IL SOLE 24 ORE DEL 19 OTTOBRE 2019– LA DIRETTA A WESTMINSTER :: Brexit, nuovo colpo di scena: ammesso emendamento pro-rinvio

 

IL SOLE 24 ORE DEL 19 OTTOBRE 2019

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JOHN BERCOW, PRESIDENTE DELLA CAMERA

 

LA DIRETTA A WESTMINSTER

Brexit, nuovo colpo di scena: ammesso emendamento pro-rinvio

L’emendamento pro rinvio presentato da deputati ex Tory ribelli guidati dall’ex ministro Oliver Letwin e dell’opposizione britannica è stato ammesso al voto dal presidente della Camera John Bercow

di Simone Filippetti

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NEL LINK :: Brexit, il D-day a Westminster. La diretta

https://youtu.be/BbdlQUJ2xkI

 

 

A Westminster è una giornata storica: si decide se il Regno Unito lascerà l’Unione Europea, con un accordo oppure sarà un altro rinvio e la sua sconfitta totale. E’ già stato soprannominato Super-Saturday e sarà la seduta più importante degli ultimi 30 anni. Solo quattro volte nella sua secolare storia il Parlamento si è riunito di sabato, e l’ultima volta è stato nel 1982, per la guerra delle Falklands. E quella che oggi Boris Jhonson porta in aula è ugualmente una guerra.

Dopo essere uscito sempre sonoramente sconfitto dalla House of Commons, nei suoi soli 3 mesi di governo, che però sono sembrati anni (e hanno incluso pure una doppia chiusura del Parlamento, fatto mai accaduto prima), oggi il Primo Ministro si è presentato in aula, alle 9.45 di mattina, forte dell’accordo siglato a Bruxelles per uscire dalla Ue la notte del 31 Ottobre. E’ già un primo successo inaspettato: nessuno si attendeva che Johnson potesse tornare con un documento in mano.

L’accordo, di cui non si conoscono i dettagli e che Johnson continua a definire in aula – mentre è in corso il dibattito – “ottimo”, segna la fine di 3 anni di incertezza, continui rinvii, e un paese di fatto bloccato e zavorrato dall’incertezza, che è costata 60 miliardi di mancato Pil dal 2016, anno del famigerato referendum. Ma ora la parola spetta al Parlamento, che già tre volte ha bocciato il precedente accordo di Theresa May: se la sua Brexit non sarà votata dai Commoners, allora il Primo Ministro, che ha agitato lo slogan “Do or Die” per la Brexit, come cavallo di battaglia del suo governo, dovrà chiedere un altro rinvio alla Ue. Cosa che segnerebbe la sua sconfitta definitiva.

Il passaggio è cruciale e strettissimo. Lo spettinato Boris non ha una maggioranza in Parlamento e si trova un partito spaccato: una parte dei Tories non lo appoggia, e per questo ai deputati ribelli è stata tolto il “whip” (sono stati espulsi dal gruppo parlamentare). In più proprio 24 ore fa il Primo Ministro ha pure perso l’appoggio del DUP, il partito unionista protestante dell’Irlanda del Nord, che non voterà l’accordo.

Il D-day della Brexit si è aperto con l’ennesimo colpo di scena. Johnson sarebbe infatti pronto a cancellare il voto parlamentare sull’accordo raggiunto con l’Ue, se la Camera dei Comuni approverà prima un emendamento che mira a imporre comunque un rinvio oltre il 31 ottobre.

L’emendamento, cui Johnson si oppone fermamente, mira a consentire che tutta la legislazione allegata a Brexit possa essere ratificata. Il premier, attraverso il suo portavoce, ha dichiarato che nel caso in cui venisse approvato l’unica alternativa sarebbero le elezioni anticipate.

L’emendamento pro rinvio presentato da deputati ex Tory ribelli guidati dall’ex ministro Oliver Letwin e dall’opposizione britannica è stato ammesso al voto dal presidente della Camera John Bercow. Se verrà approvato il piano di Johnson rischia di andare in fumo: entro la mezzanotte di sabato 19 ottobre il premier potrebbe vedersi costretto a inviare una lettera alla Commissione europea nella quale chiede suo malgrado una proroga dell’uscita del Regno Unito dalla Ue. Proroga prevista fino al 31 gennaio da una precedente misura approvata dalla Camera dei Comuni.

All’avvio del dibattito, Boris Johnson ha chiesto al Parlamento di approvare l’accordo da lui raggiunto sulla Brexit con l’Ue e avvertito la Camera dei Comuni che «ora è arrivato il tempo» di decidere. Aprendo il dibattito straordinario sul deal alla Camera dei Comuni, il primo ministro conservatore ha ricordato come l’aula non sia stata «in grado di trovare» una soluzione per oltre tre anni dopo il referendum del 2016. Johnson ha difeso il suo deal come «un nuovo accordo» che va ratificato per «riunire il Paese».

Un rinvio sarebbe «insensato, costoso e corroderebbe profondamente la fiducia pubblica», ha affermato Johnson. Un altro rinvio dopo tre anni e mezzo di attesa non ha senso, ha insistito, quando sul tavolo c’è «un nuovo grande accordo» che può essere approvato.

Dopo Johnson, ha preso la parola il leader laburista Jeremy Corbyn. «Questo accordo – ha accusato – è peggiore del precedente, sarebbe un disastro per i lavoratori. Non possiamo fidarci di questo governo firmando un assegno in bianco».

Intanto il premier si è assicurato il sostegno ufficiale all’accordo sulla Brexit raggiunto due giorni fa con l’Ue dalla corrente degli euroscettici ultrà del suo Partito Conservatore, il cosiddetto European Research Group, o Erg. L’annuncio è arrivato stamattina da parte di Steve Baker, l’ex viceministro che guida questo raggruppamento, a cui aderiscono diverse decine di deputati Tory.

L’ostruzionismo dell’Erg era stato uno dei fattori che avevano portato nei mesi scorsi alla bocciatura del precedente deal sulla Brexit, presentato dall’allora premier Theresa May. Il via libera tiene invece vive le speranze di Johnson, anche se da solo potrebbe non essere sufficiente per garantirgli la vittoria finale.

Il vice-leader e capogruppo del Dup, Nigel Dodds, ha confermato il no del suo partito – alleato di governo dei conservatori – all’accordo sulla Brexit. Dodds ha rinfacciato al premier Tory di aver in sostanza tradito la promessa di garantire all’Irlanda del Nord lo stesso trattamento del resto del Regno Unito nei rapporti futuri con l’Ue e ha affermato che Belfast – pur destinata a restare nell’unione doganale britannica – «sarà di fatto allineata a tutte le regole doganali» europee. Johnson ha negato che questo sia il caso, parlando di un allineamento limitato a «poche regole» e comunque temporaneo, il cui rinnovo o meno sarà «soggetto al consenso» dell’assemblea parlamentare locale nordirlandese.

Il grosso del dibattito in corso a Westminster è focalizzato sull’impatto economico della Brexit: molti parlamentari, tra i banchi dei laburisti e anche dei conservatori, chiedono un “assessment” con numeri e cifre . Ieri il Financial Times ha calcolato che un’uscita il 31 Ottobre alle attuali condizioni affosserebbe l’economia del 6-7%.

 
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