ANSA.IT – 10 SETTEMBRE 2019 :: Su muri di Ponzano versi di poesie. Iniziativa è ‘Muri parlanti’. Borgo diede i natali a Orsini ++ IMMAGINI E WIKIPEDIA +++ UNA POESIA DI CESARE ORSINI –link sotto

 

«questi è Ponzan d’ogni grazia pieno»
(Cesare Orsini)

 

Ponzano Superiore – Veduta

Ponzano Superiore – Veduta

 

Ponzano Superiore è una frazione del comune ligure di Santo Stefano di Magra, nella val di Magra, in provincia della Spezia. Posizionata a 303 metri sul livello del mare, dista dal capoluogo comunale circa 4 chilometri.

Nei secoli del basso medioevo da Ponzano passava la via Francigena che portava i pellegrini dalla Francia a Roma. Ed anzi Ponzano era un posto di tappa: accanto alla chiesa sorgeva l'”ospedale” ovvero l’ostello dove i pellegrini potevano riposare.

 

 

ansa.it — 10 settembre 2019 –ore 17,46

http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/arte/2019/09/10/su-muri-di-ponzano-versi-di-poesie_94d8221f-0310-4650-aab0-e6e84e63d99c.html

 

Su muri di Ponzano versi di poesie

Iniziativa è ‘Muri parlanti’. Borgo diede i natali a Orsini

 

ANSA) – LA SPEZIA, 10 SET Versi di poesie su ogni muro e su ogni facciata di casa, nel borgo storico di Ponzano superiore (La Spezia), che diventerà agli occhi dei visitatori una sorta di ‘poesia architettonica’. Passeggiare per i carruggi diventerà una immersione nella lirica del poeta Cesare Orsini, esponente locale della poesia maccheronica vissuto nel borgo del comune di S. Stefano Magra (La Spezia) tra Cinquecento e Seicento. I ‘Muri palanti’, questo il titolo dell’iniziativa che parte oggi a corollario della 35° edizione del Premio nazionale di poesia Cesare Orsini, con la premiazione in programma domenica. Il pittore Luciano Viani sta dipingendo sulla facciata della casa originaria di Luigi Giannoni, poeta e scopritore dell’opera di Orsini, alcuni versi e il profilo del paese. L’obiettivo è che, di anno in anno, i versi poetici possano moltiplicarsi sui muri del centro storico. L’iniziativa e la premiazione sono state presentate stamattina nel corso di una conferenza stampa a Santo Stefano Magra.
   

 

Bassorilievo di San Giorgio del 1541

Panorama da piazza Colonna

Stemma della repubblica genovese

Immagine correlata

Così come Santo Stefano di Magra, e la vicina Sarzana, anche la comunità di Ponzano giurò fedeltà a Castruccio Castracani, signore di Lucca, nel 1314.

Alla morte di Castruccio, nel 1328, il borgo passò ai Malaspina di Lusuolo, che fecero costruire una seconda cinta fortificata intorno al paese

Risultati immagini per ponzano superiore

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Nel 1541 il marchese Malaspina di Aulla, esasperato dalla rivolta degli abitanti contro di lui, vendette il paese al Banco di San Giorgio. Nel 1562 il Banco cedette il paese alla Repubblica di Genova, che ne conserverà il possesso fino alla propria scomparsa. Nel 1630 la Repubblica dotò la comunità agricola ponzanese (che nel XVII secolo conobbe un notevole sviluppo) di autonomi statuti.

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In questo periodo Ponzano diede i natali a Cesare Orsini (1571-1640 circa), in arte Magister Stopinus[9] (“maestro stoppino”), poeta maccheronico attivo nelle corti padane.

Nel XVIII secolo il feudo di Ponzano venne acquistato dai marchesi Remedi di Sarzana, che s’impegnarono nello sviluppo del paese.

 

LA STORIA CONTINUA NEL LINK:

https://it.wikipedia.org/wiki/Ponzano_Superiore

Risultati immagini per ponzano superiore, nei vicoli del paese ?

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Torre campanaria

un passaggio

un vicolo

in paese

in paese

vicolo

Torre campanaria

case

case

paesaggio dal paese

case

case vecchie

passaggio con una volta

casa

passaggio

case

in paese

vicolo

Chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo

cortile interno di un palazzo con un cane che dorme

tutte le fotografie del paese sono prese da questo link:::

AMALASPEZIA.EU

https://www.amalaspezia.eu/fotografie/DSC00953.jpg

 

 

UNA POESIA DI CESARE ORSINI PUBBLICATA DAL BLOG PONZANO SUPERIORE.IT

http://www.ponzanosuperiore.it/ponzano16.htm

 

 

All’amore

 

Tu, che spesso sei solito le dolci midolle bruciar,

e il mio cuore ferire con i tuoi strali,

Tu, che or questi or quelli vincere tenti,

e intrappolar ti studi in mille modi,

Perché, cieco fanciullo, con tante fiamme

i cuori bruci, e di ferire tenti il fianco mio?

Che fece io mai, che a torturarmi insisti

e patir mi fai cotanti malanni?

Dispreggiate ho io mai le ire del tuo nume,

e neppur le forze che il tuo arco tiene;

Nè disprezzati ho mai di tua genitrice i regni,

né di voi disse mia lingua alcun male;

Di contra al ciel alzai con le mie lodi

e le fiamme e i lazzi e le frecce potenti;

Ma con devota mente sempre onorai te

e la madre tua ad un sol modo sempre temetti.

Le leggi vostre, i precetti, seguendo e gli statuti,

d’entrambi suddito al comando ho sempre vissuto.

E pur che giova a me li trionfi vostri aver cantato,

e voi tra gli altri dei aver lodato?

Pietade alcuna né compassion di me ti tocca,

Ohimé! così ti piace farmi tribolare misero?

Qual guadagno al fin farai della mia morte?

e qual grandezza darrati la mia rovina?

Non han riposo mai le stanche mie membra,

nessuna quiete dà il sonno agli stanchi occhi.

Di Cerere dono, né di Bacco dolce bevanda,

ricrea i miei sensi, né vivanda alcuna.

Giacché mentre io mangio vedo dragoni mangiare,

e son veleno, mentre io bevo, per me i vini.

Feriscono insistenti i tuoi dardi il mio core,

e notte e giorno uan fiamma brucia il mio petto.

Oh! Se una qualche clemenza tocca la mente tua,

se dalle lacrime pie è mai piegato il tuo cuore,

Tosto concedi aiuto al giovin poeta,

e cessi la voglia iniqua di mia morte.

Né ti rincresca, dopo lungo tempo, ridare

il cervello al demente e me alla mia mente.

Dal mio cuor tosto rimuovi le ardenti fiamme,

né ti rincresca refrigerar il tenero fianco.

Almen fa che, riscaldata da pari faville,

pur senta tua fiamma la bella Morina.

Ella giammai sentì le tue frecciate,

e fredda sempre suol dispreggiare il tuo calore;

Il mio dolor essa mai non ascolta,

ma traditora canzona i miei guai.

Tua forza schernisce, disprezza i tuoi regni,

Empia mena esultando di mia morte il vanto.

Tu, se sari giusto, o rendi me libero,

o fa che pur essa al tuo laccio sia presa.

 

Da «Capricia Macaronica», 1636

 

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