Alcuni raccontini… ” metafore ” che fanno pensare… Alcuni, poi, sono due…

 

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3 giugno, 2018 – 10:21

di Stefano De Luca

C’era una volta un gruppo di giovani che si reca in un monastero a cer­care un vecchio maestro di cui vogliono diventare allievi. Il maestro è vec­chio e stanco, non ha più tanta voglia di insegnare. Quando i giovani gli rivolgono la richiesta il maestro dice che lui è disposto a prenderli come allievi solo se loro sono disposti a dimenticare i precedenti insegnamenti e insegnanti. Con lui devono spogliarsi di ogni sapere precedente e diventare una tabula rasa. Aggiunge di pensarci durante la notte e di dargli la rispo­sta l’indomani.
I giovani commentano la richiesta del maestro: alcuni dicono che è pre­suntuoso; altri che è consapevole che il suo insegnamento vale più di quello degli altri; altri che deve essere la regola del monastero; altri che vuole esse­re certo che non ci siano incomprensioni o conflitti tra diverse scuole o diver­se teorie e che lui vuole imporre la sua.
L’indomani i giovani si presentano all’appuntamento col vecchio maestro e quando lui rivolge loro la domanda per sapere chi è disposto ad accettare le sue condizioni tutti i giovani alzano la mano senza esitazione, tranne uno.
Il maestro si rivolge a questo giovane e gli chiede: allora tu non vuoi i miei insegnamenti. Il giovane abbassando leggermente il capo dice: “io sono venuto da molto lontano perché ci tengo tanto ai tuoi insegnamenti. Ma non posso fare quello che chiedi. Non posso dimenticare i maestri precedenti che mi hanno dato ciò che mi ha aiutato a diventare ciò che sono oggi. Non posso dimenticare quello che ho imparato dai miei bravi maestri perché quello che sono oggi lo devo ai loro insegnamenti”.
Il maestro dice agli altri giovani di andarsene pure a casa. L’unico giovane che può rimanere è chi riconosce che ogni nuovo apprendimento si basa sulle conoscenze precedenti.

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Mantenere le giuste distanze dagli altri: il dilemma del porcospino di Schopenhauer

Alessio Zazzetta di Alessio Zazzetta, in LetteraturaLibri, del 

 

 

 

Pochi conoscono il dilemma del porcospino, ma tutti quanti abbiamo sperimentato il dolore per una relazione amorosa o d’amicizia andata male. Tale dilemma potrebbe anche chiamarsi dilemma del genere umano. Questa finissima parabola è stata scritta dalla mente geniale di Arthur Schopenhauer ed è inserito nella sua raccolta di pensieri chiamata: Parerga e paralipomena.

Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.” (Arthur Schopenhauer, capitolo XXI)

Il filosofo tedesco utilizza la figura del porcospino, animale dotato di spine, per costruire una metafora sul genere umano e in special modo sulle relazioni che intercorrono tra essi. L’uomo da sempre è un essere poco avvezzo alla solitudine, proprio per questo ha costruito una società fondata sui rapporti umani e sullo scambio tra persone. Oltre a non sopportare la solitudine però, siamo anche esseri in continuo mutamento e alla continua ricerca di altro, qualcosa che ancora non abbiamo; per questo motivo siamo volubili e poco propensi alle relazioni durature.

Ciò che il filoso tedesco tenta di spiegarci con questa bellissima parabola è che l’essere umano tenta da sempre di stringere legami forti e duraturi con altre persone, ma proprio quando la vicinanza con l’altro si riduce sensibilmente ci si espone apertamente alle “spine”. Non a caso quando si entra in maggior intimità con una persona si rischiano i dolori più profondi, ma al contrario anche rimanendo lontani non si ha la possibilità di sopperire al freddo con il calore umano, vitale per l’uomo. Il dilemma è dunque il seguente: qual è la corretta distanza da mantenere nelle relazioni (d’amicizia e non) per avere il giusto calore e allo stesso tempo evitare le spine? È meglio patire il freddo o dolore per la puntura delle spine?

Schopenhauer era convinto che mantenere una giusta distanza, una sorta di distanza di sicurezza, dagli altri potesse soddisfare il bisogno di calore, seppur minimo, e allo stesso tempo evitare ferite troppo profonde. Anche Aristotele senza ovviamente conoscere le parole di Schopenhauer diceva:  μέσον τε καὶ ἄριστον (il mezzo è la cosa migliore). Non esiste però una risposta universalmente corretta a questo dilemma, esistono varie interpretazioni. Si potrebbe dedurre che la vita solitaria possa essere la soluzione, ma la solitudine esagerata genera sofferenza, così come il troppo freddo. Arrischiarsi ad una vita solitaria solo per paura di ferirsi e di soffrire non è una vita che vale la pena di vivere; il freddo della solitudine è una certezza, mentre i rapporti umani sono una scommessa.

Il piacere che deriva dai rapporti umani rende in genere l’uomo migliore; la gioia comune, il piacere goduto insieme, si moltiplicano, danno all’individuo sicurezza, lo rendono affabile, sciolgono la diffidenza, l’invidia : perché ci si sente bene e si vede che l’altro si sente bene allo stesso modo.” (Friedrich Nietzsche).

 

 

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26 gennaio 2017

Mantenere le giuste distanze dagli altri: il dilemma del porcospino di Schopenhauer

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