PIERO COLAPRICO, INTERVISTA AL SINDACO DI MILANO, GIUSEPPE SALA :: Sala: “La politica non mi fa più paura. Il Pd non basta” — REPUBBLICA DEL 14 MAGGIO 2019

 

 

REPUBBLICA DEL 14 MAGGIO 2019

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Intervista Giustizia

Sala: “La politica non mi fa più paura. Il Pd non basta”

Intervista al sindaco di Milano dopo la richiesta di condanna a tredici mesi appena avanzata per l’accusa di falso materiale e ideologico per una firma su un verbale di Expo

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Sindaco Beppe Sala, quanto le pesa la richiesta di condanna a tredici mesi appena avanzata per l’accusa di falso materiale e ideologico per quella firma su un verbale di Expo?
“Non ho mai avuto consapevolezza della retrodatazione di quel documento, pur avendolo firmato, e se l’ho detto è perché è vero. Infatti, non ci sono prove che ne fossi al corrente, non una mail, un sms, una testimonianza. Quindi come potrei non essere amareggiato? Con l’Expo mi sembra di aver fatto un miracolo e la retrodatazione non ha provocato alcun effetto illecito. Vediamo”.

In questi giorni la Procura antimafia si occupa di tangenti e, ancora una volta, Tangentopoli non sembra Milano, ma la Regione Lombardia, o no?

“Resto prudente e rispetto il lavoro del Palazzo di Giustizia. Sì, noi del Comune abbiamo un paio di funzionari accusati di abuso d’ufficio a proposito di pratiche urbanistiche che comunque, in due anni, non sono state approvate. Per me l’inchiesta degli anni ’90, quella del pool Mani pulite, non è stata vana come alcuni sostengono, ha creato gli anticorpi anche nei controllori. Io stesso oggi alzo le antenne, perché siamo in una città sempre più ricca, l’evidente centro economico italiano. Se chi vuole delinquere ha mire su Milano, sa che anche noi stiamo attenti, questa città non è più Tangentopoli”.

Ma come mai la Regione Lombardia è finita così tante volte sotto inchiesta?
“Se al governo stanno sempre gli stessi, forse certe distorsioni nascono. E al di là dell’inchiesta penale, e del fatto che secondo me Attilio Fontana non appartiene alla cricca della corruzione, posso dire una cosa? Oggi è chiaro che i leghisti vogliono riprendersi Milano. Rispondo che al primissimo turno noi dobbiamo presentarci alle elezioni in Lombardia con il massimo della forza e, dopo 30 anni di governo di centrodestra, conquistarla”.

Matteo Salvini è d’opinione opposta, vuole anche Milano…
“Salvini se li mette tutti contro, ma quando l’aria cambierà lo molleranno tutti, un film già visto”.

Queste ultime tangenti sono molto basse e continue e sembra che per alcuni siano indispensabili per “fare politica”. È la spia che la politica è inesorabilmente diventata una “cosa da ricchi”?
“Parlare degli stipendi dei politici è un tabù, invece la questione c’è e va affrontata. Perché si accetta che il sindaco di Milano guadagni meno di ciascuno degli 80 consiglieri lombardi? È ovvio che se sollevo il discorso non è per le mie tasche. Dopo il successo di Expo ero nelle condizioni di far altro e guadagnare molto di più. Ma credo che un consigliere comunale a Milano non possa vivere con quello che prende, cioè 1.200 euro al mese. L’argomento, tenuto sotto la sabbia, è cruciale e la soluzione forse è avere molti meno politici e pagarli il giusto”.

Non dirà che è lo stipendio basso a favorire la corruzione?
“Assolutamente non dico questo, però non la disincentiva. Ogni politico dovrebbe essere più corretto della media. D’altra parte, guardiamo che sta accadendo. Oggi si sono affacciati due estremi nella politica. Chi è ricco. Oppure chi non ha niente e non ha alcun curriculum nel mondo del lavoro. Il risultato complessivo è troppi incompetenti nella stanza dei bottoni”.

Le elezioni europee sono imminenti, quali le ripercussioni?
“Distinguerei tra Europa e Italia. In Europa non credo alla scossa violenta di populisti e sovranisti, prevedo al limite un minimo di instabilità in più, non grandi cambiamenti. A Milano in tanti guarderanno ogni decimale di voto per capire il peso della Lega, a Roma invece non mi aspetto alcuna crisi post voto. Il vero tema sarà la finanziaria del 2020. Quello potrebbe essere il momento di rottura. Non a caso i rappresentanti dei vari ministeri, parlando sempre d’altro, coprono la verità e si nascondono”.

Ne ha discusso con il presidente Giuseppe Conte quando è venuto in città?
(Il sindaco sembra incerto se confermare, poi dice) “In effetti sì, ho tratto l’impressione che qualcuno del governo per un bel po’ di mesi si sia cullato e continui a cullarsi sui risultati elettorali europei, nell’illusione che il voto allenti i vincoli di bilancio per l’Italia. Non è così. Nessuno ci farà sconti, l’ha detto persino il premier austriaco la settimana scorsa”.

Vede un risultato di che tipo per il centrosinistra italiano in Europa?
“Porto rispetto per il prezioso lavoro di riorganizzazione del partito che sta facendo Zingaretti, ma è evidente che se non nascono altre forze a sinistra il Pd che potrà fare? Al massimo una bella opposizione”.

La sua ricetta?
“Ci sono oggi almeno quattro questioni fondamentali, e cioè equità sociale, lavoro, ambiente e sicurezza. A questo elenco si può certamente dare una risposta di destra o di sinistra, ma soprattutto servono risposte credibili e non schematiche. Sto a sinistra, ma mi ritengo più liberista del Pd in materia di economia e sono probabilmente più a sinistra del Pd in materia di diritti civili. Per me esiste la necessità di parlare con tutti, diciamo con i “padroni” e con i lavoratori, e di parlare con la stessa intensità, tenendo però presente che la stella polare è “sviluppo-solidarietà“. Lo sviluppo si ottiene ragionando di economia con chi l’economia la fa”.

Ma quale può essere la risposta di sinistra alle banche?
“Con i banchieri dobbiamo parlare, svolgono un ruolo importante, pur non ignorando le leggi del mercato sono però perplesso nel vedere i loro continui record di profitti mentre il Paese soffre. Il senso della comunità devono averlo tutti”.

Lei in queste ore è negli Stati Uniti e ci sembra molto cambiato, rispetto agli inizi del suo mandato, tanto che s’è inventato queste “colazioni con il sindaco”, al sabato mattina, quartiere per quartiere, cercando il contatto diretto con i cittadini. Prima era un po’ a disagio con la folla, ora…
“È così. All’inizio avevo il problema di dimostrare che non ero solo un manager e, per altro, quasi quasi mi toccava certificare ogni volta che nelle mie vene scorreva sangue di sinistra. Questo mi bloccava un po’. Dalla campagna elettorale sono passati però tre anni e mezzo, mi sento finalmente più libero di esprimere il meglio di me stesso. Faccio meno riunioni e punto di più sul dialogo con la cittadinanza. E poi ci sono le questioni valoriali, per esempio un argomento per cui so di essere molto apprezzato è l’antifascismo, che per me è storia familiare, è mio da sempre”.

Zingaretti, quando è venuto a Milano, non ha escluso per lei un ruolo nazionale, sembra che ci siano varie ipotesi sul campo. Sia sincero, che farà?
“Al momento due motivi mi tengono a Milano. Il primo è che ho davanti due anni di mandato e sono quelli in cui si raccoglie quel che si è seminato. Il secondo è che comunque è molto improbabile che la sinistra possa governare. Però la passione per la politica mi è cresciuta dentro, so che devo consolidarmi come figura pubblica.

La richiesta della maggior parte dei candidati di sinistra per le amministrative di supportare la loro campagna elettorale la vivo come un bel segno e un motivo d’orgoglio. Il resto è prematuro, sto appunto per vedere a Washington la portavoce dei Democratici, Nancy Pelosi, la senatrice Amy Klobuchar. Bloomberg ha organizzato alcuni incontri con la Business community, dialogo con gli studenti della New York University. Insomma in Italia esiste una città credibile che spero di rappresentare al meglio”.

Rappresentanza italiana o più che altro milanese?
“Guardi c’è una Milano che vive e prospera sulla fiducia internazionale, basta farsi un giro in piazza Cordusio. Sarebbe potuta diventare vuota da quando le banche sono andate via, invece c’è Starbucks, arrivano i giapponesi di Uniqlo, i cinesi di Fosun. La visione autarchica di Lega e 5 Stelle è davvero fuori dal mondo: come si può pensare che porti benessere restare chiusi in se stessi? Non pretendo che Milano traini l’Italia, ma se qui si può crescere e fare, si può ovunque. Il nostro Paese è ricco di persone capaci e perbene, bisogna saperle chiamare a dare il meglio di sé”.

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