PRIMA E DOPO LA MANIFESTAZIONE ——– ” PRIMA LE PERSONE ” ——- A MILANO SIAMO STATI A PROCIDA—voi lo sapevate che ha un aspetto così allegro e colorato e, anche, così cupo con il carcere..?

Procida (Pròceta — al fondo la poesia e la canzone di Salvatore Di Giacomo e Vincenzo Valente, 1897 —- in napoletano) è un comune italiano di 10.444 abitanti della città metropolitana di Napoli in Campania. Il territorio comunale comprende interamente le isole di Procida e Vivara, due isole del golfo di Napoliappartenenti al gruppo delle isole Flegree.  L’isola si trova ad una distanza minima dalla terraferma di circa 3,4 km (Canale di Procida) ed è collegata da un piccolo ponte alla vicina isola di Vivara.

Tradizionalmente, il centro abitato viene diviso in nove contrade, dette grancìeTerra Murata (il borgo più antico), Corricella (un caratteristico borgo di pescatori), Sent’cò con il porto commerciale di Marina GrandeSan LeonardoSantissima Annunziata (anche detta Madonna della Libera), Sant’AntuonoSant’Antonio e Chiaiolella (un porto turistico nella parte meridionale dell’isola).

Recenti ritrovamenti archeologici sulla vicina isola di Vivara (un tempo collegata a Procida) fanno ritenere che l’isola fosse già abitata intorno al XVI – XV secolo a.C., probabilmente da coloni Micenei.

Sicuramente, intorno al secolo VIII a.C. Procida fu abitata da coloni Calcidesi dell’isola di Eubea; a questi subentrarono in seguito i Greci di Cuma, la cui presenza è confermata sia da rilevamenti archeologici che dalla toponomastica di diversi luoghi dell’isola.

Durante la dominazione romana, Procida divenne sede di ville e di insediamenti sparsi sul territorio; sembra comunque che in questa epoca non esistesse un vero e proprio centro abitato: l’isola fu più probabilmente luogo di villeggiatura dei patrizi romani e di coltura della vite. Giovenale, nella terza delle sue Satire, ne parla come di un luogo atto ad un soggiorno solitario e tranquillo.

https://it.wikipedia.org/wiki/Procida

«Ah, io non chiederei di essere un gabbiano, né un delfino; mi accontenterei di essere uno scorfano, ch’è il pesce più brutto del mare, pur di ritrovarmi laggiù, a scherzare in quell’acqua.»

(Elsa Morante, L’isola di Arturo)

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Terra Murata

TERRA MURATA – CENTRO STORICO – PROCIDA

PROCIDA, NAPOLI

 

 

Superata la Chiesa di S.M. delle Grazie, si lascia sul lato sinistro il largo Castello dettoSchianata(poichè nel XVI sec. il terreno fu spianato), e si percorre la salita Castello che conduce ai fabbricati già destinati a Casa di reclusione (1830-1988), dominati dalla mole del Mulino, costruito nel 1764 per la molitura dei grani importati durante la carestia. Dove la salita forma un gomito, è possibile ammirare il più caratteristico paesaggio di Procida: le case sovrapposte e variopinte di Marina Corricella, un suggestivo anfiteatro aperto sul mare; poco oltre, verso oriente, si delinea sull’azzurro del cielo ilconvento domenicano di S.Margherita nuova (1586-1956; in ricostruzione).
Per realizzare il convento e la chiesa su quella roccia scoscesa, fu necessario elevare un complesso dipiloni sormontati da archi, che formano la parte più caratteristica della Punta dei Monaci. Si continua a salire, e sotto l’arco, a destra, è visibile la piccola cappella della Madonna del Carmine; sulle pareti ci sono alcune croci nere che segnalano la sepoltura di detenuti politici vittime di un massacro (1849); proseguendo si giunge alla Piazza d’Armi, chiusa da un lato da alte abitazioni, che un tempo servivano al popolo per opporre resistenza ai nemici invasori. In fondo c’è il Palazzo Reale, detto anche Castello, fatto erigere nel 1563 dal Cardinale d’Aragona Innico d’Avalos (Abate di San Michele).Tale costruzione fu per due secoli e mezzo adibita a residenza reale per poi divenire Bagno Penale nei primi decenni del 1800. Al complesso che abbraccia parte della Terra Murata (cosiddetta per le fortificazioni medioevali),a strapiombo sul mare, è stata successivamente aggiunta la costruzione del carcere moderno che si presenta sulla sinistra della Piazza d’Armi. Dal 1988 tutto il carcere è stato completamente chiuso. Dalla Piazza d’Armi nel giorno del Venerdì Santo partono, per la Processione, i Misteri, le caratteristiche rappresentazioni in legno e carta delle Sacre Scritture, preparate dai giovani procidani in occasione del giorno della Passione di Cristo. Sulla destra della piazza, prima del castello, inizia la salita di Via S. Michele (dedicata al Santo protettore dell’isola), che reca ancora sui muri le tracce dell’antica porta di mezz’omo costruita nel XVI sec. per consentire l’accesso al borgo di Terra Murata propriamente detto. L’unica strada che menava al borgo, prima delXVI secolo,era la Via Tabaia che partiva dalla Marina del Santo Cattolico e attraverso la Vigna conduceva alla porta della terra (distrutta nel 1563 in seguito alla costruzione del castello aragonese). Dove oggi è la Piazza d’Armi c’erano scavati dei fossati che servivano a contrastare il nemico, per impedirgli di arrivare al centro antico dell’isola, una fortezza che si era sviluppata sulla collina più alta (m. 91 s/m), in evidente posizione difensiva. Quando fu costruita la porta di mezz’omo fu allargata l’antica via dei fossi, e si costruì la salita San Michele. Terminata la breve salita, ci si trova di fronte alConservatorio delle orfane fondato nel 1656 per accogliere le vittime della peste. Un punto panoramico è il belvedere di Via Borgo(sulla sinistra) che si apre a mozzafiato sul Golfo di Napoli. Da notare sulla piazzola una casa, esempio tipico di architettura locale. Ma la costruzione più importante di Terra Murata è senza dubbio l‘Abbazia di San Michele (XVI sec.), in origine convento Benedettino(VII-VIII sec.), che fu nel corso della sua storia più volte saccheggiata, distrutta e ricostruita a causa delle incursioni dei Saraceni(nome con cui i napoletani indicano gli Arabi ).

 

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terra murata

 

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Il Carcere borbonico di Terra Murata

 

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Punta dei Monaci e ex Convento S.Margherita Nuova (Terra Murata

 

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Edificio dominante della Terra Murata è il Palazzo d’Avalos, costruito nel ‘500 insieme alle mura dalla famiglia D’Avalos, governatori dell’isola   fino al ‘700. Nel 1830 l’edificio fu trasformato in carcere e fu chiuso definitivamente solo nel 1988.

 

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riapre il carcere per visite guidate di 60 minuti…

 

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il carcere abbandonato

 

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l’ex carcere

 

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archivi dell’Ottocento in una cella

 

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qui si vede bene l’immensità di questa costruzione / carcere

 

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corridoio delle celle

 

 

 

‘ A sirena di Salvatore di Giacomo, musica di Vincenzo Valente –1897

Quanno ‘a luna, affacciannose ‘a cielo,
Passa e luce e ‘int’a ll’acqua se ‘mmira
E ce stenne, d’argiento, ‘nu velo,
Mentre ‘o viento d’ ‘a sera suspira.
Quanno io sento, pe’ ‘st’aria addurosa,
Comm’ ‘a voce d’ ‘a terra luntana,
Lenta lenta, suna ‘na campana,
‘Ntenneruto, mme metto a vucà.

Tutte mme diceno:
“Pe’ sotto Proceta,
Si passe, scanzate,
Ca c’è pericolo.
Ce sta ‘na femmena
Ca ‘ncanta ll’uommene.
S’ ‘e cchiamma e, a ll’urdemo,
Po’ ‘e ffa murì”.

Ah! Voca, vo’!

Ma ‘na Santa tengo io,
Ca mme prutegge e mme scanza p’ ‘a via,
Santa Lucia, Santa Lucia.

Voca, voca! ‘A ‘i’ ccà Proceta nera,
Sott’ ‘o cielo sereno e stellato,
‘A vi’ ccà, ‘mmiez’a ‘st’aria d’ ‘a sera,
Tale e quale a ‘nu monte affatato.
‘A vi’ ccà, che silenzio, che pace!
Ll’ora è chesta d’ ‘a bella sirena
Scenne, sciulia, s’abbia ‘ncopp’ ‘a rena
E ‘nu segno, cu ‘a mano, mme fa.

‘Na voce amabbele
Tremma pe’ ll’aria:
“Scanzate, scanzate,
Ca staje ‘npericolo.
Chest’è ‘na femmena
Ca, sotto Proceta,
‘Ncantate ll’uommene
Fa rummanè”.

Ah! Voca, vo’!

Ma ‘na Santa tengo io,
Ca mme prutegge e mme scanza p’ ‘a via,
Santa Lucia, Santa Lucia.

Voca, voca, ‘a sirena mm’aspetta,
Mme fa segno e, cantanno, mme dice:
“Piscatò, vuò cagnà ‘sta varchetta
Cu ‘nu regno e ‘na vita felice?”
Voca fore! ‘Sta voce ‘a cunosco.
Chi mme chiamma se chiamma Isabella.
Prucetana, sì ‘nfama e sì bella
E mme stive facenno murì.

‘Na voce amabbele
Tremma pe’ ll’aria,
Ma è tutt’inutile,
Nun mme pò vencere.
Saccio a ‘sta femmena
Ca, sotto Proceta,
‘Ncantate ll’uommene
Fa rummanè.

Ah! Voca, vo’!

Ma ‘na Santa tengo io,
Ca mme prutegge e mme scanza p’ ‘a via,
Santa Lucia, Santa Lucia.

Quando la luna, affacciandosi in cielo,
Passa e brilla, nell’acqua si specchia
E ci stende un velo d’argento,
Mentre il vento della sera sospira.
Quando io sento, per quest’aria profumata,
Come una voce di terra lontana,
Lentamente una campana suona,
Intenerito, mi metto a remare.

Tutti mi dicono:
“Sotto la Procida*,
Se passi, scansati,
Che c’è pericolo.
C’è una donna
Che incanta gli uomini.
Li chiama a sé e, infine,
Poi li fa morire”.

Ah! Rema, rema!

Ma una Santa ho io,
Che mi protegge e mi scansa via,
Santa Lucia, Santa Lucia.

Rema, rema! Eccola Procida nera,
Sotto il cielo sereno e stellato,
Eccola, fra quest’aria di sera,
Simile ad un monte fatato.
Eccola, che silenzio, che pace!
Questa è l’ora della bella sirena
Scende, scivola, s’incammina verso la costa
Ed un segno, con la mano, mi fa.

Una voce amabile
Trema nell’aria:
“Scansati, scansati,
Che sei in pericolo.
Questa è una donna
Che, sotto Procida,
Gli uomini incantati,
Fa rimanere”.

Ah! Rema, rema!

Ma una Santa ho io,
Che mi protegge e mi scansa via,
Santa Lucia, Santa Lucia.

Rema, rema, la sirena mi aspetta,
Mi fa segno e, cantando, mi dice:
“Pescatore, vuoi cambiare questa barchetta
Con un regno e una vita felice?”
Rema fuori! Questa voce la conosco.
Chi mi chiama si chiama Isabella.
Procidana, sei pessima e sei bella,
E mi stavi facendo morire.

Una voce amabile
Trema nell’aria,
Ma tutto è inutile,
Non mi può vincere.
Conosco questa donna
Che, sotto Procida,
Gli uomini incantati,
Fa rimanere.

Ah! Rema, rema!

Ma una Santa ho io,
Che mi protegge e mi scansa via,
Santa Lucia, Santa Lucia.


* Procida è un’isola piccola nel golfo di Napoli.

 

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