MARTEN DE VOS, TENTAZIONE DI SANT’ANTONIO — 1594
due dettagli da ” Il giudizio finale “–1570
ALTRE OPERE DI QUESTO PITTORE FIAMMINGO ::
Antonius Anselmus famiglia (1577)
(1601)
San Luca dipinge la vergine Maria (1602)
Le nozze di Cana (1597)
La famiglia di Sant’Anna (1585)
Natività (1577)
Tribunale di Antwerpia (1594)
Maarten de Vos (Anversa, 1532 – Anversa, 1603) è stato un pittore fiammingo.
Fu l’allievo dapprima del padre Pieter e poi di Frans Floris.
All’età di vent’anni era già maestro ad Anversa, appena prima di trasferirsi in Italia per approfondire gli studi a Roma, Firenze e Venezia, dove completò la sua formazione presso Tintoretto.
Rientrò in patria nel 1562 per aprire una bottega frequentata da numerosi allievi.
Nel 1570 si spostò ad Hannover per lavori nella cappella del castello di Celle.
Dopo il periodo “italiano” caratterizzato da colori caldi e luminosi, la produzione seguente divenne sempre più accademica e manierista, come evidenziarono i vari dipinti storici-religiosi, tra cui Le nozze di Cana, Il trionfo di Cristo, Il giudizio finale, Ecce Homo e Storie di Rebecca. Dal 1570 in poi realizzò opere monumentali, come un Giudizio universale, l’Adorazione dei pastori, una Sacra Genealogia, un Martirio del Santo Patrono conservato presso la chiesa di San Giacomo di Anversa.[1]
Le sue opere sono conservate in chiese sparse su tutto il territorio belga.
Il pittore fu apprezzato anche per la sua attività di ritrattista, per le incisioni e i disegni esposti al Courtauld Institute of Art di Londra e al museo di San Francisco.
La familia di Santa Anna, Museo di Belle Arti di Gand (1585)– – Web Gallery of Art:
Le sette arti, (1590)— – Web Gallery of Art:
Torno un po’ più indietro nel tempo, con Annibale superstar, e con i suoi elefanti: probabilmente i Cartaginesi ne avevano appreso l’uso da Pirro, che a sua volta l’aveva imparato da Alessandro, che si era dovuto confrontare con gli elefanti del re indiano Poros. Pare che gli elefanti di Annibale fossero elefanti africani, ma non quelli tuttora esistenti, che non si possono addestrare. L’elefante su cui andava Annibale pare fosse invece di origine asiatica ( Plinio ci dice che si chiamava Surus, il Siriano, nome che sembra denunciarne l’origine asiatica).
Annibale scelse di recarsi dalla Spagna verso la penisola italica per via di terra, per non essere intercettato dalla flotta romana. ” Quanto alla scelta dei valichi interni piuttosto che dei più bassi passaggi delle Alpi Marittime, questa fu dettata probabilmente dalla speranza di reclutare uomini al passaggio… e dal timore di sbucare invece che nel territorio dei Celti, i quali ne avevano invocato la presenza in Italia, nelle terre dei Liguri, molto meno amichevoli”. ( da “Annibale”, Giovanni Brizzi, Rai-Eri. pag.81
Gli elefanti e il Rodano.
Annibale aveva avuto perfino il tempo di risolvere un piccolo problema posto dagli elefanti. Prontissimi, di solito, ad ubbidire ai loro cornac, i loro conducenti, gli animali si erano, in quella circostanza, rifiutati di scendere nelle acque del Rodano. Si riuscì a traghettarli ricorrendo ad un espediente: li fece precedere da due femmine, dal cui estro furono attratti, e li si spinse così su un terrapieno artificiale che si protendeva verso il centro del fiume e, di qui, su due pontoni coperti di erba e terriccio, così che non si distinguessero rispetto alla superficie solida alla quale erano attaccati. A questo punto, recise le funi di ormeggio, le zattere su cui gli elefanti salivano a gruppi vennero trainate sino alla riva opposta. Ripetuta più volte, la manovra permise di traghettare ventisette animali in tutto”. (ibidem, pag.83)
Sempre per restare nella storia, mi pare interessante un’idea sulla storia di Glauco Maria Cantarella, riferita da Paolo Mieli nel suo libro ” Lampi sulla storia”, pag. 270
” In storia… non possiamo pretendere di spiegare tutto”. Cercare di capire, però ” possiamo e dobbiamo” farlo. E per cercare di capire è necessario ” segnalare i problemi” ( le soluzioni , magari, le troveranno gli altri). La ricerca storiografica “non è mai chiusa, è un processo in divenire”; ogni generazione ” dovrebbe spianare la strada alla generazione successiva, perché possa progredire più agevolmente senza dover perdere tempo ad abbattere i vecchi steccati…”.