ARIANNA DI GENOVA, IL ” BOTANICO ” MANZONI, IL MANIFESTO — 01 MAGGIO 2013 ++ TESTO DA I PROMESSI SPOSI DEL GIARDINO SELVATICO +++ TESTO INTERO – NEL LINK – DEL CAPITOLO 33 ° / da leggere, p.f. ++ SALVATORE SETTIS SU FORTE MARGHERA, IL SOLE 24 ORE

 

 

FOTO DA :::  http://www.abitare.it/it/habitat/landascape-design/2013/05/25/il-giardino-promesso/?refresh_ce-cp

 

IL MANIFESTO — 01 MAGGIO 2013

https://ilmanifesto.it/il-botanico-manzoni/

 

 

FORTE MARGHERA  / VENEZIA —vedi nota al fondo

CULTURA

Il “botanico” Manzoni

 

Installazioni. Claudio Rocchetti fa rivivere a Forte Marghera il giardino selvaggio e abbandonato dei Promessi Sposi, coniugando lo scrittore con Clément

Il Giardino promesso  Il Giardino promesso

Come giardino, quello descritto da Alessandro Manzoni nel XXXIII capitolo dei Promessi sposi, non è certo all’italiana. Tantomeno all’inglese. Conduce una esistenza selvaggia intralciando il cammino anche al suo stesso «padrone». Vi si cammina, infatti, «in mezzo a una nuova, varia e fitta generazione, nata e cresciuta senza l’aiuto della man dell’uomo». Una marmaglia d’ortiche e un guazzabuglio di steli accolgono il passo. È una vigna abbandonata quella che prende forma sulle pagine del romanzo, mentre fuori, ovunque, infuria la peste. Ora però quel «parco» rinasce, a modo suo, con epidemie diverse a contagiare viti e vite: il virus stavolta è una installazione botanica connessa a un ciclo di performance sonore. Dal 3 maggio Claudio Rocchetti, l’artista che ha reinventato quello spazio sulla scorta degli appunti manzoniani, consegnerà alla città un Giardino promesso, a Forte Marghera, Padiglione Palmanova (Mestre, www.eventiartevenezia.com).

Suggestionato dalla dovizia di particolari botanici presenti nelle descrizioni di Manzoni, Rocchetti fa un salto temporale e ricollega quel «giardino senza giardiniere» al Terzo paesaggio di Gilles Clément, creando una scultura-ambiente in continua metamorfosi.

Le piante citate dallo scrittore ci sono tutte, il luogo è quello che si dipana fra un albero caduto e un terrapieno difensivo. Ogni specie è lasciata libera di svilupparsi a proprio piacimento, la regia è esclusivamente la vitalità spontanea vegetale e il suo proliferare seguendo i ritmi della natura, semi sparsi dal vento e uccelli in volo a propagarli. L’installazione botanica verrà accompagnata da performance (entrata gratuita) e da apparati didattici: il pubblico potrà leggere il testo tratto dal romanzo e giocare al «riconoscimento» di gelsi, tasso barbasso, amaranto verde, gramigna, alberi da frutto.

 

 

A CHI POTESSE INTERESSARE, ECCO IL TESTO DEL MANZONI::.

 

 

E andando, passò davanti alla sua vigna; e già dal di fuori potè subito argomentare in che stato la fosse. Una vetticciola, una fronda d’albero di quelli che ci aveva lasciati, non si vedeva passare il muro; se qualcosa si vedeva, era tutta roba venuta in sua assenza. S’affacciò all’apertura (del cancello non c’eran più neppure i gangheri);

I promessi sposi 410.jpg

diede un’occhiata in giro: povera vigna! Per due inverni di seguito, la gente del paese era andata a far legna “ nel luogo di quel poverino, ” come dicevano. Viti, gelsi, frutti d’ogni sorte, tutto era stato strappato alla peggio, o tagliato al piede. Si vedevano però ancora i vestigi dell’antica coltura: giovani tralci, in righe spezzate, ma che pure segnavano la traccia de’ filari desolati; qua e là, rimessiticci o getti di gelsi, di fichi, di peschi, di ciliegi, di susini; ma anche questo si vedeva sparso, soffogato, in mezzo a una nuova, varia e fitta generazione, nata e cresciuta senza l’aiuto della man dell’uomo. Era una marmaglia d’ortiche, di felci, di logli, di [p. 643 modificagramigne, di farinelli, d’avene salvatiche, d’amaranti verdi, di radicchielle, d’acetoselle, di panicastrelle e d’altrettali piante; di quelle, voglio dire, di cui il contadino d’ogni paese ha fatto una gran classe a modo suo, denominandole erbacce, o qualcosa di simile. Era un guazzabuglio di steli, che facevano a soverchiarsi l’uno con l’altro nell’aria, o a passarsi avanti, strisciando sul terreno, a rubarsi in somma il posto per ogni verso; una confusione di foglie, di fiori, di frutti, di cento colori, di cento forme, di cento grandezze: spighette, pannocchiette, ciocche, mazzetti, capolini bianchi, rossi, gialli, azzurri. Tra questa marmaglia di piante ce n’era alcune di più rilevate e vistose, non però migliori, almeno la più parte: l’uva turca, più alta di tutte, co’ suoi rami allargati, rosseggianti, co’ suoi pomposi foglioni verdecupi, alcuni già orlati di porpora, co’ suoi grappoli ripiegati, guarniti di bacche paonazze al basso, più su di porporine, poi di verdi, e in cima di fiorellini biancastri; il tasso barbasso, con le sue gran foglie lanose a terra, e lo stelo diritto all’aria, e le lunghe spighe sparse e come stellate di vivi fiori gialli: cardi, ispidi ne’ rami, nelle foglie, ne’ calici, donde uscivano ciuffetti di fiori bianchi o porporini, ovvero si staccavano, portati via dal vento, pennacchioli argentei e leggieri. Qui una quantità di vilucchioni arrampicati e avvoltati a’ nuovi rampolli d’un gelso, gli avevan tutti ricoperti delle lor foglie ciondoloni, e spenzolavano dalla cima di quelli le lor campanelle candide e molli: là una zucca salvatica, co’ suoi chicchi vermigli, s’era avviticchiata ai nuovi tralci d’una vite; la quale, cercato invano un più saldo sostegno, aveva attaccati a vicenda i suoi viticci a quella; e, mescolando i loro deboli steli e le loro foglie poco diverse, si tiravan giù, pure a vicenda, come accade spesso ai deboli che si prendon l’uno con l’altro per appoggio. Il rovo era per tutto; andava da una pianta all’altra, saliva, scendeva, ripiegava i rami o gli stendeva, secondo gli riuscisse; e, attraversato davanti al limitare stesso, pareva che fosse lì per contrastare il passo, anche al padrone. ”

 

 

L’ABBIAMO PRESO DA QUESTO LINK, CHE RINGRAZIAMO…SE MAI POTESSE SENTIRCI—NEL LINK TROVATE L’INTERO CAPITOLO 33° DE I PROMESSI SPOSI, NATURALMENTE–VI PREGO DI LEGGERLO INTERO…SE MAI VOLESTE RITROVARE UN PO’ DI ARIA FRESCA E DOLCE IN QUESTA CALURA E BUIUME DEI NOSTRI TEMPI…

https://it.wikisource.org/wiki/I_promessi_sposi_(1840)/Capitolo_XXXIII

 

 

 

FORTE MARGHERA:: 

 

 

In campo per Forte Marghera–PARTE 1 E PARTE 2—guarda al fondo dell’articolo

di 

 

IL SOLE 24 ORE DEL 3 MARZO 2014

https://st.ilsole24ore.com/art/cultura/2014-03-03/-campo-forte-marghera–113034.shtml?uuid=ABiZRQ0&p=2

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2 risposte a ARIANNA DI GENOVA, IL ” BOTANICO ” MANZONI, IL MANIFESTO — 01 MAGGIO 2013 ++ TESTO DA I PROMESSI SPOSI DEL GIARDINO SELVATICO +++ TESTO INTERO – NEL LINK – DEL CAPITOLO 33 ° / da leggere, p.f. ++ SALVATORE SETTIS SU FORTE MARGHERA, IL SOLE 24 ORE

  1. Donatella scrive:

    Mi piace tantissimo, per il suo nome, il tasso barbasso. Me lo immagino accogliente ( non riesco a capire se sorride). Allunga i suoi rami per abbracciare chi si avvicina, racconta favole ai bambini, nasconde prudentemente dei folletti che vi si rifugiano. E’ un vero amico.

  2. Domenico Mattia Testa scrive:

    Solo un esperto di botanica poteva darci la nomenclatura di piante,viti,fiori erbe….,descrivere con esattezza e nei particolari il guazzabuglio della vigna di Renzi,abbandonata a sè stessa dal protagonista del romanzo per ragioni di forza maggiore.Manzoni si ricorda certamente della conclusione del romanzo Candide di voltaire in cui l’illuminista francese invita il lettore a coltivare il proprio giardino in senso naturalmente anche extrabotanico,ad appropriarsi delle tecniche,essere competenti e specialisti.Il “gran lombardo”aveva una straordinaria dimestichezza con l’agricoltura fino a curare con diligenza e pazienza certosina le sue proprietà.Nella nostra letteratura è una costante l’amore per la campagna,ma raramente gli autori la conoscono per diretta esperienza.Tanti scrittori e poeti possono essere definiti ecologisti della domenica,il Manzoni è uno dei pochi che la
    praticano con amore e perizia tecnica.Non guasta la piccola lezione sull’abbandono dei campi ieri ed ancor più oggi.L’ecologia comincia dalla cura delle nostre campagne,giardini,orti…

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