvare la foresta di Bialowieza”.

 

La Ue cosa può fare per aiutare a salvare la democrazia in Polonia, Ungheria e altrove?
“I polacchi devono difendere la loro democrazia, e dobbiamo difenderci dalla propaganda governativa che dipinge Bruxelles come la nuova Unione Sovietica, la nuova Mosca. Cosa possiamo fare per la democrazia? Molto, con mezzi finanziari ma anche con impegno volontario, organizzando conferenze, premendo sul governo per distribuire giustamente il denaro pubblico anche a organizzazioni che difendono rifugiati, minoranze e idee democratiche. Sono fondi che il governo sta tagliando. È anche importante che le organizzazioni che s´impegnano per queste cause non si sentano lasciate sole”.

(Ha collaborato Jan Gebert)

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