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IL FATTO QUOTIDIANO DEL 12  MARZO 2019 — pag. 3

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martedì 12/03/2019

Porti, strade, ponti ed energia: la firma a Roma il 22 marzo

I contenuti dell’accordo – Un’operazione cominciata con i governi Pd: Gentiloni a Pechino, Renzi faceva da guida a Xi Jinping a Cagliari

Porti, strade, ponti ed energia: la firma a Roma il 22 marzo

Una volta, quando nella Lega regnava Umberto Bossi, la Cina era il nemico, il territorio lontano da cui arrivavano i prodotti a basso costo che mettevano fuori gioco le piccole imprese del lombardo-veneto. Ora la Cina è il traffico commerciale da cui l’Italia non può restare fuori. I numeri li ha dati molto sinteticamente, ma efficacemente, il sottosegretario leghista allo Sviluppo economico, Michele Geraci, intervenendo al festival di Limes a Genova: “L’export dell’Italia verso la Cina è di 13 miliardi, quello della Germania di 90. La Cina investe in Italia 13 miliardi, in Svizzera 41, in Gran Bretagna 80 e negli Stati Uniti 180”. Non basta: “L’export del vino francese in Cina è di sette volte quello italiano e nel campo del food la Francia esporta un miliardo mentre l’Italia solo 160 milioni”.

L’importanza della Via della Seta si coglie perfettamente nell’ultimo rapporto reso disponibile dalla Fondazione Italia-Cina, organismo che riunisce imprese pubbliche e private, cinesi comprese, e presieduto dall’industriale bergamasco Alberto Bombassei. “Quello che più conta”, si legge, è che “tramite la Belt and Road Initiative, la Cina sta promuovendo una propria versione di globalizzazione, con l’obiettivo di sostenere la produttività interna”. Una globalizzazione 2.0, dopo quella di fine anni 90 a guida statunitense.

Non che le infrastrutture non siano importanti. Quando nel maggio 2017 si è tenuto a Pechino il Forum per la Bri, presente anche Paolo Gentiloni, furono chiaramente tracciati i corridoi economici che dovrebbero legare la Cina all’Europa, via terra e via mare. Si tratta di circa 70 Paesi ormai coinvolti nella costruzione di porti, ferrovie, strade, snodi ferroviari, infrastrutture, progetti energetici e di telecomunicazione. La via terrestre punta ad attraversare il cuore dell’Asia e fa sì, ad esempio, che un centro sconosciuto come Khorgos, tra Kazakistan e la provincia nord-occidentale della Cina, lo Xinjang, stia per diventare uno degli snodi ferroviari più importanti. La “via del mare”, quella che dovrebbe consentire di reggere all’egemonia statunitense sulle vie marittime, dopo lo Stretto delle Molucche e le coste indiane e pachistane – a partire dallo strategico porto di Gwadar – passa per il Golfo di Aden, tra il Corno d’Africa e lo Yemen, dove c’è l’avamposto militare cinese più importante in Africa, quello di Gibuti, e dopo aver attraversato il Canale di Suez, sfocia nel Mediterraneo, porta di accesso all’Europa.

Da qui l’ingresso cinese nel porto del Pireo, in Grecia, e i progetti di investimento sul porto di Trieste e su quello di Genova. Come spiegava Alessandro Panaro, del centro studi Srm, al festival di Limes, “il 70% degli scambi cinesi avvengono via mare” e la Cina è “il primo cliente del Canale di Suez” dove la sua conglomerata Cosco, la compagnia di spedizione e logistica, controlla il 20% del Terminal situato a Port Said, proprio all’imbocco mediterraneo del Canale.

A Port Said la Cina ha già associato il porto di Tangeri, in Marocco, dove ha investito 10 miliardi di dollari per rafforzare la sua presenza, tra l’altro contribuendo a depotenziare il porto di Gioia Tauro in Calabria. E dopo che Cosco ha acquisito la maggioranza del porto del Pireo, Trieste e Genova sono le tappe successive. Il traffico cinese nel Mediterraneo è cresciuto del 27% tra il 2012 e il 2017 e attorno ai porti si gioca una partita decisiva.

Ma non sarà solo di porti che parleranno il presidente cinese Xi Jinping e il governo italiano nel corso della visita prevista per il 22 marzo, anche se nella bozza di Memorandum sono citati gli investimenti nel porto di Trieste. La bozza parla di un generico sviluppo di “strade, ferrovie, ponti, aviazione civile, porti, energia e telecomunicazioni”. E oltre ai già avviati progetti di collaborazione tra la State Grid Corporation of China e Terna (partecipata dalla Grid via Cdp Reti) e la creazione di joint venture tra Leonardo (ex Finmeccanica) e non meglio precisate aziende cinesi, il punto dolente sembra essere la tecnologia 5G per la banda super-veloce. Tasto sensibile sul quale si gioca il vero scontro tra Usa e Cina e che ha portato Donald Trump a presagire i nuovi dazi contro Pechino. Il ministero dello Sviluppo di Luigi Di Maio ha assicurato ieri sera che “il Memorandum of Understanding tra Italia e Cina non comprende alcun accordo inerente la tecnologia del 5G”. Gli accordi in realtà stanno andando avanti da tempo. Il progetto sperimentale per la 5G a Bari e Matera è andato nel 2017 alla Joint venture tra Huawei, Fastweb e Telecom; un accordo analogo è stato siglato dall’Acea di Roma e la compagnia cinese, mentre dal 2016 è operativo l’Intelligence Operation Center a Palu, in Sardegna, frutto di un accordo tra la Regione e Huawei. Talmente importante che il presidente Xi Jinping, per visitarlo, vi fece appositamente scalo. A fare gli onori di casa, l’allora premier Matteo Renzi. Quando la Cina piaceva anche al Pd.

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2 risposte a — grazie a Donatella ! SALVATORE CANNAVO’, Porti, strade, ponti ed energia: la firma a Roma il 22 marzo–Un’operazione cominciata con i governi Pd— IL FATTO QUOTIDIANO DEL 12 MARZO 2019 –pag. 3

  1. Chiara Salvini scrive:

    La Cina è vicina! Anzi, c’è già.

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