ROBERTO RODODENDRO:: QUESTA MATTINA, APPENA SVEGLI, CI REGALA UNA POESIA CORTA E POETICA…

 

 

 

Volendo sono quattro versi, altrimenti era una persona vera, in via delle Mantellate, appoggiata alle mura di Regina Coeli, sempre di carcere si tratta proprio di fronte ad una palazzina ristrutturata (anni ’70), dove abitavano due,  anzi tre mie amiche.
La sera verso il tramonto si sentivano i richiami provenire dal Gianicolo che è proprio sopra Trastevere, i parenti dei carcerati, soprattutto le donne, mandavano notizie dei figli e della famiglia. All’epoca erano ancora carcerati “de core” la maggior parte ladri di macchine e d’appartamenti che scappavano se sentivano qualcuno, la droga ancora era alle origini, e anche i ladri sapevano essere gentiluomini ( ma questa è un’altra storia che mi coinvolse direttamente).

 

 

 

 

E allora, in quell’ambiente, in quella strada c’era: la vecchia di Regina Coeli ed io la conoscevo:

 

C’è una vecchia seduta sulla strada

vende sigarette usate ai detenuti
e la notte s’addormenta piegata
al muro del carcere.

In via delle Mantellate

bardelli, disperazione, acquerelli su cartaDSC08989

mario bardelli, acquarello su carta

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11 risposte a ROBERTO RODODENDRO:: QUESTA MATTINA, APPENA SVEGLI, CI REGALA UNA POESIA CORTA E POETICA…

  1. Donatella scrive:

    Bella e struggente questa poesia. Molto bello il quadro di Mario.

  2. Domenico Mattia Testa scrive:

    L’acquarello,al pari del testo poetico,è molto espressivo.Pur nella diversità i due linguaggi si integrano per l’unità del messaggio:Ambedue i soggetti sono veri e catturano l’osservatore ed il lettore:ambedue s’addormentano forse per noia,per stanchezza…Nel quadro e nei versi la sofferenza non fa distinzione di genere Trovo però che la vecchia s’addormenta forse anche gratificata dal lavoro che svolge.Non a caso nel dominio delle dentali si nota ancora uno sforzo,un impegno che la trascina lentamente al sonno.L’uomo, invece, assorto,concentrato in sè stesso,comunica maggiore inquietudine.Forse è l’immagine che fa aggio sulla parola….Ma de gustibus non est disputandum….

  3. ROBERTO RODODENDRO scrive:

    Grazie Donatella ( la poesia l’avevo già postata ma non l’avevate degnata neanche di un singulto, mentre io, che ne sono l’autore la trovo struggente, scarna e completa, forse anche perchè quella vecchia ( che non era una “vecchietta” ) l’ ho vista per lungo tempo. Tra l’altro su quella casa di fronte al carcere dove abitavano tre mia amiche ( tra l’altro, una delle tre, è da qualche anno, la ex moglie di un importantissimo ambasciatore alle nazioni unite)in due appartamenti separati avrei episodi divertenti, completamente da ’68 o appena post, ma sarà per un’altra volta.
    E grazie Mattia, sai sempre cogliere quel che c’è dentro sia nell’acquarello che in quei quattro versi, però io li vedo un po’ diversamente: il vecchio ( che avevo inteso come una vecchia 🙂 ) per me ha un abbandono piuttosto disperato mentre la vecchia aspetta il giorno dopo e sarà sempre lo stesso giorno …rassegnata e partecipe.

  4. Domenico Mattia Testa scrive:

    Sul “vecchio” c’è una convergenza di lettura;infatti affermavo che era assorto e concentrato ed esprimeva più forte inquietudine.L’esperienza diretta fa cogliere aspetti che sfuggono a chi non l’ha vissuta.Conosco,come tutti le “Mantellate” per la toccante canzone di Gabriella Ferri.Però,ad essere sincero ,sono entrato due volte nel carcere “Modello” di Rebibbia,dove come commissario agli esami di Stato, ho esaminato due terroristi:Una dissociata ed un irriducibile.Bravi a scrivere,ma non altrettanto bravi nella conoscenza degli argomenti…Un’esperienza interessante dal punto di vista umano,socio-politico,penitenziale.Il carcere va umanizzato,ma per i mafiosi,vero cancro della società, va bene il 41 bis o dobbiamo adeguarci alla linea della corte europea di giustizia che vuole omologare i mafiosi a tutti gli altri carcerati?

  5. ROBERTO RODODENDRO scrive:

    Hai ragione. Ammiro la tua capacità di concentrazione, di fermarti sul particolare e sviscerarlo. Io ci volo radente e “sento” ma vedo poco. Una volta ero diverso ma non so quel di me preferire 🙂
    Se hai voglia mi piacerebbe sentire da te qualcosa di più sui due terroristi che hai esaminato, ne hai dato una breve descrizione che ha suscitato il mio interesse e, perchè no?, la mia curiosità.
    Sul ragionamento breve ma chiaro sul carcere, concordo come son pienamente d’accordo sulla necessità del 41 bis per i mafiosi.
    Vorrei si rileggesse qualche volta ” Dei delitti e delle pene” del Beccaria, ma forse è chiedere troppo.

  6. Domenico Mattia Testa scrive:

    Per quanto concerne i due terroristi siamo in due anni diversi degli Ottanta:una era brigatista dissociata,l’altro un irriducibile,seguace dell’Autonomia.Nel carcere durante il colloquio non è che potevi entrare nel privato,”scoprire le soggettività vere” fare domande sulle scelte politiche,ideologiche.Non ero solo ad esaminare….Diversi erano i controllori. Ricordo che gli scritti di ambedue vertevano su tracce di attualità e devo riconoscere che scrivevano bene.Evidentemente leggevano molto.Il colloquio fu stentato in quanto,mancando un corso regolare di studi,le conoscenze erano approssimate o del tutto inesistenti.Ma vennero approvati per le positive prove scritte dove emergeva la particolare maturità umana,psicologica e culturale.Andava apprezzato lo sforzo prodotto da autodidatti e lo spirito critico acquisito autonomamente.Su Cesare Beccaria dico solo che,pur contrario alla pena di morte,la condivideva, quando un cittadino si metteva contro lo Stato e la convivenza civile.Il grande illuminista,invidiatoci da tutta l’Europa del Settecento, ai mafiosi e ai terroristi la pena di morte l’avrebbe ammessa.Ho letto e riletto”Dei delitti e delle pene”,poco conosciuto e negato in tante parti del mondo globalizzato….Che lezione di umanità ancora oggi!

  7. ROBERTO RODODENDRO scrive:

    Grazie, certo che non era possibile fare di più, ma immagino che anche a te sarebbe piaciuto conoscere le motivazioni, gli impulsi e, perchè no? anzi, gli ideali che li hanno spinti a quelle scelte.
    Io nel tempo ho conosciuto alcuni “frequentatori” , poco dissimili da questi che si sono dati alla lotta armata, forse solo per circostanze diverse, per equivoci momentanei. Uno o due sono ancora amici miei anche se ultimamente ci frequentiamo poco. Quel che ho scoperto è che uno è di un massimalismo assoluto e cieco, l’altro, che nel frattempo ha una compagna che poi ha sposato ed una figlia ( quindi un reinserimento famigliare che in qualche modo l’ha obbligato), è molto e fin troppo possibilista: mantiene certi atteggiamenti diciamo di !solidarietà comunitaria”* ma per il resto è totalmente borghese.
    Il primo invece, pur massimalista, in qualche modo, pur fermo nelle sue idee ( ha un’attività in proprio indipendente ma continua a chiamare il suo principale referente lavorativo “il padrone” e, in qualche modo ne subisce e scelte togliendosi, da solo certe libertà. Mi è sempre stato difficile spiegargli che quello non era un “padrone” essendo sua scelta, se insoddisfatto, quella di aldarsene 🙂 niente da fare!

    * a volte invento circonlocuzioni estemporanee non ricordando il termine esatto che le connota

    Scusa per la lunghezza e forse la confusione ma, purtroppo, è mio vizio ormai, scrivere di getto (certamente quasi sempre fatto, ma il mio cervello era assai più reattivo 🙂 ).

  8. ROBERTO RODODENDRO scrive:

    p.s. nel guazzabuglio ho dimenticato di chiarire come il primo (il massimalista) sia poi riuscito, nel suo piccolo, ha mettere in pratica le sue idee, difatti nel suo ufficio lui è ormai, “uno tra gli altri” cedendo pressochè tutto ai collaboratori ( ma poi il discorso è più lungo, mi son reso conto di esseremi messo in un labirinto e di aver dimenticato come uscirne!)
    Finale veloce: l’operazione benemerita porterà a breve tempo ( certo) al fallimento dell’ufficio perchè non ha mai voluto intraprendere soluzioni manageriali, e qui mi fermo!

  9. Domenico Mattia Testa scrive:

    Certo avrei preferito conoscere più addentro la personalità dei due esaminati nel carcere di Rebibbia.Non ho avuto modo di conoscere da vicino altri soggetti della lotta armata.Non li giustifico e neppure li condanno.Se si entra nella stagione degli anni di piombo senza pregiudizi li si può comprendere.Molti di essi hanno pagato di persona,per coerenza ideologica e politica,sono arrivati alla risposta estrema, radicale quando hanno constatato la totale omologazione del PCI alla Democrazia cristiana(compromesso storico,governi di solidarietà nazionale,accettazione totale del sistema capitalistico,l’austerity di berlingueriana memoria…)Ripeto hanno sbagliato di grosso a scegliere la critica delle armi.L’unica alternativa all’omologazione del PCI e alla risposta armata era quella di dissentire e seguire la via delle armi della critica.Naturalmente il discorso è complesso,ma l’ atteggiamento lucido e corretto per quanto mi riguarda era allora proprio questoUn saluto:nè con il PCI,nè con le brigate rosse.O no! Un saluto.

  10. roberto scrive:

    Caro Mattia, forse con almeno 6 mesi di ritardo e forse non frequenti più il blog (mai più visto ma anch’io un po’ rarefatto), ma rispondo al tuo quesito finale “Nel con PCI né con le Brigate rosse”. Vedendola come una domanda: la brigate rosse finchè son rimaste “un atteggiamento critico poco violento e dimostrativo” ( es. rapisco, faccio il processo e libero) mi rappresentavano una specie di Robin Hood moderno ( sempre stato un po’ sciocco oltre che romantico), dimostravano le distorture e le bugie del potere. Fino ad allora le ho guardate con una punta di piacere. Svanita immediatamente dopo ai rimi atti di violenza, vedendole subito per quel che erano. Per quanto riguarda il PCI, sempre stato comunista ( forse ancora ora) ma …individualista e, lo sai, nulla può essere più lontano di un pensiero individuale.
    p.s. oggi è quasi una giornata della memoria mia: m’è capitato sotto gli occhi questo pezzo con quel che ne consegue e, nel pomeriggio, m’ha telefonato un mio vecchio amico giornalista della prima ora di repubblica nonchè filosofo che a suo tempo preferì andare a insegnare lasciando il giornale. Erano almeno sei anni che non ci sentivamo ma fu come se ci fossimo lasciati ieri.

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