+++ VINCENZO LA MONICA (CARITAS DI RAGUSA), INTERVISTA MAX HIRZEL SULLA MOSTRA ” CORPI MIGRANTI ” A PALERMO– fino al 15 dicembre a Catania — – ENTRAMBI SONO BRAVISSIMI…DA MARINA GORI (FACEBOOK) + 9 foto e un testo di Repubblica, 30-03-2018

 

 

9 foto di Max Hirzel + testo di Marta Occhipinti

https://palermo.repubblica.it/cronaca/2018/03/30/foto/migranti_i_morti_dimenticati_una_mostra_racconta_la_strage_silenziosa_nel_mediterraneo-192580629/1/#1

 

 

Raccontare la migrazione attraverso la morte. Non quella diffusa dalle immagini dei media sui barconi del Mediterraneo. Ma quella anonima, spesso rappresentata da un numero iscritto nelle pareti di cemento, che accoglie i corpi dei migranti una volta recuperati dal mare. Parte dai cimiteri siciliani e dalle interviste ad alcune famiglie di migranti del Senegal, l’indagine del fotoreporter milanese Max Hirzel, che ha raccolto in tre anni di viaggi oltre trenta scatti per ricostruire i processi di riconoscimento dei migranti e la conseguente elaborazione del lutto da parte dei familiari. Hirzel è andato in oltre trenta cimiteri siciliani, da Catania a Siracusa, passando per i più piccoli comuni di Rosolini, Favara, Scicli e Castellammare del Golfo. Le sue foto sono state raccolte nella mostra “Corpi migranti”, che inaugura domani allo Stato Brado di piazzetta Resuttano 4, in collaborazione con le associazioni Maghweb, Hryo e Minimum. “I miei scatti raccontano la migrazione dopo la morte – dice Hirzel – Ho voluto indagare dove e come sono sepolti i migranti. Ma anche compiere un piccolo gesto, di attenzione. La gestione dei corpi rappresenta un’anomalia, ma la Sicilia dimostra una grande capacità di compassione, come ha dimostrato nel caso drammatico del naufragio dell’aprile del 2015”. In quell’occasione, un anno dopo il naufragio, il governo italiano compie una scelta inedita: recuperare il barcone e trasportarlo alla base Nato di Melilli per predisporre ulteriori autopsie su corpi ed effetti personali ritrovati. Hirzel ha seguito i lavori dei giovani anatomopatologi del Policlinico di Palermo, distintisi per professionalità e umanità. “Si può fare un altro tipo di discorso per affrontare la migrazione – conclude -. La morte ha un doppio senso nei miei scatti: quello del riconoscimento del defunto e quello dell’attesa di chi non può elaborare il lutto senza l’identità del defunto”.

di MARTA OCCHIPINTI

 

 

Migranti, i morti dimenticati: la strage silenziosa nel Mediterraneo raccontata per immagini

 

 

Migranti, i morti dimenticati: la strage silenziosa nel Mediterraneo raccontata per immagini

 

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Le foto di Max Hirzel, omaggio ai morti nel Mediterraneo e messaggio ai vivi

Intervista con il fotografo: l’ultimo suo lavoro è un toccante reportage in Sicilia tra le tombe che ospitano i corpi dei migranti morti in mare.

 

 

 

 

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di VINCENZO LA MONICA  (notizie in fondo)

 

 

Max Hirzel ha un sorriso da bambino e un mente da saggio. Queste sue qualità si incontrano e si fondono a metà strada, all’altezza degli occhi, dove diventano lavoro, denuncia, informazione, curiosità. Perché Max Hirzel è un fotografo che ha scelto di guardare la realtà da un punto di vista originale, con una attenzione privilegiata per il sociale e l’umano.

IMG_2601L’ultimo dei suoi lavori è un commovente reportage che si mette sulle tracce dei cimiteri di tutta la Sicilia sud orientale in cerca delle tombe che ospitano i corpi dei migranti morti in mare, durante il tentativo di attraversare il Mediterraneo. Abbiamo chiesto a Hirzel il senso di questi scatti e quali speranze se ne possono trarre, pur nel dolore profondo che li attraversa.

Come è nata l’idea di realizzare un reportage sulla memoria dei migranti morti e sul destino dei loro corpi?

“La prima volta che ho pensato a questo destino è stato in Mali. Lì ho incontrato un giovane migrante che mi ha parlato di una sua amica morta in un punto imprecisato del deserto, priva di un luogo in cui i genitori potessero piangerla. Anche lui era accompagnato dal pensiero angosciante di una morte anonima. Purtroppo questa suggestione si è presentata più volte negli ultimi anni, in occasione delle notizie tragiche di sbarchi sulle coste italiane. Questa estate, finalmente, si è concretizzata l’occasione di andare in Sicilia e di mettermi alla ricerca dei corpi dei morti in mare. Ho cominciato a raccogliere informazioni e ho scoperto che si trovavano sparsi in moltissimi cimiteri della Sicilia, alcuni molto piccoli e molto lontani dalla costa e ho deciso che il mio sarebbe stato un reportage sulla memoria, ma anche sulla necessità di restituire una dignità a questi corpi.”

 

 

 

 

 

Quali sono stati gli incontri più significativi di questo viaggio?

“Durante il lavoro ho incontrato persone vive e persone che non ci sono più. Tra i vivi ricordo Angelo Milazzo, un funzionario della Procura di Siracusa che ha preso a cuore l’identificazione dei corpi dei migranti di un naufragio avvenuto nel 2014 e di cui è riuscito a identificare tutte le vittime, eccetto due. Lo ha fatto fuori dagli orari di lavoro, aprendo una pagina Facebook per contattare i familiari, visionando filmati e foto di cellulari e computer portatili appartenuti alle vittime. Un lavoro quasi missionario che potrà dirsi concluso solo nel marzo del 2016 quando gli esami del DNA potranno confermare l’identità degli ultimi due corpi, che i familiari non si sono sentiti sicuri nel riconoscere.

Migranti, i morti dimenticati: la strage silenziosa nel Mediterraneo raccontata per immagini

 

Ricordo anche il padre di un giovane sepolto a Siracusa accanto alla tomba di un migrante del Gambia. Quest’uomo, che preferisce rimanere anonimo, ha voluto donare una lapide uguale a quella predisposta per il figlio.

Migranti, i morti dimenticati: la strage silenziosa nel Mediterraneo raccontata per immagini

 

 

Ho trovato in generale profonda pietà negli addetti ai cimiteri e nei necrofori. In un cimitero dell’agrigentino ho saputo anche di donne piangenti sulle sepolture dei migranti secondo l’uso delle prefiche, in una forma di partecipazione collettiva al lutto di persone per loro sconosciute.”

 

Migranti, i morti dimenticati: la strage silenziosa nel Mediterraneo raccontata per immagini

 

 

The tomb of a migrant , "Unknown No 25 ', in the cemetery of Scicli, near Ragusa. This person died during the landing in Sampieri in September 2005. The only known information is his gender: male. (source: VU Amsterdam).
La tomba di un migrante, “ignoto N. 25 ‘, nel cimitero di Scicli, Ragusa.  (per gentile concessione dell’autore)

 

 

 

 

 

Ci sono state anche storie di tragedie di cui sei venuto a conoscenza

“Forse l’episodio più doloroso è quello della barca colata a picco a causa della nascita di un bambino a bordo. Praticamente i passeggeri si sono spostati tutti su un lato dell’imbarcazione per vedere il nuovo nato, ma così facendo hanno sbilanciato l’assetto di navigazione. Incredibile anche la tragedia di Sampieri, dove 13 migranti hanno perso la vita a pochissimi metri dalla riva e uno di loro, che era giunto salvo sulla spiaggia, è morto perché investito da un’automobile non appena ha raggiunto la strada statale che costeggia la spiaggia.

Migranti, i morti dimenticati: la strage silenziosa nel Mediterraneo raccontata per immagini

 

 

Ma anche gli oggetti che girano attorno a queste morti parlano molto. Penso ai container che accolgono i corpi al porto, o a quello che rimane a testimoniare la vita delle persone:tasbeeh (i rosari usati dai musulmani), le fotografie sul passaporto, i selfie scattati durante il viaggio, i bracciali, i cartellini identificativi.”

 

Migranti, i morti dimenticati: la strage silenziosa nel Mediterraneo raccontata per immagini

 

 

C’è qualche segnale di speranza che possiamo raccogliere da questo lavoro, certamente difficile da sostenere emotivamente?

“Penso che il senso ultimo di questo reportage sia una sorta di pendolo fra la memoria e la documentazione. Il lavoro è certamente un omaggio ai defunti, ma ancora di più vorrei che servisse ai vivi, per quando qualcuno, in un futuro prossimo, ci chiederà conto di queste morti. Perché sono tutte morti evitabili e vanno avanti da almeno venti anni, senza che nessuno pensi a un modo realmente efficace per evitarle. Il mio è un tentativo di spaccare il fronte nel dibattito fra favorevoli o contrari alle migrazioni, perché di fronte alla morte non c’è discussione”.

È un lavoro mesto e carico di dolore, ma prezioso. E anche questo è fuori discussione.

Il reportage di Max Hirzel è visionabile presso il sito dell’Agenzia fotografica Haytham. 

Vincenzo La Monica

Vincenzo La Monica

Operatore della Caritas di Ragusa, si occupa di immigrazione e di tutto ciò che c’è da fare. Quando non lavora e non bada ai suoi due figli, coltiva tre passioni: l’astronomia, la lettura, raccogliere asparagi in campagna e dire qualche bugia.

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